26 maggio 2008

La prolusione del card. Bagnasco: "Il riscatto dell'Italia è nella risposta alla grande sfida dell'educazione" (Osservatore Romano)


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La prolusione del cardinale Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza episcopale italiana, alla 58ª Assemblea generale della Cei

Il riscatto dell'Italia è nella risposta alla grande sfida dell'educazione

La centralità dell'emergenza educativa insieme a tante altre che toccano da vicino la vita delle famiglie italiane, come il lavoro, i salari, la sicurezza. E in più la necessità di "approntare e affinare delle buone politiche volte ad una reale integrazione dei cittadini immigrati". Questi i principali argomenti al centro della prolusione con la quale il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e Presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), ha aperto nel pomeriggio di lunedì 26 maggio in Vaticano i lavori della 58ª assemblea generale dell'episcopato italiano. Dalle istituzioni e dalla politica, in seguito alle elezioni del 13 e del 14 aprile - ha detto Bagnasco - "ci si attende un periodo di operosa stabilità", mentre viene sottolineato "il rischio di promuovere una mentalità eugenetica, inaccettabile ieri al pari di oggi", riguardo alle nuove linee guida relative alla legge sulla fecondazione assistita. Nel corso dell'assemblea, che si concluderà venerdì 30 maggio, i vescovi italiani incontreranno Benedetto xvi. Riportiamo di seguito ampi stralci della prolusione che il cardinale Bagnasco ha messo in un contesto culturale di concetto positivo di laicità dello Stato.

Cardinale Angelo Bagnasco
Presidente della Conferenza episcopale italiana

Venerati e Cari Confratelli,

nel clima ancora vivissimo della solennità del Corpus Domini, autentica festa di popolo, saluto tutti e ciascuno con le parole dell'Apostolo Paolo: "Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo" (Efesini 1, 2).

(...) Il nostro pensiero va anzitutto al Santo Padre Benedetto xvi, che anche nel corso della presente Assemblea ci farà dono della sua visita e della sua parola. Naturalmente non ci sfugge che tale beneficio ci viene dalla prossimità geografica delle nostre sedi a quella di Pietro. Prossimità che per noi è, prima di ogni altra cosa, impegno di incondizionata vicinanza e responsabilità di amore.
Tutti abbiamo ancora sotto gli occhi le immagini straordinarie del viaggio apostolico negli Stati Uniti d'America, svoltosi dal 15 al 21 aprile scorso. È nota la circostanza che ha generato la decisione di questa Visita: il bicentenario della elevazione a metropolìa della prima diocesi statunitense, Baltimora, e della fondazione delle sedi di New York, Boston, Filadelfia e Louisville.

Ma a tutti è risultato chiaro che tale visita è stata come un grande, straordinario incontro con tutto il popolo americano. Le voci che di là ci sono giunte, hanno tutte raccontato di un viaggio riuscito in ciascuno dei suoi aspetti e dei suoi momenti. L'ombra di Pietro (cfr Atti 5, 15) si è rivelata benefica anche lì per quanti si sono in un modo o nell'altro avvicinati al messaggero di Dio. Il Papa ha sorpreso perché gli è stato consentito di manifestare se stesso, e di esplicare la sua missione di riconciliatore e di seminatore della speranza, sparigliando in un crescendo continuo le previsioni, in una situazione che all'inizio si annunciava molto delicata.

