9 ottobre 2007

Decisione choc del prefetto di Treviso: sì al burqa


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Treviso, la decisione si basa su una circolare del 2004 ma dimentica la legge del '75

Il prefetto che dice sì al burqa. E convince la Bindi

di MAGDI ALLAM

Se la decisione del prefetto di Treviso, Vittorio Capocelli, di legittimare il burqa dovesse accreditarsi come riferimento giuridico e amministrativo a livello nazionale, prossimamente le donne islamiche completamente velate potrebbero frequentare le scuole, essere assunte nei luoghi di lavoro e circolare liberamente ovunque in Italia.
Si tratta di un'ipotesi tutt'altro che remota, visto che ha subito incassato l'approvazione del ministro per la Famiglia, Rosy Bindi
.
Il caso è stato sollevato dal Corriere del Veneto il 6 ottobre con un articolo di Federica Baretti dal titolo «Il prefetto sfida lo sceriffo: sì al burqa». Dove lo «sceriffo» è il prosindaco leghista Giancarlo Gentilini, l'antesignano della «tolleranza zero» nei confronti dei clandestini e dei delinquenti. E da un secondo articolo del 7 ottobre di Gianni Favero che sintetizza il pensiero della Bindi: «Il burqa? Va tollerato. Il vero rischio è Gentilini».
Cominciamo dai fatti. È di tre anni fa l'ordine di Gentilini alla polizia municipale di arrestare le donne con il burqa ai sensi dell'articolo 5 della legge 152 del 1975 che vieta di fare uso in luogo pubblico, salvo giustificato motivo, di caschi o di qualsiasi altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona. Con il suo tono notoriamente colorito Gentilini ha sentenziato: «Il burqa? Una mascherata permessa a Carnevale, ma che non può essere tollerata tutti i giorni dell'anno». Ebbene, il 5 ottobre scorso, al termine di una riunione con la Consulta per l'immigrazione e l'associazione Migrantes, Capocelli ha emesso la seguente decisione: «Se per motivi religiosi una persona indossa il burqa, lo può fare, basta che si sottoponga all'identificazione e alla rimozione del velo».
Il prefetto fonda probabilmente il suo atteggiamento sulla circolare del Dipartimento della Polizia del dicembre 2004, che legittima il burqa in quanto «segno esteriore di una tipica fede religiosa» e una «pratica devozionale ». Una posizione che dovrebbe essere formalizzata in un documento da rendere noto nei prossimi mesi. Il giorno successivo il ministro Bindi si schiera dalla parte del prefetto: «Allo stesso modo con il quale vogliamo vedere i crocifissi appesi nelle nostre aule siamo tenuti a essere rispettosi del velo con cui le donne islamiche si coprono il volto. Se viene liberamente portato è un segno della propria civiltà».

Da notare che la Bindi difende il velo che copre il volto, non semplicemente i capelli, quindi appunto il burqa.
Diciamo subito che la posizione di Capocelli e della Bindi sul burqa non corrisponde a quella del presidente del Consiglio Prodi e del ministro dell'Interno Amato
.

