28 dicembre 2007
Ironie ed incompresioni: Francesco D'Agostino (Avvenire) risponde a Scalfari
Vedi anche:
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FESTIVITA' NATALIZIE 2005-2006-2007
IRONIE E INCOMPRENSIONI
LA PREGHIERA SECONDO I LAICI-LAICI
FRANCESCO D’AGOSTINO
Può piacere o può non piacere - è questione di gusto - l’ironia che Eugenio Scalfari riserva a Paola Binetti (cfr. 'Repubblica' del 27 dicembre), che senza alcun imbarazzo, in quanto credente, ha pubblicamente riconosciuto di pregare Dio e di invocare il suo aiuto su di sé e su tutti gli altri parlamentari ogni qual volta si trovano davanti a scelte legislative particolarmente difficili. Quello invece che non può non dispiacere è la profonda incomprensione, tipicamente laicista, di Scalfari nei confronti della preghiera cristiana. Eppure, basterebbe un po’ di buona volontà (solamente intellettuale!) per capire che quell’esperienza, di cui parla Paola Binetti, la si può riscontrare, anche se in forme ovviamente ben diverse, anche nella vita quotidiana dei non credenti.
Il nocciolo del problema si riduce infatti a questo: chiunque abbia la fede, pur nella consapevolezza di quanto sia esteso e 'compatto' il male presente nel mondo, percepisce in modo ancora più intenso quanto sia viva la presenza di Dio in ogni istante e in ogni circostanza della vita. Credere, infatti, non significa vivere giorno per giorno 'come se Dio non ci fosse' e rivolgersi a Lui unicamente in situazioni di necessità, di pericolo, o peggio ancora solo in punto di morte. Per chi crede, Dio è la fonte di ogni 'valore': come può il credente non rapportarsi mentalmente a Dio (cioè 'pregare'), se vuole operare perché sempre più nel mondo i 'valori' trovino il loro necessario e giusto spazio? In questo senso, la preghiera non è solo un atto di culto: è un’esigenza umana profonda, che non merita ironia e sarcasmo. La ritroviamo, infatti, come ho già detto, sia pure in altre forme, anche nell’ atteggiamento dei laici, o almeno di coloro, tra i laici, che, impegnati nel sociale, non si lasciano travolgere dal pessimismo della ragione e difendono (a volte contro ogni speranza) quello spazio che è indispensabile, perché possa operare l’ottimismo della volontà. Che cosa, infatti, può indurre un laico a ritenere che il bene possa prevalere sul male, cosa può indurlo a lottare contro le più diverse ingiustizie, se non una sua 'fede laica' nella possibilità che possano concretizzarsi nella realtà alcuni valori umani fondamentali ed essenziali, quali la dignità, l’ eguaglianza, il reciproco rispetto? I laici ben conoscono la ricorrente obiezione dei cinici, per i quali l’ impegno sociale e politico è comunque un’ insensatezza, una 'passione inutile': come possono rispondere a costoro, se non facendo appello - un appello magari silenzioso, ma esistenzialmente ben fondato - a questa loro laicissima fede nella giustizia?
La preghiera dei politici non può e non deve avere come obiettivo quello di coinvolgere Dio nelle discussioni parlamentari (qui Scalfari ha perfettamente ragione), ma solo quello di impegnare chi ha un potere decisionale ad usarlo per il meglio, mettendo da parte (cosa difficilissima!) i propri pregiudizi ideologici e i propri personali interessi, per lasciare spazio a ragioni razionalmente fondate (anche se sempre fallibili).
Non si prega per ottenere un 'risultato', ma per vedere con gli occhi della ragione quale sia, tra i tanti, il 'risultato veramente giusto' per cui conviene battersi. Quanto ciò sia difficile, lo dimostrano proprio le polemiche in tema di omofobia, nelle quale molti laici continuano indebitamente a coinvolgere la Binetti e più in generale la Chiesa (e dispiace vedere che anche Walter Veltroni è caduto in questo equivoco, come dimostra la lettera che ha pubblicato sulla prima pagina della 'Stampa' il 27 dicembre).
Quanto ancora bisognerà pregare (!), prima che la si smetta di confondere indebitamente l’apertissimo dibattito sull’ omosessualità (che ha un carattere antropologico e non politico) con la doverosa lotta contro ogni forma di intolleranza e di discriminazione nei confronti degli omosessuali (che ha invece carattere politico e non antropologico)?
© Copyright Avvenire, 27 dicembre 2007
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