26 maggio 2008
Card. Arinze: "Il dialogo con le religioni è parte della missione evangelizzatrice della Chiesa" (Osservatore)
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Una lezione del cardinale Francis Arinze all'università di Dallas
Il dialogo con le religioni è parte della missione evangelizzatrice della Chiesa
Il rapporto tra dialogo interreligioso ed evangelizzazione è stato il tema al centro della "Lezione sulla Teologia di Giovanni Paolo ii" tenuta all'università di Dallas dal cardinale Francis Arinze. Ne proponiamo ampi stralci.
di Francis Arinze
Prefetto della Congregazione per il Culto Divino
e la Disciplina dei Sacramenti
Nel mondo attuale i cristiani vivono, lavorano e interagiscono sempre più con persone di altre convinzioni religiose. I contatti interreligiosi sono ormai un dato di fatto più che una scelta. La Chiesa cattolica ha riflettuto in modo orante su questo fenomeno e ha elaborato direttive dinamiche ed efficaci per guidare i cattolici nei contatti e nella collaborazione con i seguaci di altre religioni, condividendo la Buona Novella di salvezza in Gesù Cristo con quanti liberamente la accolgono. (...) Il Figlio di Dio, nella pienezza dei tempi, per amore nostro e per la nostra salvezza, è disceso dai cieli. Gesù Cristo ha assunto natura umana, ha vissuto sulla terra e ha operato la nostra salvezza con la predicazione e i miracoli, in particolare con il mistero pasquale della sua passione, morte e resurrezione. Ha fondato la Chiesa, la propria Chiesa, per recare a tutta l'umanità i frutti della sua opera salvifica. "Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi" (Giovanni 20, 21) ha detto ai suoi apostoli. Proprio prima di ascendere al cielo ha dato ai suoi apostoli e, attraverso di loro a tutta la Chiesa, il suo più esplicito mandato missionario: "Ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Matteo 28, 18-20).
Evangelizzazione
Quindi, l'evangelizzazione comprende tutto ciò che il Signore Gesù ha esortato la sua Chiesa a fare per portare la Buona Novella di salvezza a ogni uomo e a ogni donna fino alla fine dei tempi. L'evangelizzazione è una realtà complessa, composta da alcuni elementi come la testimonianza silente di Cristo, l'annuncio e la catechesi, la conversione e il battesimo, la formazione di Chiese locali, iniziative volte a promuovere l'incarnazione del Vangelo nelle culture dei popoli, il dialogo interreligioso e l'impegno sociale cristiano per la promozione umana.
Il culmine dell'evangelizzazione è la proclamazione inequivocabile della salvezza in Gesù Cristo. Evidenziando questo, Papa Paolo vi ha dichiarato: "Non c'è vera evangelizzazione se il nome, l'insegnamento, la vita, le promesse, il Regno, il mistero di Gesù di Nazareth, Figlio di Dio, non siano proclamati. La storia della Chiesa, a partire dal discorso di Pietro la mattina di Pentecoste, si mescola e si confonde con la storia di questo annuncio" (Evangelii nuntiandi, n. 22).
La Chiesa cattolica promuove il dialogo
(...) A questo punto può essere utile una breve descrizione di quanto la Chiesa cattolica ha fatto nella promozione del dialogo interreligioso. La Lettera ai Romani si scaglia nuovamente contro quei Gentili che non sono riusciti a riconoscere Dio nella sua creazione e sono caduti nell'idolatria e nella depravazione (cfr Romani, 1, 18-32). Tuttavia, gli Atti degli Apostoli attestano l'atteggiamento positivo e aperto di san Paolo verso i Gentili sia nel suo discorso ai Licaoniani (cfr Atti degli Apostoli, 14, 8-18) sia nel discorso all'Areopago di Atene (cfr Atti degli apostoli, 17, 22-34). Alcuni scrittori della Chiesa primitiva come Giustino, Ireneo e Clemente di Alessandria, sia esplicitamente sia in un modo equivalente, parlano dei "semi" piantati dalla parola di Dio nelle nazioni. Ireneo ha distinto quattro "alleanze" date da Dio alla razza umana in Adamo, Noè, Mosè e Gesù Cristo. Nelle sue ultime opere sant'Agostino ha sottolineato la presenza universale e l'influenza del mistero di Cristo perfino prima dell'incarnazione (cfr Dialogo e Annuncio, n. 23-25).