L'effetto a catena dell'emergenza alimentare

(...) Il citato discorso all'Onu non tace sulle giuste aspirazioni dei popoli, in particolare di quei Paesi dell'Africa e di altre parti del mondo "che rimangono ai margini di un autentico sviluppo integrale, e sono pertanto a rischio di sperimentare solo gli effetti negativi della globalizzazione" (ibidem). Uno di questi rischi, forse il maggiore, è da qualche settimana con speciale evidenza sotto i nostri occhi. Mi riferisco all'emergenza alimentare che ha tra le sue cause principali l'impennata dei prezzi dovuta all'aumento del costo del petrolio. Solo il prezzo del grano è cresciuto del 130%! Si aggiunga che a causa della siccità c'è stata una riduzione dei raccolti in taluni grandi Paesi produttori, come l'Australia. Oltre che al passaggio di molte zone agricole da colture commestibili a colture destinate alla produzione di biocarburanti.
L'effetto a catena di questi fattori ha portato alcune nazioni a sospendere le esportazioni, di riso in particolare (rincarato del 74%), determinando un'ulteriore scarsità. Tra l'Africa, il Sudest asiatico e il Centro America, questo "tsunami silenzioso", a dirla con l'Onu, sta mettendo a rischio la sopravvivenza di almeno 100 milioni di persone, incapaci ormai di provvedere al proprio sostentamento minimo. Intanto, altri 800 milioni di individui già soffrono di denutrizione, al punto che si stima che ogni giorno muoiano 25 mila persone per fame e malattie correlate. Senza dire che in una serie di paesi (l'Egitto, Haiti, Filippine, ...) sono già esplose rivolte dovute all'impennata dei prezzi. A questa situazione, si aggiungono non di rado le calamità naturali, come ultimamente il tifone in Birmania e il gravissimo terremoto in Cina. (...) Si sa che l'Onu dal canto suo ha lanciato un appello alla comunità internazionale perché intervenga ad alleviare la crisi con maggiori aiuti e riforme strutturali che già prima urgevano a favore di taluni Paesi meno sviluppati. Alcune nazioni si stanno muovendo, e altre devono farlo, compresa l'Italia. Insomma, deve scattare un'onda di solidarietà concreta, che mobiliti risorse pubbliche ma anche aiuti privati, e mentre si soccorre bisognerà introdurre regole nuove che modifichino le condizioni di ingiustizia. Le nostre comunità parrocchiali, sono certo, non si tireranno indietro, come mai hanno fatto in occasione delle precedenti crisi.
Ci pare questo l'impegno più immediato, anche a ricordo dei 40 anni della Populorum Progressio, che si sta celebrando con una serie di indovinate iniziative. Certo la situazione del mondo rispetto ad allora è non poco cambiata. Quella che non muta è la condizione di disparità tra Paesi poveri e Paesi ricchi, la povertà inesorabile che questa produce, i conflitti sempre in atto. L'interdipendenza globale è diventata una consapevolezza diffusa, la quale deve però generare uno sviluppo sostenibile, che dà per primo a chi non ha mai avuto.
(...) La lettura della storia suggerita dalla fede non impedisce di scorgere i limiti, le contraddizioni e le sfide. Anche se si riscontra una sorta di paradosso: da una parte, un certo gusto del negativo viene propalato quasi con compiacimento, dall'altra, tale sentimento negativo non deve però superare una certa soglia, per non disturbare troppo e non mettere in discussione le opzioni di fondo che si riconducono al presupposto di un progresso messianico. C'è, com'è stata chiamata da qualche esperto, una fenomenologia del peggio che, pur imperversando, non vuole tuttavia fare i conti con se stessa, accontentandosi dei sotto prodotti e delle mezze misure, in quanto corrode ogni valore "alto". Se oggi l'umanità ha raggiunto una spiccata coscienza di sé e della dignità intrinseca ad ogni uomo, dall'altra la controversia sull'umano sta raggiungendo il punto di maggiore acutezza, perché sfidata da concezioni fortemente riduttive e immanentistiche. L'uomo, finalmente sollevato dalla schiavitù del lavoro e della fatica, e certo non più asservito alla classe o alla razza, si scopre però funzionale al consumo, se non anche allo spettacolo. (...)
Qual è il possibile riscatto? Io credo, noi crediamo che non ci sia altra via che quella di una rinnovata opera educativa, che sarà tale se avrà il coraggio di non obliterare il costo degli ideali e se non rinuncerà alla prossimità che sa farsi compagnia.
Il Papa, incontrando domenica 4 maggio i 100.000 dell'Azione Cattolica, ha parlato ancora una volta di "emergenza educativa" (cfr Discorso all'Incontro con l'Azione Cattolica Italiana, 4 maggio 2008).
(...) Non ci sfugge peraltro la sottigliezza del problema educativo odierno: se educare non è mai stato facile, oggi lo è ancor meno perché non pochi educatori dubitano della possibilità stessa di educare, e dunque rinunciano in partenza al proprio compito.

