1 aprile 2007

Il film di Olmi


IL CASO
Da oggi il film nelle sale. Intanto a New York annullata tra le polemiche la mostra su un Gesù di cioccolato
Lo scandaloso Cristo di Olmi

Michele Serra

«Le religioni non hanno mai salvato il mondo». Se a dirlo è un non credente, siamo nel bel mezzo della routine polemica più risaputa. Ma se a dirlo è un Cristo, il Cristo pensieroso e fuggiasco del film-testamento di Ermanno Olmi "Centochiodi", allora l´attenzione si fa acuta. Intanto perché Olmi non solo non appartiene all´indeterminata schiera dei "relativisti etici", ma è un intellettuale cattolico di lunghissimo corso e di solida fede.
E poi perché la precisione del suo film, la potenza anti-dottrinaria che sprigiona dalla sua storia, è ficcante come i grandi chiodi di ferro che, nella memorabile scena iniziale, trafiggono i libri e forse il Libro. Inchiodano al suolo, con un gesto quasi sacrilego, la dottrina, le dottrine: perché quei libri, che codificano la fede, "servono solo a ingannarci l´uno con l´altro".
Il giovane teologo autore del gesto, prima di ripudiare la sua cattedra e la sua vita per andarsi a cercare un nuovo e più umile magistero in mezzo a un gruppo di popolani semplici e incolti (un po´ idealizzato, ma commovente nel suo essere zavattiniano post-litteram), profana il tempio che lo vide sacerdote. Trasforma l´enorme, scura biblioteca di un istituto religioso in un cimitero della sapienza, in una scena che è l´esatto rovesciamento polemico del celebre rogo di libri in "Fahrenheit 451". Se l´apologo di Truffaut indicava nella distruzione della cultura l´intenzione dispotica di distruggere la memoria condivisa, per dominare meglio un´umanità finalmente ignara, qui la cruenza della profanazione libresca (che da principio lascia di stucco lo spettatore) intende colpire la sicurezza, anzi la sicumera delle certezze di fede, il loro ingiallire nel dogma, il loro arido ed escludente carisma sapienziale. E´ tutt´altro che muto, il Cristo di Olmi: ma decide, evangelicamente, di spendere le sue parole e i suoi gesti in una condivisione fraterna, e quasi tattile, della vita delle altre persone, scelte per caso nel grande mondo.
Nelle attuali contingenze politiche e culturali del nostro Paese, si capisce che un film del genere, fosse o non fosse nelle intenzioni di Olmi, è destinato ad accendere ulteriormente la discussione nel mondo cattolico e non. Già sono state spese, sul fronte sempre vigile dei cosiddetti teo-con, parole di rispettosa ma severa critica nei confronti del film, la cui carica anti-dogmatica è dirompente. Effettivamente, se Olmi non fosse Olmi, il film a tratti avrebbe quasi un´aura new-age, con lo scorrere morbido e vitale dell´acqua di un fiume che va a rimpiazzare felicemente il rigor mortis del sapere inchiodato. La natura, i volti delle persone, le mani, il cibo incarnano la sola salvezza possibile, che è quella della fratellanza. Il resto è alle spalle, il resto è la zavorra del "dover credere", e doverlo fare seguendo l´inservibile, consunto tracciato delle certezze dottrinarie.
E´ come se Olmi, intendendo accennare a un suo personale bilancio (questo è il suo ultimo film, ha dichiarato serenamente), lasciasse passare attraverso il vaglio della sua esperienza artistica, e di vita, e di fede, solamente il sale evangelico dell´amore per il prossimo. Non così vago, non così generico, anzi così tipicamente e profondamente cristiano da disarmare sia i tutori del dogma (che certo non potranno accusare Olmi di generico umanitarismo, visto che il film è sul Cristo e ne ripete ovunque gesti e parole) sia i non credenti, richiamati con formidabile esattezza a quella compassione evangelica che ancora fa capolino nelle coscienze, a patto di riuscire a estrarla dal latinorum penitenziale che fu tanta parte del nostro triste catechismo.
Naturalmente, si esce dal cinema pensando a questo papato, e inevitabilmente contrapponendo la netta scelta antidottrinaria (e perfino antintellettuale) di Olmi al magistero di questo pontefice super-intellettuale, che richiama continuamente al rispetto della dottrina, e al rafforzamento identitario della comunità dei cattolici attraverso un nuovo radicamento nella tradizione liturgica e culturale della Chiesa. Il dibattito tocca specialmente i cattolici, che sono molto più divisi e incerti e plurali di quanto dicano le varie caricature (anche quelle opera di noi atei) scaturite dalle varie militanze all´ultimo grido, e spesso all´ultimo strillo. Schematicamente, e scusandomi per l´intromissione quasi goffa in un dibattito che non conosco abbastanza, è il film di un cattolico giovanneo e conciliare, quale Olmi è stato e probabilmente è ancora, e pare fatto apposta per ridare fiato, speranza e argomenti ai cattolici spaesati dalla ferma ortodossia ratzingeriana.
Ma i non credenti, che pure nella cultura cristiana sono cresciuti e vissuti quasi tutti, qui in Italia, proveranno meraviglia (e gratitudine) per la straordinaria vivezza umana di questo film, e magari sarà utile raffrontarla, questa vivezza, con il flebile solidarismo di tanta cultura laica e di sinistra, sempre più incerta matrice di idee, libri, film e opere d´arte che quasi mai hanno energia bastante per andare al cuore di un problema - la salvezza degli esseri umani - così enorme che si esita a scriverlo. Non so se esista una parola che indichi il contrario del cinismo. Se quella parola esiste, il film di Olmi tenta di pronunciarla dalla prima all´ultima sequenza. Ci va molto vicino. E se non ci riesce del tutto, è solo perché anche i film, come i libri, non hanno mai salvato l´umanità.

