25 maggio 2008
Lo zero per mille a Curzio Maltese (Doninelli)
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Lo zero per mille a Curzio Maltese
di Luca Doninelli
Il titolo è magnifico: dopo la casta, la questua. Che non è soltanto, dunque, una raccolta di denaro, ma è anche una casta. La casta di chi - quod licet Iovi non licet bovi - può contare sugli introiti di una questua che non ha uguali al mondo. Si parla, va da sé, della Chiesa Cattolica.
Uscito per i tipi di Feltrinelli, La questua di Curzio Maltese (pagg. 172, euro 14) raccoglie e amplia un lungo servizio a puntate apparso su La Repubblica sul tema «Quanto costa la Chiesa agli italiani».
Un tema che è un classico senza tempo dell’anticlericalismo (anche se Maltese, con modestia, declina il complimento) e che riporta la nostra coscienza storica alle grandi battaglie rivoluzionarie che condussero, a cavallo tra XVIII e XIX secolo, alla confisca di gran parte dei beni ecclesiastici, alla chiusura di conventi e monasteri e, non di rado, all’incarcerazione dei religiosi non ottemperanti.
La questione, in altre parole, non è marginale bensì di fondo: non un particolare, sia pure importante, del problema, bensì il centro stesso del problema.
Ogni volta che una cultura avversa ha fatto i conti in tasca alla Chiesa il suo obiettivo non era quello di richiamare la Chiesa ai suoi compiti spirituali e al valore della povertà, ma quello - magari usando la solita contrapposizione pelosa tra «Chiesa dei potenti» e «Chiesa dei poveri» - di cancellare la Chiesa dalla faccia della terra.
Circa lo stile di questo libro, tutto se ne può dire meno che sia obiettivo o compassato. Maltese presenta molti numeri e diverse tabelle, tutte cose nelle quali non ho grande pratica, ma di cui so che, con un po’ di accortezza, si può far dire loro quello che si vuole, come dimostra il servizio apparso venerdì scorso in merito sul quotidiano Avvenire: non nel senso che siano cifre false (almeno speriamo), ma nel senso che molte delle voci riportate sono soggette a discussioni che sono più politiche che statistiche.
Dall’otto per mille all’esenzione da alcune tasse fino al finanziamento delle scuole cattoliche, sono indubbiamente molte le voci sul registro delle entrate ecclesiastiche da parte dello Stato. Resta però da discutere se davvero si tratti di regalìe indebite. Non sono i numeri a stabilirlo.
La discussione sul principio di sussidiarietà è oggi una delle più importanti tra quelle che riguardano la cultura di questo Paese e, specificamente, la natura e il destino del welfare state: non trovo perciò nulla di scandaloso se esiste qualcuno che ritiene, per esempio, la libertà di educazione una garanzia che lo Stato deve offrire ai cittadini. È opinione di molti che, se il regime scolastico italiano venisse equiparato a quello delle scuole private, e gli istituti scolastici fossero trasformati, come è accaduto in Inghilterra con Tony Blair, in altrettante fondazioni, coinvolgendo tutti i soggetti (quelli laici, intendo) presenti sul territorio, non soltanto migliorerebbe la qualità dell’insegnamento, ma lo Stato abbatterebbe costi oggi a dir poco spaventosi.
Ma le cifre - confortate anche dai calcoli del «grande matematico» Piergiorgio Odifreddi (come fa Curzio Maltese a sapere che Odifreddi è un grande matematico?, è un matematico pure lui o parla solo per sentito dire?) - parlano un’altra lingua...
Tuttavia il problema di fondo non riguarda i soldi, lo sappiamo bene. Riguarda invece un nodo culturale che sembra non voglia essere sciolto. Maltese è persuaso che l’asse portante della cultura italiana sia il dialogo tra laici e cattolici. Qui sta il vero guaio: che c’è chi vuole tener fermo il Paese a questo problema: da Porta Pia alle Guarentigie, dal Non Expedit al Concordato, da Don Camillo a Peppone, per qualcuno l’Italia dovrà restare sempre ferma a questa contrapposizione (detta «dialogo») di blocchi, di identità forti.
Maltese non usa toni molto dialoganti. Qualche esempio. Enormità: «Un cattolico (...) può offendere qualcuno perché è ebreo, o musulmano, o omosessuale...» (ahimè, esentasse anche in confessionale?). Veteromarxismo: «Le gerarchie cattoliche usano temi etici per mascherare importanti interessi economici» (manco «lotta comunista»). Similitudini: «Siamo la nazione che spende meno in Occidente per la ricerca e più d’ogni altra per finanziare la Chiesa, (ergo, ndr) esportiamo cervelli e importiamo santi e maghi». Eccetera.
Su una cosa sono invece d’accordo con Maltese: se vescovi e cardinali parlassero meno ed evitassero questo eccesso di esposizione mediatica anche su questioni non di primissima importanza, non sarebbe una cattiva idea.
Un certo laicismo, politicamente debole ma culturalmente forte, intende attaccare la Chiesa al cuore, ed è perciò il cuore che va difeso: e il cuore non è una questione etica (non sarei cristiano, se così fosse), ma la notizia che il Verbo si è fatto carne, che cambia tutta la vita dell’uomo.
Nel testo introduttivo, Ezio Mauro ci presenta una sua versione molto numerica dell’idea di democrazia, che ricorda la definizione che ne diede Borges: una curiosa applicazione della statistica. E mette in guardia contro il pericolo costituito dalla pretesa della Chiesa nei confronti di una democrazia che «non contempla l’Assoluto». Anche qui, la discussione è aperta. Tocqueville, che sul tema della democrazia non è l’ultimo arrivato, ricorda che le premesse antropologiche della democrazia non sono contenute nel sistema democratico, bensì nei valori ai quali la persona umana è educata «prima» della democrazia.
Ma, chiuso il libro, resta l’impressione che l’accenno al dialogo laici-cattolici, per quel che vale, sia più che altro una boutade. Libri come questo non puntano a nessun dialogo, ma - poco o tanto - all’attuazione di un disegno antico.
© Copyright Il Giornale, 25 maggio 2008 consultabile anche qui.
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3 commenti:
Sono d'accordo sul fatto che limitare le esposizioni mediatiche inutili del clero non possa che essere un bene. Anche perché il tipo di anticlericalismo che questo genere di libri esprime è tipico di un pensiero che non ha più argomenti e non ha più nulla da dire.
Siamo alle solite, per i vetero-anticlericali va bene solo la Chiesa delle catacombe, se la Chiesa svolge uno dei compiti per i quali è nata, cioè la predicazione, va distrutta. E allora dài con i sermoni laicisti, i pamphlets, lo scandalismo da quattro soldi...Uffa!
LETTERA APERTA
E SE LA CHIESA FOSSE DIVERSA DA COME VIENE DIPINTA, SPECIE IN ITALIA, DA TALUNI: UNA STRUTTURA DI POTERE “OSSESSIONATA” DALLA POLITICA E DAL DENARO?
“Il vero oscurantismo è mettere in circolazione ciò che è falso” (J.W.Goethe)
Sono un giornalista ed avendo conosciuto, per motivi professionali, quanto siano grandi e capillari l’impegno e il servizio della Chiesa cattolica anche in campo sociale, mi sono stancato di ricevere, da un po’ di tempo, da Internet e da importanti organi di stampa (tra cui “Repubblica”), un’informazione sulla Chiesa, confusa, parziale, strumentale. Scrivo dunque per amore della verità e per reagire ad una marea montante di disinformazione, impregnata di pregiudizi, di laicismo e anticlericalismo, di ostilità e livore ideologico.
La Chiesa cattolica, italiana ed universale, non è assimilabile alla “casta” dei politici. La sua presenza, in Italia e nel mondo, non può esser valutata solo in termini di costi e la sua voce non può esser accusata, solo e sempre, d’interferire e di attentare alla libertà e alla laicità dello Stato. Innanzitutto perché la Chiesa è fatta dai vertici in abito talare e da un’immensa base, costituita, nel mondo, da 1 miliardo e 300 mila persone, tutti legittimati, in quanto cittadini, a dire la loro (e in uno Stato laico, spetta comunque alla politica, nella sua autonomia, tener conto o meno di tali contributi per decidere quindi nell’interesse più generale). Poi perché, la Chiesa, è una realtà complessa, diffusa in ogni angolo del pianeta, strutturata sì in maniera gerarchica, ma aperta alle più diverse esperienze ed organizzata in una miriade di comunità, movimenti ed associazioni, che operano, autonomamente, nei più vari ambiti della società civile.
Ovunque ed anche nel nostro paese, la Chiesa dà molto di più di quanto riceva dallo Stato. E’ sul territorio (in Italia con 25 mila parrocchie e 6 mila oratori o patronati e con circa 300 tra ospedali, case di cura e ambulatori, un lebbrosario, 1.800 case per anziani e disabili, 1.100 tra orfanotrofi e asili nido, oltre 500 consultori familiari e altre 2.700 strutture socio-sanitarie, con svariate migliaia di scuole, cooperative, centri sportivi, per l’impiego e la formazione professionale, mense per i poveri, comunità terapeutiche e di recupero, ostelli, strutture d’accoglienza e assistenza, associazioni di lavoratori). E’ vicina ai problemi della gente. Fa un lavoro di supplenza dello Stato nel sociale.
La Chiesa, insomma, è una risorsa e, in Italia, restituisce in servizi buona parte di quanto ottiene con l’8 per mille o grazie alle convenzioni in ambito scolastico e sanitario.
Ciò detto, alcune precisazioni e notizie.
L’IMPEGNO NELL’EVANGELIZZAZIONE E NEL SOCIALE
Nella Chiesa cattolica opera direttamente un “esercito” di 4 milioni e mezzo di persone tra vescovi (4900), preti e missionari (410 mila), diaconi, catechisti, religiosi e religiose (oltre 3 milioni e 800 mila), missionari laici (216 mila), impegnati nell’evangelizzazione, ma anche nella difesa dei diritti umani, nella carità e nell'aiuto al prossimo e nello sviluppo delle realtà locali.
Di fatto la Chiesa cattolica è, con quasi 116 mila strutture di assistenza, la più grande organizzazione impegnata in ambito sociale e sanitario e la sua presenza è fondamentale in particolare nel sud del mondo: Asia, Africa, America latina. A livello mondiale la Chiesa gestiva, al 31 dicembre 2006 (dati dell’Annuario Statistico, sconosciuti ai più ed ignorati dai media): 5.244 ospedali, 17.600 ambulatori, 528 lebbrosari, 15.375 case per invalidi, disabili, anziani e malati cronici, 9.308 orfanotrofi, 11.034 asili nido, 13.354 consultori familiari e 43.450 altri centri di aiuto e rieducazione sociale. Nel campo dell’istruzione, la Chiesa gestiva (dati 2006) 64.410 scuole materne, 90.152 elementari, 39.370 secondarie e diverse migliaia di istituti superiori ed università.
OTTO PER MILLE
L’8 per mille è una porzione delle tasse che i cittadini versano allo Stato e che lo Stato mette a disposizione dei cittadini chiedendo loro a chi debba esser ridistribuito. In tale sistema (primo caso di democrazia diretta applicata al fisco) non c’è nessun automatismo; la Chiesa cattolica italiana non ha minimi garantiti ma dipende solo dalla volontà degli italiani, che sino ad oggi firmano a suo favore, peraltro in percentuale sempre maggiore: il 76,2% delle scelte espresse nel ‘90, l’89,8% nel 2004. Chi, sull’8 per mille, si astiene, si rimette alla volontà della maggioranza che sceglie, e la sua “non scelta” determina poi l’assegnazione, in maniera proporzionale, della percentuale mancante. Come in caso di elezioni politiche, quando in Parlamento tutti i seggi vengono assegnati a prescindere dagli astenuti.
L’8 per mille non va al Vaticano (uno Stato estero), ma alla Cei, la Conferenza episcopale, che rappresenta la Chiesa italiana. Nel 2007 il ricavato di 991 milioni di euro è stato così ridistribuito: 433 milioni per esigenze di culto; 205 milioni per interventi caritativi in Italia e nei paesi del sud del mondo; 354 milioni per il sostentamento del clero (38 mila sacerdoti e religiosi, cui va uno stipendio mensile, al netto di tasse statali e contributi, da 800 euro ad un massimo di 1.300, per un vescovo alla soglia della pensione). Il nuovo Concordato, siglato nell’84, sostituisce in pratica la congrua, che veniva sino ad allora assicurata per i servizi sociali resi dalle strutture della Chiesa ed anche a parziale risarcimento dei beni ecclesiastici “incamerati” dallo Stato nell’800, con l’unità d’Italia e la fine del potere temporale.
TASSE E ICI
Attività commerciali (librerie, ristoranti, hotel, negozi…) gestite da organismi religiosi pagano l’Ici. Sono esenti le strutture gestite dalla Chiesa che siano enti non commerciali e vengano destinate esclusivamente allo svolgimento di attività di rilevante valore sociale. Della stessa esenzione godono – giova ricordarlo - partiti politici, Ong, associazioni, fondazioni, comitati, onlus, organizzazioni di volontariato e no profit, associazioni sportive dilettantistiche, circoli culturali ed enti di qualsiasi altra confessione religiosa.
Parrocchie, istituti religiosi, seminari, diocesi che svolgono attività commerciali, rispettano gli adempimenti tributari e versano ogni tipo d’imposta dovuta (una piccola cappella posta all’interno di un albergo non consente l’esenzione).
FINANZIAMENTI ALLE SCUOLE PARITARIE PRIVATE
Due premesse; la libertà di scelta educativa è un valore costituzionale; dal punto di vista giuridico, le scuole parificate sono da considerarsi scuole pubbliche.
Nell'esercizio finanziario 2006, gli stanziamenti a favore delle scuole paritarie (non statali, in gran parte cattoliche) furono pari a 566 milioni 810 mila 844 euro. Se improvvisamente il milione e passa di studenti delle scuole parificate smettesse di frequentare tali istituti per scegliere la scuola pubblica, lo Stato dovrebbe spendere oltre 6 miliardi di euro. E questo, in considerazione del fatto che attualmente un singolo alunno "statale" costa, annualmente, alla Repubblica italiana dai 6.116 euro (scuola infanzia) agli 8.108 euro (secondaria II grado). Per lo Stato è dunque conveniente finanziare la scuola paritaria.
INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE
Gli insegnanti di religione sono laici nell'85% dei casi (il 57% donne), molti con moglie e figli, quindi destinatari di risorse (stipendi) che non vanno alla Chiesa italiana, ai vescovi o peggio – come qualcuno ha scritto - al Vaticano, ma alle famiglie stesse.
Insegnamento della religione cattolica: nell’anno scolastico 2006/07 gli studenti che si sono avvalsi dell’insegnamento dell’ora di religione sono stati il 91,2% (94,6% nelle primarie, 84,6% nelle secondarie).
CONFUSIONE
Vaticano e Santa Sede sono una cosa, Chiesa cattolica italiana e Cei un’altra. Il Vaticano è il più piccolo Stato del mondo, residenza del Papa, sede della curia romana, di biblioteche archivi, musei (visitati ogni anno da 4 milioni e mezzo di persone), giardini, palazzi apostolici e basilica, la plancia di comando dalla quale Papa e curia “governano” la Chiesa cattolica nel mondo. La Cei è la Conferenza episcopale italiana che guida la Chiesa nel nostro paese.
Sin qui la realtà di cifre e fatti.
Poi, naturalmente, si può discutere se sia condivisibile - come io credo - il diritto delle gerarchie e delle associazioni ecclesiali di intervenire, in Italia e altrove, sui temi di natura sociale, etica o politica o sui singoli provvedimenti legislativi (“ingerenza” peraltro, che viene criticata o al contrario accettata e strumentalizzata, a seconda che essa riguardi temi cari o meno alla propria parte o alla propria visione del mondo). Si può disquisire se la Chiesa sia davvero un “centro di potere”, preoccupata solo “di far politica e…denaro” (i dati invece confermano che è innanzitutto struttura di servizio). E’ legittimo indagare sui reali o presunti legami di taluni esponenti delle gerarchie del Vaticano e della Cei con il mondo degli affari. Ci si può chiedere se la Chiesa cattolica possa fare, più di quanto già non faccia, direttamente o attraverso fondazioni e comitati vari, anche in termini finanziari, per la riduzione della miseria. Si può auspicare che la Chiesa di vertice sia meno dogmatica, che invochi meno il codice di diritto canonico e sia più aperta, ad esempio, in materia di morale sessuale. Si può e si deve parlare di colpe ed errori, ancor più gravi se commessi da dei religiosi. Si deve ascoltare un cardinale della levatura di Martini quando denuncia che nella Chiesa (nelle gerarchie) vi sono invidia, vanità, calunnie ed altri “vizi capitali”.
Senza però mai generalizzare, senza confusioni, evitando posizioni preconcette, cercando informazioni corrette, dando conto, ogni tanto, anche dei benefici e dei servizi resi e soprattutto distinguendo i diversi aspetti di una realtà, quella della Chiesa, che unisce dimensione pubblica e privata, che “resiste” – nonostante una storia fatta, com’è nella realtà delle vicende umane, di luci ed ombre – e che si sviluppa da duemila anni e che in ogni angolo della terra testimonia la bontà e l’attualità del Vangelo, predicando e praticando la giustizia, la solidarietà, la condivisione, l’attenzione ai più poveri e deboli, facendo proprio il messaggio d’amore insito nella “rivoluzione” cristiana.
Gianpietro Olivetto
(Rai, Gr Parlamento)
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