27 maggio 2008

Serve maggiore solidarietà per affrontare l’emergenza alimentare: così, mons. Renato Volante dopo le parole del Papa all’Angelus (Radio Vaticana)


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Serve maggiore solidarietà per affrontare l’emergenza alimentare: così, mons. Renato Volante dopo le parole del Papa all’Angelus sulla fame nel mondo. La riflessione dell’economista Riccardo Moro

La Santa Sede segue con particolare attenzione l’emergenza alimentare che da alcuni mesi sta coinvolgendo molti popoli dei Paesi in via di Sviluppo. “Chi si nutre del Pane di Cristo – ha avvertito il Papa, domenica all’Angelus - non può restare indifferente dinanzi a chi, anche ai nostri giorni, è privo del pane quotidiano”. Su questa emergenza, Alessandro Gisotti ha raccolto la riflessione di mons. Renato Volante, Osservatore permanente della Santa Sede presso la FAO:

R. – La preoccupazione della Santa Sede nei confronti della malnutrizione è sempre stata massima. La Santa Sede ha sempre cercato sia di mantenere viva nella comunità internazionale l’attenzione verso questo problema, molte volte drammatico, sia di aiutare con le sue organizzazioni di assistenza le popolazioni che vengono in un momento o nell’altro colpite dalla fame e dalla siccità.

D. – Mons. Volante, lei è intervenuto recentemente in Brasile ad una sessione della FAO per l’America Latina, mettendo l’accento su un binomio: produzioni di bio carburanti-diritto all’alimentazione. Ecco, può soffermarsi su questo punto?

R. – Indubbiamente, in questo momento, in diverse parti del mondo parte della produzione, soprattutto cerealicola, viene usata per la produzione di biocarburanti. Vi sono coloro i quali affermano che in questa maniera si sottrae il cibo a quanti ne hanno bisogno, perchè soffrono la fame, per destinarlo ad altri scopi. Altri, invece, affermano che quel cibo per la mancanza della possibilità di trasportarlo verso i Paesi che soffrono la fame andrebbe a marcire. Quindi, è meglio usarlo per produrre dei biocarburanti che salvaguardano l’integrità ecologica della terra e che poi, oltretutto, siccome la benzina di alcool è meno costosa, fanno diminuire i prezzi dei trasporti e perciò è meno costoso trasferire i surplus di alimenti che vi sono in alcune zone del mondo verso le zone dove c’è una mancanza di tali alimenti. Certamente, vi deve essere il consenso che non è eticamente giusto usare gli alimenti per scopi diversi da quello dell’alimentazione, fino a quando vi sono delle persone che hanno fame. L’alimentazione, il cibo, è un diritto naturale fondamentale, mentre le altre cose non lo sono.

D. – Cosa propone la Santa Sede per affrontare questa situazione?

R. – Tutte le persone umane, tutti gli uomini e le donne della terra devono comprendere sempre meglio di essere membri della stessa grande famiglia, di essere creature di Dio con uguali diritti e doveri. Per questo, dobbiamo sentirci solidali con tutte le persone.

Per un’ulteriore analisi di questo fenomeno che coinvolge milioni di persone, Alessandro Gisotti ha intervistato l’economista Riccardo Moro, direttore della Fondazione “Giustizia e Solidarietà” della CEI:

R. – Credo che sia fondamentalmente un problema di distribuzione, di cattiva distribuzione del prodotto, sia tra Nord e Sud che a livello regionale e locale. Sicuramente abbiamo un prodotto che non è aumentato, come è aumentata viceversa la domanda, in ragione soprattutto della crescita demografica. Non è aumentato per diverse ragioni, tra queste la produzione di biocarburanti e la produzione di maggiori quantità di mangimi. Di fatto, abbiamo avuto un aumento di prodotto anche cerealicolo per il cibo, per il consumo alimentare umano, ma che non ha seguito la stessa dinamica dell’aumento della domanda. Essendo mal distribuito crea una situazione di emergenza.


D. - Giovanni Paolo II notoriamente parlava di “globalizzazione della solidarietà”, Benedetto XVI ha più volte richiamato la necessità di un cambiamento di mentalità. Cosa si può fare di fronte a un fenomeno globale… che forse esige delle risposte a livello globale?

R. – Un po’ sorridendo si potrebbe dire che si può prendere la “Populorum progressio”, e così citiamo anche Paolo VI, e usarla come agenda internazionale. Nella Populorum ci sono già le intuizioni, spesso sviluppate e dettagliate concretamente, su cui poi Giovanni Paolo II ha lanciato i suoi appelli e tutt’ora Benedetto XVI lancia dei richiami. Vale a dire un investimento forte sulla “governance” mondiale, non lasciando fare al mercato ma usando il mercato perchè consenta una buona ed efficace distribuzione, rispettando un criterio fondamentale che è quello di garantire a tutti un’adeguata dignità della vita.

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