Parlando al capitolo generale dei Salesiani, Benedetto xvi osservava: "Proprio da qui nasce la difficoltà forse più profonda per una vera opera educativa: alla radice della crisi dell'educazione c'è infatti una crisi di fiducia nella vita" (Discorso ai Partecipanti al Capitolo generale della Società di San Giovanni Bosco, 31 marzo 2008).

Insomma, qui siamo. Ma qui, sugli spalti di una ricomprensione della missione educativa che ci tocca in quanto Chiesa, vorremmo, se così si deciderà, per un po' soffermarci, come in passato s'è fatto per altre dimensioni dirimenti del nostro essere Chiesa.

I bersagli della cultura nichilista

Se, come vescovi, a qualcuno non smettiamo mai di pensare, e se qualcuno è particolarmente vicino al nostro cuore, questi sono i giovani. Per loro sappiamo di non fare mai abbastanza. Specialmente in questo momento storico, i giovani sono i primi bersagli della cultura nichilista che li invita, li incoraggia, li sospinge a coltivare soltanto le "passioni tristi". È una cultura che instilla in loro la convinzione che nulla di grande, bello, nobile ci sia da perseguire nella vita, ma che ci si debba accontentare di un "qui ed ora", di obiettivi di basso profilo, di una navigazione di piccolo cabotaggio, perché vano è puntare la prua verso il mare aperto. L'esito finale della cultura nichilista è una sorta di grande anestesia degli spiriti, incapaci di slanci e quindi inerti. Guardando alle cronache del nostro Paese, sempre più spesso dobbiamo registrare vicende amare che hanno per protagonisti gli adolescenti, "le cui reazioni manifestano - osserva il Papa - una non corretta conoscenza del mistero della vita e delle rischiose implicanze dei loro gesti. (...) Fornire false illusioni nell'ambito dell'amore o ingannare sulle genuine responsabilità che si è chiamati ad assumere con l'esercizio della propria sessualità non fa onore a una società che richiama ai principi di libertà e di democrazia" (Benedetto xvi, Discorso ai Partecipanti al Congresso internazionale promosso dalla Pontificia Università Lateranense, nel 40 ° dell'enciclica Humanae vitae", 10 maggio 2008). In tal modo i sogni e i desideri tipici dei giovani vengono frantumati proprio mentre chiedono invece di essere protetti, coltivati nel lavoro educativo, e sospinti verso mete nobili e alte, che noi sappiamo essere a misura dei giovani.

