7 aprile 2007

Gli Esseni e Ratzinger, il Papa rivoluzionario


Vedi anche:

Rassegna stampa del 6 aprile 2007

QUELLA PASQUA MISTERIOS

Papa Ratzinger getta luce su alcuni degli enigmi che avvolgono la vicenda storica di Cristo

C´è contraddizione fra i vangeli sugli ultimi giorni di Gesù. Ma secondo Benedetto XVI la chiave per risolverla è nei rotoli di Qumran e nei riti degli Esseni. Che Gesù stesso condivideva
Le ricerche del Pontefice sono contenute in un libro che uscirà la prossima settimana
All´inizio il Nazareno fu un seguace di Giovanni Battista e battezzava come lui


Città del Vaticano

Perché manca l´agnello sul tavolo dell´Ultima Cena? Sherlock Holmes non avrebbe saputo rispondere. «Perché l´Agnello è Gesù stesso», poteva ribattere un teologo. Ma la risposta non avrebbe risolto l´enigma, perché solo durante il pasto Cristo si è rivelato ai suoi seguaci come vittima sacrificale, offrendo loro il pane e il vino come suo corpo e suo sangue. Però gli apostoli, quando organizzarono la cena, non potevano saperlo e toccava a loro organizzare tutto. I vangeli parlano chiaro. Gli apostoli gli chiesero: «Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?». E Gesù dà le sue istruzioni.
Sulla tavola di un ebreo osservante, all´epoca di Cristo, l´agnello non poteva mancare. Era così per volontà del Signore, che aveva detto a Mosè e ad Aronne nel giorno della fuga dall´Egitto: «Ciascuno si procuri un agnello per famiglia (e il giorno di Pasqua) tutta l´assemblea delle comunità di Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po´ del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull´architrave delle case in cui lo dovranno mangiare». Quel segno rosso così inquietante doveva servire all´Angelo del Signore per riconoscere le abitazioni degli ebrei e salvarle, perché nelle case degli egiziani in quella notte fatale sarebbe morto il primogenito. Un rito da seguire scrupolosamente.
Mosè, così tramanda il libro dell´Esodo, lo inculcò agli israeliti: «Voi osserverete questo rito per sempre». E invece l´agnello non c´è, quando Gesù e gli apostoli si siedono per la cena dell´addio. E c´è ancora un altro mistero, che circonda quella riunione che per i cristiani è diventata fondante.
C´è una contraddizione di date. Gli evangelisti Marco, Luca e Matteo affermano senza esitazioni che l´ultima cena si verifica proprio nel giorno della Pasqua ebraica, mentre Giovanni nel suo vangelo dichiara che Cristo muore sul Calvario (e questo accade il giorno seguente dopo la notte del tradimento e del processo) esattamente nel momento in cui si immolavano gli agnelli».
Come risolvere i due indovinelli? Ci prova papa Ratzinger, il quale ha colto l´occasione di queste liturgie prepasquali per gettare una luce sulle sue ricerche intorno alla figura di Gesù Cristo, che vedranno la luce venerdì prossimo in un libro. Da sempre Ratzinger come teologo è stato affascinato dalla persona di Gesù. Quando nel 2002, ormai superati i settantacinque anni, chiedeva a Giovanni Paolo II di poter andare in pensione e di lasciare la carica gravosa di prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, era proprio per dedicarsi a tempo pieno a mettere nero su bianco le sue ricerche sul Messia. In pensione non ci è andato, invece lo hanno eletto papa. Ma con tenacia ha usato ogni momento di tempo libero in questo primo biennio di regno per scrivere le sue conclusioni.
Giovedì in San Pietro, durante la predica per la messa dedicata all´ultima cena, Benedetto XVI ha svelato gli enigmi. No, ha spiegato, non c´è contraddizione tra il resoconto dell´evangelista Giovanni e quello degli altri tre. «Siamo in grado di dire - ha esclamato con il tono chiaro e preciso che lo contraddistingue - che Gesù ha realmente sparso il suo sangue alla vigilia della Pasqua nell´ora dell´immolazione degli agnelli». E il pasto nel Cenacolo? «Egli ha però celebrato la Pasqua con i suoi discepoli - ha soggiunto il pontefice - probabilmente secondo il calendario di Qumran, quindi almeno un giorno prima: l´ha celebrata senza agnello, come la comunità di Qumran che non riconosceva il tempio di Erode ed era in attesa del nuovo tempio».
Una dichiarazione clamorosa proprio perché fatta da un papa e non da un semplice studioso, un accenno quasi rivoluzionario ad uno scenario inedito, che ci riporta a quella stagione tumultuosa dell´ebraismo in cui è germogliato il cristianesimo. Qumran è la località desertica, tra le rupi del Mar Morto, dove sono stati trovati i celebri rotoli appartenenti ad una setta - gli Esseni - che erano in forte polemica con la tradizione religiosa ebraica come interpretata e praticata dai Farisei. Dire che Gesù seguiva il «calendario di Qumran» significa dire molto di più: vuol dire che Gesù condivideva il rito pasquale di una setta, che si era creato un mondo di idee tutto suo, vuol dire che almeno in parte Gesù si comportava da seguace di quel movimento, che respingeva i fedeli del Tempio ufficiale e si concepiva protagonista di una lotta apocalittica tra i Figli della Luce e i Figli delle Tenebre.
Molti dei temi trattati negli Inni di Qumran li ritroveremo poi nell´Apocalisse di san Giovanni e anche immagini come il Paraclito (cioè lo Spirito Santo) o l´avvento di un nuovo Regno dopo una catastrofe finale. Figure come il «Maestro di Verità» o la visione messianica del Giusto sofferente. «Chi è stato disprezzato come me? Chi è stato reietto come me? Chi ha portato tutte le afflizioni come me?», scandisce uno degli inni più emozionanti e sembra di vedere l´Agnello che porta i peccati del mondo.
«Gesù non è nato imparato», ha detto una volta la teologa Caterina Jacobelli. Fa parte del fascino della ricerca storica scoprire come il Nazareno è maturato e ha costruito il suo messaggio e indagare da quali fonti ha attinto. È interessante scoprire, ad esempio, che Gesù all´inizio fu un «seguace» di Giovanni Battista e battezzava come lui.
Ratzinger, dunque, ci riserva sorprese. Una sola cosa non troveremo nel suo libro. Un frase lapidaria che scrisse da teologo nella sua Introduzione al Cristianesimo più di un quarto di secolo fa: «La dottrina affermante la divinità di Gesù non verrebbe minimamente inficiata, quand´anche Gesù fosse nato da un normale matrimonio umano. No, perché la filiazione divina di cui parla la fede non è un fatto biologico bensì ontologico». Sancire questo da parte del Papa (almeno oggi) sarebbe troppo.

