11 aprile 2007

I Cattolici sono una minoranza?


La vera forza della fede di noi cattolici

di Gianni Baget Bozzo

L’inchiesta pubblicata dal Giornale ci dice che i cattolici ignorano i dogmi cattolici. Con tanta abbondanza di ore di religione nelle scuole e tanta pubblicazione di documenti ecclesiastici, questo fatto è certo spiacevole ma non preoccupante. Perché è sempre stato così: e, quando la fede era l'unica cultura del popolo, non si pretendeva la conoscenza della cristologia da parte di chi aveva la «fede del carbonaio». La fede cristiana è altra cosa dalla conoscenza analitica delle parole dogmatiche. L'argomento nella fede non è il suo contenuto dottrinale, è l'autorità di Dio rivelante, che si manifesta in Gesù Cristo. L'«affetto del cuore» rivolto verso Gesù e Maria è il modo in cui il cuore credente percepisce il mistero divino nella sua rappresentazione umana.

È stata la riforma protestante che ha fatto di ogni cristiano il lettore della Bibbia, cioè ne ha fatto un potenziale intellettuale, obbligandolo a diventare esegeta. Ma la Chiesa cattolica è la Chiesa dei semplici, dei poveri contadini irlandesi e non dei colonizzatori britannici. L'ignoranza dogmatica non fa un grande problema. Gesù e Maria, Cristo e la sua Chiesa, la figura del Papa costituiscono il salto dal mistero del mondo alla luce di un altro mondo. Se dovessimo considerare la Chiesa cattolica solo dagli intellettuali, che sono divenuti una forma della sua assimilazione del moderno, dovremmo dire che il Cristianesimo si identifica con l'amore del prossimo. E quindi che la fede non è indispensabile. Un cattolico medio deve oggi resistere alla nuova eresia, quella che pretende di ridurrela fede all'amore del prossimo, come una verità autoevidente.

Ora la fede comanda l'amore del prossimo ma come estensione dell'amore a Dio e dell'amore di Dio che viene partecipato mediante la fede. Gramsci prevedeva che fosse la prassi a risolvere i cattolici nella realtà secolare: e non è stata la prassi rivoluzionaria, bensì la crisi della rivoluzione nel mondo e l'avvento del nichilismo postmoderno a indurre i cristiani a banalizzare il Cristianesimo nelle pure opere senza riferimento alla fede e alla grazia. Vedo che le folle corrono da Papa Benedetto che è tutto inteso a dare un significato storico all'identità cattolica proprio contro l'avvolgimento della mancanza di senso, del nichilismo che avvolge l'Europa dopo la fine del moderno. Mi pare anzi che questo Papa dia alla debolezza della fede una identità storica, ne faccia il fondamento delle radici cristiane d'Europa nel momento in cui l'Europa svanisce travolta dal nichilismo post razionalista e dal fondamentalismo islamico. Ciò dà al cattolico un senso storico, in senso di essere «sale della terra, luce delmondo» ed esprimere così proprio la civiltà della ragione che il nichilismo e il fondamentalismo, di fatto insieme alleati, distruggono.
Il nostro direttore tratta nel medesimo articolo i problemi dei cattolici in Italia e quelli di Forza Italia alle amministrative. Ma io credo che una delle speranze di Forza Italia siano appunto i cattolici che rimangono cattolici e non divengono partigiani della propria alienazione nell'altro e nella accoglienza totale di tutto. I cattolici «resistenti» sono nel centrodestra perché d'istinto avvertono che la riduzione della fede alle opere è l'eresia immanente di questo compromesso tra gli orfani della rivoluzione e i figli del dissenso cattolico. C'è una linea spirituale anche nel conflitto politico. Quelli che votano centrodestra sono cattolici o molto acculturati cattolicamente o del tutto ignoranti delle cose della fede; ma sono, gli uni e gli altri, spinti da un sentimento che la Chiesa cattolica oggi ha la sua verità manifestata nella funzione storica che essa ha in Occidente e che Papa Benedetto esprime con tanta sapienza e con tanta prudenza, dicendo ogni volta, in ogni discorso, cose antiche come nuove. Spingo il mio non conformismo a dire che se Berlusconi non avesse fatto scudo di Forza Italia al Paese e la sinistra, con i cattolici «adulti», avesse prevalso non avremmo avuto Papa Ratzinger ma il cardinale Martini, cosa che riterrei una iattura nonostante l'amabilità del personaggio. Del resto, la scelta democristiana per il centrosinistra, nel '60, fu il prologo naturale del Vaticano II e del «Papa buono»: tanto connessa è la storia d'Italia con quella del Papato.

