23 luglio 2008

Card. Scola: "La famiglia italiana non è in crisi ma va difesa con politiche adeguate" (Osservatore Romano)


Vedi anche:

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Il discorso del patriarca di Venezia per la festa del Redentore

La famiglia italiana non è in crisi ma va difesa con politiche adeguate

La famiglia italiana non è affatto in crisi come la vorrebbero molti stereotipi. Al contrario è un essenziale fattore di progresso. Lo dimostrano anche le ricerche statistiche. Al tema della famiglia, elemento insostituibile della società, è stata dedicata quest'anno la festa veneziana del Redentore. Il patriarca di Venezia, cardinale Angelo Scola, nel suo discorso per la festività, ha condotto un'analisi della realtà famigliare italiana, partendo proprio dai dati statistici oltre che dai presupposti antropologici e culturali. Per dimostrare la centralità della famiglia autentica, esperienze comune a tutte le diverse forme di civiltà.
Occorre innanzitutto, ha affermato il cardinale, eliminare il luogo comune di una diffusa secolarizzazione in Italia: "È vero - ha spiegato - che sono sempre più numerose le coppie che scelgono di formare una famiglia al di fuori del vincolo del matrimonio. Tuttavia in Italia tale fenomeno non solo è ancora abbastanza esiguo ma rappresenta assai spesso un passaggio verso il matrimonio, più che un'alternativa allo stesso. Da noi il tasso di divorzio è tra i più bassi d'Europa. Pur mutando il proprio ruolo sociale, la donna italiana di oggi, che lavora di più fuori casa, dichiara che matrimonio e maternità sono al primo posto fra le sue aspirazioni".
La famiglia, comunque, può e deve essere definita in maniera univoca: partendo dalla constatazione fatta dall'antropologo Lévi-Strauss, per il quale "la famiglia è un fenomeno universale, presente in ogni e qualunque tipo di società", il cardinale ha illustrato come tale affermazione vada interpretata nel senso di riconoscere un "universale sociale e culturale", quello della famiglia, nel quale "il dato costitutivo è la sua natura intrinsecamente relazionale", una specifica forma di "società primaria", istituita "per dare forma sociale alla differenza dei sessi in quanto generatrice di vita".
È questo legame relazionale che fonda l'identità della persona umana. Ed è la mancanza di tale legame, o il suo venir meno, a causare sofferenza, per esempio, nei figli adottati o in quelli di genitori separati. La famiglia inoltre, ha spiegato il patriarca di Venezia, è il luogo educativo essenziale, dove "si trasmette, quasi per osmosi, l'esperienza morale elementare", dove si è riconosciuti come persona attraverso la "scansione riconoscimento-promessa-compito". Analizzati gli aspetti antropologici, sociali e culturali della famiglia, il cardinale Scola ha successivamente toccato altri punti, nel suo discorso di cui pubblichiamo l'ultima parte
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di Angelo Scola
cardinale, patriarca di Venezia

La famiglia non è semplicemente un attore importante sul "mercato". Essa, infatti, è il luogo normale della soddisfazione dei bisogni elementari dei suoi membri, anche attraverso il godimento dei beni e dei servizi che vi vengono autoprodotti. Spesso è il lavoro femminile che sostiene direttamente o indirettamente la produzione di beni veri e propri che, pur non transitando per il mercato, sono consumati e contribuiscono al benessere. Le misure economiche standard del benessere sono però costruite in modo da ignorare sistematicamente il contributo delle famiglie - e segnatamente delle donne: il lavoro non pagato non entra nel calcolo del reddito nazionale, pur contribuendo al benessere.
Ci sono alcuni aspetti della "produzione" della famiglia che non sono facilmente rimpiazzabili dal "mercato" (a differenza di una torta casalinga o della stiratura delle camicie) e che meritano particolare attenzione.
Ci riferiamo ancora una volta alla famiglia come luogo della produzione di "cura": dei piccoli, degli anziani... Il ruolo economico della famiglia, dunque, deve essere adeguatamente compreso e valorizzato in qualunque riflessione sulla sostenibilità dei sistemi di welfare (...) Innumerevoli studi, relativi ai più diversi contesti mondiali, indicano che l'appartenenza alla rete familiare rappresenta un fattore cruciale di sviluppo economico e imprenditoriale, di elevata performance nel sistema educativo, di riduzione della partecipazione a reti criminali e così via (...) Questi dati indicano con chiarezza che nessuna politica per il rilancio dello sviluppo economico può essere ragionevolmente pensata senza attenzione al ruolo economico della famiglia.