Repubblica, 7 aprile 2007


Una lettura spirituale del sacrificio

Ma è un nodo di difficile soluzione
Il suo corpo diventa il tempio vivente


GIOVANNI FILORAMO

Nel discorso di Ratisbona il Pontefice aveva visto nel Logos, ragione donata da Dio a tutti gli uomini, ma anche, come insegna il Prologo del Vangelo di Giovanni, il Figlio preesistente, il fondamento della sintesi tra cristianesimo ed ellenismo. Dimostrando una singolare predilezione per quello che già gli antichi definivano il vangelo spirituale, nella omelia pronunciata per i riti del giovedì santo egli lo sceglie nuovamente, questa volta per fornire una lettura spirituale del sacrificio di Cristo.
Le fonti più antiche che ci parlano di questo - Paolo, i tre vangeli sinottici e, appunto, il quarto vangelo - ne hanno dato in sostanza due letture difficilmente conciliabili. Per i tre sinottici l´ultima cena di Gesù fu una tipica cena pasquale ebraica, ricordo dell´esodo dall´Egitto e dell´azione salvifica che Dio aveva compiuto nei confronti di Israele. All´interno di questa cerimonia tradizionale, atto rituale costitutivo della memoria culturale ebraica, Gesù avrebbe poi inserito la novità rappresentata dall´offerta sacrificale del suo corpo e del suo sangue per redimere l´uomo peccatore.
Secondo la cronologia seguita dall´autore del quarto vangelo, invece, Gesù sarebbe morto alla vigilia della Pasqua ebraica. Di conseguenza, egli non avrebbe potuto celebrare personalmente questa cena. Come risolvere questa contraddizione?
La proposta esegetica del Pontefice, in sé non nuova, ipotizza, in modo alquanto problematico, il ricorso da parte di Giovanni al calendario di Qumran e cioè di una setta giudaica, in genere identificata con gli Esseni, che aveva rotto con il Tempio di Gerusalemme, anche se non era ormai più attiva al momento della redazione del vangelo. Celebrando un sacrificio non cruento senza Tempio prima della pasqua ebraica, nella rilettura del Pontefice i settari di Qumran aprono la strada al modo spirituale in cui, per Giovanni, Gesù avrebbe celebrato un sacrificio ormai sganciato dalla religione sacrificale del Tempio. Il suo corpo diventa così il Tempio vivente in cui Egli celebra il sacrificio di sé. In questo modo il Pontefice sembra voler sottolineare la novità di una Pasqua, che Gesù celebra prendendo radicalmente le distanze dalla pratica ebraica tradizionale.

Repubblica, 7 aprile 2007

Nessun commento: