17 ottobre 2007

Accanimento terapeutico o eutanasia? Il caso di "Eluana Englaro" (1)


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Cari amici, leggiamo qualche articolo a commento di una sentenza della Corte di Cassazione che sembrerebbe aprire un varco in direzione dell'eutanasia: parrebbe lecito interrompere ogni trattamento ove sussistano due condizioni. Prima di tutto la diagnosi di stato vegetativo irreversibile, in secondo luogo la prova che la paziente, se fosse cosciente, chiederebbe la sospensione di ogni trattamento sanitario.
Qui si aprira' un varco verso la confusione: chi decide che uno stato vegetativo sia permanente? Chi puo' portare la prova certa che il paziente vorrebbe la sospensione delle cure? La ragazza di cui stiamo parlando avrebbe detto in due occasione che non avrebbe voluto vivere "attaccata ad una macchina". Basta questa affermazione per staccarle il sondino che la alimenta? Per me assolutamente no
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Raffaella


Eutanasia, svolta della Cassazione "Il malato ha diritto di morire"

Processo da rifare per Eluana. Il padre: sussulto di umanità

La ragazza in coma da quindici anni. "Lecito staccare la spina se è irreversibile"

PIERO COLAPRICO

MILANO - Tornerà ancora in tribunale a Milano la storia umana, sanitaria e giudiziaria di Eluana Englaro. E viene ammessa, per la prima volta in Italia, la possibilità di lasciar morire i pazienti nelle sue condizioni. Questa la decisione, emessa ieri dalla Corte di Cassazione.
È stato infatti accolto l´ultimo degli otto ricorsi legali del padre e della madre della ragazza che, da oltre 15 anni, è in stato vegetativo permanente. Eluana viene tenuta «artificialmente in vita mediante un sondino nasogastrico che provvede alla sua nutrizione e idratazione». E siccome lei non può dire più come la pensa, in questi anni, è stato papà Beppino a «dare voce a chi non ha voce». Ed ecco che cosa ha disposto la prima sezione della Cassazione rimandando il fascicolo del processo alla Corte d´Appello di Milano: «Il giudice - si legge in sentenza - può autorizzare la disattivazione» del sondino. Niente, insomma, è più come prima.
La Cassazione spiega che la decisione va presa «unicamente in presenza» di due presupposti. Il primo è tecnico. Scatta «quando la condizione di stato vegetativo sia in base ad un rigoroso apprezzamento clinico, irreversibile». E, dunque, quando i medici escludono «la benché minima possibilità di un qualche, sia pure flebile, recupero della coscienza e di ritorno a una percezione del mondo esterno».
Il secondo requisito è umano: è necessario che la richiesta di lasciar morire il paziente «sia realmente espressiva, in base ad elementi di prova chiari, univoci e convincenti, della voce del paziente medesimo». E cioè, ha stabilito la Cassazione, serve che questo venga fuori «dalle sue precedenti dichiarazioni ovvero dalla sua personalità, dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti».
Paletti rigidi: tanto rigidi che in caso contrario, «il giudice deve negare l´autorizzazione, dovendo allora essere data incondizionata prevalenza al diritto alla vita».
Una sentenza depositata in una singolare coincidenza: proprio il 4 ottobre, quando la causa era stata avviata, papà Beppino, per un contrattempo, non era in aula. E ieri per tutto il giorno gli avvocati l´hanno cercato, ma solo a tarda sera, grazie a un cronista dell´Ansa, ha saputo della decisione. «Devo leggere, devo capire, ma è comunque una decisione sensazionale. Ci trovo un sussulto di umanità e di libertà, che sinora era negato a mia figlia e a quelle persone, come lei, che diventano vittime sacrificali delle procedure. Io chiedevo che venissero stabilite delle regole e i giudici questa volta l´hanno fatto», dice Beppino. E aggiunge: «Mia figlia non accettava di vivere in un letto senza alcuna consapevolezza e, se i giudici vedranno quello che è sotto gli occhi di tutti noi familiari, sarà finalmente rispettata la sua volontà».
Le polemiche sembrano lontanissime dalle venti pagine della sentenza numero 21748, che ripercorrono la strada scelta dagli Englaro, a partire dal 2 febbraio 2006, quando l´avvocato Cristina Morelli sollevò per prima la questione. Il batti e ribatti nelle aule è cambiato quando Franca Alessio, curatore speciale, e il professor Vittorio Angiolini, sono riusciti a far ascoltare dai giudici le voci delle amiche di Eluana. E a sollevare l´attenzione su alcuni concetti cardine che la Cassazione riprende. Ogni volta che si cura qualcuno, è necessario avere il suo consenso. Ed esiste un confine netto tra il cercare di curare (o di non far soffrire) e quella cosa che viene chiamata, con un´espressione forse un po´ troppo violenta, «accanimento terapeutico». «Il rifiuto delle terapie medico-chirurgiche, anche quando conduce alla morte, non può essere scambiato per un´ipotesi di eutanasia», stabilisce la Cassazione. Anzi, è una semplice «scelta, da parte del malato, che la malattia segua il suo corso naturale».
Perciò la nostra Costituzione, «basata sul pluralismo dei valori», dà la possibilità al tutore di chi non può più esprimersi di chiedere di «staccare» le terapie. E «non v´è dubbio che l´idratazione e l´alimentazione artificiali con sondino nasogastrico costituiscono un trattamento sanitario». Però c´è un però. «Diversamente da quanto mostrano di ritenere i ricorrenti, al giudice non può essere richiesto di ordinare il distacco del sondino». Il giudice può fare lo stesso qualcosa di importante: «autorizza o meno la scelta compiuta dal tutore». «Non c´è dubbio, con questi criteri, i giudici d´appello lasceranno morire Eluana», dice l´avvocato Alessio. Le carte ora tornano a Milano. Dall´incidente che spezzò il collo a Eluana sono passati 5.390 giorni.

