4 ottobre 2007

Avvenire smaschera le mistificazioni di Repubblica


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disinformazione

Secondo attacco di «Repubblica» su gestione dei fondi, adesioni e sostentamento del clero. Falsità cui è facile rispondere

DI UMBERTO FOLENA

Disinformazia, parte seconda. Ieri su Repubblica la triade Maltese-Pontesilli-Turco ha rifilato ai suoi lettori 'I soldi del ve­scovo- 2', una seconda dose di tota­li menzogne e mezze verità a propo­sito dell’otto per mille, dopo la pri­ma di venerdì scorso. I tre sembrano ignorare le nostre puntuali confuta­zioni del giorno dopo, fino a sparare questo titolone: 'Dove finisce l’otto per mille, segreto da un miliardo di euro'. Curzio Maltese scrive che Av­venire «pubblica per la prima volta il resoconto sul numero del 29 set­tembre ». Segreto? Per la prima volta? A Maltese, troppo indaffarato a scri­vere per perdere tempo a leggere, perfino il suo giornale, sfugge che o­gni anno la Cei acquista una pagina di Corriere della sera, Repubblica e Sole 24 Ore (oltre ad Avvenire), dove pubblica il resoconto. Maltese ce l’ha da sempre sotto il naso, il 'segreto'. Ma procediamo con ordine, limi­tandoci alle cose essenziali.

I costi? Trasparenti

«La campagna 2005, secondo il Sole 24 Ore, è costata alla Chiesa nove mi­lioni di euro. Il triplo di quanto poi la Chiesa ha donato alle vittime dello t­sunami, tre milioni», tragedia ricor­data in uno spot. Maltese sa perfet­tamente, se ha letto la nostra pagina di sabato, che gli interventi per il Ter­zo mondo sono stati finora 7.772. Tra di essi, c’è anche quello a favore del­le popolazioni colpite dallo tsunami. E tanti sono gli spot che illustrano tan­ti altri interventi. Sono andati in on­da spot sulla carità, sui preti, sul cul­to e sulla pastorale, perfino sulla pa­storale dei marittimi e dei non ve­denti, sui restauri, eccetera. Chi li a­vesse persi in tv, può visitare il sito www.8xmille.it (ci sono pure gli ac­cessi per ipovedenti e non vedenti) e ripassarseli tutti, e poi liberamente giudicarli. Nello stesso sito, a propo­sito di segreti, c’è un corposo docu­mento in formato pdf sui rendiconti 1990-2006. Dimenticavamo: la fonte del Sole 24 Ore è la Chiesa stessa; ba­sta visitare il sito appena citato. Nel 2006 al Terzo Mondo sono andati 80 milioni. E i 9 della campagna sono serviti anche a parlare delle altre de­stinazioni dell’otto per mille, com­presa la remunerazione dei preti. Maltese scrive una colossale falsità: «La Chiesa cattolica è l’unica a non dichiarare le spese pubblicitarie, ri­prova di scarsa trasparenza». Basta andare al sito appena citato, seguire il percorso 'informazioni' e 'quesi­ti', ed ecco il quesito numero 10: «Quanto investe la Chiesa cattolica per la comunicazione dell’8 per mil­le? ». Risposta: «Si investono circa 9 milioni all’anno, con una incidenza media pari solo a meno dell’1% dei fondi raccolti (eccetera)». Tanto o po­co? Per capirci, chi volesse scrivere personalmente a tutti i 40 milioni di contribuenti italiani, solo per lettera, busta e francobollo spenderebbe 32 milioni. Da dieci anni, la Chiesa cat­tolica non fa cartelloni stradali. Quel­lo che appariva ieri a pagina 35 di Re­pubblica risale al 1990.

