9 aprile 2007

Il Papa, Socci, Cacciari e il libro su Gesu'


Vedi anche:

"Gesu' di Nazaret" di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI (approfondimenti) e i link ivi contenuti.

Proponiamo il "duello a distanza" fra Socci e Cacciari sulla presentazione del libro del Papa "Gesu' di Nazaret". Socci accusa Cacciari di non avere le qualita' per presentare un testo del genere (Libero, 5 aprile), Cacciari controbatte affermando di non essere l'Anticristo (Il Foglio, 7 aprile). Controreplica di Socci (Libero, 8 aprile).
Premetto che non sono d'accordo con la visione che Cacciari ha del Cristianesimo. La fede non puo' mai scendere a compromessi. La Chiesa ha l'obbligo di dialogare con la modernita' e il mondo laico, ma non le si puo' chiedere di modificare i propri principi teologici sulla base delle "mode secolari del momento".
La logica del male minore, tanto cara anche ad alcuni cardinali, non sempre e' quella giusta.
Non sono, pero', nemmeno d'accordo con Socci che, nella controreplica, incolpa Bertone di feeling con alcune forze politiche. Mi piacerebbe che si parlasse solo del libro del Papa. La politica non c'entra nulla e soprattutto la "politichetta dell'Italietta".
Pur rispettando e condividendo alcune considerazioni di Socci, mi sento di affermare che invitare Cacciari a presentare il libro di Benedetto XVI sia stata una buona idea.
Quando mai un libro di un Pontefice e' stato discusso da un teologo valdese, da un cardinale, teologo cattolico, e da un laico, lontano dal pensiero della Chiesa?
Penso che sia un'ottima opportunita' ed una spia della grande apertura intellettuale del Papa...

Raffaella

Basta prediche da Cacciari l'Anticristo

di ANTONIO SOCCI

C'è un famoso detto attribuito a un Papa che recita: «Chi sa fa, chi non sa insegna, chi non sa insegnare dirige. Chi non sa neanche dirigere, fa il politico e governa». In effetti Massimo Cacciari non sa cosa sia il cristianesimo, non avendolo praticato e sperimentato, tuttavia da anni lo insegna sui giornali e cerca di dirigere il Papa e la Chiesa, facendo il politico. Ora il sindaco di Venezia ha un'occasione straordinaria per insegnare al Pontefice il suo mestiere: è stato chiamato a presentare il libro di Ratzinger, "Gesù di Nazaret", il 13 aprile prossimo, nell'Aula del Sinodo, in Vaticano, insieme col cardinale di Vienna Schönborn e con il valdese professor Garrone. Il tutto coordinato dal direttore della Sala stampa vaticana, padre Lombardi. Cacciari potrà spiegare per esempio un fondamentale dogma della fede cattolica che Benedetto XVI ignora di sicuro. È vero che Ratzinger è un raffinatissimo teologo, è vero che è stato per venti anni il "custode" dell'ortodossia cattolica (all'ex S. Uffizio) ed è vero che è perfino Papa e quindi nessuno più di lui conosce le verità della dottrina cattolica, eppure il Santo Padre ignora che fra i "dogmi" della sua fede c'è quello della "reincarnazione". A dire il vero lo ignorano tutti da duemila anni. Ma lo scoop si deve appunto a Cacciari che in una memorabile intervista alla Repubblica dell'11 settembre 2006 pare aver dichiarato: «Secondo la teologia islamica l'ateismo è insito nella rivelazione della cristianità. Dipende dal dogma della reincarnazione». La "reincarnazione"
La reincarnazione? È l'opposto del cristianesimo, ma non è male come battuta di spirito. Sarà stato un lapsus o un errore del giornalista, ma è divertente che sia capitato a uno che si picca di impartire sempre lezioni a tutti. Innanzitutto al Papa. A bacchettare Ratzinger, come fosse uno scolaretto, il sindaco di Venezia cominciò già alla vigilia della sua elezione, quando bocciò l'espressione «dittatura del relativismo». Poi, subito dopo quella stessa elezione, protestò perché i cardinali non avevano seguito le sue tassative indicazioni di eleggere il cardinal Martini che era amico suo e nel quale egli avvertiva il travaglio di essere cattolico, mentre in Ratzinger - lamentava il barbuto pensatore - il dogma è certezza. Dopo il discorso di Ratisbona Cacciari ha di nuovo bacchettato il Pontefice: «Ratzinger è incorso in una gaffe», «è stata un'imprudenza, bene avrebbe fatto ad argomentare meglio le sue idee». Insomma bocciato. E bocciato pure Ruini e bocciata Oriana Fallaci che - a suo dire - avrebbe «parlato a vanvera, senza usare minimamente la ratio». Infatti la "ratio" è una esclusiva del sindaco di Venezia. Che la sfoggia sempre. Come quando insegna che la religione che «si è imposta agli altri con la violenza» è quella cristiana, mentre «l'islam al contrario, non ha mai usato il "modello assimilazionistico"». Fan- tastico. Questa fa il paio con la trovata della "reincarnazione". Il mese scorso, quando il Papa tornò sul tema delle "radici cristiane" dell'Europa, Cacciari riprese a tuonare dalla Repubblica: «concezione reazionaria». Intimò poi al pontefice di non fare più «predicozze» e bocciò la critica all'intolleranza laicista: «un'accusa priva di fondatezza». Infine, quando Ruini - su indicazione del Papa - annunciò la Nota della Cei sui Dico, scagliò l'ennesimo anatema: «atteggiamento teocratico», «la Chiesa tradisce se stessa».

