8 gennaio 2008

Giuliano Ferrara: "Non scherziamo e non diciamo che ho arruolato il Papa!"


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Giuliano Ferrara: ma non diciamo che ho arruolato Benedetto XVI

RICCARDO BARENGHI

ROMA
La sua campagna contro l’aborto va avanti da settimane, anzi da mesi, anzi da anni. Ha appena ripubblicato sul suo Foglio due articoli scritti nell’89 sul Corriere della sera che, più o meno, dicono le stesse cose che dice oggi. Certo, mancava la moratoria, ossia l’ultima proposta che è ormai diventata una campagna politica che sta raccogliendo parecchie adesioni, nazionali e internazionali. L’ultima, se così si può dire, è quella del Papa, che proprio ieri, a proposito dell’aborto e della sacralità della vita, ha appunto nominato la parola moratoria.

Allora Ferrara, un bel colpo: come si sente ora che è riuscito anche ad arruolare il Papa?

«Ma non scherziamo, semmai è vero il contrario. Da molti anni io mi sono auto-arruolato, come laico devoto, nell’esercito del Papa. La Chiesa pensa queste cose dal tempo della lettera a Diogneto, nel II-III secolo, in cui emergono le differenze fondamentali tra cristiani e pagani. Questi ultimi gettavano via i feti, i cristiani no».

Però se Ratzinger usa il termine moratoria il merito è suo: è lei che l’ha inventato.

«Ma il Papa avrebbe comunque collegato l’aborto alla moratoria sulla pena di morte. Lui parla del valore sacro della vita, dunque il nesso è automatico. Ma la notizia non è il Papa, bensì che da un’esperienza laica, di non appartenenza confessionale, un qualunque cinquantenne che sta fuori dalle mura della Chiesa, sia venuta un’adesione forte, e non da ieri, alla visione della vita e del mondo che ebbero e hanno anche tanti laici perbene e seri e responsabili come Norberto Bobbio e Pier Paolo Pasolini».

Lei si schermisce Ferrara, però la moratoria è una sua idea...

«Ma no, non mi schermisco affatto. E’ che questa discussione dimostra come ormai il pensiero laico sia una sorta di superstizione. Gli interlocutori ripetono sempre la stessa cosa: “La 194 non si tocca”. Ma chi la vuole toccare... La moratoria non è una proibizione, è una scelta».

Una scelta che però lei vorrebbe venisse messa in qualche statuto, risoluzione, dichiarazione internazionale.

«Certo, nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 10 dicembre 1948. Dove dice che “ogni uomo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona”, io vorrei che dopo la parola “vita” si inserisse questa frase: “dal concepimento alla morte”. E mi piacerebbe tanto che i promotori di questa iniziativa fossero un “cattolico adulto” come Prodi, una cattolica democratica come Bindi e una cattolica ex comunista come la Turco».

Dunque lei sostiene che la vita umana cominci già col concepimento, eppure molti non la pensano così. E non solo laici incalliti.

«Ma non è che lo penso io, è così. E’ la scienza che ce lo ha dimostrato, e prima della scienza ogni madre lo sapeva da sola, lo sentiva nel suo seno. Da quando, più di cinquant’anni fa, Watson e Crick hanno scoperto il Dna, sappiamo che nell’individuo esiste la vita fin dal concepimento. La catena cromosomica c’è già. Vogliamo prendere atto di questo, cioè del fatto che il feto è un bambino oppure vogliamo continuare a far finta di niente?».

Scusi Ferrara, ma sul serio lei pensa che un feto di poche settimane, non formato, con gli organi ancora solo accennati, senza cervello, sia un bambino?

«Non lo sostengo io, lo sostiene la scienza. Il feto è un bambino perché soffre, ha le gambe, muove i pugnetti... non è una macchia gelatinosa come ha sostenuto ieri uno scrittore sul suo giornale. Ha gli occhi e la bocca.
E soprattutto ha la stessa nostra struttura cromosomica».

Lasciamo perdere la genetica, torniamo alla politica: dunque la sua moratoria cosa prevede?