Il Giornale, 11 aprile 2007

Non sono d'accordo sulla ricostruzione politica, ma sulla scelta del Papa certamente si' :-))


QUEL DISAGIO CHE CAMBIA I CATTOLICI

La nuova stagione che la Chiesa vive con le sue battaglie (vita, famiglia, bioetica)può avere conseguenze rilevanti nel ridisegnare i confini del cattolicesimo in Italia

Franco Garelli

Prima la battaglia sul referendum sulla procreazione assistita, poi la questione dell’eutanasia, culminata - anche simbolicamente - nel rifiuto del funerale religioso a Welby. Adesso il lungo no ai Dico e alle coppie gay. L’ultimo stop riguarda il testamento biologico, per evitare che sia l’anticamera dell’eutanasia. Continua l’impegno pubblico dei vertici della chiesa cattolica sui temi della famiglia e della bio-politica, il suo continuo smarcarsi da scelte di vita e da proposte legislative che ritiene poco rispettose della natura umana e del bene comune. Di questo passo, si chiedono in molti, che cosa si propone la chiesa cattolica? A che cosa mira una Chiesa che non perde occasione per intervenire a tutto campo nel dibattito pubblico?
Ieri come oggi, i vertici della Cei dicono che non è loro intenzione spingere a fondo sull’acceleratore. Il pressing etico di questi anni non è finalizzato a mettere in discussione le leggi sull’aborto e sul divorzio, quanto a dare la scossa a un’Italia che di tanto in tanto è colpita da amnesia della sua storia e identità cristiana. Si tratta di dar voce a un sentimento umano e religioso assai diffuso nel paese, poco riconosciuto da minoranze culturali e intellettuali che pensano e vivono diversamente. La vita è una risorsa troppo sacra per essere ridotta a opzione tecnologica. La famiglia-matrimonio è un bene troppo prezioso per la società, per equipararla a unioni più leggere, che riflettono la voglia di molti di non legarsi stabilmente o di limitarsi a un contratto privato. È importante che si crei un sussulto nel paese, che riaffermi i grandi principi e orizzonti, che richiami i valori irrinunciabili.
Occorre però chiedersi se con tutti questi interventi non si stia modificando il quadro del cattolicesimo italiano; se le battaglie pubbliche che da tempo la Chiesa conduce nel paese (in tema di vita, di famiglia, di bioetica) non possano a lungo andare incrinare quel modello di «cattolicesimo diffuso» che rappresenta la particolare condizione religiosa dell’Italia contemporanea, distinguendola da quanto avviene negli altri paesi occidentali.
Ancor oggi circa l’85% degli italiani continua a riconoscersi nella religione cattolica, anche se sotto questo grande ombrello convivono forme e intensità religiose molto diverse tra loro. Da un lato il sentimento cattolico è ancora molto esteso nella popolazione, pur caratterizzandosi in vari casi per tratti ambivalenti e contradditori. Dall’altro, la Chiesa italiana ha sempre operato per coltivare e alimentare un popolo di credenti, sia evitando scelte religiose elitarie (perlopiù affini alla sensibilità dei credenti più iniziati), sia avanzando proposte religiose capaci di intercettare le domande di un pubblico differenziato. Così il modello ecclesiale italiano tiene insieme sensibilità religiose diverse, devozioni popolari e religiosità più moderne, cattolici impegnati e cattolici per tradizione e cultura, fedeli osservanti e credenti occasionali, persone dalla fede esclusiva e soggetti in ricerca religiosa.
È proprio tra i credenti discontinui o tra i cattolici più tiepidi e distratti (che costituiscono la maggior parte dei «cattolici» italiani) che si registra oggi il maggior fastidio nei confronti di una Chiesa che ha accentuato nel tempo la sua presenza identitaria, che richiama continuamente la gente alla coerenza nei costumi e nelle scelte di vita. I cattolici meno attivi e convinti, sono parte integrante di quella popolazione che ragiona a favore dei Dico e delle simil-famiglie, che è tollerante sulla questione delle coppie gay, che guarda con disagio una Chiesa che si interessa troppo della morale sessuale e familiare degli italiani o che su questi temi tende a sostituirsi ai politici. Magari, questa quota di popolazione non è del tutto favorevole al riconoscimento legale delle unioni omosessuali (come ad altre istanze più libertarie), ma in essa la comprensione sembra essere più forte della voglia di distinzione.
Molti cattolici sperimentano dunque una Chiesa che parla linguaggi diversi, percependola a un tempo come più flessibile sul versante della fede e dell’appartenenza religiosa e come più rigida sulle questioni della morale e delle coppie di fatto. La Chiesa che non è tanto esigente e discriminante nell’amministrare i sacramenti, lo sta diventando sui temi della famiglia e della vita, che ha scelto come baluardo per affermare nell’epoca attuale la distinzione cristiana.
La nuova stagione che la Chiesa sta vivendo può quindi avere conseguenze rilevanti nel ridisegnare la presenza e i confini del cattolicesimo in Italia. Il richiamo ai valori irrinunciabili di cui si fa carico la gerarchia (insieme a vari gruppi religiosi più impegnati) sta forse segnando la fine del cattolicesimo di maggioranza, per far posto a un’appartenenza cattolica più attiva e convinta, ma anche più consapevole del suo carattere di minoranza?

