30 maggio 2008
Prof. Reale: «Emergenza educativa, una crisi che inizia dai padri» (Castagna)
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I VESCOVI E IL PAESE
Reale: «Emergenza educativa, una crisi che inizia dai padri»
DI EDOARDO CASTAGNA
«Non è un problema. È il problema » .
Il filosofo Giovanni Reale apprezza senza riserve l’intervento di Benedetto XVI sull’emergenza educativa, ritenendola «il problema, in senso assoluto, che domina la situazione attuale». E ne indica immediatamente la radice: «Il relativismo pervasivo, e non di rado aggressivo, che mina alla base tutte le certezze e tutti i valori – quindi, tutti i punti di riferimento per l’educazione. Così, il problema dell’educazione è in realtà il problema dell’essere uomo nella società di oggi. Perché la questione, a mio modo di vedere, è questa: è crisi tra i giovani perché è crisi tra i padri e le madri».
È in questo senso cha va compreso l’appello agli educatori, affinché siano «testimoni credibili di quei valori su cui è possibile costruire sia l’esistenza personale sia progetti di vita comuni e condivisi»?
«Certo, è l’unica cosa da fare. Per i Greci, nostri maestri, la verità di una filosofia si misurava non nella coerenza delle idee e delle dimostrazioni che il filosofo presentava, ma nella coerenza con la sua vita: se è vero quello che dici io lo verifico nella vita che conduci. A maggior ragione questo vale oggi per i padri, le madri, gli educatori. Le chiacchiere non servono a nulla: del padre e della madre i figli colgono ciò che fanno pri- ma di ciò che dicono, che è, se non secondario, perlomeno conseguente. Del resto, il pontefice fin dalla sua prima enciclica ha detto chiaramente che l’incontro con Cristo non è un incontro con delle idee, ma con una persona. Così Kierkegaard, alla domanda se avrebbe voluto aver visto Cristo in faccia, rispondeva: Cristo lo devi sempre vedere in faccia; essere credente significa sentire Cristo come contemporaneo. Il cristianesimo finisce nel momento in cui cessa questa contemporaneità, perché allora Cristo diventa una cosa immensamente lontana da noi».
Come è possibile far rinascere questa idea e metterla in atto? Il discorso di Benedetto XVI richiama l’idea di persona.
«Purtroppo il concetto di persona oggi è stato completamente dimenticato a favore dell’individuo, dell’individualismo. Invece il concetto di persona, che non è greco ma esclusivamente cristiano, implica un rapporto strutturale dell’io con il tu. E non solo a livello orizzontale, ma anche con il Tu maiuscolo; triangolare, quindi. Io l’ho imparato bene da Giovanni Paolo II, che diceva che la persona umana è un rispecchiamento della Trinità. Recentemente sono stato molto colpito dalla lettura de L’epoca della passioni tristi, dove due psicoterapeuti francesi, Miguel Benasayag e Gérard Schmit, scrivono che non hanno mai avuto così tanti pazienti giovani da curare come adesso. E trovano la ragione di fondo di questa crisi dei giovani: il caos, che trovano sia in casa, sia fuori. Rieducarli è assolutamente fondamentale, e per farlo occorre superare quel relativismo – che è nichilismo – dilagante. Non con parole, ma con testimoni».
La sua lunga esperienza di insegnamento glielo conferma?
«Io, che sono nella scuola da sempre, capisco e soffro moltissimo nel vederla corrotta e decadente, nel senso che si è dato un peso determinante alla preparazione per l’utile, per ciò che concretamente è utile, scacciando tutto ciò che è 'inutile'. Per fortuna non siamo noi al vertice di questa sciagura; ha iniziato la Germania, poi in Francia hanno tolto la filosofia dai licei… che però è quello che insegna a pensare. A essere uomini».
Eppure anche nei nostri licei si sentono gli studenti dire: perché devo studiare latino, a che mi serve?
«È quello il problema! Ma chi lo dice davvero? Prima degli studenti, lo dicono i padri e le madri. Ricordo una lettera: 'A mio figlio fanno studiare Manzoni, ma a che cosa gli serve, visto che farà l’ingegnere…'. Ma scriveva il pensatore cinese Tchouang Tse: 'Tutti conoscono l’utilità dell’utile. Ma pochi conoscono l’utilità dell’inutile'. E aggiungeva: 'L’inutile produce talvolta ciò che è più utile di ciò che tu ritieni inutile'. Sono queste le cose che dovremmo far capire. Anche a qualche professore, perché molti sono ancora figli del Sessantotto e non hanno recuperato i valori che erano stati contestati».
© Copyright Avvenire, 30 maggio 2008
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