1 aprile 2007

Io profetessa? No, semplice conoscitrice dei miei "polli"! Rassegna stampa del 1° aprile 2007


Eccoci qui! I titoli dei quotidiani rispecchiano piu' o meno le mie infauste previsioni.
Oggi, domenica delle Palme, assistiamo all'ennesimo attacco ingiustificato al Papa, alla CEI ed alla Chiesa in generale.
Complimenti! Ricordate la nota esplicativa di ieri sera? Quasi ignorata! Si da' spazio ai commenti politici, alle prese di posizione critiche, anche alle offese, ma la precisazione viene quasi ignorata o al massimo, colmo dei colmi, interpretata come un passo indietro della CEI.
Ratisbona non docet e mi permetto di dire che non e' certo la CEI a dover precisare o chiedere scusa ma i mass media che, ancora una volta, mostrano tutti i loro limiti.
A proposito di mass media, dobbiamo registrare la dura condanna di Bertone. Grazie alla nostra Luisa abbiamo la possibilita' di leggere l'intervista del segretario di stato direttamente dalla "fonte". Parleremo diffusamente di questa denuncia nei confronti dei media in un post successivo.
Per ora dedichiamoci alla bufala di ieri sera.

Raffaella


"Dopo i Dico incesti e pedofili" è tempesta su Bagnasco
Sdegno a sinistra. La Cei precisa: nessuna equiparazione

la comunione Negare la comunione ai politici fautori delle unioni civili? C´è già scritto tutto nella Nota della Cei e lì non se ne parla
dire dei no Se il criterio è l´opinione pubblica è difficile dire dei no. Perché dire no ai Dico? O all´incesto, o al partito dei pedofili in Olanda?


MARCO POLITI

DAL NOSTRO INVIATO
MACERATA - Angelo Bagnasco scatena la tempesta. Il presidente della Cei parla dei Dico ad una riunione di animatori della comunicazione della diocesi genovese e tira in ballo incesto e pedofilia. Il rischio - afferma - è la mancanza di «criterio oggettivo per giudicare il bene ed il male». Se il criterio, spiega, è quello dell´opinione pubblica o delle «maggioranze vestite di democrazia», diventa difficile dire dei no. E qui, tra i suoi diocesani, il neo-presidente dell´episcopato si lascia andare: «Perché dire di no a forme di convivenza giuridicamente riconosciute e quindi creare figure alternative alla famiglia? Perchè dire di no all´incesto come in Inghilterra dove un fratello e una sorella hanno figli, vivono insieme e si vogliono bene? Perchè dire di no al partito dei pedofili in Olanda, se ci sono due libertà che si incontrano?».
Pensa, il presidente della Cei, di fare un discorso meramente antropologico, mentre si infila in una bufera che non aveva immaginato. Anche se a fine giornata il direttore dell´Avvenire Boffo reagisce: «Non c´era nessuna equiparazione, nelle sue parole, tra i Dico e l´incesto o la pedofilia». Intanto sale lo sdegno. Aurelio Mancuso, segretario dell´Arcigay, esplode: «Il capo della Cei, invece di offendere le coppie omosessuali e conviventi, chieda scusa per le aberrazioni di cui si macchiano tanti sacerdoti». Gayleft è indignata: «Un linguaggio che trasuda violenza e manca di rispetto della dignità umana». Gianni Geraci, già portavoce del coordinamento dei gruppi gay cattolici, esclama: «Non possiamo non chiedere a Dio di liberare la Chiesa italiana e il suo presidente dalla superficialità colpevole con cui affronta certi argomenti».
Interviene il mondo politico. Il ministro dell´Ambiente Pecoraro Scanio denuncia il «paragone, gravissimo, insensato, che offende milioni di persone». Il socialista Boselli accusa il presidente della Cei di «gettare benzina sul fuoco». Il ministro per la Solidarietà Ferrero si dice «impressionato», perché «la libera scelta di persone adulte di convivere e costruire una relazione, come i Dico, è il contrario della pedofilia, degli abusi sui soggetti deboli e della violenza». Ribatte Fioroni, ministro dell´Istruzione: «Letture strumentali. Bagnasco è un pastore, dice solo ai credenti ciò che è bene o male». E anche per il Guardasigilli Mastella "è insopportabile chi vuole spiegare alla chiesa come si fa la chiesa".
Il centrodestra, da Maroni a Formigoni a Cesa, si erge a difesa del presidente dell´episcopato. Equilibrista Berlusconi al congresso dei repubblicani: «Da laici riconosciamo il diritto e il dovere dei vescovi di dire quello che pensano e da laici abbiamo il diritto di ascoltare quello che dicono i vescovi e di pensarla esattamente nel modo opposto».
Alla Cei le polemiche rovinano una giornata di festa. Bagnasco e Ruini celebrano insieme l´ordinazione del portavoce dell´episcopato don Claudio Giuliodori a vescovo di Macerata. Non si parla di politica. Ruini non fa commenti sui Dico. Bagnasco respinge (senza nominarlo) l´oltranzismo del vescovo dell´Aquila, che vorrebbe rifiutare la comunione ai fautori delle unioni civili. « C´è già scritto tutto nella nota della Cei. Negare la comunione? Mi pare che non se ne parli», risponde. Quando gli domandiamo delle sue dichiarazioni a Genova, replica cauto: «Bisogna vedere che cosa hanno riportato di quello che ho detto». Ma ormai la valanga è in movimento.
Ore dopo un comunicato della Cei annuncia che il suo intervento «è stato male riportato con titolazioni e sintesi sommarie che risultano parziali e fuorvianti». Ma le parole e il ragionamento sono quelli. Inutile girarci intorno.
Sull´Avvenire di oggi il direttore Boffo replica con una nota indirizzata al ministro Ferrero. Il discorso di Bagnasco, spiega, riguardava i criteri antropologici per distinguere il bene dal male. Se conta solo il trend dell´opinione generale, allora si può arrivare ai due fratelli inglesi che vivono more uxorio e hanno figli oppure al caso del partito dei pedofili in Olanda. Però, chiarisce Boffo: «Nessuna equiparazione, nelle sue parole, tra i Dico e l´incesto o la pedofilia. Va da sé che in una conversazione legata all´attualità l´Arcivescovo facesse, in un altro momento, menzione della Nota emessa a proposito della famiglia».
In ogni caso, conclude l´Avvenire, «anche i vescovi, che pure si permettono di non apprezzare i Dico, tengono alla convivenza democratica che si esplica anzitutto in un parlare corretto». A suo modo, una rettifica.

