17 aprile 2007

Che tipo e'il Papa? Risponde chi lo conosce bene...



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Gli auguri dell'Osservatore romano

Un magistero necessario

del cardinale Agostino Vallini
prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura apostolica



Quando ero bambino il parroco del mio paese ci diceva negli incontri di catechismo che il papa, Dio lo manda secondo i tempi. Una verità teologicamente esatta per più ragioni e che mi è ritornata alla mente il 19 aprile di due anni fa, allorché il cardinale protodiacono dalla loggia di San Pietro, col solenne annuncio habemus Papam, comunicava alla Chiesa e al mondo che il Papa, giusto per questo nostro tempo, chiamato a succedere a Giovanni Paolo II, Dio lo aveva scelto e si chiamava Benedetto XVI. In verità per me non fu una sorpresa: la conoscenza precedente del cardinale Ratzinger, l’ammirazione per il suo stile delicato e amabile nel rapportarsi alle persone, la lettura di alcune sue opere teologiche, mi avevano predisposto a ritenere che il nuovo papa dovesse essere lui. Mi è subito tornato alla mente l’insegnamento del mio vecchio parroco e ho ringraziato Dio: se lo aveva scelto, era quello che ci voleva. Questa percezione immediata, radicata nella fede, ha trovato conferma nei fatti. Ne ricordo soltanto qualcuno.
Anzitutto il suo impegno per la piena attuazione del Concilio, con l’autorevole e obiettiva precisazione del concetto di “recezione” del patrimonio dottrinale e disciplinare. Che il Vaticano II sia stato una immensa grazia per la Chiesa è pressoché universalmente riconosciuto, ma «nessuno può negare», ha detto il Papa nel discorso alla Curia romana in occasione dei primi auguri natalizi (22 dicembre 2005), «che in vaste parti della Chiesa, la recezione del Concilio si è svolta in modo piuttosto difficile» per una errata interpretazione. All’«ermeneutica della discontinuità e della rottura», Benedetto XVI ha contrapposto “l’ermeneutica della riforma”, cioè del rinnovamento nella continuità, perché la Chiesa rimane sempre la stessa, seppure cresce nel tempo e si sviluppa come popolo di Dio in cammino nella storia. Una messa a punto opportuna, anzi necessaria, che ha aiutato tutti, pastori, teologi, operatori ecclesiali e fedeli, a camminare sui sentieri dell’autentico spirito conciliare.
Un secondo indirizzo del magistero di Benedetto XVI mi pare altrettanto chiaro e fecondo. Nel contesto culturale in cui oggi viviamo, marcato da una situazione di smarrimento spirituale, di sfiducia nella verità oggettiva e di accentuato individualismo, il Papa fin dai suoi primi interventi ha mostrato la preoccupazione di offrire motivazioni chiare e persuasive per credere. La Chiesa oggi si trova davanti a una grande sfida: come rinnovare la sua pastorale? Come formare i battezzati, perché la fede diventi luce e forza gioiosa di vita? La formazione generalmente messa in campo dalle parrocchie richiede di essere ripensata; il catechismo in occasione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana e la predicazione domenicale a una percentuale bassa di praticanti sono inadeguati e insufficienti. Per tante persone, che pure si dicono cristiane, i valori della fede e della morale, se non sono rimossi positivamente, restano sullo sfondo e, a giudicare dai comportamenti, sembrano diventare ininfluenti. In questi due primi anni di pontificato il Papa ha stimolato e incoraggiato a ripensare metodi e forme dell’azione missionaria della Chiesa, perché Dio non rimanga escluso dalla vita della gente, dalla cultura e dalla stessa società.
È stato giustamente detto che il magistero di Benedetto XVI ruota con frequenza intorno a tre ambiti: fede, ragione, amore. È un terzo aspetto, questo, nel quale il Papa si è imposto all’attenzione per la chiarezza del pensiero e il rigore di argomenti stringenti. Convinto che fede e ragione siano complementari nei confronti della verità e della salvezza, volendo scuotere dal torpore intellettuale e morale soprattutto l’Occidente, il Papa spinge perché fede e ragione si muovano in unità, senza esclusioni reciproche. «Dio non diventa più divino», ha detto nel famoso discorso all’Università di Regensburg, il 12 settembre 2006, «per il fatto che lo spingiamo lontano da noi in un volontarismo puro e impenetrabile, ma il Dio veramente divino è quel Dio che si è mostrato come logos e come logos ha agito e agisce pieno di amore in nostro favore». E al tema dell’amore, come è noto, ha dedicato la sua prima enciclica, Deus caritas est. Le implicanze concrete di questo trinomio sul piano etico-morale sono evidenti e il Santo Padre non ha mancato di ricordarle, motivarle, ribadirle, difenderle. La difesa e la promozione della vita umana, del matrimonio, della famiglia, dell’educazione delle nuove generazioni, della pace, sono temi ricorrenti del suo insegnamento. Lo ha proposto e lo propone ogni giorno per fedeltà a Cristo e all’uomo. E la gente lo apprezza. Basta pensare allo spontaneo appuntamento domenicale dell’Angelus, non organizzato da alcun ufficio vaticano, che vede riunite in piazza San Pietro migliaia e migliaia di persone, attratte dalla sua parola breve, chiara, incisiva, che fa pensare e resta nel cuore. Alcuni mesi fa, in via della Conciliazione, mi ha fermato un signore di mezza età. «Lei è un prete», mi ha detto, «e permetta che le dica una cosa importante». «Dica pure», ho risposto con un sorriso incoraggiante. «Sono pentito di essermi allontanato dalla Chiesa; ma è un po’ di tempo che la domenica, a mezzogiorno, non posso fare a meno di venire a sentire il Papa, perché mi dice la verità».
Al Santo Padre, in occasione del suo ottantesimo genetliaco, assicuriamo la nostra preghiera e porgiamo i nostri auguri devoti e filiali. Ad multos annos!

Trenta giorni


Un semplice e umile servo nella vigna del Signore

del cardinale Franc Rodé cm
prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica


Dopo il grande papa Giovanni Paolo II, i signori cardinali hanno eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore».
Sono le prime parole che sua santità Benedetto XVI ha pronunciato, il 19 aprile di due anni fa, subito dopo la sua elezione quale successore di Pietro: la prima, nitida immagine di questo Pontefice che abbiamo imparato a conoscere e amare; immagine che il Santo Padre sa confermare con le parole, con gli atteggiamenti, con il tratto sereno e la ferma dolcezza di chi è consapevole di aver ricevuto da Cristo l’incarico di confermare i fratelli nella fede.
Semplicità, modestia, discrezione, rispetto per l’uomo – tutto l’uomo e tutti gli uomini, come soleva dire il suo predecessore Paolo VI di venerata memoria –: questi alcuni dei tratti caratteristici di questo Papa, trasparente nella sua umiltà, un uomo sine dolo, senza falsità (cfr. Gv 1, 47).
Il suo pensiero, limpido e coerente, parla agli uomini e alle donne del nostro tempo, senza mezzi termini, e senza timori; la chiarezza, la bellezza e la profondità del suo linguaggio sanno parlare al cuore perché dice parole di gioia, di libertà, di bellezza, di pienezza di vita, di amore senza confini, senza costrizioni, senza infingimenti. Durante un colloquio ebbi a dirgli che, sentirlo parlare, mi ricorda il grande teologo italo-tedesco Romano Guardini, per l’affinità di pensiero e di stile. Fu lieto di questo accostamento.
In occasione del suo ottantesimo genetliaco sono lieto di fargli giungere ancora una volta l’augurio mio e della Congregazione degli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica che – a suo nome – guido, eco dell’augurio e della preghiera di milioni di consacrati e consacrate che, ogni giorno, spendono la propria vita a causa di Cristo e del Vangelo, fino agli estremi confini della terra.
Augurio che è preghiera che quotidianamente innalzo, insieme a tutti gli officiali del dicastero, quando a mezzogiorno ci ritroviamo per l’Angelus, perché il Signore conservet eum, et vivificet.