Nel Medioevo, san Francesco d'Assisi istruì i suoi frati, che si stavano recando dal popolo musulmano, a incontrarlo in spirito fraterno ed egli stesso diede il buon esempio incontrando il Sultano di Damietta nel 1219.
I contatti interreligiosi non sono dunque nuovi nella storia ecclesiale, ma il Concilio Vaticano II (1962-1965) è stato il primo Concilio Generale nella storia della Chiesa a dedicare al dialogo interreligioso un intero documento: Nostra aetate. La dottrina che lo sottende appare anche nella Lumen gentium, in Ad gentes, nella Gaudium et spes. Nel 1990, celebrando il giubileo d'argento della Ad gentes, il servo di Dio, Papa Giovanni Paolo ii pubblicò la Lettera enciclica Redemptoris missio per sottolineare la necessità sempre attuale dell'evangelizzazione. In questo importante documento, paragrafi significativi, in particolare dal 55 al 57, sono dedicati al dialogo interreligioso. Altri importanti documenti della Santa Sede sul tema sono Dialogo e Missione del Segretariato per i non-cristiani del 1984, Dialogo e annuncio del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli del 1991, Dominus Iesus della Congregazione per la Dottrina della Fede del 2000 e Note dottrinali su alcuni aspetti dell'evangelizzazione della stessa Congregazione del 2007.
Il sunto della dottrina cattolica in questi documenti è che la Chiesa cattolica non rifiuta alcunché di quanto c'è di vero e santo in altre religioni perché questi elementi sono un riflesso di quella verità che illumina tutti gli uomini. Infatti, la Chiesa proclama e deve sempre proclamare Gesù Cristo come "la via, la verità e la vita" (Giovanni, 14, 6) in cui gli uomini trovano la pienezza della vita religiosa e in cui Dio ha riconciliato con sé tutte le cose (cfr 2 Corinzi, 5, 18-19). Quindi la Chiesa esorta i suoi figli e le sue figlie, con prudenza e amore e mediante il dialogo e la collaborazione con i seguaci di altre religioni e la testimonianza di fede e di vita cristiane, a riconoscere, preservare e promuovere i beni spirituali e morali presenti in queste persone e i valori della loro società e della loro cultura (cfr Nostra aetate, n. 2). La Chiesa cattolica ha seguito questo insegnamento dinamico mediante azioni positive e intense. Nel 1964, Papa Paolo vi fondò il Segretariato per i non-cristiani (rinominato poi, nel 1988, Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso) come un dicastero indipendente della Curia Romana, con una speciale Commissione per il Dialogo con i musulmani. In più di quaranta anni il Pontificio Consiglio ha instaurato contatti permanenti in tutto il mondo.
Due importanti raduni di rappresentanti di religioni diverse da quella cattolica sono stati promossi da Papa Giovanni Paolo ii ad Assisi nel 1986, durante l'Anno Internazionale per la Pace, per dimostrare che la religione è una dimensione importante nell'edificazione della pace, e nel 2002, dopo l'attentato dell'11 settembre dell'anno precedente, per dimostrare che la religione autentica promuove l'amore e non certo l'odio. Per alcune persone questi due eventi hanno significato che una religione vale l'altra, ma questa non era né l'intenzione del Papa né la conclusione di chiunque abbia seguito e compreso queste iniziative.
Nel settembre 2006, Papa Benedetto xvi ha tenuto un discorso a Ratisbona.
Una citazione fuori contesto ha suscitato indignazione in alcuni seguaci dell'islam e il Santo Padre ha colto l'occasione per compiere rassicuranti gesti di stima verso i musulmani, in particolare durante la sua visita a Istanbul nel novembre 2006.
Nell'ottobre 2007, 138 responsabili musulmani di molti Paesi hanno scritto al Papa e ad altri responsabili cristiani e chiesto un dialogo. Il Papa ha risposto positivamente e ora si stanno elaborando i dettagli della prima sessione di questo storico dialogo. È proprio vero che viviamo in tempi di elevato valore storico!
Idee errate sul dialogo tra le religioni
Questa esposizione sarà più chiara una volta elencate quelle che definisco idee sbagliate sul dialogo interreligioso. Poi cercheremo delle risposte da dare loro. Ci sono persone che parlano di pluralismo religioso, ma non di pluralità religiosa. Considerano il pluralismo religioso come una posizione de jure, sostenendo che una religione vale l'altra.