Repubblica, 1° aprile 2007

Rettifica della CEI? E dei media?


Bagnasco: no ai Dico. E cita incesto e pedofilia

Virginia Piccolillo

Le parole del capo dei vescovi. Poi la precisazione della Cei: frainteso, nessuna equiparazione

DAL NOSTRO INVIATO
MACERATA — Doveva essere una festa per la Cei l'ordinazione del suo ex portavoce Claudio Giuliodori a vescovo di Macerata: con la cattedrale zeppa di fiori e fedeli, parenti commossi, sindaci con lo stendardo e uno schieramento di decine di vescovi e cardinali, compresi monsignor Ersilio Tonini, l'ex presidente Cei Camillo Ruini e il suo successore Angelo Bagnasco. Ma a guastarla hanno provveduto le violente polemiche scatenate dalle parole di quest'ultimo pronunciate venerdì a Genova di fronte agli animatori diocesani della cultura e riportate ieri dal Secolo XIX, con il titolo: «No ai Dico per fermare il male». Sottotitolo: «rischiamo incesto e pedofilia».
Il monito era contro il relativismo etico che porta ad «aberrazioni» «già presenti almeno come germogli iniziali». «Serve un criterio di giudizio per valutare il bene e il male», aveva fatto notare Bagnasco. Se resta solo quello dell'opinione pubblica, aveva aggiunto, «perché dire di no a varie forme di convivenza stabile giuridicamente, di diritto pubblico, riconosciute e quindi creare figure alternative alla famiglia? Perché dire di no all'incesto come in Inghilterra dove un fratello e sorella hanno figli, vivono insieme e si vogliono bene? Perché dire di no al partito dei pedofili in Olanda?».
E giù critiche feroci e minacce di rivedere il concordato. Così, mentre il neovescovo Giuliodori girava per i tavoli a ringraziare gli alti prelati, i politici come la teodem Paola Binetti e gli ospiti, monsignor Bagnasco si incupiva. E alla richiesta di chiarimenti sulle frasi glissava: «Dipende da come sono state riportate». Monosillabi in risposta ad altri quesiti: negherete la comunione ai politici che voteranno i Dico? «Non mi sembra che nella nota si parli di questo. Tutto quello che volevamo dire è scritto lì». Più tardi un comunicato dell'Arcidiocesi di Genova parlava di «titolazioni e sintesi sommarie che risultano parziali e fuorvianti». Interpretazione respinta dal quotidiano.
Oggi l'Avvenire precisa: «Nessuna equiparazione, nelle sue parole, tra i Dico e l'incesto o la pedofilia». «Una tempesta in un bicchier d'acqua, specialità del circo politico—mediatico italiano», minimizza il direttore Dino Boffo. E spiega che il ragionamento di Bagnasco era questo: «quando si nega la natura umana, vengono a mancare i criteri oggettivi per distinguere il bene dal male». L'esempio «dei due fratelli inglesi che vivono more uxorio», «o del partito dei pedofili in Olanda» erano due «situazioni». E la menzione della Nota sui Dico era solo esempio dello sforzo di dialogo che devono fare i cattolici, aggiunge. Quindi rivolto al ministro Ferrero, Boffo conclude: «Sorprese sul piano della logica e del galateo dai vescovi non ne avrà».
Difende la Nota monsignor Tonini. «I cattolici hanno diritto di ascoltare cosa dice loro la Chiesa. La Nota non è minacciosa, ha un tono dolcissimo. E non è vero che nega la coscienza individuale. Anzi. È un po' come la madre che quando i figli escono dice: "Stai attento"». «Kant, che non era un prete — sottolinea — ha scritto pagine durissime contro i gay che tradiscono le finalità della sessualità. Nessuno esclude nessuno. Ma bisogna che difendiamo il valore della famiglia. Non è ingerenza. Nel '45-46 cosa hanno fatto i vescovi quando c'era il rischio che l'Italia perdesse la libertà?».