Lezioni alla Santa Sede

Ora va a discettare in Vaticano. Non sapendo risolvere da sindaco il problema dell'acqua alta, prova a risolvere da filosofo le domande sull'Altissimo. C'è stato un tempo in cui il pensatore della laguna aveva fatto innamorare vescovi e preti per aver scritto "L'Angelo necessario" (Adelphi). Molti, fermandosi al titolo, o leggendolo senza comprenderlo a fondo, lo considerarono un trattato di angelologia cattolica e videro Cacciari quasi come un convertito. Poi la New Age ha cominciato a diffondere una certa moda degli angeli in salsa gnostica, Cacciari è stato letto più attentamente e si è capito che il suo libro è tutt'altro che cattolico. La rivista dei gesuiti, Civiltà Cattolica, l'ha ironicamente definito «filosofo ombrosamente pensoso» e in ambiente cattolico sono cominciate a circolare addirittura "demonizzazioni" di Cacciari. Maurizio Blondet, all'epoca giornalista di Avvenire, iniziava un suo libro sul "potere iniziatico" (titolo: "Gli 'Adelphi' della dissoluzione") proprio riportando un'inquietante frase che Cacciari gli rivolse durante un'intervista: «Il Papa deve smettere di fare il katéchon!». E poi spiegò la "parolaccia", si tratta di «ciò che trattiene l'Anticristo dal manifestarsi pienamente». Ne parla San Paolo nell'inquietante sua profezia sull'Anticristo. Blondet la prese male: «Come si può chiedere al Papa di non opporsi al Male? Mi domandai anche: perché Cacciari desidera accelerare l'avvento dell'Anticristo?». Chissà, forse non si capirono. Fatto sta che Cacciari ammalia alcuni cattolici e ne fa inorridire altri. Nel sito dell'Azione cattolica un lungo argomentato articolo del 2004 illustra i contenuti pericolosi del pensiero di Cacciari che cirolano acriticamente nelle sacrestie. Torna l'accento sullo "gnosticismo", l'antico nemico della Chiesa, l'origine di tutte le eresie anticristiane, soprattutto per il suo dualismo che finisce per identificare il Bene e il Male, Dio e Satana, in un inaccettabile Uno. L'antropologa Cecilia Gatto Trocchi - studiosa del mondo occulto e magico - nel 1996 dedica "a Massimo" il suo libro "Il risorgimento esoterico", scritto in risposta al volume di Cacciari "Dell'Inizio". La Gatto Trocchi confronta "L'Angelo necessario" di Cacciari con un libro di Giovanni Papini che contiene questo capitolo: "Il Diavolo è necessario?". Papini riprendeva antiche teorie gnostiche, condannate dalla Chiesa, secondo cui Satana svolgerebbe un ruolo affidatogli da Dio e alla fine anche lui sarebbe stato salvato. Passione per la gnosi
«Massimo Cacciari aderisce appassionatamente alla tesi fondamentale del pensiero gnostico», afferma la studiosa. Secondo la quale infine il filosofo veneziano sarebbe molto vicino ai temi della New Age. Formulati però in modo colto. Egli arriverebbe a identificare «il nuovo Messia con il Filius perditionis...». Letture allarmate che si trovano riprese da un recente volume sui movimenti esoterici di Roberta Grillo, presidente del Gris della diocesi di Milano. Probabilmente è un eccesso di allarmismo e di complottismo. Bisogna capire che Cacciari usa le categorie teologiche e le dottrine antiche, ma se ne infischia dello "spirito", è sempre di storia e di politica che parla: deve spiegare a se stesso com'è possibile che una persona intelligente sia stata comunista e come si "giustifica" l'orrore che è stato il comunismo. Affronta dunque da filosofo il problema del male e lo risolve all'opposto di Ratzinger che in "Fede, verità, tolleranza" demoliva proprio la tesi della "necessità" del Male. Ecco cosa scriveva il cardinale: «Il male non è affatto - come reputava Hegel, e Goethe vuole mostrarci nel Faust una parte del tutto di cui abbiamo bisogno, bensì la distruzione dell'Essere. Non lo si può rappresentare, come fa il Mefistofele del Faust, con le parole: "io sono una parte di quella forza che perennemente vuole il male e perennemente crea il bene". Il bene avrebbe bisogno del male e il male non sarebbe affatto realmente male, bensì proprio una parte necessaria della dialettica del mondo. Con questa filosofia sono state giustificate le stragi del comunismo, che era edificato sulla dialettica di Hegel, vòlta in prassi politica da Marx. No, il male non appartiene alla "dialettica" dell'Essere, ma lo attacca alla radice». In pratica: il comunismo non è stato un «male necessario», ma solo un Male devastante.

GRANDE ATTESA

L'USCITA "Gesù di Nazaret" (Rizzoli, 446 pagine, 19,50 Euro) uscirà in libreria il 16 aprile, giorno dell'80esimo compleanno di Joseph Ratzinger. Il Pontefice è nato a Marktl am Inn, in Baviera, nel 1927.

LA PRESENTAZIONE

Il libro sarà presentato il prossimo 13 aprile dall'arcivescovo di Vienna, cardinale Christoph Schönborn, dal professor Daniele Garrone, decano della facoltà valdese di teologia di Roma e da Massimo Cacciari, filosofo e sindaco di Venezia. A coordinare l'incontro, che si svolgerà alle ore 16 nella città del Vaticano, nell'Aula del Sinodo presso la Sala Paolo VI, sarà padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede.