Non distinguono fra il fatto che esistono molte religioni, de facto una pluralità religiosa, e l'impossibilità di tutte queste religioni di essere uguali o di essere egualmente valide.
A volte sostengono che non sappiamo nulla di Dio, nemmeno mediante la rivelazione cristiana. Sostengono che ciò che è vero per un credente, per esempio un europeo dalla tipica mentalità "logica", può non essere vero per un altro, ad esempio un asiatico con la sua mentalità "simbolica".
Quindi affermano che la religione di ogni persona è vera, ma solo per quella persona. Questo è relativismo religioso. Inoltre dicono che la ragione è l'unica fonte di conoscenza. Non accettano tutte le implicazioni del mistero dell'Incarnazione perché riducono Cristo a solo una delle manifestazioni del Logos eterno. Non interpretano le Sacre Scritture in seno alla Tradizione e al Magistero della Chiesa.
Nel contatto autentico con i seguaci di altre religioni, alcune persone pensano che la testimonianza cristiana oggi debba consistere nella fedeltà ad alcuni valori morali - come solidarietà con i bisognosi, giustizia per gli oppressi e cibo e acqua potabile per i malati -. Alcuni possono al massimo ammettere una qualche forma di dialogo con altre persone, ma senza alcuna espressione pubblica della fede cattolica. Molto meno approverebbero la trasmissione esplicita di questa fede agli altri, anche quando questi ultimi ascoltano e accolgono liberamente il Vangelo. Questi obiettori considererebbero qualsiasi azione irrispettosa della coscienza di altre persone. Chi muove queste obiezioni ritiene che guidare l'intelligenza e la libertà di una persona, in tutta onestà, a incontrare Cristo e il suo Vangelo sia un abuso indebito.
Invece è uno sforzo legittimo e un servizio capace di rendere più fecondi i rapporti umani (cfr Nota dottrinale su alcuni aspetti dell'evangelizzazione, n. 5). La libertà religiosa e il rispetto per i diritti umani non sono slogan vuoti.
Passiamo ora ad alcune considerazioni sulla nostra fede cattolica in risposta a questi dubbi.
L'unicità di Gesù Cristo
Di fondamentale importanza per dissipare i dubbi summenzionati è il saldo fondamento della nostra fede nell'unicità di Gesù Cristo. È la Seconda Persona della Santissima Trinità che ha assunto natura umana per la nostra salvezza. "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Giovanni, 3, 16).
Gesù Cristo è la nostra via per il Padre. Egli è "la via, la verità e la vita" (Giovanni, 14, 6). "Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato" (Giovanni, 1, 18). In Gesù Cristo abbiamo ricevuto da Dio una rivelazione piena e definitiva, non solo un supplemento complementare ad altre rivelazioni o religioni. "La profonda verità, poi, con questa Rivelazione, manifesta su Dio e sulla salvezza degli uomini, risplende per noi in Cristo, il quale è insieme il mediatore e la pienezza di tutta intera la rivelazione". (Dei Verbum, n. 2).
I santi Pietro e Paolo hanno già proclamato l'unicità di Cristo Salvatore di fronte al temibile sinedrio: "In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati" (Atti degli apostoli, 4, 12). Gesù Cristo, dunque, non è solo un uomo santo, un profeta e un redentore. Egli è Dio e uomo. Egli è il Verbo Incarnato di Dio. Egli è l'unico e solo Redentore di ogni essere umano. Egli è colui che verrà e non attendiamo che lui. Non esiste e mai esisterà un altro come lui. Come hanno affermato i Padri del Concilio Vaticano II: "L'economia cristiana, dunque, in quanto è l'Alleanza nuova e definitiva, non passerà mai, e non è da aspettarsi alcun'altra Rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del signore nostro Gesù Cristo (cfr 1 Timoteo, 6, 14 e Tito, 2, 13)" (Dei Verbum, n. 4).