«Se vuoi indossare il velo va bene, ma deve essere possibile vederti. Non puoi coprirti il volto», aveva detto Prodi il 17 ottobre 2006. E due giorni dopo Amato aveva bocciato il burqa qualificandolo una «offesa alla dignità della donna». E nuovamente in un'intervista a Federico Geremicca sulla Stampa del 28 settembre scorso Amato ha ribadito: «Siamo d'accordo a vietare qualunque cosa copra interamente il volto, e dunque il burqa, perché offende la dignità delle donne islamiche».
Così come il burqa è stato considerato illegale dal procuratore della Repubblica di Cremona Adriano Padula il 25 settembre 2005, specificando che è «un comportamento vietato dalla legge ». Da allora la polizia locale ha l'ordine di fermare, condurre in Questura e denunciare le donne che circolano in luoghi pubblici con il burqa. E il 14 ottobre del 2005 l'allora ministro della Giustizia, il leghista Roberto Castelli, disse: «Girare per strada indossando il burqa è illegale e la religione islamica è profondamente intollerante perché rivendica il diritto, in nome delle proprie convinzioni religiose, a violare le leggi dello Stato».
Che cosa sta dunque succedendo? Mi sembra evidente che ci sia un profondo contrasto tra la legge 152/75 e la circolare del Dipartimento della Polizia del 2004. E che sarebbe opportuno porre fine a questo conflitto abrogando questa circolare. Così come mi sembra evidente che il prefetto, che è un funzionario amministrativo, abbia travalicato le sue competenze e prerogative invadendo il terreno della magistratura e della politica. E che sarebbe pertanto opportuno che tornasse indietro sui suoi passi.
Ma più in generale s'impone una seria riflessione su che cosa sta succedendo in quest'Italia che dopo essersi innamorata del velo islamico e aver legittimato la presenza delle donne velate in tutti i luoghi pubblici, si sta piegando sempre più ai diktat dei predicatori della sharia, la legge islamica, permettendo che seppur clandestinamente stiano proliferando le scuole coraniche all'ombra di moschee dove si predica l'odio, che negli ospedali pubblici le pazienti islamiche possano essere assistite solo da donne medico e che possano disporre di piscine e spiagge separate perché le loro nudità non vengano viste dai maschi, che le ragazze crescano discriminate e talvolta segregate nelle proprie case-carceri affinché non vengano «contaminate» dalla società occidentale «perversa». Ci rendiamo conto che il vero velo, questo sì integrale, è quello che ci sta obnubilando la mente e portandoci diritti verso il suicidio della nostra civiltà?

© Copyright Corriere della sera, 9 ottobre 2007

Tutto cio' e' francamente pericoloso perche' non si puo' stabilire con certezza chi ci sia sotto al burqa. E se ci fosse un uomo che volesse passare inosservato?
Incredibile la posizione della Bindi che mette sullo stesso piano il crocifisso ed il burqa dimenticando persino la sentenza della Corte Costituzionale che ha messo nero su bianco un semplice concetto: il crocifisso non e' semplicemente un simbolo religioso, ma anche un simbolo culturale e storico. Io, francamente, non ho parole...

Raffaella

20 commenti:

gemma ha detto...

A parte che sotto un burqa potrebbe nascondersi chiunque (anche un malintenzionato occidentale), se fosse un qualcosa che per motivi religiosi venisse indossato anche dall’uomo, potrei anche capirlo. Ma è spesso un simbolo che contraddistingue la sola donna, e non sempre facoltativo. Ci sono punti fermi della cultura occidentale che dovrebbero essere intoccabili, non solo il darwinismo e il diritto ad abortire e mi chiedo tanto che fine abbiano fatto femministe, Emma Bonino e aspiranti quote rose. Qui non si parla del semplice velo (che personalmente ritengo legittimo) ma di un concetto che con l’occidente non dovrebbe avere nulla a che fare.
Coraggio, la nostra integrazione (forzata) è iniziata, perché della loro, proprio non se ne parla. Purtroppo, mi viene da pensare che anche le fatwe, la poligamia e la lapidazione hanno per alcuni un fondamento religioso.Vorrei solo che la si smettesse di strumentalizzare il crocifisso per giustificare questa specie di multiculturalismo di rinuncia e che i politici cominciassero a rappresentare anche coloro a cui chiedono il voto. Poi non si meraviglino e non gridino al qualunquismo se la gente “li manda”. Il qualunquismo è il loro, che rappresentano solo loro stessi , le loro idee e il tornaconto del momento

lapis ha detto...

