19 aprile 2007
I primi due anni di uno storico pontificato
Vedi anche:
Fumata bianca, eletto il nuovo Papa,cronaca di quei momenti indimenticabili
19 aprile 2005: l'elezione del semplice ed umile lavoratore nella vigna del Signore
Due anni di pontificato, riflessioni...
"GESU' DI NAZARET" DI JOSEPH RATZINGER-BENEDETTO XVI e tutti i link ivi segnalati
Habemus papam, due anni dopo
di Cristian Glori
Il 19 aprile 2005 la fumata bianca: le conferme e le sorprese di un biennio di pontificato. La semplicità e la popolarità, la diplomazia e il richiamo ad un cristianesimo gioioso: qualche spunto per ripercorrere due anni con Benedetto XVI.
ROMA - Secondo gli schemi nei quali era imbrigliato da cardinale, Joseph Ratzinger avrebbe dovuto passare il tempo a lanciare condanne e a proclamare anatemi: ma, nonostante quel che in molti cercano di far apparire, Benedetto XVI non lo fa: le sue critiche al mondo e alla modernità hanno lo stile pacato di chi sa argomentare e proporre lucide analisi capaci di gettare luce sul suo pensiero e sulla realtà dei fatti. E’ un papa diverso da quello atteso quello che si presenta al passaggio del secondo anno di pontificato: due anni da quel 19 aprile 2005 nel quale si presentò al mondo come un umile servo della vigna del Signore. L’umiltà dell’uomo è rimasta tutta, insieme alle continue richieste di preghiere per il compito gravoso al quale è stato chiamato: una vera e propria seconda vita per un uomo che a 78 anni non immaginava di dover compiere un passo così decisivo, per sé e per la vita stessa della Chiesa.
Le parole di Benedetto XVI colpiscono, e i fedeli lo seguono: l’immagine di un papa abbandonato dal suo stesso gregge è semplicemente rovesciata di fronte all’eloquenza dei numeri: le presenze ai suoi due tradizionali appuntamenti di piazza, l’Angelus della domenica e l’udienza del mercoledì, sono sistematicamente doppi di quelli registrati negli ultimi anni del pontificato di Giovanni Paolo II. Non uno qualunque, ma il papa dei record: e su quel fronte Benedetto XVI lo sta battendo. C’è evidentemente qualcosa che attrae e richiama nella figura di questo papa, e la sua semplicità nel parlare di Dio e di Cristo anche dall’alto della sua cultura non è passata inosservata ai più. Il papa che esorta gli uomini a interrogarsi sulla fede usando la ragione e che si rivolge ai non cristiani usando la categoria del razionalismo, ricordando la logicità – oltre che la storicità – della figura di Cristo. Un papa che sa anche sorprendere dunque, che al rapporto fra fede e ragione ha dedicato il più celebre discorso di questi due anni di regno (la lezione magistrale di Ratisbona), che più volte ha sottolineato la linearità e la coerenza del cristiano impegnato nella vita pubblica, che a Verona ha indicato Chiesa italiana alla via della presenza attiva nel mondo, che quasi frequentemente ricorda l’essenzialità dell’istituto familiare e la perfetta coerenza e sintonia fra la ricerca della pace e la difesa della vita umana, di ogni vita umana.
Il primo anno di pontificato se ne è andato all’insegna della gestione della difficile eredità di Giovanni Paolo II, visibile soprattutto nel rapporto con i giovani (il primo viaggio internazionale di papa Benedetto proprio a Colonia per la Gmg, agosto 2005) e nel suo costante tentativo di mantenere vivo il legame con essi, caratterizzandolo per la grande importanza data ai segni e ai sacramenti (chiara la continuità fra l’adorazione eucaristica alla veglia del sabato di Colonia e la liturgia penitenziale in luogo della festa concerto alla Gmg diocesana di qualche settimana fa).
La visita ai luoghi di Giovanni Paolo II nel maggio 2006 ha aperto un anno ricco di eventi e di avvenimenti: l’Europa e il confronto con se stessa nel viaggio alla sua Baviera, la diplomazia e l’arte della mediazione nella crisi israelo-libanese dell’estate 2006, il forte momento di frattura con l’Islam seguito alla lezione di Regensburg poi completamente ricostruito con la sortita in Turchia, territorio di ricerca ecumenica con gli ortodossi di Bartolomeo I e di confronto con il mondo islamico. Territorio nel quale nuovamente attiva è l’azione della segreteria di Stato, resa più vicina con l’arrivo del card. Tarcisio Bertone. Con l’arrivo del quale più forte è anche la vicinanza della chiesa italiana, passata nel frattempo dalla gestione Ruini a quella Bagnasco.
