28 maggio 2008

La Congregazione per gli Istituti di vita consacrata pubblica un'Istruzione sul servizio dell’autorità e l’obbedienza (Radio Vaticana)


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La Congregazione per gli Istituti di vita consacrata pubblica un'Istruzione sul servizio dell’autorità e l’obbedienza (Radio Vaticana)

“Il servizio dell’autorità e l’obbedienza”: è il titolo di una Istruzione della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica pubblicato oggi dal dicastero vaticano e presentato ad un’assemblea dei superiori e superiore generali presso il Salesianum di Roma. Ce ne parla Sergio Centofanti.

Il documento, di una cinquantina di pagine, sottolinea che “la radice dell’obbedienza” si trova “in quella ricerca di Dio e della sua volontà che è propria del credente”. Per questo tutti sono chiamati a obbedire “l’autorità per prima”. “L’obbedienza cristiana e religiosa non si configura dunque prima di tutto o semplicemente come una esecuzione di leggi o disposizioni ecclesiastiche o religiose, ma come il momento di un percorso di ricerca di Dio, che passa attraverso l’ascolto della sua Parola, la presa di coscienza del suo disegno di amore, l’esperienza fondamentale di Cristo, l’obbediente, per amore, fino alla morte di croce”.

“L’autorità nella vita religiosa” va compresa come servizio alla comunità “perché la volontà di Dio sia insieme cercata e realizzata”.

Il testo affronta anche il delicato tema delle “obbedienze difficili”, quelle in cui “ciò che viene richiesto al religioso o alla religiosa risulta particolarmente gravoso da eseguire”, o quelle in cui – come diceva San Francesco d’Assisi - chi deve obbedire ritiene di vedere «cose migliori e più utili alla sua anima di quelle che gli ordina il superiore». In queste situazioni si rimanda “all’Obbediente per eccellenza, Cristo” che “imparò l’obbedienza dalle cose che patì”.

Il documento accenna inoltre alla possibile “obiezione di coscienza” in chi deve obbedire, avvalendosi di “un testo ancora attuale” di Paolo VI. Il riferimento alla coscienza – viene precisato – “aiuta a concepire l’obbedienza non semplicemente come passiva e non responsabile esecuzione di ordini, ma come consapevole assunzione di impegni, da accogliere con la consapevolezza (‘coscienza’) che essi sono attuazioni concrete della volontà di Dio”.

La funzione dell’autorità viene presentata mediante la categorie della “mediazione umana” della volontà di Dio. Il che non significa – si rileva – “che la volontà del superiore coincida perfettamente e automaticamente con la volontà di Dio: ne è uno strumento di conoscenza, caratterizzato, come ogni realtà umana, da limiti ed errori”.

Ma si ricorda anche che «ogniqualvolta (il religioso/a) si trova di fronte ad un comando legittimamente dato, il Signore chiede di obbedire all’autorità che in quel momento lo rappresenta».

L’Istruzione ricorda che anche l’autorità può farsi “difficile”, sperimentando “momenti di scoraggiamento e fatica, che possono portare ad atteggiamenti di rinuncia o di latitanza nell’esercitare una adeguata guida e animazione della comunità”. Invita quindi l’autorità “all’ascolto, a favorire il dialogo, la condivisione, la corresponsabilità, a creare comunione nonostante le diversità, a trattare le persone ad essa affidate con misericordia, a stimolare anche un‘obbedienza fraterna”.

Un rilievo particolare infine è dato alla comunità religiosa, quale luogo in cui, “sotto la guida del superiore e della superiora, essa deve esercitare un ‘discernimento comunitario’ rispetto a decisioni da prendere”. E anche se all’autorità “spetta la decisione finale” tuttavia essa “non può ignorare che la comunità è il luogo privilegiato per riconoscere e accogliere la volontà di Dio”.

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