25 ottobre 2007

Card. Biffi profetico: esortò il futuro Papa (chiunque fosse) a rendersi conto della confusione, disorientamento e smarrimento dei fedeli


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Il rapimento dello statista dc compiuto dalle Br, il Concilio, le perplessità su Roncalli e sul «dossettismo», la rivalutazione di Montini

Biffi critica la famiglia Moro «Fu ingrata verso Paolo VI»

Le memorie del cardinale dal fascismo a Ratzinger

M. Antonietta Calabrò

ROMA — A quasi trent'anni dal rapimento e dall'uccisione di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse, una forte critica nei confronti del comportamento pubblico della famiglia dello statista arriva dal cardinale Giacomo Biffi, nella sua autobiografia, che sta per uscire in libreria.
I familiari di Moro, secondo Biffi, rimasero «chiusi nel loro dolore e nel loro rancore» ma si trattò di «un rancore rivolto non a coloro che avevano compiuto il misfatto, ma allo Stato italiano» e per questo non parteciparono ai funerali in San Giovanni in Laterano. Biffi (all'epoca collaboratore del cardinale di Milano Colombo, vicino a Paolo VI) mette in evidenza che quell'assenza sottolineò la mancata riconoscenza pubblica della famiglia dello statista dc nei confronti di Montini.
«Il loro dolore meritava ogni considerazione e ogni rispetto — scrive Biffi — ma il loro rancore in quella circostanza li ha mal consigliati ». Perché «li ha indotti a disertare quel doveroso appuntamento, e così non hanno avuto modo di dimostrare davanti a tutti la gratitudine al Vicario di Cristo che pure aveva usato verso il loro caro e verso di loro ogni affettuosa attenzione». Una critica che si riverbera in qualche modo anche su Moro stesso, che nell'ultima missiva alla moglie, consegnata quattro giorni prima dell'esecuzione, aveva scritto (ma la lettera è senza firma): «Il Papa ha fatto pochino».
Com'è noto, Paolo VI, legato da una antica e schietta amicizia con Moro, si era speso personalmente per la vita dell'uomo politico, con ripetuti appelli e soprattutto scrivendo il 21 aprile del '78 la famosa «lettera agli uomini delle Brigate Rosse» in cui rivolgendosi ai rapitori li aveva pregati «in ginocchio» di liberarlo. Una lettera che — annota Biffi — «per la semplicità dell'approccio e degli accenti, il tono immediato, la scelta delle parole, è un testo davvero insolito nella serie delle dichiarazioni pontificie».
Nel volume («Memorie e digressioni di un italiano cardinale», Cantagalli) Biffi fa un'analisi tagliente, netta e controcorrente, sullo stato della Chiesa e del ruolo dei cattolici in Italia dai tempi del fascismo fino all'elezione di papa Ratzinger.
In particolare egli vede la Chiesa italiana sommersa dal «marasma ideologico e dalla confusione» negli anni successivi al Concilio Vaticano II.
«Il subbuglio ideologico, morale, ecclesiastico, sociale di quegli anni, senza precedenti nella storia d'Italia, arrivò inatteso anche per quelli — che alla scuola rasserenante di Giovanni XXIII e soprattutto a partire dal tempo del Concilio — si erano specializzati nel leggere con qualche disinvoltura "i segni dei tempi"».
È in questo quadro che viene fortemente rivalutata la figura di papa Montini, quasi lasciato ai margini della storia degli ultimi decenni, attaccato dalla contestazione postconciliare persino per aver fatto costruire l'Aula Nervi per le udienze pontificie, spendendo denari che secondo i suoi denigratori avrebbero dovuto essere dati ai poveri. È qui che si colloca l'accusa di ingratitudine nei suoi confronti, rivolta alla famiglia Moro, in fin dei conti vittima oltre che dell'agguato delle Br, anche di quel clima culturale.
Parallelamente, il cardinale Biffi esprime svariate «perplessità» sulla figura di Papa Roncalli.
«È singolare — scrive — che un conservatore amabile e saggio come Roncalli fosse destinato a legare il suo nome a una trasformazione abbastanza traumatica della cristianità, come quella che si è poi verificata». È anche singolare che il Concilio Vaticano II non abbia mai condannato il comunismo, cioè «il fenomeno storico più imponente, più duraturo, più straripante del ventesimo secolo». Il cardinale Biffi fa infine una critica serrata al dossettismo politico mentre rende invece un sincero omaggio al «prete» Dossetti.
Il confuso clima postconciliare, secondo il cardinale (che è stato per lunghi anni arcivescovo di Bologna, e che durante la scorsa Quaresima ha predicato gli esercizi spirituali al Papa) è giunto fino ai giorni nostri.
Anzi è diventato, per la Chiesa, una crisi più grave «di quella ariana e del deragliamento della Riforma» protestante. Proprio a questo proposito Biffi rivela che prendendo la parola il 15 aprile 2005 nel corso di una delle riunioni plenarie dei cardinali che hanno preceduto il Conclave, citando proprio un documento firmato da Ratzinger, esortò: «Vorrei dire al futuro papa (che mi sta ascoltando) che prima e più ancora dei tanti problemi si renda conto dello stato di confusione, disorientamento, smarrimento che affligge in questi anni il popolo di Dio».

© Copyright Corriere della sera, 25 ottobre 2007

Considerato il fatto che il cardinale Biffi dichiaro' esplicitamente che il suo voto sarebbe andato al cardinale Ratzinger...
R.

1 commento:

francesco ha detto...

un'analisi un po' pessimistica, ma molto condivisibile...
ora il problema è la soluzione...
e mi pare che papa Benedetto ci stia pensando bene