26 agosto 2008

Il cardinale Tauran tra i protagonisti ieri al Meeting di Rimini. Giorgio Vittadini: La Chiesa più protagonista rispetto a 100 anni fa (R.V.)


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Il cardinale Tauran tra i protagonisti ieri al Meeting di Rimini, che ha affrontato i temi della pace nel mondo. Intervista con Giorgio Vittadini: La Chiesa più protagonista rispetto a 100 anni fa

Si stima saranno 800 mila le presenze quest’anno al Meeting di Rimini, organizzato da Comunione e Liberazione, giunto oggi al suo terzo giorno. Grande protagonista di ieri la pace in relazione a quelle zone che meno ne godono: dal Caucaso al Medio Oriente. Ne hanno parlato, ieri pomeriggio, il presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, il cardinale Jean-Louis Tauran, il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, e il segretario generale della Lega degli Stati Arabi, Amre Moussa. Rispondendo ad una domanda sulle violenze contro i cristiani in India, il porporato ha detto: il Pontificio Consiglio che presiedo dovrà intensificare i contatti con il mondo indù. Sottolineata anche l’importanza della reciprocità sui luoghi di culto in relazione al mondo musulmano. Il servizio della nostra inviata a Rimini, Debora Donnini:

La pace, come la guerra, parte dal cuore dell’uomo. Per questo è necessaria una pedagogia. E’ stato questo il richiamo centrale del cardinale Jean-Louis Tauran al Meeting di Rimini:

“E’ molto importante che i capi religiosi abbiano la preoccupazione di diffondere una pedagogia della pace, perché la guerra nasce nel cuore di ognuno di noi: ogni volta che abbiamo paura dell’altro perché è diverso, ogni volta che consideriamo l’altro come un concorrente, ogni volta che manifestiamo la sete di possesso, di avere sempre più denaro, ebbene lì ci sono germi di guerra!”.

La pace, ha aggiunto, parte dai credenti. Un richiamo che traspare anche dalle parole del ministro degli Esteri italiano, Franco rattini, che parla del ruolo dell’Italia nello scacchiere internazionale. Un ruolo di riconciliazione in Caucaso: Frattini rilancia l’idea di una Conferenza internazionale da tenersi a novembre a Roma. E, a proposito dell’Afghanistan, spiega: la richiesta di rinegoziare la presenza delle Forze internazionali avanzata dal governo di Kabul, non penso voglia dire ritirare le truppe. Kabul ha ancora bisogno di sostegno nella lotta al terrorismo.

E il richiamo alla riconciliazione si ritrova anche nelle parole del segretario della Lega Araba, Amre Moussa, che in particolare sottolinea la necessità che si parta dal Medio Oriente. La pace in Medio Oriente, per Moussa, farà la differenza fra la pace e la guerra nel mondo. “Gerusalemme - afferma - deve essere la città della pace per tutti”.

Anche la politica italiana è, come ogni anno, presente al Meeting. Stamani il ministro della Giustizia, Alfano, conferma: la riforma sì farà. C’è apertura al dialogo, ma ad un certo punto decideremo. Essere protagonisti in relazione a Dio è il filo conduttore di questo Meeting 2008. Un filo conduttore che si declina anche nelle mostre, come quella sulla Torre di Babele, simbolo del desiderio dell’uomo di ‘essere’ autonomamente da Dio. L’ipotesi archeologica ripresa e riproposta con foto e ricostruzioni è che la torre di Babele sia Etemenanki, la costruzione a gradoni edificata da Nabucodonosor a Babilonia. Babilonia, Babele, una radice etimologica comune. Tanti, comunque, gli indizi archeologici.
E come in tutte le mostre del Meeting sono i volontari ad illustrarle mettendone in luce, al di là di ciò che si vede, anche il messaggio più profondo. La torre di Babele, così come Babilonia nella Bibbia, è simbolo dell’uomo che vuole essere protagonista, staccato da Dio: un Dio che in realtà fa il dono delle lingue ma, appunto, come dono, come nella Pentecoste, compiendo Lui quell’unità tanto ricercata dall’uomo.

A guidare, com’è noto, gli incontri e le manifestazioni della 29.ma edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli è una frase del fondatore di Comunione e Liberazione (CL), mons. Luigi Giussani, che afferma: "O protagonisti o nessuno". Ma cosa significa essere protagonisti oggi, al di là degli stereotipi per i quali è protagonista solo chi ha successo? Luca Collodi lo ha chiesto a uno dei principali responsabilidi CL, Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà:

R. - E' qualcosa di positivo, se non si intende solo protagonista alla Phelps. La gente comune è protagonista se è fedele, sincera al desiderio del cuore e se scopre la fede come un’esperienza che la rende capace di rispondere a questo desiderio. Allora, ecco il test del protagonismo del non essere nessuno, con la positività, la letizia, la bellezza che l’esperienza cristiana porta, come dice anche il Papa.

D. - Qual è il confine concreto oltre il quale si è protagonisti in negativo?

R. - Quando il protagonismo è ottenere qualcosa al di fuori da sé, che dipende dalle circostanze esterne: protagonista inteso come essere il primo, il dominatore, mentre uno può non esserselo e può vivere benissimo la sua vita, accettando quel che è. L’esperienza cristiana in tutto il mondo vuol dire decine di milioni di persone che nei tempi scorsi e tuttora sono state protagoniste della loro vita, senza avere dominio, potere, soldi o altro.

D. - Vittadini, l’uomo oggi, l’uomo comune è ancora protagonista?

R. - L’uomo comune è protagonista se non accetta quel paradigma della filosofia moderna, secondo cui il suo desiderio è ingannevole, secondo cui le risposte al desiderio sono false, secondo cui quindi l’unico uomo che si afferma è il divo. E’ il divo che comanda e gli altri sono tutti schiavi. L’uomo è protagonista se riprende la tradizione umana e cristiana e la vive fino in fondo oggi. Allora, si può vivere da protagonisti. Da questo punto di vista, è una bella battaglia, perché non si vince quantitativamente, si vince qualitativamente. Penso alle minoranze "creative" di Benedetto XVI.

D. - La Chiesa resta protagonista del terzo millennio o no?

R. - Direi che è tornata protagonista. Forse era meno protagonista apparentemente nel 1800, o all’inizio del ‘900. Mentre adesso stanno tornando tutti. E si comincia a capire che se non si riparte dalla verità come forza della pace, quello che i Pontefici hanno ripetuto, non si va da nessuna parte. Quindi, direi che il ruolo della Chiesa è protagonista.

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