7 aprile 2007

Il Papa e le donne: un rapporto di stima ed affetto reciproci


In questo post vengono raccolti i primi commenti alla Via Crucis di ieri sera al Colosseo (ce ne saranno altri...) e alla celebrazione della Passione del Signore.
Si consolida, intanto, il rapporto di affetto e di stima fra il Pontefice e noi donne. In molte occasioni Papa Ratzinger ha parlato di genio femminile e del coraggio dimostrato da esponenti del "gentil sesso" nei momenti piu' drammatici della vita di Cristo e della Chiesa.
Piu' tardi prenderemo in esame alcuni articoli sui rotoli del Mar Morto e sul concetto di diritto naturale.

Raffaella

Vedi anche:

INTERVISTA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI IN PREPARAZIONE AL VIAGGIO APOSTOLICO A MÜNCHEN, ALTÖTTING E REGENSBURG (9-14 SETTEMBRE 2006)

L’UDIENZA GENERALE , 14.02.2007 , con la catechesi dedicata al ruolo delle donne nel Cristianesimo.


Ratzinger "Un neo femminismo cattolico"

Via Crucis nel nome delle donne umiliate
In San Pietro omelia "femminista". "La Maddalena esempio di fede"

In migliaia al rito della Passione di Cristo, che sarà trasmesso anche dalla tv di Cuba
Il predicatore papale Cantalamessa: le "madri coraggio" salvano l´umanità


MARCO POLITI

CITTÀ DEL VATICANO - Elogio alla Donna sotto le volte della basilica vaticana. Lo intona il predicatore papale Raniero Cantalamessa, che auspica l´inizio di una pagina nuova nella storia dell´umanità. Dopo tante ere dedicate al maschio: homo erectus, homo faber, homo sapiens - scandisce il frate dal pizzo bianco, lo sguardo vivace e l´eloquio appassionato - dovrebbe aprirsi «finalmente un´era della donna: un´era del cuore, della compassione».
E´ probabile che Cantalamessa abbia concordato il tema dell´omelia del Venerdì Santo con papa Ratzinger. Perché è talmente forte l´accento neo-femminista (cattolico, beninteso) che anima le sue parole da lasciare immaginare l´intenzione di Benedetto XVI di imprimere una spinta verso una maggiore valorizzazione della donna nella Chiesa. Altro che «pie donne», incalza Cantalamessa riferendosi alle figure dolenti ai piedi della Croce. Erano «madri coraggio», che sfidavano il pericolo di farsi vedere accanto ad un condannato a morte. In ogni caso sono le uniche innocenti del sangue di Cristo. «Si discute animatamente - soggiunge padre Cantalamessa - su chi fu a volere la morte di Gesù: se i capi ebrei o Pilato o entrambi. Una cosa è certa: furono degli uomini, non delle donne».
Anche nella Via Crucis - guidata ieri sera da Benedetto XVI con grande partecipazione di fedeli, che recavano migliaia di fiaccole - è risuonata una meditazione del biblista Ravasi, dedicata a «tutte le donne umiliate e violentate, emarginate, sottoposte a pratiche tribali indegne, donne in crisi e sole dinanzi alla maternità, madri ebree e palestinesi... «. Molte giovani fedeli, fra cui una cinese (popolo al quale il Papa sta per mandare un messaggio), hanno portato la croce all´ombra del Colosseo durante la cerimonia ritrasmessa da un gran numero di televisioni, fra cui l´emittente nazionale di Cuba (che lo farà oggi in differita).
Il Dio dei cristiani, ha detto il Papa, non è un dio lontano, ma con un «cuore di carne», che spinge i fedeli ad avere «amore per tutti i sofferenti e i bisognosi».
La giornata si è svolta, comunque, sotto il segno della donna. Nella basilica di San Pietro padre Cantalamessa ha detto che anche gli apostoli fecero una figura meschina nell´ora cruciale. La loro fu una «storia ignominiosa della paura, della fuga, del rinnegamento». Da ogni parte, ha continuato il frate, emerge oggi l´esigenza di fare «più spazio alla donna», di liberarla da «antiche soggezioni».
Tuttavia, per non dare l´impressione di sposare il femminismo duro e puro, il frate ha dato un colpo di barra, lanciando una stilettata a Simone de Beauvoir, compagna dell´esistenzialista Sartre e teorica del "secondo sesso". «Noi non crediamo - ha esclamato - che l´eterno femminino ci salverà». E per non sbagliare ha aggiunto: «L´esperienza quotidiana dimostra che la donna può sollevarci in alto, ma può anche farci precipitare in basso».
Insomma, anche la donna necessita della redenzione di Gesù. Però una volta «redenta e liberata», può contribuire a salvare la nostra società dai mali peggiori: violenza, volontà di potenza, aridità spirituale, disprezzo della vita. A una condizione, tuttavia: che la donna rimanga se stessa e non cerchi di «trasformarsi in uomo».
Icona di questa rivalutazione, pronunciata davanti alla Curia dopo che Benedetto XVI si era prostrato in preghiera sul pavimento della basilica, è Maria Maddalena. Quadri e statue hanno trasmesso per secoli l´immagine della Maddalena pericolosa peccatrice, poi pentita. Ma il predicatore pontificio rammenta l´episodio cruciale dei vangeli: è Maria di Magdala, una donna, la prima testimone della Resurrezione. «Apostola degli apostoli», la definì san Tommaso d´Aquino. Papa Ratzinger è d´accordo.

Repubblica, 7 aprile 2007

Questa volta devo proprio dirlo: bravo Politi!


Via Crucis, il Papa: «Vicino a chi soffre»
Ratzinger torna alla tradizione e, in segno di lutto, non indossa l'anello del Pescatore

Bruno Bartoloni

ROMA — Circondato da una folla eccezionale di pellegrini Benedetto XVI ha seguito senza l'anello pontificio al dito in segno di lutto e di mortificazione la sua seconda Via Crucis notturna al Colosseo.
Papa Ratzinger ha così ripreso una antica tradizione che voleva che il capo della Chiesa rinunciasse il venerdì santo a portare l'anello del Pescatore, simbolo del suo potere, che viene frantumato il giorno della morte.

Nella sua omelia il pontefice ha lanciato un appello in favore di tutti i sofferenti del mondo nei confronti dei quali i cristiani devono mostrare di aver un «cuore di carne». «Il nostro Dio non è lontano, ha un cuore di carne», ha commentato.
Ed ha ricordato che il più grande peccato del mondo pagano era la «durezza del cuore».
«Preghiamo in questo momento — ha detto — perché ci dia realmente un cuore di carne, ci faccia messaggeri del suo amore non solo con parole, ma con tutta la nostra vita».
Il pontefice ha portato la croce dalla prima alla seconda stazione all'interno del Colosseo e nell'ultima sulla terrazza del Palatino davanti al tempio di Venere e Roma. Nelle altre stazioni si sono alternati il cardinale vicario Camillo Ruini e una giovane cinese, alcuni giovani provenienti da Taiwan, dalla Repubblica democratica del Congo, dall'Angola, dalla Corea, dal Cile, da una famiglia romana e da due religiosi francescani della Custodia di Terra Santa.
Le meditazioni sono state affidate quest'anno a monsignor Gianfranco Ravasi, prefetto della Biblioteca-Pinacoteca Ambrosiana di Milano, che ha ricordato alla nona stazione sullo sfondo dell'incontro di Gesù con le donne di Gerusalemme tutte le figure femminili tribolate di oggi e di ogni tempo.
Alla terza stazione, la condanna di Gesù da parte del Sinedrio, ha sottolineato monsignor Ravasi, «ricorda a tutti il dovere della testimonianza alla verità».
«Una testimonianza, ha commentato, da far risuonare anche quando forte è la tentazione di celarsi, di rassegnarsi, di lasciarsi condurre alla deriva dall'opinione dominante». Ed ha citato una «giovane ebrea destinata ad essere uccisa in un lager», Etty Hillesum, una ragazza olandese che morì ad Auschwitz a 29 anni e che scrisse in un drammatico e commovente Diario: «A ogni nuovo orrore o crimine dobbiamo opporre un nuovo frammento di verità e di bontà che abbiamo conquistato in noi stessi. Possiamo soffrire, ma non dobbiamo soccombere».
Il tradimento di Giuda, un Giuda che si pente, è una prova che «genera abbandono e isolamento», invita a riflettere, secondo monsignor Ravasi, sulla «esperienza aspra di tante persone che anche in quest'ora che ci vede riuniti, come in altri momenti del giorno, sono sole in una stanza, davanti ad una parete spoglia o a un telefono muto, dimenticati da tutti perché vecchi, malati, stranieri o estranei. Gesù beve con loro anche questo calice che contiene il veleno dell'abbandono, della solitudine, dell'ostilità».
Le decine di migliaia di pellegrini che hanno invaso Roma per le feste pasquali gremivano il piazzale con fiaccole e torce fra l'arco di Costantino ed il Colosseo fino ai piedi della colle Oppio.