Trenta giorni


La sua semplicità e delicatezza nel comunicare la tradizione della Chiesa

del cardinale William Joseph Levada
prefetto della Congregazione per la dottrina della fede



In occasione dell’ottantesimo genetliaco di sua santità papa Benedetto XVI, vorrei esprimere di cuore la gratitudine e la riconoscenza per quanto il nostro Santo Padre fa e assicurargli la constante preghiera.
Ciò che mi ha sempre colpito, fin dal primo incontro che ho avuto con il Santo Padre, al tempo in cui all’inizio nel 1982 egli iniziava il suo ministero romano come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, mentre ero ancora officiale del medesimo dicastero, è stata innanzitutto la sua straordinaria semplicità e delicatezza. Ed è con questi tratti umani caratteristici che egli, prima come teologo e prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, e ora come papa, successore di Pietro, esprime e comunica la grande eredità del patrimonio spirituale e dottrinale della tradizione della Chiesa, dei padri, della Scrittura letta sempre con le lenti della sapienza religiosa dei santi e dei dottori della Chiesa.
E nello stesso tempo, come tutti hanno potuto constatare, ad esempio nel discorso pronunciato nel 2006 nell’Accademia di Ratisbona sul rapporto della fede con la razionalità moderna, papa Benedetto cerca sempre il contatto con i problemi culturali e con le urgenze del momento storico presente, cosicché la sua parola risulta sempre “attuale”, anche se non si lascia mai catturare dall’attualità, perché gli occhi del cuore e dell’intelligenza sono sempre orientati e diretti al Logos eterno che, incarnandosi, ha divinizzato l’uomo, senza dissolvere il divino nelle ambiguità e nelle opacità della storia.
Potremmo dire che se Giovanni Paolo II ha portato in giro per il mondo la verità del Vangelo, promuovendo ogni seme di autentico movimento missionario, Benedetto XVI sembra voler proseguire il percorso iniziato dal suo predecessore rivelando al mondo la sfida del Logos cristiano, che si presenta come pienezza di significato di vita e capacità persuasiva di ragione.
Nella sua prima lettera enciclica papa Benedetto ci invita a riscoprire ancora una volta il volto del vero Dio, che è amore, agápe, per diventare consapevoli che quanto più audacemente doniamo la vita tanto più ci ritroviamo, poiché la gloria dell’amore è perdere la propria vita per Dio e per gli altri nelle decisioni quotidiane. Un invito fermo e appassionato quello dell’enciclica, a scegliere la vita in contrapposizione a una cultura della morte, per riproporre a un’umanità turbata da incertezze e timori la voce di Colui che ha detto: «Io sono la via, la verità e la vita», e prospettare così che la fondamentale liberazione che la Chiesa può darci è lo stare nell’orizzonte dell’Eterno.
Per questo ringraziamo di cuore il nostro Santo Padre e auspichiamo che la bontà di Dio Onnipotente lo possa accompagnare ogni giorno nel suo cammino.
Beatissimo Padre, ad multos annos!

Trenta giorni


Gli 80 anni di Benedetto XVI
di Gida Salvino

"A tutti rinnovo dal profondo del cuore il mio grazie più sincero, che estendo alla chiesa intera, la quale come una vera famiglia, specialmente in questi giorni, mi circonda del suo affetto".
Così Benedetto XVI ha aperto il suo discorso nella messa di domenica 15 aprile, alla vigilia del suo ottantesimo compleanno e del secondo anniversario della sua elezione. E ancora, nell'omelia, il Papa ha espresso un ringraziamento a Dio per tutti i suoi doni in 80 anni di vita e, in particolare, per essere cresciuto e vissuto facendo "l'esperienza di che cosa significa famiglia". Due parole che ritornano spesso - grazie e famiglia - nei discorsi del Pontefice. Abbiamo chiesto ad Alessandra Borghese, giornalista vaticanista e scrittrice, ma soprattutto amica personale di Joseph Ratzinger, di spiegarci che cosa significa.

