15 luglio 2008

Iniziativa de "Il Foglio": acqua per Eluana Englaro. Polemica sull'intervento "tiepido" di Tettamanzi. Lettera di Giuliano Ferrara e reazioni


Su segnalazione di CH riportiamo l'iniziativa de "Il Foglio" cui si e' aggiunto anche il settimanale "Tempi".
Giuliano Ferrara ha scritto una lettera aperta al cardinale Tettamanzi in cui giudica "tiepido, glossa alla vita reale senza volersi sporcare la penna" l'intervento, su Avvenire, del porporato sotto la cui giurisdizione ricade Lecco, la citta' di Eluana. Vi confesso che anche io ho fatto la stessa riflessione quando ho letto quella pagina su Avvenire pur astenendomi da ogni commento. Non e' un caso, a mio avviso, che nessuna reazione si sia levata dalla stampa laicista e questo, per me, non e' mai un buon segno. E' ora di non ricercare piu' l'appoggio e la benevolenza dei media.
Vi segnalo i link:


Eminenza, non è che non sappiamo più dirci cristiani?

Card. Tettamanzi sul caso di Eluana: "Mai chiudere la porta della vita, il mistero ci sfugge"

No, caro Elefantino. L'associazione medici cattolici italiani scrive in difesa del cardinale Tettamanzi

Acqua per Eluana Englaro

Sentenza di morte

Chi non può vivere senza assistenza muoia

Ho incontrato Eluana

Io, prima persona singolare liberale

Piccola posta di Adriano Sofri su Eluana Englaro

Io, nutrito con il sondino

5 commenti:

Anonimo ha detto...

secondo me tettamanzi rinuncerebbe a lecco finchè la faccenda non si risolve.
il caso di eluana non paga dal punto di vista mediatico e il cardinale di milano è in grave difficoltà.
qui si tratta di parlare con parlare precise e ferme,non di difendere rom e islamici o di cacciare dalle chiese chi chiede la messa in latino.
la domanda sorge come il sole:perchè l'arcivescovo emerito martini che pontifica su tutto ora tace?
rifletteteci.

Raffaella ha detto...

Posso essere politicamente scorretta e dire la mia?
A mio avviso l'arcivescovo emerito di Milano tace PER ADESSO! Non appena la triste vicenda di Eluana sara' conclusa (in un modo o nell'altro) avremo modo di leggere la parola del cardinale. Sara' un intervento dei "suoi": pieno di domande, di dubbi e, per qualcuno, di misericordia.
Vogliamo scommettere?
Se ho capito bene certi meccanismi ecclesiali, si tratta solo di aspettare...
Spero di sbagliarmi perche' se ho ragione mi arrabbiero' come una iena.
C'e' bisogno della parola dei vescovi ora, non dopo!
Il mio apprezzamento per il cardinale Bagnasco.
R.

gemma ha detto...

è innegabile che ormai ci sono due anime nella chiesa: è evidente in ambito liturgico, così come nelle reazioni ad ogni fatto di cronaca e, soprattutto, nei confronti dell' approccio ai principii e ai fondamenti del credo. Da molti sacerdoti, poi, diciamocelo, arriva il messaggio che .."ma si, tutte le religioni sono uguali e a ciascuno il suo Dio, con relativo luogo di preghiera, anche negli stessi locali della chiesa!. ". Siccome, checchè se ne dica, il credo religioso non è come quello politico e se credi veramente, colui in cui credi ( al giorno d'oggi sempre più per libera scelta e meno per educazione e tradizione), è un'entità che ti ha preceduto, ti ha pensato e creato, risulta difficile seguire pastori "multireligiosi" ( senza per questo essere fondamentalisti). Si finisce per disertare le chiese ed essere accusati da chi aderisce ai movimenti di parlare "per dare aria alla bocca", senza partecipare . Ma partecipare ad una comunità parrocchiale significa aderirvi, e spesso questo può essere difficile, quando il messaggio che arriva dal centro (che hai scelto) è uno, e quello della periferia è altro. E lo dico da persona che quasi mai ha certezze indissolubili e ancora meno si erge a giudice implacabile delle convinzioni altrui.
Riguardo all'iniziativa della distribuzione di acqua, è una provocazione che non condivido, che può autorizzare chi la pensa diversamente ad ulteriori contro-provocazioni dello stesso genere. Tra razionali, in questi casi, si discute, anche animatamente, anche fermamente (con le parole del card. Bagnasco, giustissime), ma non con le provocazioni, che ne generano automaticamente altre, magari stile piazza Navona.

