5 aprile 2007

Le meditazioni della Via Crucis per il venerdi' santo 2007


Non c´è veronica e neppure il suo velo

Città del Vaticano

Non solo Giuda salvato in extremis dall´Inferno; ma anche la Veronica, cancellata, così pure le tradizionali tre cadute di Cristo sotto la croce, anch´esse sparite. E persino l´evocazione del «silenzio di Dio». E´ la rivoluzione pasquale firmata da monsignor Gianfranco Ravasi nel commento sulla Via Crucis che papa Ratzinger presiederà domani sera al Colosseo. Nel testo, l´insigne biblista medita, come da tradizione, su 14 stazioni della Passione di Cristo, ma, a sorpresa, ne sostituisce ben 13, eliminando quadri e situazioni legati più alle devozioni popolari che ai Vangeli. Come è, appunto, l´annullamento della preghiera per la Veronica, sul cui velo la tradizione vuole che si sarebbe impresso il volto di Cristo dopo averlo asciugato.
L´unica stazione rimasta è l´ultima, quella della deposizione di Gesù nel sepolcro. Per il resto, tutto è cambiato, fin dall´inizio quando Ravasi invita a pregare per «Gesù nell´orto degli ulivi», al posto di «Gesù condannato a morte» della Via Crucis classica, e parla del «Cristo nel Getsemani» davanti alla «notte del dolore lacerante, alla solitudine degli amici e del silenzio di Dio». Nella seconda stazione, colpo di scena, tradimento di Giuda al posto di «Gesù caricato della croce». Secondo colpo di scena, alla terza stazione, con «Gesù condannato nel Sinedrio» al posto della struggente prima caduta di Cristo sotto la croce. Altra grande novità, Ravasi non fa incontrare Gesù con la Madonna durante la Via Crucis, come si era sempre pregato nella quarta stazione, scena sostituita con «Gesù rinnegato da Pietro». Alla quinta tappa, «Gesù è giudicato da Pilato» al posto dell´aiuto del Cireneo che il biblista «sposta» all´ottava stazione, dove prima si meditava sull´incontro con le Pie Donne. Alla sesta stazione, la Veronica cede il passo a «Gesù flagellato e coronato di spine». Alla settima, scompare la seconda caduta di Cristo sostituita da «Gesù caricato della Croce». Nella nona tappa, la tradizionale terza caduta viene sostituita dall´incontro con le donne di Gerusalemme. Alla decima, «Gesù è crocifisso»: nella tradizionale Via Crucis c´era «Gesù spogliato delle vesti». All´undicesima c´è il Buon Ladrone al posto di «Gesù inchiodato in croce». L´incontro con la Madre è sotto la croce alla dodicesima stazione, dove prima si contemplava la morte di Gesù. Morte che Ravasi descrive alla tredicesima tappa (in precedenza momento della deposizione). La quattordicesima stazione è rimasta uguale con «Gesù deposto nel sepolcro».

Repubblica, 5 aprile 2007


Via Crucis la parte di Giuda
A colloquio con monsignor ravasi

Incaricato di scrivere i testi per la meditazione della cerimonia di domani al Colosseo, il biblista ha introdotto alcune novità
Non è affatto certa la fine dell´apostolo traditore di cui tutti ora parlano


MILANO

Il pentimento di Giuda. La sua delusione politica. La sua tragedia interiore. Non ancora una riabilitazione ufficiale, ma quasi. L´apostolo traditore, simbolo di tutte le infedeltà, di tutte le apostasie, viene riscoperto adesso, nella sua umanità sofferente, non da fiction in cerca di fortuna, come Il Vangelo secondo Giuda di Jeffrey Archer (Mondadori), ma da un biblista raffinato, Gianfranco Ravasi, prefetto della biblioteca Ambrosiana di Milano, chiamato a scrivere i testi delle meditazioni che verranno lette domani sera al Colosseo, nel corso della solenne Via Crucis del Venerdì Santo, con Benedetto XVI. Ravasi ha deciso di non seguire quest´anno le 14 stazioni tradizionali, che hanno al loro interno diverse scene apocrife. Ma di seguire la trama del Vangelo di Luca. Scegliendo così di dedicare la seconda stazione al tradimento e al pentimento di Giuda.