Chiedere che venga applicata la legge non mi sembra pretendere troppo; questa legge esiste, una laicissima legge dello Stato che vieta di circolare travisati, per garantire la corretta applicazione del principio di responsabilità personale, dell'obbligo di identificabilità e riferibilità immediata delle proprie azioni.
Il paragone tra il crocifisso e il burqa non regge in questo caso perché il burqa contraddice proprio una legge e un principio di convivenza civile che il ministro Bindi e gli sbandieratori della laicità dovrebbero aver bene a mente.

raffaele ha detto...

Mi sembra eccessivo ammettere il burqa. Trovo comunque inaccettabili anche le posizioni di Gentilini e della Lega, e il tono polemico di Magdi Allam: ciò non facilita una convivenza civile e pacifica tra le diverse comunità religiose.

francesco ha detto...

penso che come cristiani non possiamo non tutelare la libertà religiosa... forse può essere utile la lettura di uno dei documenti più significativi del Concilio Vaticano Secondo: http://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_decl_19651207_dignitatis-humanae_it.html
altrimenti anche le monache di clausura non potrebbero esistere, come il radunarsi dei gruppi cristiani... chi ci dice che non siano modi per coprire qualche terrorista
sta al legislatore, poi, fare in modo che si tuteli la sicurezza e il bene comune
io non ci trovo nulla di scandaloso, anzi semmai sarebbe doveroso aiutare un corretto rispetto delle forme religiose islamiche per una laicità autentica che non si chiude davanti alle manifestazioni religiose, ma le tutela e le governa per il bene di tutti

Anonimo ha detto...

Le monache di clausura scelgono liberamente di portare il velo e non si tratta di un velo integrale perche' lascia scoperto il viso.
Il burqa invece e' spesso e volentieri un simbolo di sottomissione e non consente di scorgere la faccia di chi lo indossa. La legge italiana non consente di andare in giro mascherati.

lapis ha detto...

le monache di clausura (che tuttavia non mi pare portino un velo integrale) sono appunto di clausura e mi risulta che vivano le loro rigide regole all'interno della struttura che le ospita, senza imporsi all'esterno. Se una donna islamica vuole (o, meglio, ha un marito che le impone) il burqa quando è in casa propria, sono affari suoi, così come io sono liberissima tra le mie quattro mura di indossare uno scafandro, ma a livello pubblico c'è una legge che a tutela della sicurezza generale vieta di circolare travisati e questo vale, infatti, anche per i gruppi cristiani che si radunano.
E' facile dire che sta al legislatore tutelare sicurezza e bene comune, ma in alternativa cosa si propone di concreto?
Dispiegamento in massa di forze tipo Stato di polizia con continue perquisizioni onde verificare chi gioca a nascondino sotto il burqa?
Sono d'accordissmo con Raffaella che le espressioni di Gentilini & co. non aiutano la convivenza civile (ce ne sarebbe da lavorare di ramazza, a destra come a sinistra) ma mi sembra evidente che, tra una sentenza ieri, un'ordinanza oggi e una legge domani si sta smantellando la vera laicità dello Stato per concedere privilegi a senso unico a gruppi che, per il momento passano ben volentieri all'incasso di queste concessioni di "diritto parallelo" e domani, quando fossero maggioranza, faranno crescere anche le mie figlie a pane e burqa

francesco ha detto...

pongo solo alcune questioni:
le donne islamiche sono costrette a portare il burqa? è vero?
le monache di clausura sono costrette a stare dietro le grate? è vero?
le donne islamiche devono portare il burqa solo dentro casa? i vescovi devono portare il loro abito corale soltanto dentro casa, o al massimo in chiesa?
la laicità è che ognuno fa le sue belle cosine religiose a casa? la laicità è aver paura di qualcuno che "crede" con più forza e chiarezza nella propria religione tanto da pensare che un giorno le nostre figlie mangeranno pane e burqa?
penso che la questione vada sottratta alla questione "religiosa" ma valutata in termini "laici"... non però in modo da limitare la libertà delle persone islamiche di vivere alcuni precetti o alcuni usi derivanti dalla loro cultura religiosa... dovremmo piuttosto sostenere le forme che sono importanti per loro, comprenderle e "far fronte" insieme a loro sull'irragionevole visione di uno stato che nega Dio... forse l'osannato discorso di Regensburg qui c'entra qualcosa...
e stavolta dalla parte del burqa

francesco ha detto...

no... così... tanto per precisare
non è che il burqa a me sta simpatico, ma la questione è delicata e interessa la libertà religiosa... non può liquidarsi con la "paura" degli islamici o i populismi leghisti

lapis ha detto...

