21 aprile 2007

Il concetto teologico di limbo


Vedi anche:

Rassegna stampa del 21 aprile 2007 (limbo)

Aggiornamento della rassegna stampa del 21 aprile 2007 (limbo)

Il cardinale Ratzinger: il limbo? Non è mai stato verita' di fede

Aggiornamento della rassegna stampa del 21 aprile 2007 sul limbo (2)

L'immagine a destra e' stata pubblicata dal quotidiano "Il Mattino". Clic per ingrandirla.


Nella concezione teologica cattolica il limbo è il luogo e lo stato in cui si trovano, dopo la vita terrena, coloro che sono morti con il debito del solo peccato originale. Nel 13° secolo il limbo verrà inteso come luogo in cui le anime godono di beni naturali senza fruire però della visione beatifica di Dio. In una parte di esso sarebbero scesi i Santi Patriarchi e profeti di Israele vissuti prima dell’avvento di Cristo, il quale, scendendo nel limbo dopo la sua morte in croce, li avrebbe liberati portandoli in Paradiso (Efesini 4,8; 1^ Pietro 3, 19). In maniera molto più tradizionale il limbo è il luogo occupato dai bambini morti prima del battesimo conservando il peccato originale.

DAL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA:

1213 Il santo Battesimo è il fondamento di tutta la vita cristiana, il vestibolo d'ingresso alla vita nello Spirito (« vitae spiritualis ianua »), e la porta che apre l'accesso agli altri sacramenti. Mediante il Battesimo siamo liberati dal peccato e rigenerati come figli di Dio, diventiamo membra di Cristo; siamo incorporati alla Chiesa e resi partecipi della sua missione:4 « Baptismus est sacramentum regenerationis per aquam in verbo – Il Battesimo può definirsi il sacramento della rigenerazione cristiana mediante l'acqua e la parola ».

...

1257 Il Signore stesso afferma che il Battesimo è necessario per la salvezza. Per questo ha comandato ai suoi discepoli di annunziare il Vangelo e di battezzare tutte le nazioni.
Il Battesimo è necessario alla salvezza per coloro ai quali è stato annunziato il Vangelo e che hanno avuto la possibilità di chiedere questo sacramento. La Chiesa non conosce altro mezzo all'infuori del Battesimo per assicurare l'ingresso nella beatitudine eterna; perciò si guarda dal trascurare la missione ricevuta dal Signore di far rinascere « dall'acqua e dallo Spirito » tutti coloro che possono essere battezzati. Dio ha legato la salvezza al sacramento del Battesimo, tuttavia egli non è legato ai suoi sacramenti.

...

1261 Quanto ai bambini morti senza Battesimo, la Chiesa non può che affidarli alla misericordia di Dio, come appunto fa nel rito dei funerali per loro. Infatti, la grande misericordia di Dio, « il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati » (1 Tm 2,4), e la tenerezza di Gesù verso i bambini, che gli ha fatto dire: « Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite » (Mc 10,14), ci consentono di sperare che vi sia una via di salvezza per i bambini morti senza Battesimo. Tanto più pressante è perciò l'invito della Chiesa a non impedire che i bambini vengano a Cristo mediante il dono del santo Battesimo.

Come si evince dal testo, il Catechismo della Chiesa cattolica non parla di limbo ed affida i piccoli morti senza ricevere il Sacramento del Battesimo alla misericordia di Dio.
E' di oggi la notizia che il Papa ha approvato la decisione di cancellare il limbo.