I LIBRI DEL PAPA

Edito da Rizzoli, come i numerosi libri del predecessore Giovanni Paolo II, "Gesù di Nazaret" sarà disponibile in contemporanea in tedesco (editore Herder) e in polacco (editore Wydawnictwo). Si tratta del primo libro di Benedetto XVI dopo l'ascesa al soglio di Pietro, anche se sono stati pubblicati numerose raccolte di suoi discorsi e interventi dal 19 aprile 2005, data della fumata bianca, oltre all'enciclica "Deus Caritas est" (2006)

TRE ANNI DI LAVORO

Il libro del Papa è un saggio piuttosto corposo, frutto di oltre tre anni di lavoro. Ratzinger ha scritto le prime pagine durante l'estate del 2003, in uno dei brevi periodi di vacanza (allora era prefetto per la Congregazione della Dottrina della fede). Una volta eletto Papa, ha dedicato al testo «tutti i momenti liberi» fino al settembre 2006, data in cui ha completato le bozze. Si tratta di un volume diviso in 10 capitoli dedicati alla figura umana di Gesù, dal battesimo fino alla trasfigurazione. La parte relativa all'infanzia è stata "rimandata" dall'autore alla seconda parte del libro, di cui non è nota la data di uscita. Il Papa ha preferito quindi concentrarsi sull'attività "pubblica" di Cristo.

NELL'AGONE LAICO

È stato lo stesso Benedetto XVI, nell'annunciare l'uscita del libro durante lo scorso autunno, a invitare a un pubblico dibattito culturale e storiografico sul suo testo. Il Pontefice ha chiarito che il volume potrà essere discusso liberamente da chiunque poiché non vincola l'infallibilità pontificia, non trattandosi di un testo inserito nel magistero papale né in atti ufficiali del mandato petrino.

Libero, 5 aprile 2007


INTERVISTA CON L’ANTICRISTO

Così l’ha definito Antonio Socci. Qui Massimo Cacciari spiega il suo rapporto con il cristianesimo, le sue critiche alla chiesa, il suo interesse per gli angeli, i suoi teologi preferiti, il suo Gesù dell’amore

di Giulio Meotti

Sono diversi anni ormai che Massimo Cacciari predica nelle cattedrali.
Parla tedesco e francese, padroneggia greco antico e latino, forse sanscrito ed ebraico. Padre medico e madre figlia di una famiglia di artisti, Massimo Cacciari al ginnasio era il migliore. Di lui Toni Negri dice: “Incredibile vedere un giovane destreggiarsi così con Walter Benjamin quando gli intellettuali dell’epoca non sapevano nemmeno dove stesse di casa”.
Guai a contraddirlo oggi che spiega a Benedetto XVI che c’è bisogno di più amore. A meno che non si conoscano termini come edi kalòn o kalokagathos.
E’ stato attaccato da un altro magnifico superbo, Antonio Socci, per il quale Cacciari è il laico meno adatto a presentare il libro su Gesù di Joseph Ratzinger. E i toni erano un po’ da scomunica. Anticristo.
Sebbene vanitosissimo, Cacciari non è mai effimero. E’ un uomo eminente, studi con il grande filologo Giorgio Pasquali e l’ellenista Carlo Diano. Se è mai stato comunista lo era in modo religioso, messianico, purista.
Il suo pavé più celebre, “Krisis”, negli anni Settanta spezzò la schiena al pensiero negativo. Riconosce le grandi acquisizioni, universalistiche ma non prescrittive, dell’evangelizzazione e dei suoi destini, ma della dimensione religiosa conserva una visione perlata ma rarefatta, suadente ma una punta torva, fintamente umile, fra la complessità del reale, la fin troppo umana umanità di Cristo e il senso del tragico. Cristianità innamorata di se stessa, pedagogia al posto di catechismo, scuola di modestia tranne che per i suoi portavoce ermetici. Privilegia una chiesa aerea e pneumatica,
“mondo tra i mondi” al passo coi tempi.
Cacciari è intimo di monsignor Gianfranco Ravasi, stile eterno e notorio, esegeta trendy da filippiche contro “la roba”. Non è un illuminista dello scarto modernista, conosce il fondale buio del nichilismo, ma l’ha sepolto sotto tremila pagine adelphiane di sublime apologetica nicciana. E quando il nichilismo si incarna davvero nei segni della storia, lui torna a predicare esperienza e amore.
