31 maggio 2008

Papa Benedetto visita la mostra per i 40 anni di Avvenire. Il direttore Boffo ringrazia il Santo Padre


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Papa Benedetto visita la mostra per i 40 anni di Avvenire allestita in Vaticano per l’assemblea della Cei. Un pannello dopo l’altro, ecco quei dodici minuti indimenticabili

Mentre il Papa già si sta incamminando alla volta dell’aula sinodale dove lo attendono i vescovi italiani, il direttore generale di Avvenire, Paolo Nusiner allunga una copia del catalogo a don Georg Gänswein, segretario del Papa, che lo accetta sorridente: «Lo conosciamo già. Il Papa prima di venire qui si è preparato alla visita...».
In effetti, nei dodici minuti in cui fiancheggia con noi le sette grandi conchiglie che raccolgono le immagini dei primi 40 anni anni di Avvenire, Benedetto XVI appare pronto e recettivo. Sembra quasi divertirsi ad assegnare il nome alle figure che sullo sfondo marchiano gli ultimi decenni della storia mondiale e nazionale, da Gorbaciov a Craxi a Scalfaro.
Ogni unità tematica, nella mostra, ha la sua autonomia. Si comincia con le origini, e il Papa subito annota che, dunque, Avvenire è nato nel ’68. Il clima non era dei più favorevoli, ed egli annuisce. Tanto meno lo era per le opere cattoliche, e lui ancora approva col capo. Si sofferma davanti alla foto grande di Paolo VI, quindi alla prima unità su « Avvenire con quattro Papi».
Sorride, ed è quasi sorpreso di trovarvi Papa Luciani, ma subito è attratto dalla foto efficacissima che ritrae Giovanni Paolo II investito dall’alto da un fascio di luce.
Segue «il dopo Concilio», e le prime pagine di Avvenire che ritraggono l’avvio dei Sinodi mondiali. Poi «gli anni di piombo», con i martiri italiani, tra cui subito riconosce l’onorevole Aldo Moro.
Quindi i terremoti che dal Friuli all’Irpinia ad Assisi hanno piegato il Paese. «Con l’Italia che piange» recita il titolo della settima unità, e lui annuisce. A un certo punto, sul trapezio della cronologia appare una faccia che conosce bene. «Ecco monsignor Ravasi, un prodigio quanto a lavoro. Come farà?...». Ma ecco la caduta dei muri, e l’influenza che l’evento ha avuto nel nostro Paese. E il suo dito indica Lech Walesa e Michail Gorbaciov. Ma voi dove eravate, sembra chiedere? In quel momento, Padre Santo, è iniziata la grande transizione italiana, che forse, chissà, potrà presto concludersi... Ma lui è già oltre, l’efficiente padre Sapienza ci aveva avvertiti: bisogna fare in fretta. Ma a noi quei minuti così centellinati ci paiono già lunghissimi. Il Papa è lì, a rileggere la nostra storia con noi. Ma in quell’istante fa capolino la foto urticante dell’11 settembre 2001, e non è proprio il momento di tenerezze.
Una rapidissima vena di malinconia affiora sul volto dell’Ospite, che non si spegne perché è la volta del pianto degli ultimi: dalla Populorum progressio, che ha la stessa età di Avvenire, fino a Madre Teresa e Lapierre. Poi le grandi imprese sportive e sul volto del Papa torna ad accendersi il sorriso compiaciuto. Vorremmo chiedergli del Bayern Monaco, fresco campione di Germania, ma desistiamo, l’occasione esige altro.
E infatti spunta l’immane questione della scuola e dei giovani, su cui fra qualche minuto lui stesso si soffermerà nel discorso ai vescovi. Ma intanto, davanti alle pagine di Avvenire con le scene del Grande Giubileo e delle Gmg, si fa come più vicino ai cartelloni, un passo dentro l’evento. Si affacciano a quel punto i grandi convegni della Chiesa italiana: Roma, Loreto, Palermo e Verona...
Lui li abbraccia in un unico sguardo. Non può non colpirlo la copertina ingrandita del magazine Una speranza per l’Italia,
diario delle giornate veronesi. Quindi l’ecumenismo, con il grande raduno dei rappresentanti delle religioni nel 1986, ma lui ci precede, «Ecco, Assisi...», e la mano dell’amato predecessore, che lui tante volte ha stretto, compare appoggiata sul Muro del pianto (anno 2000), mentre gli occhi del mondo la seguivano sorpresi e commossi.
Ma la mostra si va concludendo. Ancora un tuffo nella storia aspra dei nostri tempi: nella penultima conchiglia blu, il grande tema delle migrazioni, del lavoro, dello sviluppo difficile. E il Papa appare compreso. Ultimo tratto: la cultura nelle piazze, questione antropologica, l’Italia dei referendum... Si ferma e all’improvviso chiede quante copie fa oggi Avvenire.
Centocinquemila vendute, tutti i giorni.
Molte per abbonamento, spiega il nostro presidente, monsignor Semeraro, che essendo il vescovo di Albano, diocesi nei cui confini sorge Castelgandolfo, il Papa aveva subito salutato come «il mio vescovo». Sorrisi generali, a partire dal cardinale Bagnasco che, discreto, non si perde però nessuna battuta. Appena dietro, monsignor Betori, e poi i vicepresidenti della Cei: Chiaretti, Monari, Superbo.
Centocinquemila copie i giorni feriali e centocinquantamila la domenica. Ma qui la domanda esperta del Papa: ogni copia avrà più lettori? Certo, Padre Santo.
Consideri che Avvenire è soprattutto un giornale per le famiglie, quindi se lo passano di mano in mano più persone. Lo stesso va detto per le comunità religiose...
Intanto siamo arrivati davanti alle ultime sequenze: i funerali di Giovanni Paolo II e il vento impetuoso che scompiglia le vesti rosse dei cardinali, quindi la fumata bianca, e lui – il presente – che per la prima volta si affaccia dalla loggia di San Pietro.
Fosse per lui avrebbe fatto finta di non vederla, quella foto, ma poi sorride, e ancor più si concede quando gli indichiamo la copertina che Avvenire ha predisposto l’indomani della mancata visita alla Sapienza. Quel «Ti vogliamo bene» che campeggia a caratteri cubitali forse è fin troppo confidenziale. Ma no, qualcuno osserva: il latino non conosce il lei. E il Papa, divertito, ne conviene. Accetta la nostra dichiarazione: «Sì, vogliatemene, anch’io ve ne voglio» pare dire. E già ringrazia, come per accomiatarsi, quando lancia un’ultima domanda: «Chissà perché in Germania non c’è un giornale così?...».
Qualcuno improvvisa una risposta non impegnativa, ma lui ha già lo sguardo oltre.
Ancora un saluto, paterno e dolcissimo, ai responsabili del giornale, e via. Alla prossima, Padre Santo. Alla prossima. Ma intanto grazie. Quando nacque, questa mostra, mai avrebbe osato di attrarre i suoi occhi. (db)

© Copyright Avvenire, 30 maggio 2008

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