Evangelizzazione ed educazione

Questo, oggi, può essere considerato l'obiettivo di fondo dei "percorsi di evangelizzazione ed educazione" da proporre ai giovani, e dei quali ci parlerà il nostro Vice-presidente, l'arcivescovo Agostino Superbo, nella relazione che svolgerà nel corso dei lavori assembleari. Da parte mia, vorrei limitarmi a osservare una cosa forse ovvia, ma decisiva, e cioè che questi percorsi sono possibili, e costituiscono un obiettivo realistico anche nella situazione d'oggi. So bene infatti che proprio qui si annida una particolare sfiducia, ritenendo che l'organizzazione della vita giovanile e ancor più il tipo di applicazione intellettuale a cui sono abituati, impressionistica ed episodica, quasi falcidi - dalla base - la possibilità di itinerari distribuiti nel tempo e dunque progressivi e metodici. Ora, non c'è dubbio che occorra saggiamente tener conto di una serie di condizionamenti e abitudini di apprendimento, non però per arrenderci, quanto per calibrare secondo proporzioni nuove i momenti della proposta. A partire da ciò che sta oggettivamente al centro di ogni percorso cristiano, ossia l'adorabile persona di Cristo Signore. Ciò tuttavia non significa che, come si diceva una volta, Cristo "arriva alla fine della proposta": l'annuncio kerigmatico oggi cattura più solitamente dall'inizio, perché è realmente il fascino esercitato dalla persona di Gesù a colpire, per contrasto, magari come ragione di un evento che turba o come senso profondo di una testimonianza di vita che colpisce e sgomenta. Ma anche come reazione abissalmente altra rispetto al vuoto desolante, rispetto ai progetti di de-costruzione che passano per l'assunzione delle droghe o dell'alcol, per i riti dell'assordimento e dello stordimento. Cristo allora diventa come il risveglio inaudito a una vita diversa, radicalmente altra, ideale subito concreto e pertinente, principio riordinatore di un'esistenza via via capace di altri sapori e di altri riti.
(...) Il problema dei giovani sono gli adulti. Essi non respingono l'autorità, cercano l'autorevolezza dei testimoni e dei maestri. Certo che vediamo i loro comportamenti contraddittori, a volte ancora adolescenziali; a volte trasgressivi e gravi. Lo stesso bullismo tuttavia è anche segno di un vuoto dell'anima e un'implicita richiesta d'aiuto. Esperta come deve essere in umanità, la Chiesa non si fa ingannare dalle apparenze e sa di dover leggere dietro di esse, dove si celano le movenze più interiori e profonde della persona, e dove arde il desiderio di una vita piena, di traguardi coraggiosi, per i quali vale davvero la pena di vivere.
Compito della comunità cristiana e dei suoi educatori è far emergere dal mazzo delle aspirazioni i buoni sogni e i buoni desideri, fra tutti il desiderio di Dio. I giovani d'oggi vivono quasi per l'intero arco della loro giornata in qualche modo "connessi", ossia collegati a questo e quel mezzo di comunicazione, e dunque l'abilità suasiva dei media è potente, perché lusinga e promette: promette anche ciò che non può mantenere. Per questo è di vitale importanza insinuare nei giovani la voglia di non concedersi acriticamente, di non consegnare se stessi, e i loro anni migliori, ad una cultura che pervade mentre snerva, e che blandisce mentre smonta. La progressiva confidenza con i media di ispirazione cristiana li aiuterà in questa opera di disincanto e di spoliazione delle mitologie e dei lustrini. Seppur questo non può essere un alibi per nessuno, neppure per i grandi network e il sottile habitat che riescono a insinuare.
A tutti è noto il livello delle proposte e il vuoto-spinto a cui certi programmi arrivano. Per chi è ancora inesperto e per chi non ha il senso critico necessario, la televisione diventa facilmente un territorio senza regole in cui, magari all'insegna apparentemente neutra del marketing, trovano facile veicolazione anche modelli distorti di vita.

I media nel mondo occidentale, compresa la nostra Italia, stanno caricandosi di una responsabilità enorme: nonostante proposte apprezzabili, troppo frequente è la diffusione suadente di illusioni, nonché il depistaggio rispetto a ciò che conta, a ciò che vale, a ciò che costruisce le persone e le comunità. C'è da chiedersi a chi giova tale impostazione.

A proposito di media, non può sfuggirci il destino verso cui sta strutturalmente andando la televisione in tutta Europa, ossia la trasmutazione del sistema analogico a quello digitale, assai più raffinato nelle prestazioni tecniche e potenzialmente più largo di opportunità. Per capirci, avremo presto (non oltre il 2012) molti canali in più, liberamente fruibili da ogni apparecchio. Auspichiamo che ci siano in misura adeguata fornitori di contenuti disposti ad entrare e a svolgervi una missione che, oltre i legittimi rientri, sappia farsi carico anche dell'inevitabile valenza civile e culturale dell'operazione. Si innesta qui l'esperienza dell'ancora giovane Sat2000, che da tempo si va preparando proprio per questi nuovi scenari. Il rischio non remoto, dicono gli esperti, è che i nuovi spazi diventino appannaggio delle industrie pornografiche presenti sul piano internazionale. Ovvio che nessuno vuole demonizzare un sistema ancora tutto da provare, tuttavia è necessario che le autorità competenti sappiano fin d'ora vigilare su questo delicato processo, e all'occorrenza intervenire per indirizzarlo su binari di effettivo valore pubblico.