Repubblica, 31 marzo 2007

Quindi il film di Olmi e' contro Ratzinger? Mi chiedo come mai registi, intellettuali, conduttori, si sentano in dovere di inneggiare a Magisteri paralleli o di auspicare la morte della dottrina.
La cosa "divertente" e' che si prodigano solo e soltanto contro Benedetto XVI. E i suoi predecessori? Solo chi non conosce la storia della Chiesa e non ha letto le encicliche Wojtyla puo' pensare che Ratzinger abbia una concezione dottrinaria diversa. Anche perche', parliamoci chiaro, il cardinale Ratzinger ha costituito l'architrave teologica del pontificato precedente.
Nel film di Olmi, il protagonista vuole distruggere i libri. Ma che cosa sono i libri se non la nostra storia, la nostra cultura? Forse Cristo e' venuto ad imporci la distruzione delle tradizioni? Non mi pare visto che Egli stesso era un ebreo osservante.
Il Gesu' di Olmi manca dell'elemento fondamentale: la divinita' di Cristo.


Ed ecco il teologo domenicale Scalfari:

I cento chiodi in mano ai vescovi

di EUGENIO SCALFARI

Dobbiamo purtroppo tornare per l'ennesima volta su un tema che continua ad essere fragorosamente riproposto dalle gerarchie ecclesiastiche: quello cioè dei Dico, della tutela della famiglia, del rapporto tra l'Episcopato e il laicato cattolico politicamente impegnato. È di ieri la più recente dichiarazione del presidente dell'Episcopato, monsignor Bagnasco, secondo il quale se si dice sì ai Dico seguendo i criteri dell'opinione pubblica e non quelli etici, diventa poi difficile motivare un no alla pedofilia e all'incesto. Il capo della Cei richiama così ancora una volta i parlamentari cattolici all'obbligo religioso e morale di schierarsi contro le convivenze di fatto e in particolare contro quelle tra coppie omosessuali.

Ad attutire l'effetto di così sconvolgenti "esortazioni" si fa notare da chi cerca di costruire un ponte tra la posizione clericale e quella laica che la "Nota" emanata dalla Cei non prevede sanzioni specifiche contro i parlamentari cattolici che non obbediranno alle ingiunzioni dei Vescovi. Tutto cioè verrebbe lasciato alla consapevole decisione dei singoli. Comprendiamo le buone intenzioni dei "pontieri" che però non trovano conferma nei testi e nei comportamenti.

La "Nota" della Cei e le successive dichiarazioni del successore di Ruini parlano esplicitamente dell'obbligo dei parlamentari cattolici di conformarsi alle indicazioni della Chiesa ed escludono che si possa invocare in materia il principio della libertà di coscienza. Rivolgersi in questo modo a membri del governo e del Parlamento è aberrante e profondamente offensivo per i destinatari e per le istituzioni da essi rappresentate. Chi è stato eletto dal popolo ha come solo punto di riferimento la Costituzione. Volergli imporre un obbligo di obbedienza ad un potere religioso è il massimo dell'ingerenza ipotizzabile. Affiora (l'abbiamo già scritto altre volte ma dobbiamo purtroppo ripeterci) un fondamentalismo teocratico che snatura la missione stessa della Chiesa. L'Episcopato italiano si sta muovendo su una strada sempre più stretta e piena di rischi.
Ieri in parecchi cinema di Roma è stato proiettato il film di Olmi intitolato "Centochiodi". Il regista non ha mai nascosto i suoi sentimenti di cristiano e di cattolico; proprio per questo assume maggior rilievo un film che denuncia la povertà spirituale di una Chiesa sempre più lontana dai sentimenti di fratellanza dei "semplici" e dall'amore verso il prossimo.