Monsignor Ravasi, il "pentimento di Giuda" sembra indicare una via di assoluzione. Forse una riabilitazione?

«Nella storia della letteratura e della tradizione la figura di Giuda è stata riproposta con infinite variazioni. E l´orientamento è stato quello di cercare una giustificazione trascendente al suo atto. Egli faceva parte, si dice, di un piano superiore. E questo piano superiore in qualche modo giustifica il suo atto. Questo però dal punto di vista teologico non è corretto. Perché bisogna sempre riconoscere la libertà dell´uomo di essere peccatore».

Lei descrive il groviglio maligno che si annida nel cuore disperato di Giuda. "Forse illuso e deluso". Cosa turbava l´iscariota?

«È molto probabile che Giuda abbia tradito per una delusione politica. Lui aveva sognato forse di vedere in Gesù un messia di tipo nazionalistico. Poi vede che quest´uomo scardina le strutture più all´interno che all´esterno. Quello che vuole mutare sono le coscienze degli uomini».

Così lo tradisce, poi si dispera e si suicida. Verrebbe da immaginare Giuda tra le fiamme dell´inferno.

«Questo non possiamo dirlo. Come non potremmo mai dichiararlo di nessuno. Nell´assoluto momento di solitudine che è l´istante supremo della morte, quando si è tra il tempo e l´infinito, resta ancora una possibilità di scegliere. E io vedo nelle ultime ore della sua tragedia interiore, nel gesto delle monete scagliate, il fiorire del pentimento».

Un pentimento presente nella tradizione cristiana.

«Caterina da Genova racconta della visione in cui le appare Cristo. Esprimendo la sua curiosità, domanda a Gesù: "Che ne è stato di Giuda"? E lui risponde, sorridendo: "Se tu sapessi che cosa io ho fatto per Giuda..." Dimostrando, in qualche modo, che Giuda era stato riassorbito dall´amore redentore di Cristo. Questo elemento è all´interno della tradizione mistica cristiana. Un filone di pensiero alla base del quale c´è un´importante componente teologica: nel momento ultimo noi non possiamo mai giudicare quale sia la scelta di una persona».

La linea che va nella direzione della riabilitazione di Giuda arriva fino al romanzo di Jeffrey Archer.

«Un modesto, modestissimo libro, scritto idealmente dal figlio di Giuda».

Chi vede in Giuda Iscariota uno strumento di Dio affinché si possa compiere il percorso terreno di Gesù, fino alla crocifissione, non può che considerarlo innocente. Un artefice del messaggio finale della Via Crucis.

«Questo è un terreno delicato. Molte possono essere le interpretazioni, ma bisogna essere rigidi dal punto di vista teorico. La sua azione è inserita in una visione religiosa, in un disegno più alto. Per cui acquista un significato trascendente che non annulla l´atto in sé. Giuda non è una marionetta usata da Dio, in modo crudele. Jaques Bossuet, vescovo e grande predicatore del Seicento, diceva: "Dio scrive dritto nelle righe storte degli uomini". Un´immagine suggestiva che ben rende l´idea: sei tu che tracci quella riga storta. Dio però può far trasformare un atto negativo in un disegno superiore».

Torniamo alla Via Crucis. Ci sono altri elementi nuovi, oltre alla riflessione sulla figura di Giuda, che rendono attuale il percorso doloroso di questo Venerdì Santo?