«Certamente non voglio nessuna sanzione penale, nessun carcere per chi abortisce. Ma certo vorrei che uscissimo da questa indifferenza etica che accompagna il fenomeno dell’aborto. Vorrei che il mondo si rendesse conto che siamo di fronte a una tragedia di proporzioni allucinanti. E che ormai ha sconfinato nell’eugenetica».

Addirittura, lei vuol dire che le donne abortiscono se il bambino che hanno concepito non corrisponde ai loro gusti estetici?

«Ad ogni amniocentesi cresce l’idea che sia possibile selezionare la razza umana. Anche per motivi futili. E per ragioni sessiste: in India l’antica tradizione di sopprimere le femmine è ormai diventata una pratica di massa. Domani (oggi, ndr) pubblichiamo l’adesione del vescovo di Bombay: in quel grande Paese mancano all’appello 200 milioni di bambine mai nate. E lo stesso Didier Sicard, che oltre a essere un grande scienziato è anche un ugonotto, dunque non certo un clericale, denuncia che in Francia, ripeto in Francia, “c’è un’inquietante deriva eugenetica”».

Ma se dovesse essere approvato il suo emendamento alla Dichiarazione sui diritti dell’uomo, se la sua campagna dovesse prendere piede nel mondo, non pensa che una donna che sceglie di abortire comunque, non per una ma per mille ragioni, si sentirebbe messa all’indice, additata in pubblico, esposta alla gogna?

«Ma neanche per sogno. Io credo semplicemente che vada sostituito il principio secondo cui tu donna fai quello che ti pare del tuo corpo con quello che afferma che il diritto di uccidere non esiste. E qui non c’è alcuna differenza tra la pena di morte e l’aborto».

In altre e crude parole, una donna che abortisce è un’assassina?

«Ma non diciamo fesserie, bisogna aiutare le donne a scegliere la vita. L’aborto non è una loro tragedia personale, è una tragedia oggettiva. Ecco perché non si deve continuare ad ingannarle, non a caso la legge 194 è una legge di “tutela della maternità”. Io non faccio processi alle donne, anzi penso che vadano aiutate, comprese, fraternamente, mai umiliate. Ma vorrei che sapessero che la loro libertà in questo caso va oltre il limite del vita. Io non giudico loro, giudico l’omicidio».

© Copyright La Stampa, 8 gennaio 2008, consultabile online anche qui

Straordinaria, meravigliosa, intervista! Per tante ragioni. Eccole, dal mio punto di vista: innanzitutto Ferrara non ha tentato di arruolare il Papa (cosa che fanno, spudoratamente, certi politici...). Trovo esaustive e complete queste frasi:

Dunque lei sostiene che la vita umana cominci già col concepimento, eppure molti non la pensano così. E non solo laici incalliti

«Ma non è che lo penso io, è così. E’ la scienza che ce lo ha dimostrato, e prima della scienza ogni madre lo sapeva da sola, lo sentiva nel suo seno. Da quando, più di cinquant’anni fa, Watson e Crick hanno scoperto il Dna, sappiamo che nell’individuo esiste la vita fin dal concepimento. La catena cromosomica c’è già. Vogliamo prendere atto di questo, cioè del fatto che il feto è un bambino oppure vogliamo continuare a far finta di niente?».

Scusi Ferrara, ma sul serio lei pensa che un feto di poche settimane, non formato, con gli organi ancora solo accennati, senza cervello, sia un bambino?

«Non lo sostengo io, lo sostiene la scienza. Il feto è un bambino perché soffre, ha le gambe, muove i pugnetti... non è una macchia gelatinosa come ha sostenuto ieri uno scrittore sul suo giornale. Ha gli occhi e la bocca. E soprattutto ha la stessa nostra struttura cromosomica».


Qualcuno puo' forse obiettare? NO! Ed infatti che cosa fa il giornalista? Cambia subito argomento e inizia la domanda successiva con un bel "Lasciamo perdere la genetica, torniamo alla politica..."

Meraviglioso :-))

R.

11 commenti:

Utnapishtim ha detto...

