19 ottobre 2007

Quando la precarietà del lavoro non permette ai giovani di costruire una loro famiglia, lo sviluppo della società risulta seriamente compromesso

Clicca qui per leggere il testo COMPLETO del messaggio che il Papa ha indirizzato a Mons. Bagnasco in occasione della Settimana sociale dei cattolici italiani. Come potete osservare, il messaggio e' molto lungo ma si sono estrapolate solo tre righe, quelle sul precariato...

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Sono una "precaria" anch'io. E capisco bene le preoccupazioni e le difficoltà che ci sono nel costruirsi una vita. Ma questa volta, dissento un po' dalle parole del Santo PAdre. E' il "precariato" oppure il consumismo sul quale le giovani coppie impostano la loro vita che rende impossibile costruirsi una famiglia? Non siamo forse più attenti a spendere quei (pochi) soldi che abbiamo per cose non essenziali e superflue? E ancora, non è forse l'egoismo e l'individualismo sui quali impostiamo le nostre esistenze piuttosto che il precariato a impedire di farci una famiglia? Abbiamo perso quel senso di solidarietà e di aiuto fraterno che, ad esempio, caratterizzavano le famiglie fino a 40 anni fa, quando si viveva inisieme e ci si aiutava a superare le difficoltà, ache economiche, che ben più di adesso la vita e l'economia di allora comportavano. E allora, invece di continuare a lamentarsi, non sarebbe ora di farsi un esame di coscienza e vedere quali sono effettivamente le priorità di noi giovani precari? Non ci mancano vestiti firmati, macchine di grossa cilindrata comprate a rate, viaggi per le vacanze estive ed invernali, cellulari di ultima generazioni e l'elenco potrebbe continuare. Invece, ci manca un senso di adattamento, una volontà di impegnarci seriamente; ci manca la capacità di superare le difficoltà insieme, la volontà di fare sacrifici per garantire continuità e stabilità sia alle nostre relazioni personali (come il matrimonio e le relazioni con genitori e fratelli) sia a quelle professionali; invece, è sempre più forte in noi il desiderio che siano sempre gli altri (i genitori, lo stato, il capo ufficio, i colleghi...) a risolverci i problemi. Quando ci sarà chiesto se e come saremo stati capaci di sfruttare i talenti che ci sono stati dati, non credo che verrà accettata la scusa "avevo soltanto contratti a termine; lo Stato non mi ha mai garantito un posto sicuro"... Anche perchè, il "posto sicuro e per tutta la vita", mi dispiace dirlo, non è più una realtà così diffusa come poteva essere negli anni '70 e '80.
Mi dispiace, ma una scusa così mi sembra troppo comoda e contraria all'etica cristiana. Il fatto è che non siamo più disposti a fare certi lavori, che pretendiamo che, visto che abbiamo una laurea (e chi non la possiede oggi con questo sistema?) ci diano lavori gratificanti, di potere... naturalmente, non siamo però disposti a spostarci, a lavorare più di otto ore al giorno, a lavorare il sabato, a spostarci all'estero etc. etc.
Il problema, mi spiace dirlo, è nostro, della nostra mentalità, dei modelli di vita che vogliamo seguire, dell'incapacità di fare sacrifici e di credere che un figlio o un matrimonio si possano avre solo quando saremo in grado di avere tutti i mobili, la macchina adatta etc. etc.
Allora, anche il Santo PAdre dovrebbe stare più attento e spiegarsi meglio quando tocca certi temi. E' ora che ciascuno, Chiesa compresa, si prenda le proprie responsabilità e capisca che la crisi delle famiglia è dovuto anche al fallimento della pastorale cattolica, sempre più lontana dal portare Cristo ad ogni uomo e più attenta ad essere un soggetto politico. E' ora che la Chiesa sia più Chiesa e non solo i laici, ma soprattutto i consacrati e i sacerdoti ricomincino a svolgere seriamente e fedelmente la loro missione di portare Cristo e il Vangelo alla gente. E smettano di comportarsi in determinati modi solo per far felice questo o quello schieramento politico.

Anonimo ha detto...

Il Santo Padre e' attentissimo a spiegare ogni tema che tocca. Piu' volte si e' schierato contro il consumismo ed il capitalismo sfrenato.
Non e' colpa del Papa se i giornali parlano solo di cio' che ad essi sembra vantaggioso. Consiglio la lettura dell'omelia tenuta dal Papa a Velletri:

http://magisterobenedettoxvi.blogspot.com/2007/09/visita-pastorale-del-papa-velletri-23.html

e dell'Angelus pronunciato lo stesso giorno:

http://magisterobenedettoxvi.blogspot.com/2007/09/il-denaro-non-disonesto-in-se-stesso-ma.html

La Chiesa non e' mai agente politico perche', se cio' fosse vero, sarebbe in contraddizione con la sua missione. Non solo: sarebbe incoerente anche con se stessa perche' conservatrice sui temi etici e progressista (il Papa addirittura no-global!) sui temi sociali.
Non si puo' ingabbiare il pensiero della Chiesa.

mariateresa ha detto...

caro anonimo, non capisco proprio il tuo discorso. Se c'è un argomento che il Papa ha trattato spesso è il rifiuto del consumismo
e l'esaltaione della solidarietà.
Non mi riconosco in quello che dici.
Proprio non mi sembra che la Chiesa parli per fare felice questo o quello schieramento politico. Sono gli schieramenti politici che stanno come avvoltoi a raccogliere tutto quello che la Chiesa dice se gli fa comodo.
la politica in senso nobile, perchè un senso nobile ci sarebbe, è finita.
Allora i politici zombies usano gli argomenti degli altri.

gemma ha detto...

ci risiamo..."il Santo Padre dovrebbe stare attento e spiegarsi meglio...."
Si cominci a stare attenti a quel che dice, sempre, e non solo quando ne parlano politici e giornali. Quante volte ha parlato, inascoltato, di consumismo, solidarietà, spirito di sacrificio
Con tutta la melma che certi politici da sempre gli rovesciano addosso, mi pare molto ingeneroso pensare che scriva i suoi discorsi pensando a loro
Senza scomodare la macchina di grossa cilindrata e gli abiti firmati, non credo sia tanto agevole pagare l'affitto di una casa (o un mutuo), la retta del nido, le tasse scolastiche senza un lavoro dignitoso, stabile e affidabile. Non credo che il Papa alludesse al lavoro statale a tutti i costi ma ad un minimo di garanzie cristiane, quello si.
E come ci si forma una famiglia stabile se entrambe i coniugi sono costretti a spostarsi in città diverse?