Massimo Cacciari non è del genere criptico alla Emanuele Severino o luddista alla Gianni Vattimo, è un tramonto freddo con cascami angelizzanti, cristianesimo che si considera originario e turoldiano, reso trasparente dagli afflati di un R. M. Rilke. E’ “intenso e affettuoso” come Mario Luzi, come un’omelia da pieve di montagna.
E’ facile immaginarselo nel Duomo di Milano, nascosto nella penombra, i faretti che gli illuminano il volto, mentre parla di vanità, hével, fumo, rùach, soffio, dal Libro di Giobbe. Il motore del cacciarismo è il casuismo possibilista che faceva fremere Pascal. Più che pensiero debole, è metafisica fragile.
Genere un solo Dio, molti nomi per dirlo. I cristiani non devono rinunciare all’annuncio della salvezza, ma comunicare con il proprio tempo senza arroganza, fedeli alla parola di amore, sempre l’amore, che Cristo ha affermato contro l’intolleranza. Norma di comportamento, non dogma; compassione, non verità rivelata. Come ha detto il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, il cristianesimo è “complesso d’amore”.
Come tutti i filosofi prestati alla religione,
Massimo Cacciari sarebbe un grandissimo docente di omiletica. Concorda con il cardinale Giacomo Biffi quando dice che “la verità è dura”. Infatti per capirlo spesso si fatica.
Bisogna guadagnarsele tutte quelle parole intrappolate tra il palato e la gola e divise da trattini, calembour, allografi e neologismi. Non a caso è amico dell’arcivescovo di Chieti Bruno Forte, quello della fondamentale distinzione fra il limite e la soglia. L’orfico Cacciari è uno di quelli che si inalbera perché “è” è stato ridotto a copula. Si è abbeverato delle liriche di Hölderlin, dei frammenti presocratici e delle vette nulliste di Meister Eckart. E di Pascal, Lutero, sant’Agostino, Bultmann e Lukács. Del quale condivide il puritanesimo gesuitico.
Per Cacciari l’annuncio giudeo-cristiano, l’uomo chiamato alla salvezza nell’unità di materia e di spirito, sangue e carne, è unico nella storia delle religioni.
Non è uno spiritualista. Ma è difficile liberarsi dell’impressione che anche lui faccia parte del postmoderno e postconciliare dominio dello spirito, del significato e del simbolo.
Di coloro che vogliono una chiesa deistituzionalizzata.
Se il cuore della Riforma è che il Verbo non è si è fatto carne ma carta e l’akmé è un libro con il suo tipografo, Cacciari è un geniale esegeta protestante, problematico, flagellante, ispirato. E’ tra i pochi laici a riconoscere che il contrario della fede non è la ragione, ma la superstizione.
Quando quest’uomo eruditissimo parla di alienazione, angoscia e deiezione non fa altro che riproporre una sorta di “felix culpa” cristiana. E’ la mentalità tedesca ossessionata dalle tenebre turbolente dell’iniziazione. Cacciari è un metateologo il cui linguaggio altissimo è imbevuto di pietismo,scolastica e dossologia luterana. Il rischio è assimilare il “Dio è morto” di Nietzsche alla Pasqua cristiana.
Sono anni che coltiva legami con la chiesa. Da sindaco di Venezia, “città ortodossa”, ha tenuto convegni sui cristiani in Iraq, “terra di profeti”.
Con il cardinale Carlo Maria Martini ha discusso di sant’Agostino (“l’uomo per il vescovo di Ippona è chiamato da una Voce che egli sa in qualche modo riconoscere e nominare”). Ha definito Karol Wojtyla “l’unico che dà voce a valori forti”. Pensiero e preghiera in lui coincidono, “così è per Filone, per Plotino, per la patristica, la scolastica, per i mistici. Quando Kant parlava di ‘abisso della ragione’, denunciava il limite entro il quale la filosofia non ha più risposte. Questo limite è la scoperta che la percezione dell’esistenza delle cose è essa stessa un limite alla conoscenza”.
Non sorprende che il nicciologo con la barba moscovita e gli occhi di brace sia chiamato a presentare in Vaticano il libro di Ratzinger assieme all’arcivescovo di Vienna, Christoph Schönborn. Nel libro “Della cosa ultima”, Cacciari scrive che “la legge del Figlio, dei liberi, diviene quella della Libertà. Per obbedire a chi ce ne ha fatto dono non possiamo fare altro che agire liberamente. Cristo ci ha liberati per la libertà”.