Lungi dall'essere leghista, personalmente avevo fatto una riflessione di tipo essenzialmente giuridico e non avevo affrontato l'argomento dal punto di vista "femminista" della costrizione a portare il burqa cui sono soggette molte donne islamiche, ma già che ci siamo... mi pare che non sia piccola la differenza, in termini di dignità personale, fra una suora cattolica che decide liberamente per la vita di clausura, con tutte le grate che ne possono derivare, e una donna islamica che subisce un certo abito per ordine del padre, del marito o del fratello. C'è la presidentessa delle donne marocchine che da tempo si batte affinché diventi libera la scelta sul se e sul come indossare il velo islamico e che ora vive sotto fatwa, perché Allah lo vuole, senza nemmeno incassare più di tanto la solidarietà delle varie Bonino, così pronte a scendere in piazza contro il Papa e il crocifisso, perché il politically correct lo esige.
Al di là di questo resta la mia fortissima perplessità per la diffusione di quello che nel mio post precedente ho chiamato "diritto parallelo", cioè la creazione di zone giuridicamente franche in corrispondenza di determinati ambienti culturali, dietro il paravento del principio costituzionale della libertà religiosa (a senso unico) e a scapito dell'altrettanto costituzionale principio di uguaglianza. Faccio una parentesi: alcuni mesi fa, in occasione di un'udienza al Tribunale di Varese, un imputato di religione islamica ha preteso un difensore d'ufficio di sesso maschile sul presupposto che in base alla sua religione le donne non sono ammesse a svolgere la libera professione di avvocato. Gli è stato concesso, motivando sulla sua appartenenza religiosa, quello che la legge vieta, cioè revocare il mandato al difensore nominato d'ufficio a meno che non ricorrano gravi motivi, tra i quali voglio sperare non si consideri plausibile, d'ora in poi, la discriminazione sessuale.
Tornando alla notizia di oggi, la laicità non è confinare la pratica religiosa dentro una chiesa o una moschea, ma è almeno garantire il rispetto dei valori condivisi del vivere civile, tra i quali fino a nuova legge penale promulganda c'è anche quello della identificabilità personale. Tant'è vero che quando i sacerdoti e le suore circolano nelle pubbliche vie e piazze sono soggetti alle norme di ordine pubblico come chiunque altro e un prete che per una processione indossasse un cappuccio stile klukluxklan commetterebbe un reato: perché a una persona di religione islamica la stessa legge che vieta il travisamento non si deve applicare?

Anonimo ha detto...

Confermo parola per parola cio' che ha scritto Lapis. L'episodio del tribunale di Varese e' emblematico cosi' come il rifiuto da parte di donne islamiche di farsi visitare da medici uomini regolarmente iscritti all'albo professionale.
La Costituzione prevede l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Non e' ammissibile che, da un lato, si consenta la costituzione di aree in cui vige un diritto diverso da quello statale e, dall'altro, si faccia di tutto per eliminare i simboli cristiani dai luoghi pubblici.
Non mi sorprende che il silenzio sul burqa provenga da quegli stessi partiti che osteggiano la Chiesa ovvero tacciono per paura di urtare la sensibilita' di alleati che potrebbero fare crollare l'odierna, fragile, maggioranza.

francesco ha detto...