Una più forte responsabilità

(...) Com'è noto, nel nostro Paese il 13 e 14 aprile si sono svolte le elezioni politiche generali, a cui erano state associate le elezioni di due consigli regionali, di una serie di consigli provinciali e di oltre cinquecento consigli comunali. Nonostante infauste previsioni, la partecipazione al voto si è mantenuta alta, e questo è un segno importante di consapevolezza e di maturità del nostro popolo. Ora, al di là di quelle che sono state le specificazioni del voto, ci si attende un periodo di operosa stabilità, al quale costruttivamente partecipino tutte le forze politiche, nei ruoli loro assegnati. Nella citata circostanza, la Chiesa - com'è stato da più parti riconosciuto - si è scrupolosamente attenuta ai suoi compiti e, conformemente ad un costume ben collaudato, non si è schierata, ma certo non si è neppure ritirata. In coincidenza infatti con le due ultime sessioni del Consiglio Permanente, quella di gennaio e quella di marzo, io stesso mi ero permesso di richiamare, nel quadro di una presenza che deve evitare l'irrilevanza, i criteri di una sapiente e adeguata partecipazione dei credenti al voto, riscontrando nello stesso Consiglio Permanente una grande e incoraggiante sintonia.
Non possiamo ora, nella nuova situazione, non sperare che in tutti vi sia una più forte responsabilità in ordine all'affronto dei grandi problemi che affliggono il Paese, e ai quali bisogna saper dare ora risposte sagge ma anche sollecite: non tanto nell'interesse dell'una e dell'altra parte politica o componente sociale, ma anzitutto per il bene comune della Nazione. Vorremmo per un istante, e in nome della nostra specifica responsabilità, insistere sul fattore tempo, che anche moralmente è un elemento decisivo in ordine ad una politica buona: ci sono lungaggini e palleggiamenti che, oltre ad essere irrazionali e autolesionistici, offendono i cittadini, che attendono risposta in ordine ai beni che sono essenziali alla vita e alla dignità umana. Oltre al problema gravissimo e urgente dei rifiuti urbani della Campania, per la cui soluzione all'intervento delle pubbliche autorità deve corrispondere la responsabile collaborazione delle popolazioni, una serie di attese si apposta sul fronte degli stipendi e delle pensioni, per una difesa reale del potere d'acquisto, un'altra serie riguarda la famiglia: dall'emergenza abitativa alle iniziative di sostegno della maternità. Neppure noi Vescovi, come il Papa, possiamo nasconderci "che diversi problemi continuano ad attanagliare la società odierna, impedendo di dare spazio al desiderio di tanti giovani di sposarsi e formare una famiglia per le condizioni sfavorevoli in cui vivono" (Benedetto xvi, Discorso ai membri del Movimento per la Vita italiano, 12 maggio 2008). C'è poi la realtà mortificante di tante famiglie, dalle quali "si leva, talvolta persino inconsapevolmente, un grido, una richiesta di aiuto che interpella i responsabili delle pubbliche amministrazioni" (Benedetto xvi, Discorso al Forum delle Associazioni familiari, 16 maggio 2008). Il che ci fa apprezzare molto l'iniziativa "Un fisco a misura di famiglia" che negli ultimi mesi ha visto in tutto il nostro Paese una larga mobilitazione. Se in questo ambito sociale chiediamo che si sviluppi una vera e larga premura, in quello confinante della bioetica auspichiamo una complessiva cautela, grazie alla quale gli elementi in gioco vengono sapientemente soppesati, mettendo la comunità nazionale al riparo da iniziative imprevidenti e precipitose. C'è da dire che la sostanziale prudenza tenuta circa questi temi durante la campagna elettorale, dovrebbe essere un buon indizio sulla prudenza anche successiva.
Una parola qui non possiamo non dirla per l'intervento operato sulle Linee guida relative alla legge sulla fecondazione assistita. Da vari e qualificati osservatori si è già eccepito sul merito e sui tempi del provvedimento. Infrangendo un delicatissimo bilanciamento delle esigenze in campo, esso comporta oggettivamente il rischio di promuovere una mentalità eugenetica, inaccettabile ieri al pari di oggi
. È da auspicare che i criteri ispiratori e le disposizioni della legge 40 non siano oggetto di interventi volti a stravolgere il punto di equilibrio raggiunto dal Parlamento, e poi chiaramente confermato dall'esito referendario, ma al contrario possano trovare piena attuazione in uno spirito di condivisa attenzione alla vita.