«La Via Crucis è sorta con le crociate. Quando tornarono i guerrieri e i pellegrini volevano ricostruire nelle loro città quello che avevano visto con i loro occhi. I luoghi della Terra Santa. Il Santo Sepolcro. Nel 1750 il frate francescano Leonardo da Porto Maurizio portò per la prima volta la Via Crucis all´interno del Colosseo. A rendere ancora attuale questa celebrazione è la violenza che dilaga nel mondo. Penso alla tortura, alla pena di morte, alla folla che si diverte e partecipa come a teatro davanti a certe esecuzioni capitali. Ma Cristo, contro ogni regola, introduce la scelta del perdono».

L´ultimo gesto di Gesù sulla croce è il perdono del "buon ladrone" che, convertitosi, dice: «Ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Dopo Giuda, un altro malfattore da riabilitare.

«Il buon ladrone era in realtà un rivoluzionario antiromano. Che per questo era stato condannato a morte. E Gesù risponde: "Oggi sarai con me in paradiso". C´è da un lato la celebrazione della violenza, il rituale di cui siamo attori e testimoni, e dall´altro un progetto completamente antitetico».

Il grande fascino della Via Crucis, ancora oggi, sembra quello di parlare del dramma di tutti i drammi: la solitudine estrema dell´uomo.

«Nella Via Crucis scorrono tutti i possibili dolori dell´uomo: la paura della morte, gli amici che scappano, il tradimento, la sofferenza fisica, il carcere, le torture e, soprattutto, il silenzio di Dio ("Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato"). Il figlio di Dio che sente il padre lontano, silenzioso, muto nei suoi cieli dorati. La solitudine totale».