5 e 8 per mille: ecco chi firma Maltese confronta 5 e 8 per mille: «Al 5 hanno aderito (firmato, ndr) il 61 per cento dei contribuenti, contro il 40 dell’8 per mille». Peccato che per il 5 per mille firmi solo chi consegna la dichiarazione (Unico e 730); tra questi, le firme per l’8 per mille so­no praticamente identiche: 61,3 per cento, come avevamo documenta­to

C’è poi la vecchia questione di chi non firma affatto. In Spagna, le 'non fir­me' finiscono allo Stato, scrive Mal­tese. È vero. Però dimentica di ag­giungere un dettaglio: in Spagna la Chiesa cattolica ha un 'minimo ga­rantito' che in Italia non ha. La Chie- sabato.
Chiesa cattolica senza garanzie sa cattolica italiana non gode di al­cuna garanzia e dipende solo ed e­sclusivamente dagli italiani, che oggi la sostengono, domani chissà. In Ger­mania invece vige la 'tassa per il cul­to', obbligatoria, a meno che un con­tribuente non si cancelli dalle liste diocesane. Una simile 'conta' dei ri­spettivi fedeli è auspicabile anche in Italia? Lo escludiamo. L’otto per mil­le viene ripartito per intero, per lo stesso motivo per cui, quando an­diamo a votare, tutti i seggi vengono assegnati, a prescindere dagli aste­nuti. Chi si astiene si rimette alla vo­lontà dei votanti. Ma va detto che l’ot­to per mille non sono 'soldi dello Sta­to', ma una porzione delle tasse che i cittadini versano allo Stato e che lo Stato stesso, in un esemplare mecca­nismo di democrazia diretta, mette a disposizione dei cittadini, chiedendo loro: a chi volete che sia ridistribuito? Molte altre sono le falsità dell’in­chiesta. Una particolarmente an­tipatica è la frase tra virgolette, da­tata 1996, attribuita a quello che Maltese definisce 'cassiere ponti­ficio', monsignor Attilio Nicora, in realtà allora in forza alla Cei: «Lo Stato non doveva fare concorren­za scorretta alla Chiesa». Frase mai letta né sentita. Maltese è in grado di indicare la fonte?

Restituiamo quanto ci viene dato

Scrive poi Maltese: «Dal 1990 al 2007, l’incasso per la Cei è quintuplicato e la spesa per gli stipendi dei preti, complice la crisi di vocazioni, è sce­sa alla metà, dal 70 al 35 per cento». Assurdo. I preti inseriti nel sistema so­no semmai aumentati e la loro re­munerazione è rimasta costante. Ad aumentare sono state le firme a fa­vore della Chiesa e il gettito Irpef; in questo modo la percentuale neces­saria per provvedere ai preti è dimi­nuita e si sono liberate maggiori e­nergie per carità, culto e pastorale, destinazioni definite per legge, che campeggiano chiare, da sempre, nel­l’apposito spazio della firma. Dispia­ce poi leggere questa affermazione attribuita alla moderatrice della Ta­vola Valdese: «I soldi arrivano dalla società e vi debbono tornare. Se una Chiesa non riesce a mantenersi con le libere offerte, è segno che Dio non vuole farla sopravvivere».

Cara mo­deratrice, quanto poco conosce la Chiesa cattolica. Tutti i soldi dei cit­tadini tornano ai cittadini, perché i preti sono a loro disposizione, e così pure le parrocchie, gli oratori, le strut­ture di accoglienza, tutto. La carità va a tutti, senza distinzione di fede o et­nia. L’educazione è a favore dell’inte­ra società.

E l’otto per mille è soltan­to una minima parte di ciò che la Chiesa riceve e ridistribuisce. Molto, molto di più arriva dalle libere offer­te alle parrocchie, ai missionari, ai conventi. I preti italiani sono circa 39 mila e per metà del loro fabbisogno complessivo provvedono già la Chie­sa e i fedeli. Solo per la restante metà si ricorre all’otto per mille. Quanto al­la volontà di Dio, cara moderatrice, quella è nel cuore di Dio. E Dio non ha bisogno di suggeritori.

© Copyright Avvenire, 4 ottobre 2007


«Sembrano metodi da piccoli Torquemada»

Il professore Carlo Cardia: vengono fornite delle cifre senza spiegarne il vero utilizzo

DI PAOLO VIANA

Repubblica l’ha accusato di aver cam­biato casacca e idee sui finanzia­menti alla Chiesa e sul comunismo e ha contestato la sua partecipazione alla commissione governativa per l’esame del­l’otto per mille. Colpa di que­gli articoli su Avvenire, in cui il professor Carlo Cardia par­la del Papa, dei Dico e del Fa­mily Day. Ecco la risposta del giurista.

Professor Cardia, Repubbli­ca sviluppa la sua inchiesta chiedendole implicitamen­te di dimettersi dalla com­missione dell’otto per mille. Come risponde?