La Stampa, 11 aprile 2007

In tempi non sospetti l'allora cardinale Ratzinger denuncio' la condizione di minoranza dei cattolici. Non e' quindi una novita'. I Cristiani saranno sempre piu' come granello di senape, chicco di grano, piccolo seme che, pero', ha la possibilita' di dare grandi frutti.


LE IDEE

Quando le chiese erano piene ma il Vangelo non si leggeva

PIETRO CITATI

Non so se qualcuno ricordi la condizione delle culture religiose, in Italia, durante gli anni tra il 1930 e il 1950. Nelle scuole elementari, il Catechismo: strumento efferato, che mi ha fatto odiare il cattolicesimo fino ai venticinque anni, quando ho letto san Paolo e sono stato conquistato e sconvolto, come non mi è mai più accaduto nella vita. E l´ora di religione: tenuta nell´ultima ora del sabato (sebbene studiassi in un istituto di Gesuiti), nella noia, nella disattenzione e nell´inquietudine dei ragazzi, che sognavano le gioie dei prossimi giorni di vacanza. Sulle cattedre stava di solito un sacerdote poco colto mentre l´insegnamento della religione cristiana deve essere uno dei fondamentali dei programmi scolastici, specialmente nei licei.
Le chiese erano piene la domenica e nei giorni feriali: fioriva l´istituto del matrimonio: i seminari erano gremiti di giovani, che sarebbero diventati sacerdoti e talvolta missionari; molte famiglie conoscevano una devozione che impregnava ogni attimo della vita. C´era il digiuno del venerdì e della settimana santa: istituzione a cui sono favorevolissimo. C´era l´abitudine della confessione: altro rito eccellente, purché il confessore conosca quella sottilissima scienza dell´anima, superiore a qualsiasi dottrina psicanalitica, che la tradizione cristiana possiede.
Nella mia scuola, ascoltavo la messa ogni mattina: facevo la comunione due volte la settimana: durante la quaresima, si svolgevano lunghi ritiri ed esercizi spirituali; e, nel mese di maggio, se un bambino o un ragazzo compiva opere buone, disponeva una collana di fioretti cartacei attorno al collo o ai piedi di una statua della Madonna. C´erano vespri, messe cantate, processioni, vie crucis, benedizioni, canti, riti d´ogni specie, ai quali un intero popolo partecipava.
Tra questi cristiani devoti, chi leggeva veramente i Vangeli, con la preparazione che quei testi semplici e difficilissimi esigono da ciascuno di noi? Chi leggeva libri su Gesù e le origini cristiane? Non esistevano buone edizioni commentate dell´Antico e del Nuovo Testamento.
Le case editrici cattoliche pubblicavano pessime edizioni di santa Teresa o di san Francesco di Sales, tradotti in un italiano inesistente; o mediocri libri di devozione.
Quanto alle case editrici "laiche", stampavano pochissimi testi religiosi, poiché, come mi disse ancora nel 1965 il dirigente di una grande casa editrice, i libri di religione non si vendono. Negli studi sulle origini cristiane, famosissimi studiosi avvicinavano il Cristianesimo alle «religioni dei misteri» e Gesù alla figura greco-ellenistica del dio che muore e rinasce.
Qualche modesto studioso cattolico sosteneva che tutto ciò era falso, e che il cristianesimo si era nutrito di idee e immagini ebraiche. Aveva perfettamente ragione: segno che alle volte la Provvidenza ama lasciare segni nella storia, affidando la verità agli indotti o ai poco dotti.