In effetti è bravo Barenghi. Le sue domande indicano con facilità la debolezza argomentativa di Ferrara che, in maniera invero grossolana, sostiene che:
- il feto è un bambino perchè soffre.
- il feto è un bambino perchè ha la stessa struttura cromosomica.
Questi due falsi argomenti portano ad un'unica conseguenza: la donna che abortisce è una assassina. L'intervistatore lo fa subito notare al giulianone televisivo che, senza scomporsi, si esibisce in una delle sue celebri cortine fumogene di chiacchere, dietro alle quali probabilmente spera di mascherare l'immenso corpaccione della propria incoerenza.

La mia idea sul tema dell'aborto è che esso possa (e debba) esser oggetto di ogni timore e tremore (per usare il titolo di un testo cristiano a me molto caro) sia cattolico che laico, ma che in nessun contesto questo argomento debba esser usato per spregiudicate speculazioni politiche. Ferrara sa che quello che dice non avrà seguito altrimenti probabilmente sarebbe più cauto... o forse no? (in effetti non ha avuto paura di supportare con le sue chiacchere cialtronesche la guerra in iraq)

Anonimo ha detto...

Correggimi se sbaglio, Mr Mandelbrot, ma in un dato istante tu non sei stato una "poltiglia gelatinosa"?

Utnapishtim ha detto...

non solo sono stato poltiglia gelatinosa, ma tutt'ora mi chiedo se evolverci dallo stato di amebe a quello di antropoidi sia stata una buona idea :-)
Prendendo la tua domanda più sul serio, ritengo che a la differenza che c'è tra un embrione e una qualunque "poltiglia gelatinosa" sia assai più sottile della differenza che c'è tra un bambino e un feto. L'argomento a sostegno delle tesi cattoliche è paradossalmente vicino al meccanicismo più sfrenato. Il codice genetico non è affatto sufficiente a stabilire una equivalenza tra feto e bambino, nè tantomeno a stabilire un legame di causa-effetto tra codice genetico e individuo. Una simile deriva è oltretutto pericolosa per chi voglia sostenere l'esistenza di un'anima immortale nella forma postulata dal cattolicesimo.
D'altro canto non si possono non condividere le preoccupazioni di ordine morale relative alle possibilità offerte dalla scienza in campo eugenetico, ma non ritengo che tali preoccupazioni possano giustificare le indegne mistificazioni che tanto spesso vengono operate dai giornalisti e dai politici che si dicono culturalmente vicini al cattolicesimo (Ferrara a questo punto dovrebbe rinominare il suo giornale "Il Soglio").

Anonimo ha detto...

Ferrara ha gia' sfruttato l'idea il 19 aprile 2005"profetizzando" l'elezione del cardinale Ratzinger :-)
Il punto per me e' un altro e non si tratta di meccanicismo ma di logica: se si permette alla cosiddetta "gelatina" di svilupparsi, essa prendera' la forma di un bambino. In sostanza: se l'embrione non viene eliminato, diventa un uomo o una donna.
Perche' allora distinguere una prima fase della vita (nell'utero) da una seconda (fuori dall'utero)?Logicamente, non religiosamente, che differenza c'e'?

Utnapishtim ha detto...

Ottima domanda.
Bisogna stare attenti quando si parla un linguaggio semiscientifico, perchè si rischia di prendere grandi cantonate, e le più frequenti riguardano il legame tra causa ed effetto. Perchè distinguere una prima fase della vita da una seconda? Un motivo può essere che la prima fase non contiene totalmente la seconda, ossia non ne è la causa ultima. Se il feto, attraverso il codice genetico, fosse l'unica causa del bambino, il feto sarebbe già bambino, un momento della vita dell'uomo. Ma se il codice genetico fosse l'unica causa allora non vi sarebbero altre cause, nè materiali nè immateriali per distinguere la persona, e questo è da escludere decisamente, per la Chiesa (immaginate il codice genetico di Cristo!). Non resta quindi che attribuire al codice genetico il valore "relativo" di con-causa. Ovvero il bambino è il risultato di tutta una serie di cause visibili ed invisibili, tra le quali quelle organiche sono, -per un religioso- quelle più accidentali. Dire altrimenti minerebbe l'idea cristiana stessa di uomo e porterebbe paradossalmente a preservare lo sperma e a mettere in provetta tutte le ovulazioni.
La volontà della madre di avere un figlio è invece una delle cause (non accidentali) che definiscono un bambino, ovvero che lo causano, che lo fanno nascere. Quando si parla in maniera qualitativa (tipica della morale) di concetti che sono alquanto quantitativi (la misura del tempo dopo il concepimento, etc) si finisce 'infallibilmente' per fare degli errori. Questi temi oggi paiono astratti, ma concedimi un piccolo svolazzo pindarico. Io credo che non tarderà il giorno in cui la scienza metterà al mondo un mostro, e questo mostro, quest'essere pensante metà uomo metà animale, senza madre e senza padre, potrebber rivolgere alla chiesa nuovi interessanti interrogativi, tra i quali: ho un'anima immortale? Non è solo brutta fantascienza, ma una concreta seppur (ancora) remota possibilità.