© Copyright Repubblica, 17 ottobre 2007


Gli anestesisti

"Ma non si può accertare se il coma è irreversibile"

ROMA - «Irreversibile». E´ contenuto in questo aggettivo lo scoglio principale che rende così complesso il caso di Eluana Englaro, in stato di coma vegetativo dal 1992. Lo affermano, con decisione, gli anestesisti. «È impossibile accertare quando uno stato vegetativo è irreversibile», afferma il presidente dell´Associazione anestesisti-rianimatori ospedalieri italiani (Aaroi) Vincenzo Carpino. Per questo, aggiunge, «è urgente nominare una commissione che fissi parametri e protocolli». La Cassazione, rileva Carpino, «afferma che la spina va staccata ad un paziente che è in stato vegetativo irreversibile, ma non esistono criteri precisi per accertare con sicurezza quando si verifica una situazione di stato vegetativo irreversibile. Mancano parametri e quindi anche protocolli».
Esistono parametri e protocolli, invece, spiega l´esperto, per quanto riguarda l´accertamento della morte cerebrale: esperti verificano questo stato del paziente autorizzando poi l´eventuale espianto degli organi. Ma per lo stato vegetativo «non c´è nulla di tutto questo. Quindi, attualmente - ribadisce Carpino - non è possibile accertare quando uno stato vegetativo sia irreversibile». Secondo il presidente Aaroi è quindi «opportuno, e alla luce della Cassazione si rende addirittura urgente, nominare una Commissione che stabilisca parametri e protocolli, così come si è fatto in passato per la morte cerebrale».

© Copyright Repubblica, 17 ottobre 2007


Il ministro della Salute Livia Turco: possibile una mediazione

"La politica si svegli o decideranno i giudici"

Dalla Suprema Corte una sentenza equilibrata. Però non possiamo lasciare la soluzione di questi problemi ai singoli o ai tribunali

MARIO REGGIO

ROMA - «La sentenza della Corte di Cassazione è un segnale forte al Parlamento per arrivare al più presto ad una soluzione. Sul testamento biologico è necessario uno scatto della politica per trovare la buona volontà e una convergenza di valori. Si può e si deve fare».
Il ministro della Salute, Livia Turco, commenta così la sentenza della Cassazione sul caso di Eluana Englaro.

Nei mesi passati lei ha più volte chiesto di arrivare ad una soluzione, ma le resistenze sono state e restano forti.

«La politica deve superare le resistenze al suo interno, altrimenti rischia di apparire come rinunciataria, cinica ed impotente. Non possiamo lasciare la soluzione di questi problemi alla solitudine delle persone o alle sentenze dei tribunali».

Invece sta accadendo proprio questo.

«A volte la giurisprudenza anticipa, precisa, anche su temi come la vita e la morte. Ma non può sostituirsi alla legge. Ecco perché spero e credo che la mediazione politica su un principio così delicato debba essere trovato al più presto. Intanto, però, non dobbiamo dimenticare un altro versante del problema: la cura dei malati terminali. Nella finanziaria ci sarà una quota vincolata da destinare alle cure palliative per estendere gli hospice alle strutture territoriali ed all´assistenza domiciliare. Ed ora in aula arriveranno le norme sulla semplificazione del ricettario per gli oppiacei».

La Cassazione invita il Parlamento a ratificare la convenzione di Oviedo.

«È stata recepita anche se mancano i decreti attuativi. La convenzione si basa su due principi: la presa in carico dei malati terminali e la non solitudine, poi il diritto della persona di scegliere i trattamenti medici. Spero che il Parlamento, anche in questo caso, bruci le tappe».

Condivide i principi sanciti dalla Corte di Cassazione?