Corriere della sera, 1° aprile 2007


Baget Bozzo: «È stata solo una gaffe Si vede che è un novizio. Imparerà»

Gian Guido Vecchi

MILANO — Era proprio necessario metterla giù così dura?

«Andiamo, è evidente che l'arcivescovo Bagnasco non volesse omologare l'omosessualità a pedofilia e incesto! Certo, quell'accostamento... Da qui si vede che è un novizio». Don Gianni Baget Bozzo, navigatore consumato fra le acque limacciose del mondo politicomediatico, politologo di Forza Italia, considera senza battere ciglio l'intervento del presidente della Cei.

Un novizio?

«Ma sì. Ha fatto una sorta di gaffe, tutto qui. Un'uscita drastica, forse eccessiva.
È chiaro che quando stava sotto le armi non era così, ma ora guida i vescovi italiani e dovrà imparare a stare attento alla minima cosa che dice, calibrare le parole a scanso di linciaggi».

Dice che se manca un «criterio oggettivo» per «giudicare il bene e il male», e l'unico criterio è quello dell'«opinione pubblica», allora non si capisce perché si dovrebbero respingere forme alternative alla famiglia, o l'incesto, o i pedofili...

«Dire una bugia è un peccato come ammazzare qualcuno, ma questo non significa che mentire e uccidere siano lo stesso. Non è la medesima specie morale, la Chiesa distingue tra peccati mortali e veniali e la lunga stagione della Controriforma ha avuto grande attenzione nel dire che bene e male hanno diversi gradi».

Ma il «criterio oggettivo»?

«Cos'è bene o male in materia di sessualità? Il criterio è la struttura biologica del corpo umano: il dato biologico serve a interpretare ciò che Dio vuole».

Ma che fine fanno libertà, coscienza, responsabilità?

«La coscienza è un invenzione cristiana e dell'Occidente: significa che se Dio mi obbliga in coscienza, devo obbedire a Lui e non agli uomini. Rompe appunto il vincolo uomo-società».

E per i Dico?

«Non c'è imposizione, vale sempre il primato della coscienza: se uno sentisse in coscienza di poterli votare, sbaglierebbe, ma la Chiesa non lo condannerebbe per questo».

Resta l'«accostamento»...

«L'intenzione era chiara, è stato volutamente frainteso. Imparerà a stare attento, anche ai giornalisti».

Corriere della sera, 1° aprile 2007

Mi pare che siamo di fronte ad una sorta di "dittatura dei media" per cui ciascuno deve stare attento a cio' che dice perche' se non e' politicamente corretto rischia il linciaggio mediatico...questa e' liberta'?


Bobba: «Assurdo legare tutto ai Dico e vivisezionare ogni frase dei vescovi»

MILANO — Che ne dice, senatore?

«A buon senso, che si sta passando la misura. Non è possibile che, qualsiasi cosa esca dalla bocca dei vescovi, venga vivisezionata alla luce dei Dico, eh la miseria!». Il senatore della Margherita Luigi Bobba ha la voce ridotta al gemito di chi non ne può più.

Beh, qui l'arcivescovo Bagnasco parlava in effetti di convivenze...

