26 agosto 2008

In India nuovi allarmanti attacchi contro i cristiani (Osservatore Romano)


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In India nuovi allarmanti attacchi contro i cristiani

I cattolici risponderanno alle violenze in atto in India. Lo faranno, come sempre, con la carità, con la vicinanza ai più poveri, ai diseredati; lo faranno in nome di Cristo. Tuttavia, di fronte ai tragici avvenimenti di queste ore, occorre che la comunità internazionale prema sul Governo indiano al fine di fare rispettare le disposizioni contenute nella Costituzione indiana a tutela della libertà religiosa. Perché è chiaro che i cattolici rimarranno in India, resistendo a ogni violenza. È quanto, in sintesi, ha affermato in alcune dichiarazioni rilasciate a "L'Osservatore Romano" il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Affermazioni che si aggiungono a un comunicato della Sala stampa vaticana sulla situazione nel Paese asiatico, diffuso mentre giungevano notizie del presunto rapimento di due sacerdoti gesuiti, sempre nello Stato dell'Orissa: "In riferimento alle tragiche notizie di violenze contro fedeli e istituzioni della Chiesa cattolica - si legge nel comunicato - che provengono dall'India, la Santa Sede, mentre esprime solidarietà alle Chiese locali e alle congregazioni religiose coinvolte, riprova queste azioni che ledono la dignità e la libertà delle persone e compromettono la pacifica convivenza civile. Nello stesso tempo, fa appello a tutti affinché, con senso di responsabilità, si ponga fine a ogni sopraffazione e si ricostituisca un clima di dialogo e rispetto vicendevole".
L'appello alla comunità internazionale, perché faccia pressioni sul Governo indiano, viene invece dal cardinale Jean-Louis Tauran, secondo il quale il motivo principale degli attacchi ai cattolici è il ruolo da questi svolti nel fornire l'istruzione ai più poveri, nell'opera di carità svolta a fianco dei più deboli, dei diseredati. "Non si può negare - spiega il cardinale - che i cattolici siano nel mirino dei fanatici. Questo accade perché costruiamo scuole, orfanotrofi. Ci accusano di proselitismo, perché ogni tanto qualcuno si converte. Ma noi chiediamo solamente la possibilità di compiere il nostro dovere di cristiani: aiutare chi è più povero, chi è in stato di grave necessità. I fanatici che ci attaccano sono quelli che vogliono un'India con una sola religione: l'induismo. Chiaramente noi non lo possiamo accettare. Risponderemo alla violenza; lo faremo con la carità, combattendo le discriminazioni, istruendo i bambini, dando loro un futuro". Aggiunge il porporato: "Sono stato in India nel luglio scorso, mi sono incontrato con due gruppi di responsabili religiosi hindù e loro non hanno mai parlato di particolari problemi. Bisogna dire però che la questione è complessa: c'è, per esempio, anche una legge anticonversione. La mia impressione è che noi abbiamo un grande bisogno di conoscerci meglio: per questo il prossimo anno organizzeremo un incontro di studio in India per analizzare le relazioni fra hindù e Chiesa cattolica. Questi rapporti non sono stati curati a sufficienza anche perché non c'è un interlocutore unico induista. Questo è il punto principale da studiare, come porsi di fronte a un induismo così articolato. La nunziatura apostolica sul posto e i vescovi intanto sono molto impegnati per far sì che si capisca che quello che noi vogliamo fare è solo aiutare i più umili, che in un sistema a caste sono i diseredati. Sono molto orgoglioso dei cattolici in India, che sono decisi a continuare a vivere in mezzo ai loro concittadini e a testimoniare l'amore di Cristo per i più poveri anche a prezzo della propria vita".
Intanto le notizie che arrivano dal Paese asiatico continuano a essere estremamente preoccupanti. Questa mattina è salito a cinque il numero totale dei morti a seguito delle violenze anticristiane. Oltre alla ventenne missionaria laica che operava nell'orfanotrofio di un villaggio del distretto di Bargarh, dato alle fiamme, e a un cristiano ucciso nella sua abitazione a Kandhamal, altre tre persone risultano morte negli incendi appiccati da estremisti hindù sempre in Orissa. E c'è preoccupazione per la sorte dei bambini dell'orfanotrofio, che attualmente risultano ancora rifugiati nella foresta.
Le violenze sono scoppiate all'indomani dell'uccisione, nel distretto di Kandhamal, di Swami Laxmanananda Saraswati, leader degli estremisti del Visha Hindu Parishad di cui è considerato espressione politica il Bharatiya Janata Party. Saraswati da tempo conduceva una violenta campagna contro le conversioni al cristianesimo.

(©L'Osservatore Romano - 27 agosto 2008)

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