Un impegno particolarmente urgente

Una frontiera di impegno particolarmente urgente è quella relativa alle morti sul lavoro. Gli episodi luttuosi infatti si vanno ripetendo con una cadenza stupefacente, segnale di un comparto bisognoso di maggiore attenzione. Bisogna qui saper passare con prontezza dalle denunce ai fatti concreti, agli investimenti precauzionali, alle verifiche e ai controlli. Tutti i soggetti devono fare la loro parte, con un supplemento di responsabilità; ma è dagli imprenditori in particolare che si attendono quelle provviste e quelle innovazioni strutturali che sole possono garantire il successo degli altri interventi. La vita è sacra, e distintamente lo è quella impegnata sul lavoro duro e rischioso.
Altri fronti che ci permettiamo con accoratezza di segnalare è la dignità di tutto il sistema scolastico, all'interno del quale noi vediamo la prospettiva concreta di un'effettiva libertà, pluralità e autonomia anche economica, che deve essere assunta in modo organico e propositivo.
Segnaliamo inoltre l'urgenza di approntare e affinare delle buone politiche volte ad una reale integrazione dei cittadini immigrati che legittimamente soggiornano sul nostro suolo. Mentre per ciascuno di quelli che tentano di entrare nel nostro Paese bisogna trovare un continuo equilibrio tra esigenze e attese, tenendo alto il rispetto dei diritti delle persone, che sono poi doveri di civiltà. Pare a me che si debba evitare, per questi nuovi venuti e le loro famiglie, il formarsi di enclave a loro destinate che, se in un primo momento potrebbero apparire una soluzione emergenziale, diventano presto dei ghetti non tollerabili. A chi vuole stabilirsi in Italia si deve arrivare a proporre un patto di cittadinanza che, mettendo in chiaro diritti e doveri, non ricerchi scorciatoie illusorie. L'identità del nostro popolo non è sorta oggi, perché si è consolidata in una storia secolare, e per questo da una parte chiede rispetto e dall'altra rimane aperta e capace di incontrare altre culture, nella prospettiva di un'identità arricchita per tutti. In ogni caso, dobbiamo farci tutti guidare dalla consapevolezza delle dimensioni globali del fenomeno e dal suo carattere emblematico per la nostra epoca. Su questo scenario frastagliato, la Chiesa si va prodigando con una generosità a tutti nota, attraverso la Fondazione Migrantes, la Caritas e altre strutture di volontariato, investendo non poche risorse di personale e mezzi. Che tuttavia non bastano mai, perché restano evidentemente insostituibili altri livelli di responsabilità e di intervento.
Una parola ci pare di poter dire sul crescente bisogno di sicurezza che viene registrato dagli osservatori sociali e di cui tanto s'è discusso nel periodo della campagna elettorale. Infatti, anche per i sensori che noi pastoralmente abbiamo nelle diverse realtà territoriali, ci pare di avvertire che si va qui esprimendo un'esigenza incoercibile di persone e famiglie, a cui sarà bene che i pubblici poteri sappiano, ai vari livelli, dare risposte calibrate ed efficaci. Una risposta disattesa o differita potrebbe in questo caso moltiplicare i problemi, anziché attenuarli.
(...) In questo contesto, vorrei rinnovare l'assidua vicinanza e la cordiale solidarietà a quei nostri Confratelli che operano nelle zone più difficili del Paese, perché ad alta infiltrazione malavitosa o perché segnate da gravi disagi e dall'abbandono. È soprattutto a servizio dei ragazzi e dei giovani che la loro opera è straordinariamente meritoria: là dove tutto o quasi congiura all'incontrario, questi vescovi, con i loro collaboratori, gettano ponti e organizzano la speranza. L'Italia intera deve essere loro grata.
Concludo questa ampia rassegna di temi con un riferimento della Spe Salvi a quell'affidabile speranza (cfr n. 1) di cui parla il Papa, e che rende sicura la promessa del Signore: Lui è con noi (cfr Matteo 28, 20), perché noi siamo con Lui (cfr Giovanni 14, 3), e in Lui sviluppiamo pensieri e progetti destinati alle nostre Chiese. Ci guidi Maria, la "stella del mattino" (cfr Spe Salvi, n. 49), ci assistano i santi patroni d'Italia, Francesco e Caterina, e i santi ai quali sono consegnate le nostre Diocesi. Grazie.

(©L'Osservatore Romano - 26-27 maggio 2008)

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