Anonimo ha detto...

Orribile ma "futuribile". Il "mostro" ha un'anima? Si', perche' e' per meta' uomo? Oppure no perche' e' una "creatura dell'uomo"?
Puo' uno scienziato creare una vita sostituendosi non solo a Dio ma anche alla natura? La domanda e' teoricamente negativa ma che cosa accadrebbe se questo "essere" venisse effettivamente creato in laboratorio?
Piu' in generale il problema "dell'anima" si pone anche per l'embrione. Quando si puo' dire che esso ha un'anima? Esiste una fase in cui l'anima "entra" nel corpo? Non e' logico.
Anche in questo caso io penso che sia piu' razionale pensare che la vita inizi nel momento del concepimento e che quel piccolo essere abbia gia' un'anima. Per questo l'idea di sopprimere l'embrione e' devastante...
R.

Utnapishtim ha detto...

Le domande che ti poni tu, e le risposte, passano anche per la mia mente.
Il tema dell'anima infusa è tutt'altro che estraneo alla metafisica. Nella genesi "Dio soffiò nelle sue narici un alito di vita". S.Agostino associava l'anima ad una sorta di nocchiero, quindi attribuiva ad essa la propietà dalla "volontà", instaurando un certo dualismo. La metafisica tomista (più accreditata) invece cerca di eliminare questo dualismo sostenendo che l'anima ed il corpo sono un tutt'uno ed insieme definiscono l'individuo (de ente et essentia), allorchè durante la morte l'individuo cessa di esistere come tale sino alla resurrezione della carne.
La questione dell'anima resta aperta (dal momento che la Chiesa non ha ancora dato una definizione ufficiale di anima) ed è per me aperta la questione relativa all'aborto. Le donne e gli uomini giudicheranno con la propria intelligenza e con la propria coscienza se dare vita o negarla, e non spetterà a noi giudicarli dinanzi alla legge degli uomini
(ciò non toglie che la chiesa li possa giudicare dinanzi a Dio)

Anonimo ha detto...

Concordo! Non si puo' mai giudicare la donna (o la donna e l'uomo, se essi sono d'accordo) che prende la drammatica decisione di abortire. Chi siamo noi per dare un giudizio? Esso non spetta a noi ma a Dio! Lo stesso Pontefice, nel discorso ai vescovi del Kenya (qui) preciso' che l'aborto non e' giustificabile ma la comunita' deve accogliere le donne che hanno abortito. Siamo alla logica, agostiniana e giovannea (di Giovanni XXIII), del distinguo fra peccato e peccatore.
In ogni caso possiamo parlare di aborto, possiamo anche metterci nei panni di chi prende questa grave decisione, ma mai giudicare dal "pulpito".
R.

brustef1 ha detto...

Certo Raffaella, ma occorre, in tempi di relativismo imperante, affermare o riaffermare a chiare lettere che l'aborto è equivalente alla pena di morte. E' questo l'intento di Ferrara, è questo che gli attira gli strali di quanti, più o meno inconsapevolmente, si prestano a un disegno partito da lontano, che mina alla base la sacralità della vita -definendola "un grumo di cellule"- e si ammanta di concetti ambigui e sinistri quali eugenetica ed eutanasia. Da qui al "miglioramento della razza" il passo è breve...

Anonimo ha detto...

Sul grumo di cellule non potrei essere piu' d'accordo...

euge ha detto...

Sono d'accordo con gli ultimi due post.

Eugenia