«Guardi, non voglio mettermi a fare l'esegesi di Bagnasco. Di certo non ha senso pensare che volesse equiparare situazioni così diverse, scherziamo? E poi: i vescovi hanno già parlato, attraverso la Nota, in modo chiaro, limpido, con una forte preoccupazione pastorale. Punto. Non è possibile che adesso ad ogni parola sia data una coloritura politica, così si stravolge la realtà».

Ma il «criterio oggettivo» non blocca ogni confronto politico?

«Quando Giovanni Paolo II ha fatto di tutto e di più per fermare la guerra, non parlava forse perché convinto che la guerra fosse un male in sé? Eppure nessuno ha detto: fa malissimo, che c'entra il Papa? Sia chiaro: anche questo è solo un esempio, non voglio accostare guerra e Dico!».

Sì, ma come può esserci uno spazio per discutere?

«La Nota è chiarissima come i principi ispiratori, dopodiché gli strumenti spettano interamente alla responsabilità dei legislatori. I vescovi mica parlano, che so, della proposta Biondi! Certo, chi è credente verificherà che gli strumenti siano coerenti, ma spetta a lui trovare il modo di tradurre quei valori in un bene o impedire un male».

Insomma, nel tono di Bagnasco non vede nulla di perentorio...

«Assolutamente no. Ho letto e riletto quel documento con grande attenzione e non ho trovato nulla di impositivo. Quanto alla polemica su Bagnasco, è una chiara forzatura. Piuttosto è il mondo politico che si dovrebbe dare una calmata...».

Tipo?

«L'altro giorno, in un dibattito, mi sono sentito dire che i vescovi vogliono introdurre la sharia cattolica! Ma si rende conto? Abbassiamo i toni, a fare battaglie di bandiera non andremo da nessuna parte...».

Corriere della sera, 1° aprile 2007


“Dopo i Dico il sì alla pedofilia?”
Bufera su Bagnasco

Ma il capo dei vescovi: fraintese le mie parole
Bertone: anche le frasi del Papa sono falsificate


GIACOMO GALEAZZI
CITTA’ DEL VATICANO
«Dopo i Dico, perché no all’incesto e alla pedofilia?», si chiede il capo della Chiesa italiana. «Se viene a cadere il criterio di giudizio per valutare il bene e il male, il vero e il falso, perché dire no a varie forme di convivenza stabile giuridicamente, di diritto pubblico, riconosciute e quindi creare figure alternative alla famiglia?- osserva Angelo Bagnasco-. Perché dire di no all’incesto come in Inghilterra dove un fratello e sorella hanno figli, vivono insieme e si vogliono bene? Perché dire di no al partito dei pedofili in Olanda se ci sono due libertà che si incontrano? E via discorrendo, perché poi bisogna avere in mente queste aberrazioni secondo il senso comune e che sono già presenti almeno come germogli iniziali».
Subito dopo avere licenziato la nota sui Dico, il presidente della Cei è tornato a Genova per incontrare gli animatori diocesani della comunicazione e ribadire in maniera ancora più dura i concetti già espressi nel documento della Conferenza episcopale. Il leader dei vescovi vede minacciato «il criterio antropologico dell’etica che è anzitutto un dato di natura e non di cultura», quindi avverte: «Maggioranze vestite di democrazia possono diventare antidemocratiche». Parole che hanno fatto subito scoppiare una polemica talmente accesa che in serata, dopo una giornata di bufera politica, una nota dell’arcidiocesi di Genova e poi l’anticipazione di un editoriale di «Avvenire», il quotidiano della Cei, hanno precisato che le sintesi giornalistiche fatte sull’intervento «erano parziali e fuorvianti». Bagnasco è stato mal interpretato:«Nessuna equiparazione, nelle sue parole, tra i Dico e l’incesto o la pedofilia».
Dunque, secondo Avvenire e la Curia, tutte il polverone è stato generato da un «infausto equivoco», e si è consumata l’ennesima «tempesta in un bicchiere d’acqua, specialità del circo politico-mediatico italiano». L’arcidiocesi di Genova, di cui Bagnasco è titolare, in particolare critica il resoconto pubblicato ieri dal quotidiano «Secolo XIX» e indica, invece, come versione corretta, quella data da «Avvenire». Secondo quanto riportato dal quotidiano cattolico, infatti, l’arcivescovo di Genova ha fatto un discorso molto articolato. «Dobbiamo sempre più abituarci, ancorati alle ragioni della nostra fede, ad imparare ad usare le ragioni della ragione in nome di una corretta antropologia- ha affermato Bagnasco-.Il rischio è la mancanza di un criterio oggettivo per giudicare il bene e il male. Se il criterio è quello dell’opinione pubblica generale è difficile dire dei no». «Avvenire», in un editoriale siglato dalla direzione, sottolinea oggi come tutto sia stato generato da una frase («Dico, il nostro no è come a pedofilia e incesto») che l’arcivescovo di Genova non ha mai pronunciato in questi termini. «Nessuna equiparazione, nelle sue parole, tra i Dico e l’incesto o la pedofilia», puntualizza il giornale della Cei. Il ragionamento di Bagnasco, spiega il quotidiano cattolico, era che «quando si nega la natura umana, vengono a mancare i criteri oggettivi per distinguere il bene dal male». Se il criterio è semplicisticamente quello «dell’opinione pubblica generale, allora è difficile dire dei no». L’esempio fatto da Bagnasco «dei due fratelli inglesi che vivono “more uxorio” e hanno una serie di figli, o del partito dei pedofili in Olanda» erano due «situazioni, dunque, non altre», rimarca ancora il quotidiano cattolico. Il «Secolo XIX», da parte sua, conferma, però, «la correttezza formale e sostanziale dell’articolo pubblicato». Una bufera mediatica, dunque, proprio nel giorno di uscita di un’intervista al quotidiano francese «Le Figaro», in cui il segretario di Stato Tarcisio Bertone, con una durezza mai vista prima, accusa i mass media di concentrarsi troppo sulla visione che la Chiesa ha del sesso e di fraintendere deliberatamente i discorsi del Papa, come accaduto per la citazione su Maometto a Ratisbona. «Abbiamo un problema gravissimo: i messaggi della Chiesa sono oggetto di manipolazione e falsificazione da parte di certi media occidentali». E ancora: «I pensieri del Pontefice vengono oscurati, i commentatori che estrapolano le frasi dal contesto in modo ingannevole esercitano il loro mestiere in modo disonesto».