* * *

“Il mio rapporto con il cristianesimo è di necessità” dice a colloquio con il Foglio. “Non ne posso fare a meno per pensare, non penso più la storia senza il cristianesimo, non penso la logica senza passare dal Deus Trinitas, non penso la critica del presente per liberarmi degli idoli creati dal materialismo marxista”. Un accenno a parlare di “scandalo” e il filosofo interrompe.
“Dobbiamo usare la parola nella dimensione etimologica di problema. Scandalo come problema per il non credente. Un uomo di fede ha una relazione senza mediazione con il rivelatum, la parola di Dio. Per un credente il cristianesimo costituisce un non problema. Per un non credente la parola biblica è ostacolo sul cammino, cristianesimo è scandalo per la sapienza del non credente, la sofia. E’ così per la tradizione occidentale. Il cristianesimo è la dimensione essenziale dello spirito europeo, parlerei come Novalis di ‘Europa o cristianità’”.
Vietato citare l’identità. “Nessuna radice identitaria. Il cristianesimo è domanda continua sul proprio significato, è energia rispetto alla ragione.
La fede è fondamentale per la ragione perché la interroga, la stimola. L’uomo è un cuore inquieto non sedato”. Non ha avuto un’educazione cristiana. “I miei genitori erano agnostici, non praticanti, non hanno avuto alcun ruolo.
Ho incontrato il cristianesimo al liceo nei primi studi di filosofia grazie a Sören Kierkegaard”. Non vola mai basso.
“La mia scuola è stata il genio danese. Solo negli ultimi vent’anni ho approfondito la Scolastica. Prima ci sono stati Pascal e Agostino. Il cristianesimo è scandalo per la ragione costretta a venire ai ferri corti con quest’irriducibilità.
Per l’interrogazione filosofica il cristianesimo presenta tratti peculiari, riconosciuti dal giudaismo e poi dall’islam. Cosa costituisce il cuore di questa parola cristiana?
Qual è la paradossalità della religione cristiana? E’ qualcosa che va oltre il senso comune religioso. Questo paradosso è il rapporto fra unità e molteplicità, uno e molti, sommo bene e differenze. La straordinarietà e la paradossalità del cristianesimo è concepire questa relazione come necessaria ed eterna”. Prova a essere più concreto.
“In san Giovanni è evidente nel rapporto fra il Figlio e il Padre. La riflessione trinitaria è imposta in modo straordinario in quell’uomo in carne e ossa. Supera ogni dimensione messianica.
Il Figlio si rivolge al Padre come ‘io sono tu’”. Da qui la tradizione mistica. “Cristo è quest’uomo che mangia, dorme e vive come noi, non è un uomo sublime né ascetico, vive e soffre, vuole parlare e parla. Questo è lo scandalo che assilla l’Europa”.
Dice di aver accolto con letizia la richiesta di presentare il libro di Ratzinger.
“Ho sempre scritto sul rapporto fra filosofia e teologia e a Gesù ho dedicato molte pagine. In particolare al Gesù di Nietzsche. Un filosofo su cui corrono leggende molto superficiali, anche nella chiesa. In Nietzsche c’è ammirazione feroce per la figura di Gesù. Come si fa a non vedere la divinità della figura di Gesù? Chi può aver detto il Discorso della montagna se non Dio? Mi pare che Ratzinger nel libro non sia molto lontano dal tratteggiare Gesù come ha fatto il cardinal Martini. Forse Ratzinger sottolinea meno il carattere inaudito del cristianesimo.
Ma è un saggio bellissimo di cui non si capisce l’importanza se lo paragoniamo all’ossessione legalistica della chiesa di questo periodo”.
Per Cacciari in Gesù l’elemento decisivo, “il suo mandatum novum è l’amore, la misericordia, l’assoluto antilegalismo che ha fatto dire a molti che solo impropriamente si può parlare di una religione cristiana. Gesù non è cosmopolitismo disincarnato, ma ciò che lo rende straordinario non è neanche l’obbedienza alla legge, ma alla parola. ‘Seguimi’, abbandona tutto, c’è sempre la parola. Il cristianesimo ha rotto con il giudaismo su questo punto, è l’uomo nobile che non cerca l’affemazione in questo mondo.
L’uomo che non si impone secondo le leggi di questo mondo. Non si ama il nemico come se stessi in questo mondo”.
Nel suo cristianesimo non c’è solo Karl Barth, ma anche Carl Schmitt.
“Non penso come molti miei amici laicisti che la tradizione politica della grande chiesa romana sia un tradimento di questo messaggio evangelico originario. E’ un messaggio che batte sull’incarnazione, il logos si incarna in questo mondo. Ne deriva anche la necessità della grande forma politica della chiesa romana, la fondazione che Gesù forma intorno a sé, e che in modo consapevole sa che lo tradirà. La consapevolezza di doversi organizzare in modo immanente è stata fondamentale e la chiesa politica deriva dal dogma dell’incarnazione”.
A Roma presenterà il libro assieme a Schönborn, che oltre a essere cardinale è anche uno dei più grandi pensatori della chiesa. “Il tema dell’inizio è stato dimenticato dalla cultura filosofica novecentesca, dominata dallo storicismo. L’origine è il tema di ciò che dà origine, la causa. Da un punto di vista logico che la causa sia ente sommo o Big Bang non cambia niente. Si tratta sempre di qualcosa di determinabile. E’ il grande problema della teologia, Flaubert diceva che la stupidità è il voler concludere.
Nessuno sa se arriveremo mai a una conclusione su questo punto. Il problema è un altro: comprendere se è possibile pensare l’inizio come pura apertura, lasciar essere e non come causa definita. L’inizio come possibilità. Esiste una teologia che vuole liberare lo stallo in cui versa oggi la chiesa. Io tradurrei l’inizio di Giovanni così: ‘Nell’inizio sta Dio e il logos’.
Grandi pensatori come Cusano, Eckhart e Schelling tentarono di procedere in questa direzione”.
Veniamo ai nomi che più gli stanno a cuore nella chiesa. “La figura che venero di più è Martini con cui avviai la cattedra dei non credenti a Milano.
E poi Piero Coda e Bruno Forte, con il quale discuterò il mese prossimo di Franz Rosenzweig. E poi Enzo Bianchi, priore di Bose, che ho chiamato a insegnare al San Raffaele. E Natalino Valentini che ha immesso Pavel Florenskij nel dialogo e ho una venerazione per il mio patriarca emerito Marco Cè. Sono vicino ai credenti che parlano della paradossalità del cristianesimo.
E poi monsignor Ravasi con il quale ho un legame filologico.