Qualche elemento in piu':


La teoria del “limbo” nella storia della Chiesa cattolica

CITTÀ DEL VATICANO - Il dibattito sul limbo quale luogo dove erano destinati i bimbi morti prima di essere battezzati, va avanti da molti secoli, fin quasi dalle origini stesse del cristianesimo. Solo in apparenza si tratta infatti di una questione per specialisti teologi, ma in effetti coinvolge il concetto stesso di peccato originale e su di essa si sono misurate alcune delle più rilevanti personalità della Chiesa, da Sant'Agostino a San Tommaso fino allo stesso Ratzinger, che già da cardinale esprimeva le sue forti perplessità circa il concetto di limbo, arrivando a definirlo, nel 1984, «un’ipotesi teologica».
Le conclusioni alle quali sono giunti i teologi del Vaticano, cioè l’abolizione del limbo per i bambini nati senza battesimo che verranno comunque accolti da Dio, era nell’aria già da qualche tempo, ma il cammino che ha preceduto la scelta è stato lungo. Senza dimenticare che il limbo è anche un momento fondamentale della Divina Commedia: in quel primo cerchio dell’Inferno infatti Dante collocava le grandi personalità dell’antichità e i Padri dell’Antico testamento. Lo stesso Virgilio, la guida che accompagnerà il poeta toscano alle porte del Paradiso, viene appunto dal Limbo.
Ora la Commissione teologica vaticana ha ristretto ulteriormente lo spazio del limbo, i bimbi morti senza battesimo, ha stabilito, sono innocenti e tanto basta. Coincidenza vuole poi che Benedetto XVI si troverà domenica prossima a pregare proprio sulla tomba di Sant'Agostino che del limbo per i bambini fu un sostenitore. Ma
andiamo con ordine.
Il Limbo è il luogo dove finiscono le anime di quanti non sono dannati (non sono finiti cioè all’Inferno) né purificati (quindi non hanno raggiunto il Purgatorio), nè hanno conseguito la beatitudine, cioè hanno raggiunto il Paradiso.
A chi era destinato il limbo? Nel cosiddetto “Limbo dei padri” dovevano andare persone buone e “sante” morte prima della resurrezione di Cristo. Quindi, c'era il “Limbo dei bambini” dove finivano i bimbi nati senza aver avuto il tempo di essere battezzati.
E che perciò, cioè a causa del peccato originale, non avrebbero una visione di Dio ma solo una felicità derivante dalla natura. Tale dottrina prevalse in epoca medioevale, in particolare nella Scolastica e grazie a San Tommaso (1225-1274), e costituisce un addolcimento di quanto appunto si affermava in precedenza e di quanto sosteneva lo stesso Sant'Agostino (354-430) che collocava i bambini morti senza battesimo nell’Inferno a causa del peccato originale (per quanto condannati a «fiamme mitissime»).
Col passare del tempo e sempre di più in età moderna, la teologia ha messo in discussione il concetto di limbo come luogo dove anime innocenti che non erano state battezzate erano affidate a Dio.
Già nel 1984 Joseph Ratzinger, nel suo “Rapporto sulla fede” scritto insieme a Vittorio Messori, osservava che «il limbo non è mai stato una verità definita di fede. Personalmente lascerei cadere quella che è sempre stata soltanto un’ipotesi teologica».
E questo in effetti è un altro aspetto della questione del quale tenere conto: per la Chiesa il limbo non ha mai costituito una verità di fede completamente riconosciuta, il magistero non si è mai espresso in modo definitivo su di esso. Ma il limbo è forse anche più noto alla gran parte dell’opinione pubblica non tanto per il suo profilo teologico ma per il richiamo che esso immediatamente evoca dell’opera di Dante Alighieri.
Dante infatti colloca il limbo nel primo cerchio dell’Inferno, e lì si trovano le personalità grandi del mondo antico che non sono state battezzate perché nate e vissute prima di Cristo. Ovviamente dal limbo arriva anche il poeta Virgilio che guiderà lo stesso Dante. Quanti si trovano del limbo non hanno potuto godere della visione di Dio ma non hanno evidentemente commesso peccati.
Tuttavia secondo la dottrina cristiana alcune anime che si trovano nel limbo possono accedere al Paradiso, si tratta dei Padri dell’Antico Testamento, figure come Adamo, Abele, Noè Mosè, Abramo, David, Isacco, Giacobbe, Rachele e diversi altri. Nel limbo dantesco si trovano naturalmente i grandi poeti, intellettuali e filosofi dell’antichità come Omero, Eraclito, Zenone, Ippocrate, Galeno, Averroè, Aristotele, Socrate.

La Gazzetta del mezzogiorno, 20 aprile 2007


CHI NE HA PARLATO
Da Dante a Luzi, quella metafora che piace all'arte

Paolo Di Stefano

All'inizio del Trecento il limbo era stato inventato da poco. Ma se Benedetto XVI fosse vissuto al tempo di Dante, probabilmente la Divina Commedia sarebbe un poema zoppo o comunque il IV canto dell'Inferno sarebbe oggi un'altra cosa. Perché nel capolavoro dantesco mancherebbe il limbo. Il luogo cioè in cui sono collocate le anime di coloro che non peccarono ma che non poterono conoscere Dio: i «pargoli innocenti» morti senza battesimo e i virtuosi pagani. Ovviamente quei poveracci che appaiono dalle tenebre sono almeno avvolti da un emisfero di luce e non subiscono nessuna pena corporale, ma la loro sofferenza, che si esprime in lunghi sospiri, nasce dal desiderio inappagabile di vedere Dio.
Dante è appena svenuto per la prima volta (sverrà anche nel canto successivo), mentre si apprestava a passare l'Acheronte. Un forte tuono lo risveglia proprio quando si trova, con Virgilio, sull'orlo dell'abisso infernale. Il maestro impallidisce. Di cosa ha paura? Non è paura, è la pietà che prova nei confronti delle anime del primo cerchio, il limbo appunto, cui lui stesso appartiene. Eh sì, perché Virgilio ebbe la sfortuna di vivere prima di Cristo. Esattamente come le ombre dei quattro grandi poeti che i due incontreranno tra poco: Omero, Orazio, Ovidio e Lucano. Tutti condannati al limbo, pur avendo lasciato di sé, sulla terra, onore e fama. Per la verità, anche un altro stuolo di anime, in passato, avevano visto provvisoriamente la luce del limbo, e cioè i patriarchi dell'Antico Testamento, ma appena risorto, Cristo se li portò con sé in Paradiso. Per gli altri non c'è speranza, compresi Virgilio e la schiera degli «spiriti magni» tra cui Dante sistema un bel po' di eroi legati alla leggenda e alla storia di Roma, oltre a filosofi, scienziati e scrittori del mondo greco e romano, ma persino (udite, udite!) alcuni personaggi del mondo arabo come il Saladino e i filosofi Avicenna e Averroè. La parola più frequente del IV canto è «onore«. Il limbo è una prigione, una sorta di Rebibbia per gli uomini d'onore si potrebbe affermare con un sorriso. Se non fosse che sull'onore Dante non scherza: nel canto precedente c'erano i vili, qui invece si trovano i veri magnanimi.
Forse, se allora il limbo non fosse stato inventato o se fosse stato precocemente abolito, Dante non avrebbe scelto neppure Virgilio come sua guida, perché la condizione «limbica» era l'ideale per un maestro che comunque, alla soglia del Paradiso, avrebbe dovuto cedere il passo a Beatrice. Ma certo, con il primo cerchio dantesco crollerebbe a cascata una bella fetta di arte italiana (e non solo) che ha dipinto non poche «discese al limbo», da Giotto a Mantegna. Ma a differenza del popolo dei fedeli dal Medioevo a oggi, la letteratura italiana sembra aver creduto più alla metafora che all'ipotesi teologica: tant'è vero che tra i nostri scrittori citano il limbo vero e proprio, en passant,
solo Machiavelli, Carducci, Pascoli, che ne segnala correttamente l'etimologia: «il "lembo" come dice la parola; od orlo». Uno dei pochi moderni a prenderlo sul serio è stato Mario Luzi, che in un famoso saggio opponeva l'infernale (e prediletto) Dante al «limbale» (e un po' asettico) Petrarca. Ma ora che i teologi l'hanno mandato a quel paese o meglio all'inferno, del limbo non resterà forse che il ricordo di una bella metafora.

Corriere della sera, 21 aprile 2007

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