6 ottobre 2008
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«Con certa cultura moderna si perde l'identità cristiana»
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dall'inviato
Pier Giuseppe Accornero
Città del Vaticano
Se la ribellione a Dio e alla sua Parola si trasforma in vero e proprio rifiuto di Dio, allora «il punto di arrivo alla fine è che l'uomo si ritrova più solo e abbandonato e la società più divisa e confusa». Nonostante ciò, primo obbligo della Chiesa e suo compito fondamentale è annunciare la Parola di Dio.
Il XII Sinodo dei vescovi, che Papa Benedetto ha inaugurato ieri con una concelebrazione nella basilica di San Paolo fuori le Mura, ha il compito di rendere sempre più efficace, vero e autentico «l'annuncio del Vangelo che costituisce la stessa ragion d'essere e la missione della Chiesa». Concelebravano 52 cardinali, 14 pastori delle Chiese orientali, 45 arcivescovi, 130 vescovi e 85 presbiteri: un microcosmo della Chiesa dei cinque continenti. Per la prima volta in quarant'anni non in San Pietro, ma nella basilica dedicata all'«apostolo delle genti» per l'«Anno Paolino» nel bimillenario della nascita.
Il pontefice e la vigna
Le prime parole di Papa Ratzinger, quando comparve dalla loggia esterna della basilica vaticana dopo l'elezione, la sera del 19 aprile 2005, furono una semplice autopresentazione: «Sono un umile operaio nella vigna del Signore».
Parole che ritornano alla mente ascoltando il Vangelo della XXVII domenica del tempo ordinario che riporta la parabola di Gesù sui vignaioli malvagi: per non pagare «il canone d'affitto» al padrone, bastonano e uccidono non solo i suoi servi ma addirittura il figlio del padrone, così «avremo noi l'eredità». Commenta il Pontefice: «Il disprezzo per l'ordine impartito non è solo la violazione della giustizia sociale ma si trasforma in disprezzo per il padrone, non è una semplice disobbedienza, ma è il vero e proprio rigetto di Dio». E propone un parallelo tra il Cristianesimo primitivo, poi cancellato in alcuni Paesi, e il rischio che esso corre oggi nei Paesi secolarizzati.
«Se guardiamo la storia – denuncia – registriamo non di rado la freddezza e la ribellione dei cristiani incoerenti». Per questo Dio, pur mantenendo la promessa della salvezza, «ha dovuto ricorrere spesso al castigo». Al Papa viene spontaneo ripensare al primo annuncio del Vangelo, «dal quale scaturirono comunità cristiane inizialmente fiorenti, che sono poi scomparse e sono ricordate solo nei libri di storia». Non le menziona ma si tratta del Medio Oriente e dell'Africa del Nord: Turchia e Siria, Tunisia e Libano, Egitto e Iraq, Marocco e Libia, Paesi dai quali l'Islam ha cancellato ogni traccia del Cristianesimo.
Ma «non potrebbe – si chiede – avvenire la stessa cosa oggi? Nazioni, un tempo ricche di fede e di vocazioni, ora vanno smarrendo la propria identità sotto l'influenza deleteria e distruttiva di certa cultura moderna». Di più, c'è chi «avendo deciso che “Dio è morto”, dichiara “dio” se stesso, ritenendosi l'unico artefice del proprio destino, il proprietario assoluto del mondo. Sbarazzandosi di Dio e della sua salvezza, l'uomo crede di poter fare ciò che gli piace e di porsi come sola misura di sé e del proprio agire. Ma quando l'uomo elimina Dio, è veramente più felice? Diventa veramente più libero? Quando gli uomini si proclamano proprietari assoluti di se stessi e unici padroni del creato, possono veramente costruire una società dove regnino libertà, giustizia e pace? Non avviene piuttosto, come la cronaca quotidiana dimostra, che si estendano l'arbitrio del potere, gli interessi egoistici, l'ingiustizia e lo sfruttamento, la violenza in ogni espressione? Il punto di arrivo è l'uomo più solo e la società più divisa e confusa».
Ma il pessimismo non risolve nulla. «La vigna non sarà distrutta» e «Gesù assicura che la sua morte non sarà la sconfitta di Dio e che egli non resterà nella tomba», ma che «alla passione e alla morte in croce seguirà la gloria della risurrezione». Quale messaggio dalla parabola e dalla situazione del mondo? La risposta è ancora nel Vangelo: «Il male e la morte non hanno l'ultima parola, ma a vincere alla fine è Cristo. Sempre».
Oggi «apre» il cardinale Ouellet
Per questo la Chiesa non si stanca di proclamare la Buona Novella. Ed è quello che si propone di fare il Sinodo che stamane entra nel vivo con l'introduzione del relatore ufficiale, il cardinale Marc Ouellet, arcivescovo di Québec in Canada. In questo mini-Concilio la Chiesa vive la certezza ribadita dal suo Pastore universale: «Quando Dio parla, sollecita sempre una risposta, la sua azione di salvezza richiede l'umana cooperazione, il suo amore attende una risposta. Solo la Parola di Dio può cambiare in profondità il cuore dell'uomo». E cita San Girolamo: «Colui che non conosce le Scritture, non conosce la potenza e la parola di Dio. Ignorare le Scritture significa ignorare Cristo». Infatti la Parola di Dio «illumina ogni ambito dell'umanità»: famiglia, scuola, cultura, lavoro, tempo libero, tutti i settori della società.
© Copyright Eco di Bergamo, 6 ottobre 2008
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