Nelle sale dove il film è stato proiettato ci sono stati alla fine applausi corali da parte del pubblico. Non era mai accaduto per un film di carattere religioso e mai con significati polemici nei confronti d'una Chiesa che ragiona sempre più sulla base dei dogmi e dei divieti. L'Episcopato italiano rifletta con serietà sulla via che ha intrapreso, densa di rischi e di pericolose tentazioni.

Repubblica, 1° aprile 2007

Quindi la Chiesa dovrebbe conformarsi all'opinione corrente perche' un film potrebbe metterla in difficolta'? Mi aspettavo un ragionamento articolato ed invece e' tutto qui?
Mi pare che qui l'unico a voler imporre qualcosa ai Vescovi sia Scalfari. Emblematico l'imperativo: l'Episcopato italiano rifletta!
Noto che il fondatore di Repubblica non puo' fare a meno di occupaersi di Chiesa e del Papa...evidentemente Ratzinger non gli e' indiffente...



Il testamento di Olmi

di Maurizio Caverzan

Sì, è certamente destinato a suscitare un ampio e vivace dibattito - si spera - dentro e fuori dalla Chiesa l'ultimo film di Ermanno Olmi, Centochiodi, quello cui il maestro di Bergamo, il regista de L'albero degli zoccoli e de La leggenda del santo bevitore, ha affidato il suo testamento artistico e spirituale. La trama è presto detta: uno stimato docente di filosofia delle religioni (Raz Degan), prima di cambiare radicalmente vita, decide di lasciare il segno con una sorta di atto dimostrativo e, nottetempo, si reca nell’immensa biblioteca che custodisce migliaia di preziosi volumi di teologia, filosofia e storia adorati da un suo collega prelato e, in una scena memorabile quanto scandalosa, li inchioda uno a uno al pavimento di quel tempio del sapere. «Le religioni non hanno mai salvato il mondo», è il làscito ai colleghi e agli studenti, più o meno adoranti, di questo professorino dai tratti nazareni. A una delle allieve, prendendole una mano tra le sue, dice più o meno: una carezza vale più di tutto il sapere contenuto in questi libri che ci sovrastano. La mattina dopo, il custode della biblioteca li troverà inchiodati al pavimento. Il professorino si libera del telefonino, della Bmw e della bozza del prossimo saggio pronto per l'editore, e si trasferisce sulle rive del Po, dove inizierà una nuova vita fatta di semplicità e autenticità e rari racconti della vita di Gesù al gruppo di vecchietti che, allegoria dei dodici apostoli, lo accolgono con curiosità («da dove lo hanno schiodato quel Cristo», dice uno di loro) prima di cominciare a radunarsi attorno a lui.

Con questo film fortemente evocativo, denso di dialoghi e figure di rara intensità (l’ingenua innamorata Luna Bendandi - Maria Maddalena -, il vecchietto che fa visita al professore per farsi ri-raccontare la parabola del figliol prodigo) il regista vibra un potente atto d'accusa del cristianesimo rimpicciolito a religione, una critica dei cosiddetti chierici, detentori della sapienza. E, forte dell’espressione evangelica in cui si dice che Dio ha nascosto le cose importanti ai sapienti per rivelarle ai semplici, qui straordinariamente rappresentati, Olmi delinea chirurgicamente la distinzione tra fede e religione, tra cristianesimo - unica confessione in cui Dio diventa uno di noi ed è tuttora incontrabile nella Chiesa - e religioni, intese come insieme di regole e dogmi stabiliti a priori. È vero, l’atto di accusa del regista parte dall’idolatria della cultura, incarnata dal monsignore che si piega, adorante, su quei libri, e abbraccia anche il cristianesimo quando viene ridotto a dottrina, etica, solidarietà, o cristallizzato in dogmi. Secondo Michele Serra, nel suo film Olmi salva solo il messaggio della fratellanza, «il sale evangelico dell’amore per il prossimo». E un’interpretazione di superficie può far pensare che sia così anche quando, al maresciallo che lo arresta per il suo atto eversivo, il protagonista ridice il suo pensiero, ovvero che le teorie di tutti i filosofi e teologi non valgono un caffè bevuto insieme con un amico. Il fatto è che questo amico è lui, il protagonista, il Cristo della strada interpretato da Degan. Dunque, Olmi dice qualcosa di più che non «l’amore per il prossimo» che, senza l’amore di Cristo morto in croce, sarebbe solo un nuovo e più sofisticato moralismo. A me pare che Centochiodi dica che il cristianesimo è l’incontro con una persona e, citando Klibansky, che «pur necessari, i libri non parlano da soli». Ci vuole qualcuno che li incarni, li trasmetta, li contagi. Un discorso che vale per tutti i libri, vangelo compreso, e che suona come un richiamo a coloro che ci credono soprattutto quando dimenticano l’incipit del primo capitolo di Giovanni: «Il Verbo si è fatto carne». Senza l’incarnazione, senza la testimonianza viva - e qui si apre tutto lo spazio della responsabilità, della miseria e del peccato dei cristiani - anche il vangelo rimane un libro sterile. Così risulta un po’ strumentale contrapporre il cristianesimo dell’amore di Olmi a quello del dogma di Benedetto XVI. Non credo affatto esista vera contrapposizione tra il messaggio del film e il magistero di Ratzinger. Quando mi è capitato di ascoltare il papa, anche una settimana fa in Piazza San Pietro, l’ho sempre sentito insistere sul cristianesimo come desiderio ed esperienza di bellezza e di gioia, grato lui per primo che, in un’epoca in cui viene vissuto come «qualcosa di faticoso e opprimente», ci sia chi testimonia che «Cristo ci salva non a dispetto della nostra umanità, ma attraverso di essa». Nella prima pagina della sua enciclica, intitolata non a caso «Dio è carità», Benedetto XVI scrive: «All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona». Credo che anche Olmi abbia voluto dire questo e quando l’altra sera, ospite di Otto e mezzo, Giuliano Ferrara gli ha chiesto che cosa pensasse di papa Ratzinger, il regista ha risposto citando il Nazareno del suo film: «Mi piacerebbe che bevesse un caffè con me».