sinceramente capisco poco questa posizione... che mi pare più di parte politica che di serena discussione a partire dalla fede cristiana...
io non voglio entrare in merito alle questioni politiche o a quelle giuridiche, ma dico che se oggi diciamo che in nome di un valore non assoluto (come l'identificazione della persona) è possibile passare sopra o negare una forma di espressione religiosa domani non possiamo protestare che le stesse cose vengano contestate a un cristiano... che, ad esempio, può rischiare di fare delle passeggiate con strani cappelli in testa o andare in giro vestito incappucciato...
impediremmo a una donna di vestirsi di nero perché gli è morto il marito o lo riterremo una cosa contraria alla libertà di espressione della femminilità dovuto a pesanti condizionamenti sociali?
ancora oggi ci sarebbero delle monache cristiane che accetterebbero con molta fatica di curarsi in un ospedale o da un medico uomo... che facciamo? accusiamo la Chiesa di oscurantismo?
penso che la ragionevolezza della religione sia il criterio da usare... mi chiederei perché il burqa è così importante per alcune donne islamiche? è un valore ragionevole? può esser recepito questo valore in Italia? come?
altrimenti cadiamo in una pericolosa dittatura laicista che salvaguarda il crocifisso perché è un dato comunemente accettato e butta all'aria le edicole della Madonna perché non ha lo stesso valore universale

PS cmq per la cronaca esistono delle monache di clausura che si velano totalmente... e in passato il rifugiarsi in una chiesa o in un convento significava la possibilità di sottrarsi alla legge secolare...

gemma ha detto...

la politica non c'entra nulla e nemmeno la fede cristiana. Devono esserci principi della cultura occidentale che sono laicamente inviolabili. Uno di questi è il divieto per i laici di nascondere il viso. E non si tirino in ballo per favore monache e usanze del passato, visto che spesso il superamento di questo passato è costato caro alle nostre nonne e a chi ci ha preceduto (guarda caso sono coinvolte sempre le donne!)
La si smetta poi di confondere il velo che lascia scoperto il viso col burqa. Quello, nessuno lo discute, così come il diritto di chiunque di vestirsi in nero o bianco integrale.
Il crocifisso dalle pareti verrà comunque rimosso, finchè ci saranno sacerdoti che lo considerano alla stregua di un velo integrale, come merce di scambio. Penso che l'immagine di Cristo meriti almeno di essere barattata con un altro simbolo islamico, un pò più sacro e rappresantativo del burqa

lapis ha detto...

Premetto che a un cristiano certe contestazioni vengono già fatte eccome, magari non ancora in Italia, ma ad esempio in Gran Bretagna, dove il semplice indossare una catenina con il crocifisso (altro che cappelli o cappucci di strane fogge) è stato motivo di licenziamento per una dipendente di una compagnia aerea che tuttavia non fa obiezioni per il velo islamico e simboli buddisti e indù. Credevo fosse pacifico che le manifestazioni di libertà religiosa (ammesso e non concesso che il burqa sia tale) non devono essere comunque contrarie alle esigenze di ordine pubblico, ma evidentemente mi sbagliavo e devo constatare che qualsiasi commento che non sia di acquiescenza alle richieste delle comunità islamiche viene valutato in chiave di propaganda politica leghista, che invece mi è completamente estranea. Comunque, il principio dell'identificabilità previsto dalla legge del 1975 non lo sottovaluterei né svenderei tanto facilmente perché non è un capriccio laicista del legislatore, ma è connesso ai concetti di responsabilità personale e di sicurezza pubblica. E continuo a non vedere la ragione per cui agli islamici debbano essere consentite deroghe a quelle che lo Stato tutela come esigenze della convivenza civile. Sul fatto, poi, che queste siano modificabili e non assolute, nulla quaestio, ma invece di chiederci solo e sempre a senso unico come possiamo noi recepire il burqa in Italia chiediamoci anche se davvero meritano una revisione le nostre norme di ordine pubblico prima di adeguarci automaticamente alle pretese altrui, visto che, come è già stato detto, allora anche la poligamia non andrebbe negata, ma recepita, con ulteriore svendita del principio di parità fra i sessi; e forse un un domani ci troveremo a fare i conti con la richiesta di concedere adeguati spazi e tempi per le esercitazioni dei piccoli kamikaze, visto che la guerra santa condotta con la violenza è ancora un “valore” predicato da molti imam: e qui sì che mi pare c'entri molto la tanto vituperata lectio di Ratisbona, decisamente più laica e coraggiosa di molti facili slogans sui diritti umani e le pari opportunità sbandierati dai politici in campagna elettorale e poi frettolosamente rimessi nel cassetto quando entrano in gioco la salvaguardia della pellaccia o i buoni rapporti con i magnati del petrolio.

