17 ottobre 2007

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Quattro italiani su diciassette, c'è anche Bagnasco

di Paolo Rodari

Probabilmente già oggi Benedetto XVI, dopo l'udienza generale in piazza San Pietro, comunicherà i nomi dei diciassette presuli (dal 23 novembre, con gli 80 anni di Angelo Sodano, tanti ne serviranno per arrivare al numero massimo richiesto e cioè 120) che riceveranno il giorno di Cristo Re (domenica 25 novembre) la berretta cardinalizia e dunque avranno diritto di voto in caso di conclave. Tra questi non vi dovrebbe essere - ma il condizionale è d'obbligo fino a questa mattina - l'attuale arcivescovo di Palermo, monsignor Paolo Romeo.
La cosa - se confermata - è notevole se si pensa che mai, almeno nel corso degli ultimi pontificati, era stato lasciato fuori da un concistoro il titolare di una sede residenziale cardinalizia italiana. Il motivo principale è presto detto: tra i diciassette neo porporati, quattro dovrebbero essere gli italiani e cioè Raffaele Farina (prefetto della biblioteca apostolica vaticana), Angelo Bagnasco (arcivescovo di Genova e presidente della Cei), Giovanni Lajolo (governatore della Città del Vaticano) e Angelo Comastri (arciprete della basilica di San Pietro, vicario del papa per la Città del Vaticano e presidente della Fabbrica di San Pietro). È un numero elevato e che ha portato, gioco forza, all'esclusione del presule di origini siciliane. Inoltre, il predecessore di Romeo, ovvero il cardinale Salvatore De Giorgi, è del tutto in forze e dalla sua abitazione romana può ancora rappresentare bene nel collegio cardinalizio la diocesi palermitana.
Eppure, non sembra essere tutto qui. Oltre il Tevere c'è chi sostiene che la decisione del Pontefice muova anche da motivazioni più profonde. A Benedetto XVI pare non siano andate giù del tutto né la consultazione che Romeo avviò tra i vescovi italiani il 26 gennaio 2006 intorno al nome che avrebbe dovuto sostituire Ruini alla guida della Cei - una consultazione che, promossa con l'avvallo dell'allora segretario di Stato vaticano, Angelo Sodano, poco prima della scadenza del terzo mandato di Ruini, aveva indotto il Papa a intervenire e confermare il porporato di Sassuolo donec aliter provideatur e cioè finché non si provveda altrimenti - né le recenti prese di posizione critiche nei confronti del Motu Proprio Summorum Pontificum teso a liberalizzare l'antico rito di San Pio V così come Giovanni XXIII lo rivide nel 1962.
In sostanza, per Romeo e per altri vescovi che hanno partecipato lo scorso settembre al direttivo della Cei di fine estate, il vecchio messale non rispecchierebbe l'ecclesiologia che traspare nel nuovo, quello approvato con la riforma liturgica del 1970. E ancora: tornare al vecchio messale sarebbe un passo indietro che contraddirebbe l'insistenza (tutta da verificare) dei documenti del Concilio verso il fattore comunitario della celebrazione liturgica a discapito della comune direzione (del sacerdote e del popolo) versus Deum per Iesum Christum . Romeo, durante il consiglio permanente, è intervenuto sul Motu Proprio a piè pari e cioè senza lesinare critiche e rimostranze e la cosa è stata evidentemente appuntata.
Tutto ciò non significa che in futuro - magari già nel terzo eventuale concistoro dell'era Ratzinger - Romeo non possa ottenere la berretta cardinalizia, ma intanto la presente esclusione è da annotare e non può che bruciare parecchio.
Tra gli altri presuli che entreranno a far parte del collegio cardinalizio vi dovrebbe essere il polacco Stanislaw Rylko: la berretta gli era stata promessa fin dall'era Wojtyla e oggi ha giocato in suo favore l'importante appoggio del cardinale Stanislaw Dziwisz ancora molto influente nei sacri palazzi. Poi - praticamente sicuri - sono: l'argentino Leonardo Sandri, prefetto della congregazione per le chiese orientali; monsignor John Patrick Foley, pro-gran maestro dell'ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme; monsignor Paul Josef Cordes, presidente del pontificio consiglio Cor Unum, grande amico del Pontefice e persona di indiscusso valore teologico (la berretta gli viene conferita anche in virtù del lunghissimo servizio conferito all'interno della curia romana); João Braz de Avis, arcivescovo di Brasilia; il successore del cardinale Hummes a San Paolo, l'arcivescovo Claudio Scherer; il successore di Dias a Bombay, l'arcivescovo Oswald Gracias.
Probabili ma non sicuri sono invece i presuli di Barcellona, Nairobi, Dublino, Toronto, Washington e Varsavia mentre per l'arcivescovo di Parigi, André Armand Vingt-Trois, le riserve saranno sciolte soltanto all'ultimo. Nei sacri palazzi è arrivata notizia di una lettera di stop che il suo vicario episcopale avrebbe scritto a un sacerdote che chiedeva la possibilità di celebrare in un convento di clausura con l'antico rito. La richiesta è stata negata ma la cosa è arrivata in Vaticano.
Benedetto XVI darà la berretta rossa anche a tre o quattro presuli ultraottantenni i quali, dunque, in caso di morte del Pontefice non entreranno in conclave.

© Copyright Il Riformista, 17 ottobre 2007

2 commenti:

Luisa ha detto...

Ed io dico e ridico che non trovo normale che delle notizie che dipendono direttamente dal Papa siano date in anticipo dai vaticanisti...non solo lo trovo anormale ma anche inutile ,a che serve dirci alle 8h del mattino quello che il Santo Padre ci dira qualche ora più tardi? O piuttosto dovrei dire a chi serve, a chi è utile? All`ego di qualche impiegato curiale indiscreto e anonimo, a quello dei vaticanisti?
Io le notizie voglio sentirle dalla voce di Papa Benedetto...e non sarei triste...se stamattina ci sorprendesse con un silenzio su queste nomine.
Quanto poi a definire clamorose certe mancate nominazioni, io sorrido, sono i vaticanisti, ispirati sempre dai soliti ignoti curiali, a creare la falsa notizia e poi definiscono clamorosa la smentita al loro annuncio !
Non è che i vaticanisti funzionino in circuito chiuso?

Anonimo ha detto...

Ciao Luisa, sono curiosa di vedere che cosa accadra' oggi. Se dovessero essere confermate certe nomine, dovremmo trarre delle conseguenze sulla "rane" :-)