Corriere della sera, 7 aprile 2007


RANIERO CANTALAMESSA

Elogio della Maddalena (non più peccatrice) E monito alle donne: attente al femminismo

Luigi Accattoli

CITTA' DEL VATICANO — Esaltazione delle donne dei Vangeli che non furono «coinvolte» nella condanna di Gesù e riscatto della figura della Maddalena dalla «errata identificazione» con la «peccatrice» di altro brano evangelico: lei anzi fu la prima a vedere «il Signore risorto» e a darne l'annuncio agli apostoli. Ma anche affermazione forte che occorre «fare più spazio alla donna», unita però al rigetto del neo-femminismo che riduce la differenza tra i sessi a un «prodotto della cultura».
Tutto questo e altro ancora ha detto, con la passione che lo caratterizza, il padre cappuccino Raniero Cantalamessa nella predica che ha tenuto ieri pomeriggio in San Pietro davanti al Papa. Un «elogio della donna», la sua predica, svolto nei toni più volte usati da Giovanni Paolo II, che in occasione dell'«anno internazionale della donna» (1995) arrivò a esprimere «rammarico» per l'incomprensione del «genio femminile» da parte degli uomini di Chiesa.
Cantalamessa ieri è partito dalla «Passione» di Gesù, osservando che «furono degli uomini non delle donne» a volere la sua morte: «Nessuna donna è coinvolta, neppure indirettamente, nella sua condanna». Anche per l'oggi il predicatore pontificio ritiene che la donna possa essere meno pericolosa dell'uomo e «contribuire a salvare la nostra società da alcuni mali inveterati che la minacciano: violenza, volontà di potenza, aridità spirituale, disprezzo della vita».
Ecco la messa in guardia dal femminismo radicale: «Bisogna solo evitare di ripetere l'antico errore gnostico secondo cui la donna, per salvarsi, deve cessare di essere donna e trasformarsi in uomo». Pregiudizio «tanto radicato» che le stesse donne per «affermare la loro dignità» a volte «hanno creduto necessario assumere atteggiamenti maschili, oppure minimizzare la differenza dei sessi, riducendola ad un prodotto della cultura». «Donna non si nasce, ma si diventa», ha citato a conferma da un famoso libro di Simone de Beauvoir, Il secondo sesso.
Anche nella confutazione del neofemminismo, padre Cantalamessa si è attenuto creativamente al magistero consolidato: l'affermazione della «differenza sessuale» come «insuperabile» è contenuta in un documento sulla «collaborazione» tra uomo e donna pubblicato nel 2004 dalla Congregazione per la dottrina della fede e firmato dal cardinale Ratzinger.
Il passaggio più suggestivo della predica è stato quello dedicato alla figura di Maria di Magdala, da non confondere con «la peccatrice« che compare nel Vangelo di Luca: «È un peccato che a causa di questa errata identificazione Maria Maddalena abbia finito per alimentare infinite leggende antiche e moderne e sia entrata nel culto e nell'arte quasi solo nella veste di penitente, anziché in quella di prima testimone della resurrezione, "apostola degli apostoli", come la definisce San Tommaso D'Aquino».