E infine Nino Fasullo di Palermo. E’ vent’anni che parlo con loro. La chiesa cattolica è una grande forma politica culturale. Penso sia del tutto ridicola la pretesa dei laici di ridurre la dimensione religiosa cristiana a un fatto del cuore. E’ una completa insensibilità storica propria di un certo illuminismo razionalistico. Il cristianesimo non è, come l’islam, una pura religione del cuore”.
Parliamo di questi due anni di pontificato di Benedetto XVI. “Sono stati anni difficilissimi, l’eredità profetica di Karol Wojtyla non poteva essere riscattata da nessuno. Dopo l’esplosione del profetismo del Papa polacco la chiesa ha avvertito la necessità di riflettere.
La chiesa si trova di fronte a un processo di secolarizzazione nei suoi aspetti nichilistici, sottovalutati dalla cultura laica. Il secolo che stiamo vivendo è affrontato male dalla chiesa, che invece di battere l’accento sui veri grandi aspetti del nichilismo, si occupa di aspetti indifendibili.
La mia è una critica partecipe. La chiesa privilegia il rapporto con un moderato razionalismo, quando dovrebbe confrontarsi con il radicalismo novecentesco. E’ una chiesa che sembra cercare di combattere il nichilismo della secolarizzazione attraverso il compromesso. L’importanza del libro di Ratzinger è nel tornare a parlare di Gesù. Il cristiano non si caratterizza per l’opposizione ai Dico, ma per la misericordia, il cuore che si spacca dal dolore e per l’inferno in terra, il rapporto con Cristo. E’ il fariseo che parla di obbedienza”.
La chiesa ha una grande responsabilità nella mancata alfabetizzazione della popolazione. “Siamo completamente all’oscuro della tradizione religiosa.
Io voglio poter aprire una cattedra in teologia. Ma non è possibile in Italia. Le facoltà teologiche possono essere solo vaticane. Che scandalo.
L’alfabetizzazione dell’Europa alla sua tradizione giudaico-cristiana è un dovere”.
A Ratzinger imputa di aver impostato male il rapporto con l’obbedienza.
“L’obbedienza è positiva se si va alla sua autentica origine, obbedire come decidere di seguire. L’obbedienza del Vangelo è quella dell’uomoche scommette alla maniera di Pascal e che arrischia. Il cristiano non obbedisce come uno schiavo. Per questo il Concilio Vaticano II ha aperto una prospettiva grandiosa e ha richiamato i cristiani all’incarnazione nel mondo. Respirate a pieni polmoni, come miles, come chiesa militans, in questo mondo. In questo messaggio c’è il pericolo di un compromesso con forme di immanentismo e di subordinazione al mondo.
Ma la contraddizione maggiore del Concilio non appartiene al Concilio bensì al mondo che cambia. Oggi il dramma della chiesa è come stabilire un compromesso con il suo tempo.
Max Scheler che divenne cattolico pose il tema in modo decisivo. Così fece Max Weber. La chiesa del Novecento è la chiesa della lotta contro gli anticristi del totalitarismo. Cosa succede alla religione dell’ubi pecunia ibi patria e con l’idea che la religione sia sentimentalismo e poesia?”.
E’ accusato di essere gnosticheggiante. “Sono l’opposto dello gnosticismo.
Per Marcione il crocifisso è un simulacro, Dio non può morire. Io sono un razionalista, gnostica è la cultura contemporanea per quanto di anticristico porta dentro di sé. Il cristianesimo per la gnosi è pura letteratura.
L’eresia cristiana più grande è la razionalizzazione dello scandalo cristiano. La gnosi è la riduzione della follia cristiana in filosofia”. Un punto di svolta nelle relazioni fra la chiesa e le altre confessioni fu la dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede “Dominus Iesus” del 2000. “Quel documento non mi piace. Perché Cristo è uno che domanda e ha il cuore lacerato fino alle lacrime. Gesù si rivolge ai discepoli, chiede e non ottiene risposta su quando tornerà il figlio di Dio. Collocare la morte in Dio, ecco la sfida per la ragione moderna del cristianesimo.
Quando san Francesco dice ‘sorella morte’ parla di questo. Nella ‘Dominus Jesus’ c’è l’apodittica figura di Gesù che ha vinto la morte come Signore. Gesù non è il Signore meraviglioso che seduce tutti e che vediamo nelle absidi bizantine. E’ Signore perché sopporta la contraddizione. ‘Togliere i peccati dal mondo’ va tradotto con tenere sulle spalle, non eliminare in modo rassicurante”.
Nel suo libro Ratzinger riconosce a Marx il merito di aver svelato il volto dell’alienazione. “L’ubriacatura del marxismo è stata deletaria perché ha oscurato il Marx grandissimo pensatore.
Capire che la forma merce, il denaro che rende tutto equivalente, sia ormai dominante su tutto e che questo sia il destino europeo fu una impresa intellettuale straordinaria. Ratzinger non ha più a che fare con le ideologie marxiste totalitarie, ma con il mondo profetizzato da Marx. E dunque lo riconosce”.
A settembre lei criticò il discorso di Ratisbona. “Il Papa era ben lungi dall’offendere l’islam. Il dialogo è il riconoscimento delle differenze, non l’annullamento. Il dialogo va promosso nella sua autenticità di ciò che sostiene le differenze, tenendole in alto”.
Nei suoi libri ricorre spesso la figura dell’angelo. “L’angelo è l’immagine di un mondo mediato, come uomini non viviamo tra l’astratta fantasia e la dura realtà. Vi è un mondo del simbolo rigorosamente costruito, pensiamo all’angelologia islamica e cristiana.
La bellezza cristiana è il simbolo, come l’icona e la liturgia, è luce costruita, non imitazione quanto simbolo della divinità. La gnosi è iconoclastica o, come Plotino, ritiene l’immagine un gioco. L’icona è reale, immagine della luce divina coerente con il mistero dell’incarnazione”.
Il Papa ha parlato di un illuminismo da salvare. “Il Papa ha ragione quando dice questo, è l’illuminismo che va da Herder a Kant fino a Isaiah Berlin, è la filosofia vichiana della storia. L’illuminismo negativo è quello che tollera la dimensione religiosa pensando di risolverla in sé. L’illuminismo positivo in chiave religiosa fa emergere invece l’inconciliabilità delle tradizioni religiose. Auguste Comte è il prototipo di un illuminismo positivistico e progressista, un illuminismo della ragione viziata”. Alla fine si concede una battuta. “Se mi capita uno all’esame che sa tutto di Hegel ma non sa niente del Vangelo, io lo boccio subito”.