***
Intanto, negli anni tra il 1930 e il 1960, un gruppo di teologi e storici da Hans Urs von Balthasar a Henri Bremond e Jean Daniélou a Hugo Rahner a Henri de Lubac a Antonio Orbe a Irénée Hausherr, promuoveva una grande rivoluzione silenziosa, che trasformò completamente il volto della religione cristiana.
Nell´ultimo secolo e mezzo, questo volto era stato ridotto, limitato, immiserito. Geniali padri della Chiesa, meravigliosi scrittori mistici erano stati gettati ai margini del mondo cristiano, accusati di eresia o di semieresia, o almeno guardati con sospetto o disprezzo.
Quei teologi e quegli storici studiarono appassionatamente i Padri della Chiesa: riscoprirono la grandezza di Origene, e di una moltitudine di scrittori bizantini, siriaci, armeni e latini, dimostrando che né la gnosi (almeno agli inizi) né il nestorianesimo erano stati fenomeni eretici.
Gregorio di Nissa, Dionigi Areopagita, Isacco di Ninive, Giovanni Scoto, Ildegarda di Bingen, Riccardo di san Vittore, Angela di Foligno, Gregorio Palamas riapparvero nella loro ricchezza. Il platonismo cristiano riassunse il luogo che gli spettava. Così quando guardiamo indietro, verso il passato che ci ha nutriti, non vediamo più un tronco potatissimo, obbediente a una rigida ortodossia: ma un immenso fiume religioso, pieno di variazioni, di interpretazioni, di discordanze, persino di antitesi e di opposizioni.
Oggi, almeno in Italia, viviamo in una condizione esattamente opposta a quella degli anni dal 1930 al 1950. Con gioia degli editori, i libri religiosi si vendono benissimo. Ci sono molte Bibbie commentate: non tutte eccelse.
Decine di case editrici (vorrei ricordare almeno Paideia e Qiqajon) traducono testi cristiani antichi e medioevali, cercando di compiere in Italia, sia pure in modo meno sistematico, ciò che fece in Francia la bellissima collana, oggi purtroppo esausta, delle Sources Chrétiennes: pubblicano lessici teologici e dizionari esegetici del Nuovo Testamento: e studi sulla Bibbia, l´ebraismo, i Vangeli, san Paolo, la tradizione cattolica. Non esiste quasi studio importante, inglese o francese o tedesco, o spagnolo, che non venga tradotto in italiano.
A questo fervore editoriale corrisponde il fervore dei lettori.
Una notevole minoranza di italiani legge, di preferenza, libri di argomento religioso: anche, come è giusto, buddhisti o induisti o taoisti o islamici.
Alcuni obiettano che si tratta di un entusiasmo frivolo ed empio: si pensa ai Vangeli come se fossero stati scritti da Dan Brown. L´obiezione è completamente falsa: gli uomini hanno sempre amato con perversa delizia le storie di misteri e di complotti, specialmente se esoterici. Dan Brown non è uno scrittore peggiore di Eugène Sue, il romanziere francese più venduto nel diciannovesimo secolo, colle sue storie di «Misteri».
I testi di cui parlo vengono letti soltanto per un autentico desiderio di conoscenza religiosa.
***
Molti mostrano le chiese semivuote, le vocazioni religiose diminuite; e sostengono che la fede non è fatta di libri. Ma i libri (come Ermanno Olmi sa benissimo) concentrano in sé tutto ciò che la vita umana ha di più prezioso: i sentimenti, la tenerezza, le amicizie, gli amori, le passioni per questo e l´altro mondo, le rivelazioni, l´attività instancabile della mente, il pensiero metafisico (senza il quale la letteratura impoverisce), Dio conosciuto ed inconoscibile, il brusio delle ali degli angeli, l´eterno femminino, la confessione, la preghiera; e, certo, gli abissi del male e della disperazione. E la religione, in Italia, non vive soltanto nei libri. Nessuno ha ancora raccontato l´opera vastissima e capillare delle molte comunità, che formano il cosiddetto laicato cattolico; e l´opera dei missionari, che sostiene la vita quotidiana di molti paesi africani.