L'urgenza di politiche sociali

L'indebolimento della famiglia trascina con sé quello della intera comunità e rende vano ogni tentativo di rafforzare la coesione sociale. Ecco perché è urgente che lo Stato e le istituzioni pubbliche (sia centrali sia locali) comprendano quali sono le strategie più opportune per tutelare e promuovere la famiglia. Chi proclama di avere il massimo interesse per il benessere della società, ma non propone interventi autenticamente tesi a rafforzare la famiglia, si illude di compiere scelte neutrali nei confronti della famiglia. In realtà ogni azione che non passi attraverso di essa, la indebolisce ed erode il benessere sociale alle fondamenta. Un'autentica politica familiare non va confusa con una generica politica di lotta alla povertà, o tesa a contrastare il calo demografico, o finalizzata ai minori o al lavoro. Deve essere un insieme interconnesso d'interventi, in cui la coerenza è garantita dal fatto che l'obiettivo finale è il potenziamento delle relazioni familiari tra i sessi e le generazioni.
È opportuno fermare l'attenzione su due aspetti che oggi costituiscono un nodo cruciale delle politiche familiari. La possibilità che le famiglie si organizzino autonomamente per rispondere ai propri bisogni, nell'ottica di una piena sussidiarietà, dipende sostanzialmente dal fatto che dispongano in misura adeguata sia di risorse economiche che di tempo. Dal punto di vista delle politiche sociali, questo significa occuparsi di due temi cruciali: l'equità fiscale e la conciliazione tra famiglia e lavoro.

Un fisco a misura di famiglia

Il nucleo centrale di tali interventi, in assenza del quale l'intero castello non può sostenersi, è l'attuazione di "un fisco a misura di famiglia" - già attuato in buona parte dei Paesi europei -, unico in grado di garantire un'autentica equità fiscale, riconoscendo il ruolo insostituibile della famiglia quale luogo in cui avviene il ricambio generazionale. È noto che, fino a oggi, le politiche fiscali del nostro Paese (al di fuori dei nostri confini la situazione è sensibilmente diversa) non solo non riconoscono, ma penalizzano in modo notevole le famiglie con figli ("più figli hai peggio stai"). Chi si oppone all'attuazione di un fisco a misura di famiglia, spesso considera tali interventi antitetici alle politiche di contrasto alla povertà. A questo proposito occorre rimuovere alla radice il pregiudizio secondo il quale politiche fiscali chiaramente orientate alla famiglia penalizzerebbero le classi povere a vantaggio di quelle medie. In realtà, una buona politica familiare costituisce una misura estremamente efficace nella prevenzione della povertà, facendo contribuire ciascuno secondo le reali disponibilità economiche, ma lasciando alle persone e alle famiglie risorse sufficienti per rispondere in modo libero e responsabile ai propri bisogni.
Come distinguere tra misure fiscali che aiutano realmente la famiglia e misure che, dietro questa apparente intenzione, nascondono l'effetto di penalizzarla? Il criterio discriminante è la considerazione di chi sia il contribuente e quindi il beneficiario dell'eventuale agevolazione: se è l'individuo, qualsiasi provvedimento non avrà un carattere familiare. Ovviamente non è mio compito declinare tecnicamente questo importante criterio di valore.

Le politiche di conciliazione famiglia-lavoro

Su un fronte diverso da quello prettamente fiscale, si collocano poi le politiche di conciliazione famiglia-lavoro. Relativamente a esse, occorre in prima battuta evidenziare come l'attuale assetto dei sistemi di welfare europei da una parte si sia consolidato attraverso l'introduzione, per via legislativa, di norme vincolanti i contesti lavorativi al rispetto dei diritti del dipendente a un sufficiente tempo per sé e per le proprie relazioni personali (per esempio: normative che stabiliscono l'orario massimo di lavoro settimanale o leggi sui congedi); dall'altra incentivando agevolazioni, solitamente di tipo fiscale, per chi organizza il sistema lavoro in maniera sensibile alle esigenze personali dei dipendenti (...)
Le genti venete che hanno saputo coniugare in modo efficace famiglia e lavoro sono chiamate oggi a creare strumenti adeguati per conciliare queste due essenziali dimensioni proprie dell'esperienza umana elementare. Anche rinnovando le forme del riposo, il cui compito è dettare il giusto ritmo al rapporto affetti-lavoro.

Politiche per "quale" famiglia?

