6 ottobre 2008

Prof. Vacca (Presidente Fondazione Gramsci): "Dal Papa un nuovo invito ai laici ad allargare la ragione. Fronte comune per l’emergenza educativa"


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Su segnalazione di Eufemia leggiamo questa interessantissima intervista al Prof. Giuseppe Vacca, presi­dente della Fondazione I­stituto Antonio Gramsci.
R.

intervista

Il presidente della Fondazione Gramsci: dal Pontefice un nuovo invito ai laici ad allargare la ragione

Vacca: fronte comune per l’emergenza educativa

DI MARINA CORRADI

Dello scambio fra Be­nedetto XVI e il pre­sidente Napolitano al Quirinale, il professor Giuseppe Vacca, presi­dente della Fondazione I­stituto Antonio Gramsci, sottolinea prima di tutto un passaggio. È quello in cui Napolitano afferma che, «di fronte a fenomeni di oscuramento di valori fondamentali» , « noi sen­tiamo di trovarci di fronte – come Ella ha detto – a un’emergenza educativa anche nel nostro Paese » .

«Trovo molto rilevante – dice Vacca– che il presi­dente faccia sua questa e­spressione che la Chiesa usa da tempo. Emergenza educativa, che non signi­fica solo crisi della scuola, ma è qualcosa di più am­pio, giacchè gli agenti e­ducanti non sono più so- lo quelli tradizionali, e la questione educazione og­gi non può prescindere dall’influenza straordina­ria dei media. Mi sembra, l’accogliere da parte di Na­politano questa espressio­ne, il riconoscimento co­mune del problema a mio avviso più grave del pae­se. La premessa, mi augu­ro, perché si vada oltre e si prenda tutti insieme in mano la questione educa­tiva » .

Sia Napolitano sia Bene­detto XVI parlano di « di­mensione pubblica del fatto religioso » : dimen­sione che naturalmente il Papa riafferma, ma che il presidente a sua volta ri­conosce come elemento necessario della laicità dello Stato.

Già un anno fa Napolita­no si espresse con quasi le medesime parole, nell’il­lustrare il criterio dei rap­porti fra Stato e Chiesa: criterio che, disse, sta nel­la « ricerca di risposte co­muni ai problemi del no­stro tempo » .

E questo per un uomo con la formazio­ne di Napolitano, ex mili­tante del Pci di Togliatti, è una continuità con la pro­pria storia. Con quanto nell’aprile 1963, a Berga­mo, Palmiro Togliatti dis­se in un discorso poi pub­blicato con il titolo « Il de­stino dell’uomo » . Conti­nuità con il voto favorevo­le all’accoglimento del Concordato nella Costitu­zione, annunciato da To­gliatti già al V congresso del Pci, nel 1945.

Questo ricordare i princi­pi della ' buona laicità' non ha alcuna analogia con lo scambio fra Sarkozy e il Papa a Parigi?

No, l’Italia del Concordato e la Francia sono in questo senso due universi diffe­renti. Credo che non ab­biamo bisogno di impara­re dalla Francia la « laicità positiva » . Sono lieto piut­tosto che il presidente francese sia addivenuto alle attuali posizioni…'

Professore, però anche in Italia si avverte spesso u­na tensione, un tentativo di ridurre la Chiesa al « privato » , o come nel ca­so della Sapienza, a esclu­derla dal dialogo cultura­le.

Si tratta di episodi infelici, di stonature, che a volte vengono anche da qual­che membro della Chiesa. Particolarmente infelice, è chiaro, il fatto della Sa­pienza: ma non basta re­golare positivamente i rapporti fra Stato e Chiesa, perchè tutti siano capaci di maturità culturale. Cer­to, esiste una parte rumo­rosa della cultura laica che scambia la laicità per an­ticlericalismo. Ma nem­meno questo basta questo a interrompere la sostan­za concreta dei rapporti, e una collaborazione che continua.

Non c’è da temere « pre­varicazione ai danni del­la libertà da parte della Chiesa » , dice il Papa al Quirinale.

Sono perfettamente d’ac­cordo. Semmai occorre fa­vorire una consapevolez­za, i cattolici direbbero u­na ' inculturazione', per cui non credenti sappiano capire il linguaggio speci­fico della Chiesa. Così che quando la Chiesa si pro­nuncia, come è legittimo, sulla difesa della vita, non pensino che questo va a ledere la loro libertà. Una mancata consapevolezza che però, trovo, ha che fa­re con una più ampia ca­duta della cultura civile nel paese.

Come legge l’ultima frase rivolta dal presidente al Papa, sul dialogo « fonda­to su un esercizio non dogmatico della ragione, sulla sua naturale attitu­dine a interrogarsi e a­prirsi » ?

Mi sembra una notazione garbatamente polemica verso chi pensa che, quan­do si discute di rapporto tra fede e ragione, della ra­gione si possa avere una nozione univoca, cristal­lizzata, valida una volta per tutte. Invece, il pro­blema è proprio l’eserci­zio non dogmatico della ragione. Mi sembra un ri­chiamo a certo laicismo, in sintonia con quel con­cetto di ' allargamento della ragione' che è parte portante del pensiero del Papa, fino al discorso di Ratisbona. D’altronde Na­politano viene dal Pci di Togliatti, quindi da una cultura che ha alle spalle ha Hegel, Marx, Gramsci, e non solo un illuminismo impoverito.

Cose impor­tanti, che vengono da lon­tano, dall’Europa profon­da e che spiegano una na­turale sintonia con un Pa­pa che ha voluto chiamar­si Benedetto.

© Copyright Avvenire, 5 ottobre 2008

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