Qualcuno afferma che i lettori di libri sono una piccola minoranza, e che, oggi, la società italiana è decristianizzata. Credo che sia una parola del tutto impropria. Il cristianesimo è sempre stata una religione di minoranze. Quanti erano i cristiani al tempo di san Paolo, o di Origene, o di sant´Agostino? Nulla ha nuociuto al cristianesimo (dico cose ovvie) come la tendenza a diventare istituzione, società, partito, stato, crociata, persecuzione di eretici. La condizione di minoranza è favorevole al cristianesimo: purché questa minoranza conosca i Vangeli, san Paolo, Pascal, e sappia irradiare il mondo con la luce delle loro parole. Così credo che la descrizione della civiltà italiana, cara a una parte della gerarchia ecclesiastica, sia sbagliata. Oggi il cattolicesimo non è una cittadella esausta, gettata in un angolo, perseguitata, ignorata, dimenticata, disprezzata, che deve rinchiudersi in sé stessa e difendersi. E tantomeno ha bisogno di piegarsi, impallidire, rinunciare alla propria storia, diventando una specie di morale pratica, utile alla società e agli stati. Il cristianesimo deve restare ciò che è sempre stato nei suoi periodi gloriosi: vastissimo, molteplice, duro e inflessibile, come erano san Paolo e Pascal.
Mentre la società italiana non è affatto decristianizzata, la creatività religiosa delle istituzioni cattoliche è debole: la teologia povera; le ricerche religiose affievolite; nei seminari (così mi ha detto un cardinale amabilissimo) lo studio dei Padri della Chiesa è ridotto ad un´ora la settimana. E poi, perché tanti teologi e studiosi cattolici scrivono così male? Lo stile non è un ornamento, ma il segno. Il cristianesimo è stato per secoli, il fondamento della letteratura: Origene, Basilio, Agostino, Giovanni Scoto, san Bernardo, santa Teresa hanno attinto allo stesso tesoro di immagini biblico-evangeliche, che formava il cuore del loro cuore, variandolo e intrecciandolo all´infinito. Goethe, Baudelaire, Proust e persino Leopardi grondano di allusioni evangeliche, e questo antico sapore cristiano allarga il nostro respiro. Sembra che questa tradizione vivente sia, oggi, esausta.
Spesso i teologi cattolici vogliono essere alla moda. Qualcuno scrive in heideggeriano-lacaniano-deleuziano; e l´adozione di questo penoso gergo, cosiddetto «moderno», stringe il cuore come davanti a una decadenza insostenibile.

Repubblica, 11 aprile 2007

I cattolici non sono una minoranza? Ma come? Non c'e' il tentativo di ridurli al silenzio? Ma allora ho sbagliato tutto leggendo stamattina i giornali! Il ritorno al nucleo del Vangelo, la ricristianizzazione dei cattolici, l'insegnamento passionale, sono proprio i tratti salienti del Pontificato di Benedetto XVI, che realizza esattamente i desideri dell'autore di questo editoriale.
Certo! Ci sono teologi che scrivono con i piedi, ma il Papa ha scritto tanti testi a cui, se mi consentite, mi ispiro.

Raffaella

Nessun commento: