11 aprile 2007
Rassegna stampa dell'11 aprile 2007
Cari amici, mi sorprendo della prevedibilita' dei media!
Quando, ieri sera, ho sentito delle offese sui muri di Torino e Genova nei confronti del Papa e di Ruini e Bagnasco, ho subito capito che la stampa di oggi si sarebbe buttata a capofitto sulla notizia, riportando con dovizia di particolari gli insulti stessi.
Ma che strano...ma che capacita' innovativa e creativa!
C'e' poi la triste vicenda (per le vittime) di quel sacerdote toscano accusato di pedofilia. C'e' voluto qualche giorno, ma alla fine, allusivamente e velatamente, si riesce ad attribuirne la responsabilita' al Papa. Piu' tardi dimostreremo che non solo questa accusa e' infondata e dolosamente falsificata, ma anche che lo stesso giornale (Repubblica) e' in disaccordo con se stessa: mesi fa si lodava Ratzinger per lo stesso documento citato oggi ahahahah
Riporto alcuni articoli di oggi, avvertendovi che, essendo io una signora (io si'), gli insulti al Papa ed alla Chiesa verranno cassati con asterischi...
Forse sarebbe meglio che i giornali smettesso di dare pubblicita' agli insulti...ricordaimo tutti l'effetto emulazione sulle notizie dei sassi lanciati dal cavalcavia. Vogliamo o no, questa volta, evitare qualche tragedia?
E' probabile che da domani non verranno piu' riportati in questo blog articoli che contengono frasi offensive. Oggi voglio divertirmi un po' e ridere alle spalle di certi sedicenti soloni.
Osservo con stupore (non poi tanto) che si evidenziano le offese (le si fotografano per poi sbatterle in prima pagina). Come mai? Non si sono altri argomenti? Che delusione...
La mia solidarieta' a Dario Fo...poverino! Lui si' che e' vittima degli insulti. Il Papa? Ma no, quando e' stato insultato?
Raffaella
«Sfrutta la Rai per colpire i vescovi». Il Nobel: dopo 30 anni non è cambiato niente
Bagnasco, scritte anche a Torino L'«Avvenire» attacca Dario Fo
Dino Martirano
ROMA — Il giornale dei vescovi italiani, Avvenire,
accusa i cattivi maestri della sinistra che alimentano quel «brodo di coltura» condito di anticlericalismo capace poi di galvanizzare i «delinquentelli da vicolo» o qualche «gruppo un po' più organizzato». Così, con riferimento alle pesanti minacce contro monsignor Angelo Bagnasco apparse sui muri di Genova e spuntate ieri anche a Torino, l'organo della Conferenza episcopale italiana esprime una certezza: «Quel che tutti sappiamo è che il salto tra la microcriminalità politica e l'avventurismo di indole terroristica è più probabile se il brodo di coltura è abbondante e caldo al punto giusto».
Avvenire tira in ballo il quotidiano Liberazione
diretto da Piero Sansonetti, «che paragona il clero al Ku Klux Klan», l'ex esule di Potere operaio Oreste Scalzone che viene chiamato «in cattedra affinché spieghi ai giovani la storia del terrorismo». E ancora, il giornale della Cei non dimentica «chi si straccia le vesti se viene catturato un super latitante del calibro di Cesare Battisti» e il Premio Nobel Dario Fo che «sfrutta il palcoscenico di Raitre per colpire i vescovi italiani con toni che fanno rimpiangere tutti i saltimbanchi precedenti». La lista dei cattivi maestri non comprende Luciana Littizzetto che, dopo le sue garbate esternazioni dedicate su Raitre al predecessore di Bagnasco alla guida della Cei, era stata benevolmente «assolta» dal cardinale Camillo Ruini.
Il 22 aprile del 1977, Dario Fo tornava in video alla Rai dopo un'assenza durata tre lustri e il suo Mistero Buffo scatenò subito una dura reazione dell'Osservatore romano. Cosa è cambiato, dunque, in questi tre decenni? «Poco o nulla», risponde Fo: «Già nel '77 fui attaccato dai vescovi di provincia mentre i cattolici seri, quelli colti, aspettarono e su iniziativa dei gesuiti furono anche esaminati i miei testi senza che io venissi scomunicato». Oggi, spiega il Premio Nobel, la storia si ripete: «Ho soltanto detto che il Papa era stato un po' pesante nella sua diatriba contro le coppie di fatto». Così la sera della domenica delle Palme, nel salottino di Serena Dandini ( Parla con me, Raitre), Fo ha messo in scena «un canto liturgico» tratto da un testo di Bonvesin de la Riva, il più importante poeta lombardo del XIII secolo: « Dio, quando ci ha creato, non si è preoccupato di chiederci cosa si pensava noi delle cose...» . Spiega ancora Fo: «In tv non l'ho detto che erano versi di Bonvesin, un poeta del livello di Dante che era anche un frate terziario, ma i cattolici colti avrebbero dovuto riconoscerli».
A questo punto ambienti vicini alla Cei ritengono che sia necessario recuperare il senso della misura per non alimentare inutili polemiche. E anche Fo cerca di trattenersi: «Sono momenti difficili per la chiesa perché ha iniziato un attacco e ora non sa più interrompere. Sembra di capire che, anche ai cattolici, piaccia poco questa chiesa che batte con la mano di marmo sul tavolo».
Eppure, c'è un'area nel centrosinistra che è lontana anni luce dall'analisi di Dario Fo. Lo spiega Enzo Carra della Margherita: «Esiste una disparità nel vocabolario, una differenza che ha la sua influenza. Da una parte c'è la violenza del linguaggio utilizzato contro i vescovi e, dall'altra, la ricercatezza e la correttezza delle parole con cui si esprimono le personalità e le associazioni cattoliche». E anche l'Udeur, il partito del ministro Mastella, sostiene che «è andato crescendo un clima di ostilità nei confronti delle gerarchie ecclesiastiche da parte di ambienti della sinistra estrema». Risponde Haidi Giuliani, senatrice del Prc: «Quelle di Genova sono scritte stupide e non certo da apprezzare alle quali non va data tutta questa rilevanza perché ci sono problemi ben più gravi come le morti sul lavoro». Parole, queste, inascoltate: mentre la procura di Genova apre un'inchiesta contro ignoti per minacce e deturpamento di cose altrui, a Torino spuntano altre scritte sulla Chiesa Santissimo Nome di Gesù: «Ratzinger, Ruini Bagnasco *******» e «****-Ratzinger».
Corriere della sera, 11 aprile 2007
Oh, povero Fo!!! Che vittima di quei cattivoni di Papa e Vescovi. Infatti e' il nome di Fo che ho visto vergato sui muri delle cattedrali.
Guardi, Fo, che i cattolici piu' colti si riconoscono in Benedetto XVI, non in Lei...
Raffaella
Poletto: offendere Benedetto XVI è una vera nefandezza. Avvenire: Liberazione paragona il clero al Ku Klux Klan e il premio Nobel usa la Rai per colpire
Torino, scritte contro il Papa e Bagnasco
Il quotidiano della Cei attacca Dario Fo e il giornale di Rifondazione
CARMELO LOPAPA
ROMA - Le ultime intimidazioni sono comparse a Torino, scritte con spray nella notte di Pasqua sui muri della chiesa del Santissimo Nome di Gesù, in pieno centro. Non era la prima volta che accadeva, ricorda Don Benito Luparia della parrocchia in corso Regina 70, poco distante da un centro sociale. A colpire questa volta è stata la crudezza dei messaggi. Non più il generico «cloro al clero», ma un chiaro riferimento alle polemiche di questi tempi e un esplicito attacco alle più alte gerarchie cattoliche. «Ruini, Bagnasco, Ratzinger ******», «Preti, vescovi, cardinali i veri *****» e ancora «il Papa ***************» o «Cristiani ai leoni» e «****-Ratzinger», sono stati alcuni degli slogan scritti con vernice rossa, nera e blu. Sulla saracinesca del negozio di fronte «Azione antifascista», sigla sulla quale la Digos sta indagando. Succede tutto a pochi giorni dagli analoghi episodi verificatisi a Genova, nel mirino in quel caso il vescovo della città e presidente della Cei Bagnasco. Il cardinale torinese Severino Poletto ricorda che «non è la prima volta che succede, ma offendere il Papa è una vera nefandezza: non è certo questo il modo di esprimere il proprio pensiero».
Proprio ieri mattina i messaggi intimidatori all´indirizzo del presidente dei vescovi italiani avevano suscitato la reazione indignata del quotidiano della Conferenza episcopale "Avvenire", che in un editoriale aveva accusato «il brodo di coltura anticattolico» da cui simili invettive prenderebbero le mosse. Un commento per nulla condiviso nei suoi contenuti dal mondo politico e dagli intellettuali qualche modo chiamati in causa dell´organo dei vescovi, che ha parlato «di un fastidio da parte di taluni milieu culturali e politici, che rischia di essere emulato con iniziative criminali». Di più. L´"Avvenire" ha puntato l´indice contro «la frequenza con cui questo fastidio si trasforma in parola estremistica e travalica la critica o la satira», facendo un chiaro riferimento al quotidiano del Prc "Liberazione" che «paragona il clero al Ku Klux Klan» e alle «giullarate di Dario Fo, che sfrutta il palcoscenico Rai per colpire i vescovi».
Il premio Nobel non ha per nulla voglia di riderci su, definisce «pericolosa la tesi sostenuta dal quotidiano cattolico che preferisce sollevare il polverone, confondere le intimidazioni con le critiche laiche per farne un unico minestrone e rendere tutti colpevoli». E spiega: «Mi trascinano nella polemica perché, partecipando a una trasmissione della Dandini, ho recitato sotto forma di rap un lamento del Duecento in cui Adamo ed Eva confessavano di amarsi pur non essendo "maritati da Dio" e si lamentavano della cacciata dal Paradiso. Lo sapevo che qualcuno lo avrebbe scambiato per opera mia, cascandoci in pieno». La verità, secondo Fo, è che «le gerarchie cattoliche sono ormai consapevoli di aver perduto la battaglia, per il semplice motivo che si sono intromesse nella vita degli innamorati, hanno violato il luogo più intimo, il loro letto». Piero Sansonetti, direttore di "Liberazione", quotidiano del Prc, non replicherà con un editoriale all´attacco sferrato dall´"Avvenire". Dice: «Noi di gesti intimidatori ne abbiamo conosciuto solo uno: la bomba che al "Manifesto" venne piazzata da un estremista papalino e che rischiò di fare morti. La storia del brodo di coltura fa un po´ ridere. Purtroppo c´è del fondamentalismo, il senso di quell´editoriale è: "Taci tu, infedele, non hai diritto di criticare". Tipico dei regimi totalitari». Sì, ma la sua provocazione sul Ku Klux Klan? «Avevo riprodotto un articolo del cattolico Carlo Cardia, sostituendo la parola omosessuale a quella di negro ed eterosessuale a bianco, un semplice copia incolla per concludere che sembrava un testo del KKK. Si sono irritati parecchio. Quel che credo è che la Chiesa sta conducendo una campagna razzista».
E se un gruppo di senatori ulivisti cattolici - Adragna, Baio, Banti, Bobba e Bosone - ha espresso solidarietà al vescovo Bagnasco lamentando il «degrado della società», altri settori di quella sinistra tacciata di estremismo dal quotidiano della Cei replicano piccati. «Crediamo che il nostro paese debba difendersi, piuttosto che da una presunta deriva laicista, dal rischio dell´immobilismo culturale, dell´assuefazione all´omologazione delle coscienze» sostiene il capogruppo del Pdci alla Camera, Pino Sgobio. Il suo collega del Prc al Senato, Giovanni Russo Spena, preferisce ricordare che «la critica è ammessa, è il sale della democrazia. La Chiesa non può parlare di brodo di coltura anticattolico per difendere la sua ingerenza. Le intimidazioni e le minacce, che deprechiamo, sono attacchi politici al movimento, che aiutano la parte più retriva del clero a sostenere di essere vittima di una macchinazione».
Repubblica, 11 aprile 2007
Ragazzi, dobbiamo dare retta a questa gente? Personalmente mi siedo un gradino sopra.
Comunque, caro Sansonetti, Le chiedo: abbiamo colto nel segno?
Raffaella
L'escalation di scritte contro il neopresidente della Cei Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova
Riecco l'aggressività anticlericale che si nutre di protagonismo
Giorgio Acquaviva
L'escalation di scritte contro il neopresidente della Cei Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, il passaggio da insulti a minacce, fa nascere un interrogativo: perché Bagnasco sì e Ruini no?
Il cardinale vicario, per sedici anni capo indiscusso dei vescovi italiani, non ha certo avuto vita facile. Eppure mai, neanche nei momenti di maggiore tensione politica, era successo che gli venissero rivolte minacce dirette, con tanto di stella a cinque punte.
Certo, stavolta, dopo la "raffica" anti-Bagnasco sono comparse quasi per macabra par condicio scritte contro don Camillo e contro il Papa. Ma il vero obiettivo sembra essere lui, il presidente della Conferenza episcopale.
Un esponente di comunità di base si sbilancia nel dire che «chi semina vento, raccoglie tempesta», non certo per giustificare la imbecillità di chi si arma di spray e imbratta i muri, ma quasi a voler stigmatizzare la continua rincorsa ad "alzare il tiro" delle polemiche nelle ultime settimane, con dichiarazioni infelici o di facile fraintendimento.
Per quanto riguarda Ruini si ricorda la contestazione all'Università di Siena nel settembre 2005, quando fu accolto da una cinquantina di giovanotti che gli gridavano «Vergogna-vergogna-Camillo-vergogna», mentre si tentava di srotolare uno striscione inneggiante al «libero amore in libero stato».
La richiesta di riconoscimento delle unioni omosessuali è passata anche per questo genere di manifestazione, così come attraverso i cosiddetti «sbattezzi» ostentati. Ma con tutta la fatica che si può fare nella comprensione di casi come questi si trattava pur sempre di espressione di opinioni. Lontana anni-luce dalle minacce sui muri. E allora? Allora c'è sicuramente un ritorno di aggressività anticlericale, che un tempo si limitava a scritte old style tipo «meno chiese, più case».
Una aggressività che si nutre del protagonismo di cui si fanno portavoce i nuovi soggetti sociali, quelli per i quali solo se si passa attraverso l'«orgoglio esibito» si dà prova di vera militanza. Non tutti sono d'accordo e parlano di un "eccesso di attese" nel passaggio di consegne fra Ruini e Bagnasco.
Si pensava che qualcosa sarebbe cambiato, e non solo lo stile da misurare col bilancino. Si chiedeva una maggiore apertura pastorale (anche da importanti esponenti dell'episcopato), che per ora non sembra esserci stata, o non abbastanza. Ma basta tutto ciò a giustificare le scritte? E perché a Bagnasco si riserva un trattamento che Ruini non ebbe mai? Forse perché Bagnasco è stato ordinario militare e la galassia del pacifismo la "vive" con disagio? Non può essere. Forse perché è rimasto arcivescovo di Genova e, dunque, più "vulnerabile" nella sua città rispetto a una Roma più controllata e, tutto sommato, più tollerante?
Difficile dirlo.
Certamente un mea culpa potrebbero cominciare a farlo i mezzi di comunicazione, che hanno offerto occasioni di imitazione a chi è a corto di idee e di argomenti polemici.
Gazzetta del sud, 11 aprile 2007
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