Il Foglio, 7 aprile 2007


Il mistero di Cacciari invitato in Vaticano

di ANTONIO SOCCI

Cacciari l'Anticristo? Ma no, semmai l'Antipatico per i suoi compagni di partito. A me è simpatico. Non sono certo io - come scriveva ieri il Foglio - ad avergli attribuito quel titolo. È lui che si è baloccato per anni con l'Anticristo, con il Katechon, con il Filius perditionis, con l'"Angelo necessario" (che poi sembra il Maligno). Ed è poi Ratzinger ad aver citato anni fa - come vedremo - gli "anticristi" della Lettera di san Giovanni in riferimento agli "intellettuali". Forse l'"Angelo necessario" a Cacciari (...) segue a pagina 25 (...) potrebbe essere l'Angelo Scola, che il Papa ha nominato Patriarca di Venezia. Potrebbe impartirgli qualche lezione di catechismo per evitargli eresie o cantonate come quella sulla "reincarnazione". Ma chissà che non sia proprio per far dispetto al Patriarca di Venezia che qualcuno in Vaticano ha chiamato il sindaco di quella città a presentare il libro di Ratzinger su Gesù. Questo qualcuno si dice sia il Segretario di Stato cardinal Bertone che da quando si è insediato sembra in guerra contro tutti: dal predecessore a Ruini, da Bagnasco a Scola. In effetti invitare in Vaticano a pontificare uno che fa il politico come Cacciari è del tutto irrituale per la Santa Sede. Oltretutto uno che ha scritto quel che ha scritto su Ratzinger, che ha attaccato duramente il cardinal Ruini sui Dico, un sindaco che solo poche settimane fa si è trovato in urto frontale con la diocesi di Venezia per la campagna del Comune intitolata "L'amore secondo noi". Con tutti i gravi problemi di Venezia, Cacciari non ha trovato di meglio che lanciare una serie di manifesti sull' omosessualità (ad esempio: «La mia campagna di banco è lesbica. E allora?»). Il settimanale diocesano "Gente Veneta" lo ha aspramente contestato: «finisce per porre sullo stesso piano omosessualità ed eterosessualità». Secondo il giornale cattolico «questi messaggi generano confusione, sono fortemente diseducativi e possono avere un esito devastante tra i giovanissimi, che spesso vivono con fatica la scoperta del proprio orientamento sessuale». In questa campagna si coglie «un pregiudizio ideologico, che si fonda su un concetto parziale di libertà... Stupisce, e un poco anche scandalizza conclude l'editoriale del direttore - il modo superficiale con il quale la campagna promossa dal Comune affronta temi che richiederebbero invece grande discrezione e un imponente sforzo educativo». Secondo il giornale della Chiesa l'amministrazione Cacciari si attribuisce «un ruolo educativo che non le spetta, lanciando ai giovani messaggi opposti a quelli che una larga parte di famiglie che abitano nel territorio del Comune, con fatica e con convinzione, cercano di trasmettere ai propri figli. A noi pare che questa sia discriminazione!». Pochi giorni dopo questo scontro, Cacciari è invitato addirittura a commentare il libro del Papa in Vaticano. Incredibile, no? L'ultimo testo che Cacciari aveva pubblicamente chiosato - con un certo pathos - era stata la lettera di Veronica Berlusconi al marito, uscita sulla Repubblica. Un commento finito subito fra i gossip di Dagospia. Era proprio necessario chiamarlo - dopo l'esegesi di Veronica - a fare quella di Ratzinger? Non è uno sgarbo al Papa? Il cardinal Bertone sembra da settimane impegnato ad ammiccare al centrosinistra e a far la guerra agli altri cardinali. Prima cercò di "bypassare" Ruini accordandosi con Prodi sui Dico. Dovette intervenire il Papa per ribadire che la linea era quella di Ruini. Sandro Magister, vaticanista dell'Espresso, segnala che il 27 marzo Bertone «ne ha fatta un'altra delle sue». Ha reso nota una lettera al nuovo presidente della Cei, Bagnasco, dove gli "intima" di farsi da parte sulla politica italiana perché ci pensa lui. Il vescovo di Genova citando il papa gli ha risposto picche. Dalla conclusione, nota Magister, «si direbbe che Benedetto XVI abbia dato ragione più alla Cei che al suo effervescente segretario di stato». Altro scontro si è verificato sul "Family Day" del 12 maggio prossimo. Fra Bertone e i prodiani il feeling è evidente (il prelato ha pure presentato un libro del "margherito" Bobba). Ora la soprendente scelta del sindaco di Venezia, altro margherito, per quel delicato compito "teologico". Ieri il geniale Giuliano Ferrara sul Foglio ha dedicato al "prescelto" Cacciari una monumentale paginata, apparentemente per rispondere al mio articolo, ma in realtà per far dispetto a Marcello Pera (pure lui teocon e amico personale del Papa). Ma questa intervista, dove Cacciari «spiega il suo rapporto con il cristianesimo», appare devastante. Come ha scritto tempo fa don Antonio Livi, teologo dell'Opus Dei e decano della Lateranense, solo degli «sprovveduti» possono ritenere Cacciari «vicino al cristianesimo». L'intervista al Foglio è un'insalata di parole che dice tutta la tristezza dell'intellettualismo. Cacciari pensa davvero che il cristianesimo sia questione di «conoscenza» e di cultura (in fondo condivide con Ferrara le tesi dell'idealismo tedesco). Sembra non accorgersi minimamente che per "capire" qualcosa di Cristo bisogna andare - come fece l'intellettuale Agostino d'Ippona - a scuola dai semplici, dalle "analfabete" Bernadette Soubirous e Caterina da Siena. O da santi come Padre Pio che porta impressa nella carne la passione di Gesù, per farlo scoprire vivente oggi. Davanti agli intellettuali del suo tempo (e mi metto anche io in questa sciagurata categoria) un giorno Gesù, felice, prese a lodare il Padre ad alta voce: «perché hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli». San Paolo scriveva: «Dio ha scelto ciò che per il mondo è stolto per confondere i sapienti». Chi in Vaticano ha chiamato Cacciari dovrebbe leggersi una memorabile omelia del cardinal Ratzinger nella quale affermava che «compito del magistero» è proprio «difendere la fede dall'elitaria presunzione degli intellettuali». Ratzinger partiva dalla prima Lettera di Giovanni: «di fatto ora molti anticristi sono apparsi». E commentava: «La fede cristiana che all'inizio era stata la religione dei poveri e dei semplici, aveva affascinato nel frattempo anche spiriti di grande ingegno. Ma le sue affermazioni li interessavano solo come simboli. Accettare che veramente questo Gesù vissuto in Palestina fosse stato il Figlio di Dio e che la Sua Croce avesse redento il mondo, sembrava a costoro una ingenuità impossibile a pretendersi. No, queste semplici affermazioni della professione di fede erano per loro immagini di cose superiori e solo come tali erano interessanti e preziose. Così» continua Ratzinger «essi cominciarono a costruire il loro cristianesimo "superiore", e i poveri fedeli che semplicemente accettavano la lettera erano per costoro degli "psichici", cioè uomini in uno stadio preliminare rispetto allo spirito più elevato». Queste dottrine scossero la Chiesa dalle fondamenta ed è «a questo vilipendio della fede semplice da parte degli intellettuali e ai loro artifici interpretativi che san Giovanni si oppone», spiegando che «non sono i dotti a determinare ciò che è vero della fede battesimale, bensì è la fede battesimale che determina ciò che c'è di valido nelle interpretazioni dotte. Non sono gli intellettuali a misurare i semplici, bensì i semplici misurano gli intellettuali». Il compito del magistero ecclesiale, affermava Ratzinger, è «difendere la fede dei semplici contro il potere degli intellettuali». E ribadiva: «Il magistero ecclesiale protegge la fede dei semplici, di coloro che non scrivono libri, che non parlano in televisione e non possono scrivere editoriali nei giornali: questo è il suo compito democratico. Esso deve dare voce a quelli che non hanno voce». Per questo chiamare a pontificare Cacciari in Vaticano è una scelta infelice che può confondere tanti cristiani.