Nel messaggio dell'Angelus del 1° ottobre 2000, Papa Giovanni Paolo ii ha manifestato piena approvazione per la Dichiarazione Dominus Iesus, e ha aggiunto che la nostra confessione di Cristo quale unico Figlio di Dio, attraverso il quale vediamo il volto del Padre (cfr Giovanni, 14, 8) non è superbia che guarda dall'alto in basso le altre religioni, ma gioiosa gratitudine perché il Figlio di Dio si è manifestato a noi senza alcun merito da parte nostra. E Cristo, al contempo, ci ha incaricato di vivere e di condividere con gli altri ciò che abbiamo ricevuto, perché la verità che è rivelata e l'amore che è Dio appartengono a tutti gli uomini e a tutte le donne (cfr Messaggio dell'Angelus del 1° ottobre 2000, in L'Osservatore Romano 2-3 ottobre 2000, pp. 8-9).
Quest'ultimo pensiero ci introduce al dovere che la Chiesa ha ricevuto di evangelizzare.
Il dovere e il mandato di evangelizzare
Nella sua importante e incisiva Lettera enciclica, Redemptoris missio, Papa Giovanni Paolo ii insegna che in Gesù Cristo, la rivelazione definitiva della Parola di Dio, Dio si è reso manifesto nel modo più completo possibile. Basa il carattere missionario della Chiesa su questa verità. "Questa autorivelazione definitiva di Dio è il motivo per cui la Chiesa è per sua natura missionaria. Essa non può non proclamare il Vangelo, cioè la pienezza della verità che Dio ci ha fatto conoscere intorno a se stesso" (Redemptoris missio, n. 5). "La Chiesa durante il suo pellegrinaggio sulla terra è per sua natura missionaria, in quanto è dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo che essa, secondo il piano di Dio Padre, deriva la propria origine" (Ad gentes, n. 2). Come il Padre ha mandato il Figlio così Cristo ha inviato i suoi apostoli e ha promesso loro l'assistenza costante dello Spirito Santo (cfr Giovanni 20, 21-22). (...) Papa Paolo vi non ha esitato a dichiarare: "Evangelizzare, infatti, è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare, vale a dire per predicare ed insegnare, essere il canale del dono della grazia, riconciliare i peccatori con Dio, perpetuare il sacrificio del Cristo nella Santa Messa che è il memoriale della sua morte e della sua gloriosa resurrezione" (Evangelii nuntiandi, n. 14).
La missione è il primo servizio che la Chiesa può rendere a ogni individuo, a ogni popolo o al mondo. Il desiderio di condividere quanto abbiamo di più prezioso, la fede cattolica, con persone che liberamente desiderano riceverla, dovrebbe essere considerato normale in ognuno di noi cattolici. Senza dubbio, questo annuncio viene fatto nel pieno rispetto della libertà di coscienza di colui che ascolta la Buona Novella. Il Diritto Canonico stesso difende questa libertà: "Non è mai lecito ad alcuno indurre gli uomini con la costrizione ad abbracciare la fede cattolica contro la loro coscienza". (...)
La salvezza, la Chiesa e le altre religioni
La Chiesa nel disegno divino è il "sacramento universale di salvezza" (Lumen gentium, n. 48) e dal momento che è intimamente unita a Cristo, il suo Capo, ha un rapporto indispensabile con la salvezza di ogni persona.
Il Concilio Vaticano ii è inequivocabile: "Questa Chiesa peregrinante è necessaria alla salvezza. Solo il Cristo, infatti, presente in mezzo a noi nel suo corpo che è la Chiesa, è il mediatore e la via della salvezza; ora egli stesso, inculcando espressamente la necessità della fede e del battesimo (cfr Giovanni, 3, 5), ha nello stesso tempo confermato la necessità della Chiesa, nella quale gli uomini entrano per il battesimo come per una porta. Perciò non possono salvarsi quegli uomini i quali, pur non ignorando che la Chiesa cattolica è stata fondata da Dio per mezzo di Gesù Cristo come necessaria, non vorranno entrare in essa o in essa perseverare" (Lumen gentium, n. 14).
È dunque errato considerare la Chiesa come una via di salvezza accanto a quelle costituite dalle altre religioni, viste come complementari alla Chiesa o sostanzialmente equivalenti ad essa (cfr Dominus Iesus, n. 21).
D'altro canto, la volontà salvifica universale di Dio è anche un insegnamento della fede cattolica. Dio non "manca di rendersi presente in tanti modi non solo ai singoli individui, ma anche ai popoli mediante le loro ricchezze spirituali di cui le religioni sono precipua ed essenziale espressione pur contenendo "lacune, insufficienze ed errori"" (Redemptoris missio, n. 55).
È dunque necessario tenere insieme queste due verità, ed esattamente la reale possibilità di salvezza in Cristo per tutti gli uomini e per tutte le donne e la necessità di salvezza della Chiesa. La salvezza in Cristo perviene alle persone mediante una grazia che, pur avendo un rapporto misterioso con la Chiesa, non le introduce formalmente in essa (cfr Redemptoris missio, n. 10).
Dovremmo riflettere sul mistero dell'unità dell'umanità. Dio ha creato tutti gli uomini e le donne a sua immagine e ha chiamato tutti a un destino comune che è la pienezza di vita in Lui. Ha un disegno di salvezza per tutta l'umanità, che è incentrato in Cristo, il quale nella sua incarnazione si è unito in un certo qual modo a ogni persona (cfr Gaudium et spes, n. 22). Inoltre, lo Spirito Santo non è assente in alcuni elementi della vita religiosa di altri credenti. Quindi, possiamo affermare con Dialogo e Annuncio che "dal mistero di unità consegue che tutti gli uomini e tutte le donne che sono salvati condividono, sebbene in modo diverso, lo stesso mistero di salvezza in Gesù Cristo attraverso il suo Spirito. I cristiani lo sanno mediante la fede, mentre altri restano inconsapevoli del fatto che Gesù Cristo è la fonte della loro salvezza. Il mistero di salvezza li raggiunge, in modo conosciuto a Dio, mediante l'azione invisibile dello Spirito di Cristo. In concreto, sarà praticando sinceramente ciò che c'è di buono nelle loro tradizioni religiose e seguendo i dettami della loro coscienza che i membri di altre religioni risponderanno positivamente all'invito di Dio e riceveranno la salvezza in Gesù Cristo, anche se non riconosceranno o ammetteranno come loro Salvatore (cfr Ad gentes, 3, 9, 11" (n. 29).
Dialogo interreligioso ed evangelizzazione
Non tutto è chiaro, ma è abbastanza per incoraggiarci e dissuadere noi, cristiani o no, sia dalla presunzione sia dalla disperazione. I teologi sono incoraggiati a studiare la materia.
La dichiarazione Dominus Iesus è molto positiva: "La teologia oggi, meditando sulla presenza di altre esperienze religiose e sul loro significato nel piano salvifico di Dio, è invitata a esplorare se e come anche figure ed elementi positivi di altre religioni rientrino nel piano divino di salvezza" (n. 14).
In tale riflessione, si potrebbero prendere in considerazione elementi quali il significato e i modelli di appartenenza alla Chiesa, il modo in cui tutta l'umanità è disposta, in un certo senso, verso la Chiesa, l'obbedienza alla retta coscienza, l'obbligo di fare il bene e di evitare il male e la coerenza fra credo e vita. (...) Il dialogo interreligioso è parte della missione evangelizzatrice della Chiesa. È uno degli elementi del mandato missionario dato da Cristo alla sua Chiesa. Di fatto non è il più importante perché è l'annuncio a essere prioritario. Ciononostante, il dialogo è un elemento importante e a volte è possibile laddove l'annuncio non lo è ancora.
Il dialogo non è contrario all'annuncio e non è un suo sostituto. Giunge un momento in cui il discepolo è tenuto ad affermare con i santi Pietro e Paolo: "Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato" (Atti degli Apostoli, 4, 20). (...) Preghiamo affinché la beata Vergine Maria, Madre di Gesù, il Salvatore dell'umanità, interceda per noi e ottenga la grazia di rispondere con chiarezza dottrinale, apertura di cuore e dinamismo di azione cristiana.
(©L'Osservatore Romano - 25 maggio 2008)
Bellissimo! Spazza via tanti "buonismi" inutili sul concetto di dialogo fra religioni.
Il cardinale Arinze si pone in perfetta linea con il Magistero di Benedetto XVI e dei suoi predecessori.
Lo ringraziamo per la sua lealta' e chiarezza, qualita' cosi' rare di questi tempi, anche nella Chiesa.
Grazie anche per avere spiegato cosi' bene il senso della Dominus Iesus, spesso oggetto di critiche anche da parte ecclesiastica.
R.
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