Alessandra Borghese, lei conosce personalmente Benedetto XVI sin da quando era cardinale. Che cardinale era e che Papa è?

“Per me è sempre stato il cardinale per eccellenza. C’era Giovanni Paolo II, che era il Papa, e poi c’era il cardinale Ratzinger. Io sono sempre rimasta affascinata dal suo pensiero e dai suoi scritti, in particolare 'Il sale della terra' è un libro che mi ha molto colpito e che consiglio a tutti quelli che hanno dei dubbi sulla Fede. Joseph Ratzinger era un cardinale con una affabilità e una gentilezza straordinarie, che ancora oggi conserva da Papa. Non è un caso se uno degli aneddoti più simpatici che si sentono su di lui è che questo sia il Papa del 'grazie'. Le persone che collaborano con lui raccontano che li ringrazia in continuazione. E questo è un grande insegnamento di Benedetto XVI: molte volte non si è capaci di ringraziare nemmeno chi ci sta accanto.”

Alessandra Borghese, lei ha appena scritto un libro, Sulle tracce di Joseph Ratzinger, in cui ripercorre l’itinerario formativo del Pontefice nei suoi luoghi, in Baviera. Anche durante la messa il Papa ha ricordato l’importanza delle sue origini. Che idea si è fatta?

“E’ normale che un Papa si conosca attraverso le encicliche o i libri che scrive. Ma il mio è solo un contributo umano, senza pretese teologiche o biografiche, per amare di più Benedetto XVI. E’ un libro scritto con la penna del cuore. Ho fatto un vero e proprio pellegrinaggio nei luoghi natali del Papa, per scoprire dove ha studiato, cosa ha mangiato, di quale colore sono i prati su cui correva da bambino e come profuma l’aria dell’amata Baviera. Ho visitato le città di Joseph Ratzinger: da Marktl am Inn, il paesino in cui è nato, a Regensburg, dove ha insegnato, a Monaco. La foto in copertina ritrae un Ratzinger bambino, con lo zaino sulle spalle e gli occhi sorridenti. Da qui parte il mio percorso per mostrare il lato più vero e intimo del Papa, quello dei suoi affetti familiari, appunto, con un padre che la domenica andava a messa tre volte e un esempio meraviglioso di amore coniugale davanti agli occhi.”

Joseph Ratzinger ha appena pubblicato il suo primo libro da Papa, Gesù di Nazareth. Perché ha scelto di scrivere proprio un libro dedicato alla figura di Gesù?

“Benedetto XVI vuole farci riamare con gioia Gesù perché rappresenta la verità per ogni cristiano e perché è l’incontro che può cambiare la vita di ogni essere umano. E’ questa la missione del Papa, ed è questo che ha cercato di fare con il suo libro, in maniera sofisticata ed intelligente. La novità è la natura di questa pubblicazione, che non si presenta come documento magisteriale, ma come opera del teologo Joseph Ratzinger, frutto di un’intera vita di studio e di riflessione".

Verità è un’altra parola centrale per il Pontefice, sta anche nel suo motto: Cooperatores Veritatis. "Benedetto XVI spiegava di averlo scelto perché 'nel mondo di oggi il tema della verità viene quasi totalmente sottaciuto; appare infatti come qualcosa di troppo grande per l’uomo, nonostante che tutto si sgretoli se manca la verità'. Mi sembra che in queste parole risieda un altro grande insegnamento di un grande Papa.”

Fondazione italiana

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