«Sono principi condivisi, nel loro equilibrio importanti, ma che vanno tenuti assieme».

Il presidente degli Ordini dei Medici li ha definiti ragionevoli ed eticamente validi.

«Sono d´accordo. Oltre che ragionevoli sono costituzionalmente fondati, di rilevanza etica, che vanno assunti nella loro reciproca relazione».

Gli anestesisti chiedono criteri precisi che stabiliscano i parametri sullo stato vegetativo irreversibile.

«Hanno ragione. Ho deciso di creare subito una commissione tecnica di alto profilo che fissi, come per la morte cerebrale, la soglia del coma irreversibile».

Il governo ha paura di spaccare la maggioranza e di mettersi contro il Vaticano?

«Il Vaticano ha il diritto di esprimere il proprio pensiero. La senatrice Paola Binetti discute in base alla propria coscienza e i suoi valori. Nel centrosinistra c´è un sincero confronto sui principi ed i valori, si può arrivare ad una giusta mediazione».

© Copyright Repubblica, 17 ottobre 2007


Il cardinale Lozano Barragan: per la Chiesa Eluana deve vivere

"Non staccate quella spina sarebbe come uccidere"

No all´accanimento terapeutico ma alimentazione e idratazione sono un´altra cosa: non si può lasciar morire un paziente di fame e di sete

ORAZIO LA ROCCA

CITTÀ DEL VATICANO - «La Chiesa condanna sia l´eutanasia che l´accanimento terapeutico. Ma non l´alimentazione e, tantomeno, l´idratazione, che non sono cure mediche. Per cui, anche quando un paziente è costretto a vivere in uno stato vegetativo, non gli si può dare la morte per fame e per sete». Il ministro della Sanità del Vaticano, il cardinale messicano Javier Lozano Barragan, giudica così la sentenza della Cassazione sul caso Eluana Englaro. Alla donna in coma esprime «solidarietà, rispetto e comprensione», senza tuttavia dimenticare che «il credente deve sempre sapere che la vita è dono di Dio e che a nessuno è lecito uccidere».

Cardinale Lozano Barragan, per la Cassazione però il lungo stato vegetativo di Eluana Englaro si può interrompere se viene verificato che si tratta di uno stato irreversibile. Condivide?

«Senza voler entrare in questo specifico caso, ricordo che nella Chiesa cattolica nessuno è a favore dell´accanimento terapeutico. Questo perché si tratta di una pratica che prevede terapie inutili e sproporzionate che non fanno altro che prolungare la sofferenza del paziente senza alleviarne le sofferenze. Quando gli organi non funzionano più, non ha più senso insistere con le cure».

Anche l´alimentazione forzata e l´idratazione vanno interrotte di fronte a uno stato vegetativo permanente?

«La Congregazione della dottrina della Fede lo ha scritto con chiarezza: alimentazione ed idratazione non sono pratiche di accanimento terapeutico. Si possono interrompere solo nei casi in cui, specifica la stessa Congregazione, il paziente non assimila più né cibi, né liquidi perché "ad impossibilia nemo tenetur", vale a dire nessuno può far fronte a cose impossibili. Il credente, però deve sempre affidarsi alla preghiera e alla misericordia di Dio».

Ma chi non crede?

«La Chiesa non impone nulla, propone la sua visione della vita, la sua morale, come insegnava Paolo VI. Non obbliga con la forza nessuno. Se un giudice o un politico l´ascolta, tanto meglio. Altrimenti, la Chiesa si appella alle coscienze. Ma i cattolici sanno pure che non possono ignorare gli insegnamenti ecclesiali».

I cattolici devono, quindi, sapere che per l´ex Sant´Uffizio il malato in stato vegetativo permanente va sempre nutrito. È così?

«Sì, perché la morte non si dà mai, tantomeno per fame e per sete. Ma parlare di stato vegetativo non è semplice, è un tema delicato che impone prudenza».

Eluana Englaro era contraria a qualsiasi forma di trattamento sanitario ad oltranza. Che fare?

«Penso che la volontà del paziente vada sempre rispettata. Ma il cattolico sa anche che è moralmente obbligato a rispettare il quinto comandamento: non uccidere. Quindi, il credente sa che uccidere è peccato, così come sa che non è lecito chiedere che gli venga tolta la sua vita».

© Copyright Repubblica, 17 ottobre 2007

2 commenti:

mariateresa ha detto...

cara raffaella, sono fuori argomento, ma intanto buongiorno.
Ti segnalo questo articolo veramente pesante di Vladimir
http://www.europaquotidiano.it/site/engine.asp
valuta tu se è il caso o no. Diciamo che dà una chiave di lettura degli ultimi avvenimenti , non sono in grado io di dire quanto fondata.temo, almeno a pelle, che ci siano diversi spunti , come dire , realistici.

Anonimo ha detto...

Grazie Mariateresa :-)