Repubblica, 5 aprile 2007


Contro il «Vangelo» promosso dal cardinale Martini

GIACOMO GALEAZZI

Nessuna riabilitazione per l’apostolo traditore: «La sua colpa è innegabile». Il Vaticano sconfessa Il Vangelo secondo Giuda - appena pubblicato in tutto il mondo (in Italia da Mondadori) da Jeffrey Archer con la supervisione, consigliata dal cardinale Carlo Maria Martini, del teologo salesiano Francis Moloney - secondo cui l’Iscariota fu uno strumento utilizzato affinché si realizzasse la volontà di Dio e non ricevette i trenta denari per tradire Gesù.
L’innocenza dell’apostolo si contrappone alla lettura del Magistero ribadita da Benedetto XVI («Giuda fa il doppio gioco: è un bugiardo e un superbo) e si avvicina allo spirito del Vangelo di Giuda, il manoscritto copto del 300 nel quale l’Iscariota non è il peccatore che voltò le spalle a Cristo, bensì l’esecutore del progetto divino. «Se dovessimo processare oggi Giuda, la condanna processuale e morale sarebbe certa», taglia corto il vescovo Velasio De Paolis, segretario della Segnatura Apostolica. «Anche se l’intenzione fosse quella di far venire allo scoperto Gesù, l’atto compiuto resta perverso. La teoria morale delle intenzioni non è quella cristiana: non è ammesso fare il male per ottenere il bene». E, infatti, già un anno fa il Pontefice ha riaffermato la versione dei quattro evangelisti: «Per Giuda, avido e bugiardo, contano solo il potere e il successo. Vive nella menzogna e perde il senso della verità suprema».
La riscrittura della vicenda da parte di un celebre scrittore e di un autorevole biblista si propone di riaprire la questione, ma dal Vaticano arriva un no secco. Nessun segnale di apertura dai vertici istituzionali e accademici della Chiesa, che anzi la ritengono una «operazione errata e pericolosa per la fede autentica».
Le fonti canoniche, ammonisce l’arcivescovo di Curia Francesco Gioia, «impediscono la deresponsabilizzazione di Giuda: ogni altra ipotesi è arbitraria». Lucio Soravito de Franceschi, vescovo della commissione Cei per la Dottrina della fede, mette in guardia dai riflessi negativi della tentata riabilitazione dell’apostolo traditore: «Giuda, come ogni uomo, è libero, responsabile delle sue azioni, colpevole del male commesso. Nessuno può giustificarlo. Poi, certo, Dio è capace di scrivere dritto anche sulle righe storte, quindi può valorizzare e tramutare in bene i peccati. Giuda, sobillato dal partito degli Zeloti, pretende per superbia di porre Gesù a capo della rivolta anti-romana».
Impossibile sostenere che il tradimento sia stato compiuto «per spingere Cristo a manifestare la sua potenza, sconfiggere i nemici che volevano imprigionarlo e instaurare il regno di Israele», avverte il gesuita Gianpaolo Salvini, direttore della rivista Civiltà Cattolica. «Giuda, secondo alcuni legato in precedenza agli Esseni e a Qumran, non sembra mosso da interessi materiali (i trenta denari li getta via), quanto piuttosto dalla delusione per un Messia che invece della propria vittoria annuncia la morte in croce», puntualizza padre Salvini.
Monsignor Sergio Lanza, responsabile a Roma del «Progetto culturale» promosso dal cardinale vicario Camillo Ruini e teologo pastorale dell’Università Lateranense, evidenzia come nel Getsemani, al momento della prova, Pietro rinnega Cristo, gli altri discepoli scappano, ma tutti diventeranno santi tranne Giuda che «si dispera senza pentirsi», dunque «la sua colpa irrimediabile è restare ostinatamente impermeabile alla misericordia di Dio».
La responsabilità è «sempre personale», ribadisce il vescovo Filippo Strofaldi della commissione per il Clero che mette in guardia dai riflessi teologici della rilettura «innocentista». «Le parole di Gesù sono inequivocabili: ”Guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo è tradito!”», osserva il presule. «Giuda aveva la libertà di agire e lo ha fatto tradendo l’amico. La visione solo umana del Cristo era pure di Giacomo e Giovanni che reclamano dal Signore di affiancarlo nella gloria, ma Giuda sceglie il male consegnandolo ai carcerieri, perciò la sua colpa è palese».
Durante l’ultima cena, aggiunge Francescantonio Nolè, vescovo della commissione per la Vita consacrata, Gesù ammonisce Giuda di fare presto ciò che deve fare: «È un invito al ravvedimento, non un’esortazione a eseguire il progetto di Dio tradendo il suo Figlio». La differenza con Pietro che rinnega Cristo è il pentimento, assente in Giuda: «Ma ciò non vuol dire che l’Iscariota sia dannato all’Inferno, Dio potrebbe averlo perdonato in extremis». Se avesse detto come Pietro «Signore perdonami», spiega il vescovo Lino Fumagalli della commissione per l’Educazione cattolica, «Giuda sarebbe rimasto il dodicesimo apostolo».
Del resto, nel 2004 il testo della Via Crucis al Colosseo, scritto per incarico di Giovanni Paolo II dall’eremita André Louf, tentava tre «spiegazioni» del tradimento di Giuda: «amore indispettito» che si rovescia in «risentimento»; oppure «delusione nei confronti di un Messia che si sottraeva al ruolo politico di liberatore d’Israele»; o ancora, è la terza spiegazione, l’Iscariota «non la morte del Maestro aveva desiderato, ma solo che si riscuotesse e assumesse un atteggiamento deciso». Wojtyla aveva aggiunto che Gesù, quando dice di Giuda «sarebbe meglio per quell’uomo che non fosse mai nato», non intende l’eterna dannazione. Bisogna ricordare che, accanto all’interpretazione tradizionale della figura del traditore, nei secoli se ne sono accompagnate altre, come precisa Domenico Padovano, vescovo della commissione per la Cultura. Rappresentazioni «sfumate» che, pur non arrivando mai al ribaltamento della condanna canonica come fa Il Vangelo secondo Giuda, propongono vie di riscatto, o quantomeno di «spiegazione» del suo gesto: «Il sommo esempio da non seguire per l’uomo di ogni epoca».

La Stampa, 3 aprile 2007

E' fantastico notare come i giornali invochino il cardinale Martini per contrapporlo al Papa.
Poi, pero', si scopre che Mons. Ravasi e' stato incaricato dallo stesso Pontefice per i testi della Via Crucis...

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