Anonimo ha detto...

Cari amici... condivido tutti gli interventi precedenti... Io penso che i Pastori non debbano tacere difronte alle prevaricazione di una cultura di morte di radice satanica che si sta da tempo introducendo nella nostra società. La fedeltà a Cristo e alla Verità alla lunga paga... Penso a Sant'Abrogio che non ebbe paura a cacciare dalla celebrazione della Messa l'imperatore e quindi scomunicarlo perchè aveva ordinato una strage di nemici... altro che politicamente corretto....

Anonimo ha detto...

Alla cortese attenzione del direttore.

Lo scritto, necessariamente lungo, forse potrebbe avere collocazione diversa da quella della rubrica lettere. Tagliare è un peccato. Però potrei, a malincuore, provvedere io stesso. Veda lei.

Grazie. Distinti saluti

Renato Pierri

Gentile direttore, vorrei fare un po' di chiarezza riguardo alla posizione della Chiesa davanti a casi come quello di Piergiorgio Welby, di Eluana Englaro, e soprattutto sul problema delicato e complesso dell'eutanasia. Intanto è importante informare non credenti e credenti, ecclesiastici compresi, che si ostinano a definire omicidio l'eutanasia, che la Chiesa stessa non considera l'uno e l'altra alla stessa stregua. Per rendersene conto basta confrontare due passi del Catechismo. Al n. 2268: "Il quinto comandamento proibisce come gravemente peccaminoso l'omicidio diretto e volontario. L'omicida e coloro che volontariamente cooperano all'uccisione commettono un peccato che grida vendetta al cielo". Riguardo, invece, all'eutanasia, al n. 2277: "Essa è moralmente inaccettabile". C'è una notevole differenza. In genere la posizione della Chiesa su questi problemi si basa su un'errata interpretazione di alcuni passi delle Scritture. Molti ecclesiastici lo sanno, ma non possono parlare, giacché la Chiesa può riconoscere gli errori del passato, ma non quelli attuali. I passi in questione si trovano nell'Antico Testamento: "Sono io che do la morte e faccio vivere" (Dt 32,39); "Il Signore dà la morte e dà la vita, fa scendere agli inferi e ne fa risalire" (1Sm 2,6). La Chiesa si appella a versetti come questi per affermare: "La vita e la morte dell'uomo sono, dunque, nelle mani di Dio, in suo potere"; "Morire per il Signore significa vivere la propria morte come atto supremo di obbedienza al Padre, accettando di incontrarla nell’«ora» voluta e scelta da lui, che solo può dire quando il cammino terreno è compiuto (cf Evangelium vitae). Ora, se c’è un Dio creatore ed una creazione, è ovvio che questa dipenda da Dio, ma non è altrettanto ovvio che sia Dio a "decidere" di dare la vita e la morte ad ogni individuo. Il concetto non solo non trova seria rispondenza nelle Scritture, ma è contraddetto dalla ragione e dalla nostra esperienza. Si pensi ad un concepimento a seguito di stupro, agli aborti spontanei, alle morti premature, accidentali, ecc. Non possiamo pensare che sia Dio a prendere simili "decisioni". Che idea dovremmo farci del Creatore? Non possiamo basarci sul versetto della Bibbia che più ci fa comodo, per sostenere le nostre tesi. Altrimenti, per sostenere ad esempio che Dio è vendicativo e violento, potremmo ricorrere ai versetti che seguono immediatamente il verso citato del Deuteronomio: “Quando avrò affilato la mia spada folgorante, e la mia mano si accingerà al giudizio, farò vendetta dei miei avversari, ripagherò quelli che mi odiano. Inebrierò le mie frecce di sangue, la mia spada divorerà la carne: sangue degli uccisi e dei prigionieri, teste dei principi nemici”. E' lo stesso Dio che parla, e nello stesso contesto. Le citazioni bibliche non devono contrastare né con la ragione né con lo spirito del Vangelo. La posizione della Chiesa sarà allora in sintonia col Vangelo? Neppure per sogno. Gesù ci dice: "Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi" (Gv 15, 12). Ora, per portare un esempio limite, non si vede come si realizzi questo amore nel caso di un neonato portatore di malattia gravissima ed incurabile, allungandogli di qualche giorno o di qualche settimana la vita. Ma perché dobbiamo pensare che debba provvedere Dio a togliere dalla sofferenza un malato senza speranza, e non piuttosto che sia proprio Dio ad affidarne all'uomo la responsabilità?

Renato Pierri

Ex docente di religione cattolica