L’attenzione ai deboli si manifesta con la visita al carcere minorile di Casal del Marmo e con quella alla mensa Caritas di Colle Oppio: e proprio alla Caritas, a quell’amore che è Dio stesso, quel Dio che dà identità all’uomo e lo spinge all’amore per gli altri, è dedicata quella che resta al momento l’unica enciclica del suo pontificato: un documento in cui eros e agape si ritrovano uniti nella testimonianza della grandezza dell’amore. Amore e Verità, altra parola costantemente portata all’attenzione da parte del papa. Del quale resta anche la costanza con la quale ricordare, ai giovani in particolare, l’essenza del cristianesimo: la gioia anzitutto nell’esser cristiani, e la consapevolezza che Cristo non toglie nulla alla bellezza della vita, e la Chiesa non racchiude l’anima dentro una serie di divieti ma chiede ad essa di aprirsi alla grandezza dell’amore di Dio.
Tutti temi sui quali Benedetto XVI continuerà il suo percorso, all’attenzione del quale si pongono ora questioni di rilevante attualità, sia dal punto di vista internazionale (il rapporto con la Cina rimane uno dei punti cruciali del pontificato) sia dal punto di vista liturgico (il previsto motu proprio per la liberalizzazione dell’utilizzo del latino come passo avanti verso i tradizionalisti, fermo restando quanto deciso fino ad ora, anche attraverso l’esortazione post-sinodale Sacramentum Caritatis). Di segni il papa ne ha già lasciato parecchi: ad ottanta anni c’è ancora molto da fare.
Korazym
La Chiesa festeggia il secondo anniversario di Pontificato di Benedetto XVI
Sono le 17.50 del 19 aprile di due anni fa: dal comignolo della Cappella Sistina fuoriesce una fumata di colore incerto. Poi all’improvviso si fa decisamente bianca. E’ stato eletto il Papa! Inizia così l’avventura di Benedetto XVI, chiamato a succedere a Giovanni Paolo II, alla guida della Chiesa per quasi 27 anni. Papa Ratzinger, 265.mo Vicario di Cristo e ottavo Papa tedesco della storia, in due anni di Ministero Petrino ha incontrato 7 milioni e mezzo di persone, ha compiuto tre viaggi italiani e 5 viaggi internazionali: tra gli eventi storici la visita ad Auschwitz e alla Moschea Blu in Turchia. Ha scritto una Enciclica “Deus caritas est”, un’Esortazione apostolica sull’Eucaristia e il libro “Gesù di Nazaret”, appena uscito in libreria. Ripercorriamo i due anni di Pontificato di Benedetto XVI.
“Habemus papam…” (Annuncio del cardinale protodiacono Jorge Arturo Medina Estévez)
Il giovane teologo Joseph Ratzinger desiderava servire il Signore facendo l’insegnante. La preghiera dell’umile penetra le nubi: diventa catechista del mondo:
(Prime parole di Benedetto XVI)
“Cari fratelli e care sorelle, dopo il grande Papa Giovanni Paolo II, i signori cardinali hanno eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore…"
La semplicità è una delle note dominanti di Benedetto XVI: la sua parola è chiara, serena, profonda, tocca il cuore e smuove la coscienza. Mite e forte nello stesso tempo. Parla della sua debolezza, chiede di pregare per lui perchè non fugga per paura davanti ai lupi. Il suo gesto è sobrio: chi risplende è Cristo. Le fede – spiega – non è moralismo, non sono proibizioni: è diventare amici di Gesù, è incontrare in modo vivo e concreto il Dio crocifisso che vuole salvare tutti, anche i nemici:
“L’amore del nemico costituisce il nucleo della ‘rivoluzione cristiana’, una rivoluzione non basata su strategie di potere economico, politico o mediatico. La rivoluzione dell’amore, un amore che non poggia in definitiva sulle risorse umane, ma è dono di Dio che si ottiene confidando unicamente e senza riserve sulla sua bontà misericordiosa. Ecco la novità del Vangelo, che cambia il mondo senza far rumore. Ecco l’eroismo dei ‘piccoli’, che credono nell’amore di Dio e lo diffondono anche a costo della vita”. (Angelus del 18-2-2007)
Benedetto XVI punta sulla ragionevolezza della fede chiamando anche i non credenti al grande dialogo della verità: il Dio di Gesù è così infinitamente buono, così piccolo e così grande, da essere davvero convincente:
“Se guardiamo alle grandi opzioni, l’opzione cristiana è anche oggi quella più razionale e quella più umana. Per questo possiamo elaborare con fiducia una filosofia, una visione del mondo che sia basata su questa priorità della ragione, su questa fiducia che la Ragione creatrice è amore e che questo amore è Dio”. (Incontro con i giovani in Piazza San Pietro, 6-4-2006)
L’importante discorso all’Università di Ratisbona, male interpretato e che i mass media hanno centrato sul rapporto con l’islam, era in realtà rivolto soprattutto all’occidente: un invito ad allargare gli orizzonti della ragione, ridotti dalla moderna cultura solo a ciò che è verificabile nell’esperimento, e così incapace di dialogare con le culture e le religioni. Esorta a ritrovare il gusto della riflessione e, rivolgendosi in particolare ai giovani, a interrogarsi su Dio, a cercare il suo Volto:
“Cari giovani amici – quanto è importante oggi proprio questo: non lasciarsi semplicemente portare qua e là nella vita; non accontentarsi di ciò che tutti pensano e dicono e fanno. Scrutare intorno a sé nella ricerca di Dio. Non lasciare che la domanda su Dio si dissolva nelle nostre anime. Il desiderio di ciò che è più grande. Il desiderio di conoscere Lui – il suo Volto…” (Messa per la Domenica delle Palme, 1-4-2007)
La Chiesa – afferma - non ha interessi e non cerca privilegi: vuole solo annunciare Cristo e difendere l’uomo, i più piccoli dalla prepotenza dei forti. Di qui l’enunciazione dei principi non negoziabili: il diritto alla vita per tutti, la famiglia, la libertà di educazione. Principi non confessionali perché appartengono all’umanità. Su tali questioni – avverte – “la coscienza, talora sopraffatta dai mezzi di pressione collettiva, non dimostra sufficiente vigilanza”. Spiega le conseguenze devastanti del relativismo, criticando l’assolutismo dogmatico di quei laicisti che vogliono togliere alla Chiesa il diritto alla libera espressione. Denuncia lo scandalo della povertà e della fame, le ingiustizie create da una certa globalizzazione, il neocolonialismo dei Paesi ricchi, il traffico delle armi che cresce nell’indifferenza quasi generale. Ha particolarmente a cuore l’Africa, la Terra Santa e guarda con attenzione verso la Cina e alle sfide e alle speranze nel continente americano, mentre sottolinea il rischio che l’Europa rinnegando i valori cristiani rinneghi se stessa. Vede il male nel mondo che – dice – “nonostante tutti i progressi compiuti … non è affatto vinto; anzi, il suo potere sembra rafforzarsi e vengono presto smascherati tutti i tentativi di nasconderlo”. La sofferenza è un mistero che Dio ha spiegato con la Croce del Figlio:
“Cristo, soffrendo per tutti noi, ha conferito un nuovo senso alla sofferenza, l'ha introdotta in una nuova dimensione, in un nuovo ordine: quello dell'amore… La passione di Cristo sulla Croce ha dato un senso radicalmente nuovo alla sofferenza, l'ha trasformata dal di dentro… È la sofferenza che brucia e consuma il male con la fiamma dell'amore… Ogni sofferenza umana, ogni dolore, ogni infermità racchiude una promessa di salvezza”. (Incontro con la Curia Romana, 22\12\2005)
Il Papa lavora intensamente per l’ecumenismo e il dialogo con le altre religioni: in particolare quello con l’islam - dice - è di una necessità vitale. Il suo pensiero è ordinato e lineare: esorta i cattolici alla coerenza, a non separare Cristo e la Chiesa, evitando le falsità dei compromessi e del ricorso al cosiddetto male minore. Li invita a riscoprire il silenzio, la meditazione della Bibbia, la preghiera, l’adorazione eucaristica, al di là di ogni vuoto attivismo:
“La preghiera non è un accessorio, un optional, ma è questione di vita o di morte. Solo chi prega, infatti, cioè chi si affida a Dio con amore filiale, può entrare nella vita eterna, che è Dio stesso”. (Angelus del 4-3-2007)
La fede non è un peso opprimente: anzi dipendere da Dio rende veramente liberi e fare la sua volontà “dona ali per volare in alto” e strappa il nostro io al suo isolamento per farlo diventare “uno in Cristo”. “Io, ma non più io”: è questa la formula della novità cristiana che testimonia al mondo la gioia e la bellezza della fede:
“Dio è amore e il suo amore è il segreto della nostra felicità”. (Udienza generale del 21-2-2007)
Benedetto XVI trasmette pace, perché attinge alla fonte della pace: Dio, Padre buono, che non ci abbandona mai, neanche nelle notti buie della vita:
“Questo nostro mondo è un mondo di paure: paura della miseria e delle povertà, paura delle malattie, delle sofferenze, paura della solitudine, paura della morte. Possiamo cadere, ma alla fine cadiamo nelle mani di Dio. E le mani di Dio sono buone mani”. (Visita alla Parrocchia di Santa Maria Consolatrice, 18-12-2005)
Radio Vaticana
80° compleanno di Benedetto XVI.