Chissà: mai dire mai.

Il Giornale, 1° aprile 2007

3 commenti:

gemma ha detto...

non mi pare così sconvolgentemente coraggioso e anticonformista il film di Olmi in un'epoca in cui la cultura è tutta nella direzione della sua trama.
Mi chiedo, da profana, ma se si negano i dogmi e la dottrina non sarebbe più onesto dirsi cristiani luterani? Perchè ostinarsi a voler cambiare ciò in cui non ci si riconosce più (ma in cui altri continuano a riconoscersi) quando basterebbe volgersi altrove?
Non ricordavo che la dottrina woitiliana fosse progressista e devono essermi sfuggite alcune importanti innovazioni. Alludo all'ordinazione delle prime donne sacerdote e dei primi preti sposati, al si all'aborto, all'eutanasia, alla contraccezione, al legame fra omosessuali e all'eugenetica. Senza dimenticare l'abolizione dell'infallibilità papale (evidentemente mi è sfuggita pure la revoca della scomunica a Kung. E' stata forse riproposta da Ratzinger quando lo ha incontrato lo scorso anno?)e di tutti i dogmi, compreso quello della verginità di Maria (questa apertura però deve essere sfuggita anche ad Uta Ranke). Possibile che la chiesa di Ratzinger abbia già annullato tutti questi progressi morali e dottrinali del passato recente??? Al punto da scrivere un libro su Gesù dicendo nella prefazione che si è liberi di criticarlo? Inutile dire che alcuni lo hanno già inchiodato, ancora prima di averlo letto.
Comunque, c'è anche qualche altro libro che forse andrebbe inchiodato, se proprio si volesse essere decisivi e propositivi per il nostro tempo ma, in quel caso , si, ci vorrebbe veramente coraggio!

Anonimo ha detto...

Cara Gemma, hai colto i punti essenziali del conformismo attuale, che il film di Olmi rispecchia fedelmente.
Fa molto "chic" oggi attaccare la Chiesa ed il Papa perche', spesso, ci spinge a riflettere su temi che da anni davamo per scontati.
Secondo certi signori, il Papa dovrebbe limitarsi a fare il "nonno" del mondo (o il padre dell'occidente e dell'oriente, come direbbe qualche anonimo vaticano).
Purtroppo (soprattutto per Ratzinger a cui e' toccata questa "croce") la Chiesa non puo' permettersi di chiudersi nel silenzio. Occorre che entri nel mondo, nel dibattito pubblico...e' necessario che faccia capire la sua posizione anche rischiando l'impopolarita'.
Ratzinger e' il Papa giusto al momento giusto proprio perche' non teme gli assalti dei media!
Benedetto XVI da' fastidio? Bene...e' indice del suo ottimo lavoro!
La Chiesa che prescinte dall'autorita' papale e dei Vescovi esiste gia'...si chiama protestante!
Ciao
Raffaella

mazapegul ha detto...

Veramente, e da prima, c'è anche la Chiesa Ortodossa.
Grazie per la interessante rassegna critica,
Nicola