Libero, 8 aprile 2007

4 commenti:

Anonimo ha detto...

carissima raffaella io non condivido nella sostanza e nella forma gli interventi (al limite dell'isteria) di socci... fa il processo alle intenzioni, accusa - ma la scrittura dice di non giudicare, perchè il giudizio è di dio - cacciari di essere non cristiano ecc. con uno stile sinceramente irritante sia per come è espresso sia perchè si vede lontano mille miglia che il suo unico scopo non è lo "splendor veritatis", ma la semplice affermazione delle sue, a me paiono anche misere, idee
mi piace invece il cacciari che non sceglie dogmatismi inutili, ma solo quello della fedeltà alla ragione, all'uso, che qui invece mi pare corretto e rigoroso, dell'argomentare
il papa non è criticabile? a me sembra di sì: lo dice lui stesso! se uno lo critica è cattivo, se uno lo osanna è buono? è questo il criterio? io ne uso un altro: il papa anche lui è sottoposto alla verità e in modo speciale alla verità della fede... per questo benedetto xvi mi piace e non poco

Anonimo ha detto...

Caro Francesco, a me piace Socci quando parla di Dio e quando afferma verita' scomode che altri volutamente ignorano (a gennaio e' stato il solo a rimarcare la grande affluenza di pellegrini a Roma, dal Papa).
Mi piace meno quando butta tutto in politica. Io ho visto una grande apertura da parte nel Papa nel voler invitare Cacciari (e un teologo valdese) a presentare il suo libro.
Come e' stato detto nella trasmissione di Stefano Maria Paci, con questa scelta, Benedetto afferma che il suo libro e' diretto a tutti, non solo ai cattolici.
Di solito i libri dei Papi vengono presentati dai cardinali, ma questa volta ci sara' un porporato, che e' anche un teologo, e due rappresentanti rispettivamente del mondo laico e del protestantesimo.
E' sicuramente una bella novita'. Forse e' un po' rischiosa, ma penso che ne valga la pena :-)
Il Papa e' il primo a desiderare la critica, ma io spero che sia una critica obiettiva e serena e non una presa di posizione aprioristica e preconcetta.
Ciao
Raffaella

Anonimo ha detto...

carissima raffaella
a me socci, te l'ho detto, piace poco e quando parla di dio mi pare banalotto e forse anche interessato... che la fede non è solo intelletto lo sappiamo tutti, ma vista l'ignoranza religiosa in cui viviamo è davvero necessario una riproposizione più razionale dei contenuti di fede - cosa che benedetto xvi fa in maniera ammirevole! - per cui capisco poco il socci se non come uno che vuol esser inutilmente provocatorio
mi spiace che ci sia una sorta di lobby che tende a seminare zizzania nel campo della chiesa e tra questi ci agigungerei anche il magister che mi pare sempre più un maestro subdolo, un vero maestro del sospetto
cmq grazie del tuo sito... e speriamo di restare in contatto non solo col blog
lascio la mia personal mail come pagina web
saluti
francesco

Anonimo ha detto...

Ciao Francesco, non potrei piu' essere d'accordo con te sulla necessita' di una riproposizione razionale della fede. Per questo mi sono riavvicinata molto alla Chiesa grazie a Papa Benedetto. Ho bisogno di conoscere e di imparare e Ratzinger e' il Pontefice giusto per il momento giusto.
Fra un po' postero' un editoriale di Repubblica proprio su questo punto. Mi piacerebbe avere la tua opinione in proposito.
Ciao
Raffaella