PS In passato chiese e conventi godevano di extraterritorialità, come oggi ad esempio ne godono le ambasciate, quindi erano edifici soggetti esclusivamente al diritto canonico, con la cui giurisdizione gli ordinamenti secolari non interferivano. Un conto è che ci siano leggi diverse in territori soggetti a ordinamenti sovrani diversi, un altro è che il medesimo Stato, sul territorio di sua competenza, applichi le leggi solo nei confronti di una parte di coloro che vi si trovano e conceda ad altri zone franche. E’ libertà o discriminazione? Chiediamoci anche questo.

francesco ha detto...

caro lapis... come tu giustamente prendi le distanze dalle posizioni leghiste così anch'io vorrei che tu non intendessi che io voglia in qualche modo farmi paladino di slogan facili e sbrigativi...
io voglio porre l'attenzione su una questione sottesa a questa (mi pare che il magistero di papa Benedetto in modo molto significativo e deciso la esprima chiaramente) e che mi pare decisiva per il futuro della Chiesa e della società... e su cui, ritengo, dovremmo far fronte con tutti i gruppi religiosi... la preminenza della legge e dei suoi principi non può essere un dogma, né essere assoluta... ci sono situazioni in cui le usanze religiose, come altre cose che interessano l'uomo nella sua globalità (vedi l'inviolabilità della vita umana ecc.) sono più grandi dei principi legislativi di un popolo... ora io non conosco la ragione per cui alcune donne islamiche vogliano usare il burqa... ma mi dico che forse possono esserci delle ragioni legittime - e anche doverose - per cui debbano farlo... e non mi pare che la strada sia relegare queste forme al giardino di casa mia, cioè nella sfera del privato... ma la questione è proprio della cosa pubblica che dovrebbe aiutare tutti a vivere con pienezza un'umanità piena... il discorso di Regensburg mi sembra importantissimo non tanto come argine contro l'avanzata islamica, quanto piuttosto perché indica nella ragionevolezza della religione lo spazio di dialogo... ricordo che il discorso è stato preceduto da tutta una serie di riflessioni del Pontefice fatte con diversi esponenti della religione islamica e con teologi ed esperti (i colloqui a Castelgandolfo, ad esempio), il cui risultato fu che il dialogo con l'isalm non è da farsi su un terreno "religioso", ma sulla questione della ratio... ma questo mi pare valga non solo per l'islam... direi che vale di più per questo laicismo scientista che, a mio parere, è il vero pericolo della nostra società... un laicismo che non avrebbe alcun problema a imporre di non usare il burqa (come di non mettere crocifissi al collo)... noi cristiani dovremmo chiedere: qual è la ratio di questa norma? è una ratio adeguata? è una laicità razionale questa? o una laicità dogmatica ?

Pigione_1893 ha detto...

L'articolo 5 della legge 152 del 1975 vieta di usare oggetti che impediscano la facile identificazione durante manifestazioni pubbliche.

Chi si riempie la bocca di frasi del tipo "E' la legge che lo vieta" dovrebbe prima leggere tale legge.

Chiunque puo' travestirsi come vuole, basta che il travestimento non vada ad offendere il pubblico senso del pudore e che se richiesto dalle autorita' preposte il travestito faccia in maniera di farsi identificare.