È la prima volta in cui in Ita­lia si chiedono le dimissioni da una commissione tecnica per aver scritto un articolo su Avvenire. Questo è il risultato di una cam­pagna laicista e bisogna avere molta pa­zienza, anche se mi sembrano metodi da piccoli Torquemada.

Curzio Maltese le rinfaccia il passato nel Pci e la accusa di aver cambiato campo...

È triste che si parli come se esistessero an­cora campi di battaglia in questo Paese. Sono stato con Berlinguer da giovanissimo e, in sua rappresentanza insieme al sena­tore Paolo Bufalini, ho trattato per il Con- cordato con la Santa Sede. È stata una del­le fasi più ricche e belle della mia vita. Un giorno Berlinguer mi disse: «purché vi sia libertà di adesione all’insegnamento reli­gioso, questo è molto importante perché trasmette dei valori ai giovani». Quello è il mondo da cui provengo.

Repubblica la accusa di incoerenza, ricor­dando che nel 2001 lei si esprimeva per la revisione dell’otto per mille...

Fa cattiva informazione, in quanto la mia opinione non è cambiata. L’ho ripetuto anche di recente in un convegno pubbli­co, di fronte ai vertici della Cei: poiché la progressione dei 'voti' espressi dai con­tribuenti in favore della Chiesa cattolica può portare a somme eccessive, ho pro­posto di abbassare l’otto per mille a sette. Questo ho scritto e penso tutt’oggi. Del resto, diversamente da un massimalista, un rifor­matore, se ritiene che una norma vada adeguata, lo propone in serenità e indi­pendenza di spirito. Dov’è l’incoerenza se, pensando­la in questo modo, difendo la Chiesa quando viene pa­ragonata a una casta?

Perché accusa Repubblica di disinformazione?

Perché fornisce delle cifre senza spiegarne l’utilizzo e senza illustrare le vere attività ecclesiali. Quest’inchiesta ha un peccato originale: vuole mettere in parallelo i costi della Chiesa e quelli del­la politica.

Parliamo dei contenuti giuridici delle ac­cuse: il sistema delle quote non espresse, che in gran parte vanno alla Chiesa catto­lica, rispetta il principio della volontarietà del contribuente?

Il sistema complessivo si fonda proprio sul­la volontà dei cittadini, ma non dimenti­chiamo come è nato: si è voluto, come per l’elezione del Parlamento, incentivare la partecipazione. È evidente che si tratta di un meccanismo su cui è possibile discutere, purché lo si faccia con serenità, senza voler distruggere tutto.

L’otto per mille favorisce una Chiesa ri­spetto alle altre?

No, il meccanismo è identico per tutti, tant’è vero che tutte le Chiese, tranne pen­tecostali e battisti (questi ultimi non par­tecipano all’otto per mille), hanno otte­nuto (o stanno ottenendo) di aderire alla distribuzione delle quote non espresse. Ovviamente, la quota della Chiesa catto­lica riflette i 'voti' che essa raccoglie al mo­mento della dichiarazione dei redditi. In I­talia i cattolici sono maggioranza, c’è chi non lo sopporta, ma la Storia non è una colpa. E neanche la realtà dei fatti.

Allora facciamo chiarezza su un fatto: co­sa deve finanziare l’otto per mille?

È noto che sostituì la congrua, ma non de­ve essere usato solo per pagare lo stipendio ai preti. La legge prevede anche altri scopi, dagli edifici di culto alle iniziative caritati­ve. Quella del sostentamento del clero è u­na finalità primaria ma non esclusiva.

È vero, come sostengono i detrattori dell’otto per mille, che altri Paesi han­no scelto soluzioni più funzionali e de­mocratiche?

Direi di no. In Germania per non destinare una parte del proprio reddito alla chiesa di appartenenza bisogna dimostrare di aver dato le 'dimissioni' da essa, con tanto di certificato del vescovo. E poi, dalla Germa­nia alla Russia, alla Spagna, all’Austria, fino alla Romania, quasi tutti finanziano le Chie­se. Nei Paesi dell’est, anzi, sta rifiorendo questo finanziamento, perché le Chiese fon­dano scuole, ospedali, case di riposo, cioè arrivano dove lo Stato non ce la fa.

© Copyright Avvenire, 4 ottobre 2007

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