Del Card. Caffarra
Lunedì 16 aprile il Santo Padre Benedetto XVI compirà il suo ottantesimo anno. Sia in primo luogo un grande momento di preghiera. Preghiera di lode e di ringraziamento al Signore per il dono fattoci di un così grande pontefice; di invocazione allo Spirito Santo perché «gli conceda vita e salute e lo conservi alla sua santa Chiesa, come guida e pastore del popolo santo di Dio».
Questo compleanno è anche occasione per riflettere sul ministero del Santo Padre e sul suo Magistero, per accordarci sempre più profondamente ad esso.
Il numero sempre più elevato di fedeli che accorrono ad ascoltarlo, dimostra quanto il popolo cristiano apprezzi l’insegnamento della fede di Benedetto XVI, la profondità unita alla semplicità, la chiarezza espositiva unita alla teologia più grande. Il modello fondamentale dell’evangelizzazione e della pastorale proposto dal Santo Padre è il “grande sì” che in Gesù Cristo Dio ha detto all’uomo e alla sua vita, all’amore umano, alla nostra libertà e alla sua intelligenza. Questo “grande sì” il Papa a Verona lo ha mostrato nella forma di una “forte unità tra una fede amica dell’intelligenza e una prassi di vita caratterizzata dall’amore reciproco e dall’attenzione premurosa ai poveri e ai sofferenti”.
L’amicizia della fede colla ragione – il grande, vero tema centrale del discorso di Ratisbona – esige di richiamare la necessità di allargare gli spazi della razionalità, proponendo un incontro nuovo e fecondo della fede cristiana con la ragione del nostro tempo. Dall’altra parte quella stessa amicizia da ricostruire esige che la fede sappia sempre più dire la sua ragionevolezza: il grande tema della verità, della bellezza, della “vivibilità” della proposta cristiana è centrale nel Magistero di Benedetto XVI. Il popolo cristiano accorre tanto numeroso perché sente il “calore” di quell’amicizia fra Dio e l’uomo.
Tocchiamo il punto centrale, mi sembra, del Magistero benedettino: il Dio in cui noi crediamo, il Dio di Gesù Cristo, è il Dio carità [Deus caritas est]; il Dio che ama l’uomo fino al punto di “rivolgersi contro se stesso” nella Croce del suo Unigenito. La Ragione ultima, il Dio-Logos è identicamente il Dio-Amore che entra nella storia dell’uomo, e «solo un Dio che ci ama fino a prendere su di sé le nostre ferite e il nostro dolore, soprattutto quello innocente, è degno di fede» [Messaggio Urbi et Orbi, Pasqua 2007].
Non posso concludere senza purtroppo far notare che poco o niente i grandi mezzi di comunicazione sociale rilanciano di queste linee e temi fondamentali del Magistero di Benedetto XVI. L’attenzione è attirata su altro.
Noi fedeli non dobbiamo stancarci di abbeverarci a questa fonte di acqua viva, attraverso la quale giunge a noi quell’unica Parola che resta in eterno.
Auguri, Santo Padre!
Avvenire, 15 aprile 2007
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento