25 maggio 2008

Vian: «Il mio editore è il Papa». Intervista in preparazione del viaggio del Papa a Cagliari


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«Il mio editore è il Papa»

Il 7 settembre sarà a Cagliari Benedetto XVI. Ieri è arrivato in città per incontrare i giornalisti cattolici della Sardegna Giovanni Maria Vian, direttore dell'Osservatore romano, il quotidiano del Papa.

DI GIANCARLO GHIRRA

Gli occhi chiari, lo sguardo sorridente, gran chiacchierone, Giovanni Maria Vian si presenta ben diverso da come ti aspetteresti il direttore del giornale del Papa. Né serioso né cerimonioso, ama parlare semplice e chiaro.

Non sente il peso di dirigere L'Osservatore romano , avendo come editore e azionista unico un Papa austero come Benedetto XVI?

«Purtroppo gira l'immagine caricaturale del Pastore tedesco, del Rotweiler di Dio, ma in realtà il Papa è un uomo carico di umanità, come ha dimostrato nel suo viaggio negli Usa».

Come editore sarà piuttosto esigente, lui ma anche il suo braccio destro, il cardinale Tarcisio Bertone. Il segretario di Stato è per lei un vero e proprio amministratore delegato, no?

«Io mi sento molto più libero di quanto non pensassi. Certo, quando i miei colleghi americani mi chiedono se penso mai di criticare il Papa sull'Osservatore romano, rispondo che non mi sembra un'ipotesi praticabile. Potrei farlo, ma in pochi giorni penso sarei rispedito alla Sapienza, a insegnare Filologia patristica. Comunque, non mi è mai passato per la testa nei sei mesi di direzione del giornale, e mi sembrerebbe balzano un atteggiamento del genere: sarebbe come leggere sulla Stampa un editoriale di critica alla Fiat».

In realtà lei ama questo Papa, e anche i suoi predecessori. D'altronde Paolo VI l'ha battezzata in San Pietro nel 1952 quando era ancora Giovanni Battista Montini e suo nonno è stato sposato nel 1903 dal cardinale Sarto prima del conclave che lo scelse Papa Pio X. Frequentare i Sacri Palazzi è un po' nel suo Dna..

«Ma il giornale, con i suo cento dipendenti fra giornalisti, archivisti, segretarie e le sue sette edizioni nelle lingue più importanti, si fa nella zona industriale della Città del Vaticano, non nei Sacri Palazzi. E, ripeto, il Papa mi ha comunicato le sue scelte editoriali, ma poi mi lascia libero nell'attività quotidiana».

Sicuramente ha fiducia in lei. Essendo la sua una monarchia assoluta...

«È molto meno assoluta di quanto non si creda...».

Ma lei non ha un mandato come tutti i direttori del mondo?

«Se è per questo, ne ho almeno tre. Prima di tutto Benedetto XVI ha chiesto che l'Osservatore romano sia sempre meno italocentrico e sempre più aperto alla dimensione internazionale e culturale».

Rispetto al suo predecessore Mario Agnes, molto interventista sulla politica italiana, la svolta dell'Osservatore è netta. Il suo mandato è meno cortile di casa, sguardo più attento al mondo?

«Esattamente, senza dimenticare che il Papa è vescovo di Roma. Benedetto XVI ci ha chiesto poi grande attenzione alle Chiese orientali, non solo cattoliche, e spazio alle donne».

Con lei una giornalista è entrata nella redazione nello scorso ottobre, prima assunta all'Osservatore. E sul giornale appaiono firme come quella di Anna Foa, docente di storia, ebrea, figlia di Vittorio Foa. Le svolte si vedono, anche se mancano ancora commentatori islamici. Arriveranno?

«Papa Benedetto ci chiede di dialogare con l'Islam, anche se con la sua mite fermezza ha compiuto gesti, come il battesimo di Magdi Cristiano Allam, che vogliono ribadire la libertà religiosa. È un Papa straordinario, molto umano: negli Usa ha stupito tutti, anche me, per il modo in cui ha preso posizione sui preti pedofili. Ha messo le mani avanti, ha espresso la sua condanna e la sua vergogna per quei preti, mica si è nascosto».

Qui a Cagliari, nel convegno organizzato dall'Unione cattolica della stampa guidata da Paolo Matta, lei ha chiesto più responsabilità nella formazione delle coscienze che protagonismo. Che significa questo, nel concreto di una professione devastata dal precariato? In questo contesto è possibile reagire ai grandi potentati economici e politici che detengono i mezzi di informazione mantenendo la schiena dritta, come Giovanni Paolo II diceva ai giornalisti cattolici e non?

«È doveroso che i giornalisti tutelino la libertà di informare per garantire la correttezza delle notizie. Occorre ovviamente guardare con realismo alle realtà in cui operiamo. Noi, anche come Osservatore romano, diamo voce a popoli del Terzo Mondo (penso al Kenya e alla Somalia) tagliati fuori dalle grandi agenzie di stampa. Ai giornalisti suggerisco di non rinunciare mai allo spirito critico, alla libertà, puntando a un giornalismo di idee, non a un protagonismo superficiale».

Facile dirlo per chi dirige L'Osservatore romano, 147 anni in edicola nel nome del Papa anche se da sempre diretto da laici. E ora sostenuto anche da una redazione sempre più professionale, con un vice, Carlo Di Cicco, che viene dall'Agenzia Asca. Ma per gli altri non è mica così semplice fare giornalismo di idee?

«Le difficoltà ci sono, ma non mi piace vedere il bicchiere mezzo vuoto. Certo, l'informazione televisiva superficiale, l'ossessione della cronaca nera nei talk show non mi sembrano il massimo. Mi piace di più il giornalismo di approfondimento».

Lei tornerà a Cagliari il 7 settembre, insieme a Benedetto XVI. Curioso che un pontefice così parco nei suoi movimenti torni in Sardegna, dove già sono stati Paolo VI e Giovanni Paolo II. Come spiega questa scelta?

«Probabilmente con il grande fascino esercitato dalla fede dei sardi nella storia, perché davvero i viaggi del Papa sono stati sin qui limitati a luoghi non raggiunti dai suoi predecessori, e Cagliari fa eccezione».

Ha ragione l'arcivescovo emerito Piergiuliano Tiddia a chiedere maggiore attenzione ai contenuti della visita papale che non alle inevitabili curiosità su cibi e doni?

«Verranno fuori anche i contenuti, e poi Papa Ratzinger a tavola è piuttosto parco: pasteggia con aranciata. Ama i dolci, questo sì. Ma vedrete, saprà sorprendervi nei suoi interventi. E rilancerà i temi del Concilio».

© Copyright L'Unione Sarda, 25 maggio 2008

Bellissime le risposte del direttore Vian.
Francamente "scontate" le domande del giornalisti. Ci si augura che le cose migliorino prima di settembre...

R.

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