5 ottobre 2008

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Stato e Chiesa, i due colli cercano risposte comuni

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nostro servizio

Alberto Bobbio

Roma

Lo dice subito alla decima riga del discorso. Giorgio Napolitano legge piano con gli occhiali d'oro. Benedetto XVI è lì accanto seduto. Il Salone delle feste brilla di solennità e le parole del presidente assumono un carattere severo, che vale per tutta la nazione: «Rivolgiamo quotidiana attenzione agli impulsi che vengono dal suo alto magistero per la ricerca di risposte comuni ai problemi del nostro tempo». Non c'è alcuna esitazione nella frase del capo dello Stato. E connota la collaborazione serena e proficua tra Italia e Santa Sede. Ma non si tratta di cortesia diplomatica o di fredda collaborazione bilaterale.
La chiave sta nella parola «ricerca», usata da Napolitano. Significa che c'è preoccupazione comune circa la situazione attuale del mondo e del Paese e che per affrontarla è necessario che Chiesa e Stato, cittadini laici e cittadini credenti, trovino con passione ragione, stili e contenuti di vita comunitari. Il Papa la riassumerà poco dopo con l'immagine dei due «colli», che non si «ignorano», ma «sono pronti a cooperare insieme per promuovere e servire il bene integrale della persona umana e il pacifico svolgimento della convivenza civile».
Napolitano parla prima del Papa, scambio di discorsi di una visita ufficiale dove il protocollo è stato ridotto al minimo per consentire un maggiore spazio al colloquio privato. Ratzinger arriva al Quirinale alle 11 in punto, mentre la pioggia lascia spazio al sole. Napolitano lo attende sulla soglia della vetrata. La banda dell'Esercito esegue solo una strofa degli inni. E mentre la bandiera vaticana saliva sul pennone del Torrino, il Papa e il presidente erano già chiusi nello Studio alla Vetrata per il colloquio privato. Si parleranno per mezz'ora e nessun comunicato, né del Quirinale, né della Santa Sede, riferirà del colloquio.
Nello stesso momento il cardinale Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi si vedevano nella Sala Napoleonica. Prima il Papa aveva salutato le più alte cariche istituzionali della Repubblica e i ministri Frattini e Maroni, insieme al sottosegretario Gianni Letta. Della delegazione pontificia invece, oltre al «ministro degli Esteri» Mamberti facevano parte anche il presidente della Cei Angelo Bagnasco e il vicario di Roma, il cardinale Agostino Vallini.
Il discorso di Napolitano è stato un contrappunto di «molteplici motivi di riflessione», che il presidente ha ricavato da molti interventi recenti del Pontefice, sui quali ha dimostrato una perfetta sintonia con il Papa. E non si è limitato ai temi italiani. Anzi li ha inseriti nel contesto più generale di una crisi mondiale, di carattere etico, oltre che congiunturale. Ha osservato che, di fronte ai problemi, occorre una «operosa convergenza di sforzi», senza offuscare «la distinzione» tra «il politico e il religioso».
Il presidente ha qui colto il richiamo fatto dal Papa a Parigi sulla «laicità positiva» e ha detto che in Italia «da tempo» si è affermata questa visione. Si tratta della «laicità dello Stato, quale si coglie anche nel dettato nella nostra Costituzione», che «abbraccia il riconoscimento della dimensione sociale e pubblica del fatto religioso».
Napolitano non si è però fermato all'enunciazione del principio, ma ha ricordato che esso «implica non solo rispetto della ricerca che muove l'universo dei credenti e ciascuno di essi, ma dialogo». È una sorta di ricerca dinamica, un dialogo, ha precisato, «fondato sull'esercizio non dogmatico della ragione» e «sulla sua naturale attitudine a interrogarsi e ad aprirsi». È questo il quadro di riferimento dentro cui Stato e Chiesa si devono muovere per la ricerca del bene comune della nazione.
All'interno ci sono alcuni questioni urgenti che il presidente ha messo sul tavolo. Intanto i «motivi di allarme» in un mondo «pur ricco di risorse e di potenzialità di progresso»: «Giustizia nella distribuzione della ricchezza e delle opportunità dello sviluppo, di fronte al premere delle diseguaglianze e della povertà, al persistere e al riprodursi, in tormentate regioni, di condizioni di guerra e di estrema sofferenza e umiliazione». Poi c'è il «consolidamento della pace», il «rispetto della dignità umana in tutte le sue forme e luoghi», ma anche il «superamento del razzismo», ripetutamente richiamato dal Papa.
Napolitano ha rilevato che c'è «allarme» per manifestazioni «preoccupanti» e ha detto, citando uno degli Angelus del Papa, che «nulla può giustificare il disprezzo e la discriminazione razziale». Sono «rischi e fenomeni di oscuramento dei valori fondamentali», che mettono in crisi la «dignità umana». Il presidente concorda con il Papa sull'«emergenza educativa anche nel nostro Paese». E la soluzione che propone è una «grande ripresa di tensione ideale e morale», anche per affrontare «i guasti di una corrosiva caduta dell'etica nell'economia e nella politica».

© Copyright Eco di Bergamo, 5 ottobre 2008

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