Corriere della sera, 7 aprile 2007


E nella predica si cita Olmi

CITTÀ DEL VATICANO — Anche i Centochiodi,
l'ultimo film di Ermanno Olmi interpretato da Raz Degan, è finito nella predica pronunciata ieri davanti al Papa da padre Raniero Cantalamessa.
Il frate cappuccino ha rievocato la sequenza in cui il regista fa «inchiodare simbolicamente al pavimento i preziosi volumi di una biblioteca e fa dire al protagonista: "Tutti i libri non valgono una carezza"».

Corriere della sera, 7 aprile 2007


CELEBRAZIONE AL COLOSSEO CON LA MEDITAZIONE SCRITTA DA MONSIGNOR RAVASI

Anche la famiglia porta la croce

MARCO TOSATTI

Una Via Crucis fortemente attualizzata, quella che Benedetto XVI ha guidato ieri al Colosseo, in uno degli appuntamenti più suggestivi delle celebrazioni pasquali. Papa Ratzinger ha portato la croce nella prima e nell’ultima delle quattordici stazioni; l’hanno aiutato nelle altre tappe oltre al cardinale Camillo Ruini, suo Vicario per la città di Roma, alcuni giovani provenienti da diverse parti del mondo, fra cui una giovane cinese; probabilmente della Cina continentale, ma il suo nome è stato mantenuto segreto. Una famiglia italiana ha portato la croce nella quarta e quinta tappa, a simboleggiare le difficoltà che la famiglia tradizionale affronta nel mondo di oggi; mentre di forte valore simbolico anche la presenza di due frati francescani della Custodia di Terrasanta, che si sono caricati della croce nella decima e nell’undicesima stazione, per ricordare le sofferenze della terra che vide Gesù, e in particolare il dramma dei cristiani che vi abitano.
Quest’anno le meditazioni che accompagnano l’incedere della lunga processione al Colosseo sono state scritte dal biblista monsignor Gianfranco Ravasi, dell’Ambrosiana, che ipotizza anche un possibile pentimento di Giuda. Il valore simbolico del Calvario è stato fortemente attualizzato; vi compaiono i lager, la tortura e l’oppressione, e l’indifferenza come forma di amoralità nell’assenza di giudizio di Pilato. «Sotto la pressione dell’opinione pubblica Pilato incarna un atteggiamento che sembra dominare nei nostri giorni, quello dell’indifferenza, del disinteresse, della convenienza personale. Per quieto vivere e per proprio vantaggio, non si esita a calpestare verità e giustizia. L’immoralità esplicita - ha scritto Ravasi - genera almeno un sussulto o una reazione. L’indifferenza è la morte lenta della vera umanità». E poi il biblista fa entrare la cronaca, con un affondo verso il relativismo: «E come spesso facciamo anche noi, Pilato guarda dall’altra parte, se ne lava le mani e come alibi lanci l’eterna domanda tipica di ogni scetticismo e di ogni relativismo etico: “Che cos’è mai la verità?”».
Molto ampio lo spazio riservato alle donne, e al ruolo che queste hanno nella vita di Gesù e alle loro sofferenze, alle violenze che subiscono. «Accanto a lui noi ora immaginiamo anche tutte le donne umiliate e violentate, quelle emarginate e sottoposte a pratiche tribali indegne, le donne in crisi e sole di fronte alla loro maternità, le madri ebree e palestinesi e quelle di tutte le terre in guerra, le vedove o le anziane dimenticate dai loro figli...». Ed è proprio di una donna, un’intellettuale ebrea olandese, Etty Hillesum, una forte testimonianza di eroismo: «a ogni nuovo orrore o crimine dobbiamo opporre un nuovo frammento di verità e di bontà che abbiamo conquistato in noi stessi. Possiamo soffrire, ma non dobbiamo soccombere». Delle donne ha parlato anche il predicatore della casa pontificia, padre Raniero Cantalamessa, ieri in San Pietro, durante il ricordo della Passione, una delle poche cerimonie in cui il Pontefice non pronuncia un’omelia, ma ascolta solamente. «Dopo tante ere che hanno preso il nome dall’uomo, homo erectus, homo faber, fino all’homo sapiens-sapiens, cioè sapientissimo, di oggi, c’è da augurarsi che si apra finalmente, per l’umanità, un’era della donna: un’era del cuore, della compassione, e questa terra cessi finalmente di essere “l’aiuola che ci fa tanto feroci”», ha detto il religioso francescano davanti al Pontefice.