Quindi le Donne Islamiche SONO LIBERE DI DECIDERE SE INDOSSARE O MENO IL BURQA. E' LA LEGGE ITALIANA CHE GLIELO CONSENTE ED IL PREFETTO DI TREVISO NON HA FATTO ALTRO CHE APPLICARE IL CODICE CIVILE VIGENTE.

Anonimo ha detto...

Appunto, caro Pigione! Confermi in tutto e per tutto cio' che stiamo dicendo: il burqa non si indossa per strada!

lapis ha detto...

Mi arrendo: mandiamo pure in malora, oltre che le nostre leggi e i nostri principi di convivenza civile, la ragionevolezza e il buon senso, nonché la nostra antropologia che da tempo immemorabile ci fa intessere relazioni umane sul presupposto che ci si riconosce guardandosi in faccia.
Mi adeguo: e visto che sono molto freddolosa approfitterò del prossimo inverno per andare a prendere mia figlia a scuola con tanto di passamontagna e calza calcata sulla testa e guai al primo che mi ferma e che pretende di farmi circolare a viso scoperto. Lo stesso look adotterò quando, per lavoro, mi devo recare in Tribunale, anche se le difese d’ufficio d'ora in poi caleranno un tantino essendo legittimo agli imputati di fede musulmana revocare il mandato a un avvocato donna, ritenuta aprioristicamente incapace e inetta all’esercizio della professione, col placet della magistratura locale.
Il passamontagna e la calza sono una mia libera scelta, non me li impone certo mio marito, al quale potrà anche passare la voglia, d’ora in poi, quando va in moto, di non togliersi il casco se a ordinarglielo è una vigilessa anziché un agente di sesso maschile (motivo? Sua moglie, cioè io, è molto gelosa e non gradisce che lui sia visto da nessun altro esemplare femminile)
Mi adeguo: e mi aspetto che anche gli altri si adeguino e che non strillino troppo se un domani arriverà in Italia una comunità che volendo ripristinare le religioni precolombiane chiederà il via libera ai sacrifici umani, che di quei culti sono espressione e parte integrante. Sarà poi compito del legislatore (in che modo, non so) armonizzare la sicurezza delle vittime prescelte con la libertà di culto.
Tranquilli, ho solo fatto un brutto sogno... (ma il sonno della ragione produce mostri).

gemma ha detto...

sono pienamente d'accordo con te lapis e...il camice in testa mi pare un'ottima soluzione anche per me (così almeno nessuno potrà discriminare il mio essere medico donna, visto che ciò che non appare non può mai essere certo)

gemma ha detto...

se poi non fosse chiaro, lo ripeto ancora una volta, stiamo parlando del velo integrale, quello che appena lascia scoperti gli occhi, (e non sempre). Sul velo che copre il capo o anche il resto del corpo e lascia scoperto il viso, personalmente non ho niente in contrario. A questo si, posso riconoscere un valore culturale, l'altro, per quanto mi riguarda, è solo oscuramento della persona, un pericoloso precedente che non vorrei facesse parte del futuro della civiltà in cui sono nata e in cui potrebbero vivere i miei figli.

Anonimo ha detto...

Definizione di "burqa":

Il termine burqa individua due tipi di vestiti diversi: il primo è una sorta di velo fissato sulla testa, che copre l'intera testa permettendo di vedere solamente attraverso una finestrella all'altezza degli occhi e che lascia gli occhi stessi scoperti. L'altra forma, chiamata anche burqa completo o burqa afghano, è un abito, solitamente di colore blu, che copre sia la testa sia il corpo. All'altezza degli occhi può anche essere posta una retina che permette di vedere senza scoprire gli occhi della donna.

Qui c'e' la foto del burqa: http://paparatzinger-blograffaella.blogspot.com/2007/10/burqa-s-burqa-no-scontro-politico-nel.html