Da ultimo, non va taciuta un'altra fondamentale questione rispetto alla quale soluzioni diverse possono avere effetti diametralmente opposti. Si tratta della scelta di porre come criterio distintivo della famiglia il vincolo matrimoniale. Quando si parla di politiche familiari, a quale "famiglia" si fa riferimento? Quando, per esempio, si discute di assegni familiari, l'aggettivo "familiare" deve essere sempre riferito a un nucleo di coniugi (anche separati) con i propri figli. Solo così appare chiaro il duplice intreccio tra sessi e generazioni che costituisce l'autentica famiglia. Così si lega il bambino alla coppia che l'ha generato e si promuove la conservazione della relazione genitoriale anche dopo la separazione della coppia. Quindi una valorizzazione dell'istituto matrimoniale è imprescindibile se si vuol perseguire il bene della famiglia quale cellula costitutiva della società.
Spesso però le politiche sociali considerano con un'ottica individualistica relazioni autenticamente familiari e, in modo paradossale, sembrano orientarsi ad assumere un'ottica familiare per le convivenze di soli adulti non basate sul matrimonio (...) Lo ripetiamo: la relazione familiare resta un unicum insostituibile, perché tiene insieme le differenze originarie e fondamentali dell'umano, quella sessuale tra l'uomo e la donna che ha come obiettivo e intrinseco orizzonte la fecondità, e quella tra le generazioni.
Certo, concepire così la famiglia contrasta l'opinione di quanti oggi spingono verso una società fatta di "relazioni impersonali e anonime", tenute a mantenersi "immuni" dal vincolo troppo coinvolgente e impegnativo della relazione familiare, per poter essere massimamente egualitarie e competitive (...) Tuttavia, gli insuccessi sempre più palesi della cultura individualista, che non riesce a svolgere un ruolo veramente educativo nei confronti delle giovani generazioni (sempre più protagoniste di comportamenti antisociali), conducono anche i più scettici a richiamare la necessità di rigenerare il legame sociale, di rafforzarlo, di fondarlo sulle solide basi della fiducia, della reciprocità, della cooperatività. Questi sono appunto i caratteri specifici della relazione familiare intesa in senso proprio. È la ragione per cui si deve investire sul "capitale familiare" per incrementare quello sociale.

L'apporto della Chiesa

Grazie al legame di amore tra i genitori e alla cura che offrono ai propri figli, in questi cresce in modo naturale la speranza. Quella speranza che permette di affrontare la vita positivamente, che ci rende uomini e donne spalancati e non difesi davanti alla realtà. Eppure, lo abbiamo già detto, l'esperienza storica di ogni uomo e di ogni donna è attraversata dal dramma del male. Il male è il nemico più potente della speranza. Infatti la speranza nasce da certezze presenti che la violenza del male sembra infrangere.
Anche la famiglia, lo sappiamo bene, è bisognosa di redenzione. Essa non può pretendere di essere la risposta esauriente e definitiva alla domanda di salvezza che abita il cuore degli uomini. Il potenziale di bene che vive nella famiglia, e che deve essere strenuamente promosso, è sempre alla ricerca della redenzione definitiva.
Gesù Cristo, il Figlio di Dio fattosi carne, non è il Redentore di individui separati dalla comunità. Egli è il Redentore di ciascuno e di tutta l'umanità. Lo è anche della famiglia. Egli ha voluto farne esperienza diretta, è cresciuto nella Santa Famiglia di Nazaret in cui affetti, promessa e compito vivevano in perfetta armonia.
In questo vespero del Santissimo Redentore, Gesù viene incontro alle nostre famiglie per compiere la promessa di felicità insita in questa insostituibile istituzione sociale. La Chiesa santa di Dio - il cui unico compito è lasciar trasparire sul proprio volto quello di Cristo, luce delle genti - promuovendo la famiglia fondata sul matrimonio indissolubile tra l'uomo e la donna e aperta alla vita, umilmente continua a perseguire il mandato del Suo fondatore. Il Vangelo della famiglia e della vita è infatti al cuore del Vangelo del Dio incarnato. Tutti, cristiani e uomini di buona volontà, vorranno riconoscere in questo decisivo aspetto della missione ecclesiale un prezioso contributo all'autentico progresso del nostro Paese.

(©L'Osservatore Romano - 23 luglio 2008)

Vedi anche, su segnalazione di Marco:

Scola: politiche per la famiglia Il governo deve fare molto di più (Cazzullo, Corriere della sera)

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