La Stampa, 7 aprile 2007


Il programma

Il riposo dopo la Santa Messa

Oggi
Il rito centrale del Sabato Santo è la Veglia pasquale, che papa Ratzinger presiederà nella basilica di San Pietro dalle 22 per commemorare la Notte della Risurrezione. All’inizio della celebrazione, il Papa benedice nell’atrio il fuoco nuovo. Dopo l’ingresso in processione in Basilica con il cero pasquale, al canto dell’Exsultet, presiederà le liturgie della parola, battesimale ed eucaristica.

Domani
Domenica di Pasqua. Benedetto XVI presiederà la messa del Giorno, alle 10,30, sul sagrato di San Pietro. Alle 12, pronuncerà il messaggio pasquale e impartirà la benedizione «Urbi et Orbi» dalla loggia centrale. Anche per riposarsi dalle «fatiche» della Settimana Santa, alle 16,30 Benedetto XVI si trasferirà nella residenza di Castel Gandolfo, dove rimarrà per una settimana.

La Stampa, 7 aprile 2007


La Via Crucis di Benedetto XVI: «Il nostro Dio non è lontano»

di Andrea Tornielli
«Il nostro Dio non è un Dio Lontano, ma ha un cuore e un cuore di carne per soffrire con noi». Con queste parole Benedetto XVI ha concluso la Via Crucis al Colosseo. «Seguendo Gesù nella via della sua passione – ha detto – ci fa vedere tutti i sofferenti di questo mondo e ci aiuta a vedere col cuore». La croce, portata dal Papa nella prima e nell’ultima stazione, è passata di mano in mano, da una famiglia romana a una giovane cinese a un giovane angolano.

Una delle meditazioni della Via Crucis scritte dal biblista Gianfranco Ravasi è stata dedicata alla condizione femminile e alla difesa delle donne «umiliate e violentate». E ieri pomeriggio, durante la solenne e suggestiva liturgia della croce, in San Pietro, hanno attirato l’attenzione le parole del predicatore della Casa pontificia, padre Raniero Cantalamessa, il quale ha auspicato che si apra «finalmente per l’umanità un’era della donna: un’era del cuore e della compassione». L’omelia di Cantalamessa, tenuta alla presenza di Benedetto XVI, ha esaltato le donne che hanno accompagnato Gesù sulla croce, «le uniche che non si sono scandalizzate di lui», le uniche ad aver «assimilato lo spirito del Vangelo».

«Da ogni parte emerge l’esigenza di fare più spazio alla donna», di liberarla da «antiche soggezioni», ha detto il frate predicatore, precisando, con un velato accenno al Codice da Vinci, che i cristiani non credono che «l’eterno femminino ci salverà». Certo, spiega Cantalamessa, anche la donna ha bisogno della redenzione di Cristo, «ma una volta redenta e liberata, sul piano umano, da antiche soggezioni, la donna può contribuire a salvare la nostra società da alcuni mali inveterati che la minacciano, violenza, volontà di potenza, aridità spirituale...». A condizione, ha spiegato, che la donna rimanga se stessa e non cerchi di «trasformarsi in uomo», come predicavano gli gnostici, o «minimizzare la differenza dei sessi, riducendola a un prodotto della cultura», come ha fatto la femminista Simone de Beauvoir. La grandezza delle donne sta nel loro cuore, come dimostra la passione di Gesù. «Una cosa è certa – ha detto ancora Cantalamessa – in ogni caso furono degli uomini, non delle donne» a volere la morte di Gesù. Il predicatore della Casa pontificia ha infine citato positivamente anche l’ultimo film di Ermanno Olmi Cento chiodi , rievocando la scena in cui il regista fa inchiodare simbolicamente al pavimento i preziosi volumi di una biblioteca e fa dire al protagonista: «Tutti i libri non valgono una carezza». Prima di lui, ha sottolineato Cantalamessa, San Paolo «aveva scritto: la scienza gonfia, l’amore edifica».

Il Giornale, 7 aprile 2007

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