La Stampa, 1° aprile 2007

Sulla disonesta' ed aggressivita' dei media nei confronti del Papa avremo modo di parlare piu' tardi...


I vescovi: «Se passano i Dico perché dire no all’incesto?»

di Andrea Tornielli

Roma - Se non esiste un criterio oggettivo per giudicare ciò che è buono e vero, se il parere dell’opinione pubblica diventa l’unico criterio di giudizio morale, «è difficile valutare i comportamenti». È questa la riflessione che il presidente della Cei Angelo Bagnasco ha proposto sabato sera agli animatori della comunicazione della diocesi di Genova. L’arcivescovo ha citato esempi concreti, affermando che senza un riferimento a criteri oggettivi non si capisce perché si debba dire di no alla legalizzazione dell’incesto e della pedofilia. E il suo intervento ha provocato una bufera di reazioni.

Bagnasco, dopo aver spiegato che la Nota della Cei sui Dico «cerca di parlare soprattutto, all’intelligenza comune, al buon senso, alla ragione attraverso delle motivazioni di tipo antropologico», ha aggiunto: «Nel momento in cui si perde la concezione corretta autotrascendente della persona umana non vi è più un criterio di giudizio per valutare il bene e il male e quando viene a cadere un criterio oggettivo per individuare il vero e il falso, l’unico criterio o il criterio dominante è il criterio dell’opinione generale. Diventa allora difficile dire dei no, scoprire indirizzi in ordine al bene». Bagnasco ha quindi proseguito con una serie di domande: «Perché dire di no all’incesto, rifacendosi a una nota situazione in Inghilterra dove un fratello e sorella hanno figli, vivono insieme? Perché dire di no al partito dei pedofili in Olanda se ci sono due libertà che si incontrano?».

«Oggi ci scandalizziamo – ha concluso il presidente della Cei – ma, a pensarci bene, se viene a cadere il criterio antropologico dell’etica che riguarda la persona, che è anzitutto un dato di natura e non di cultura, è difficile poi dire dei “no”. Se il criterio unico e assoluto del bene e del male è la libertà di ciascuno, come scelta, allora diventa possibile tutto. È necessario guardare la natura umana, ciò che la persona è in se stessa, per poter agire con coerenza verso ciò che si è per esprimere se stessi al meglio».

Come si vede, Bagnasco, spiegando il senso della recente Nota della Cei sulla famiglia e sui progetti di legalizzazione delle unioni di fatto e gay, non ha affatto messo questi ultimi sullo stesso piano dell’incesto e alla pedofilia. Ha detto, invece, che la mancanza di un criterio oggettivo, fondato sulla morale naturale e condiviso non sulla base di un presupposto confessionale ma sulla base della ragione, la mancanza di un riferimento alla realtà della persona può arrivare a giustificare tutto. E gli accenni all’incesto e al partito che vuole autorizzare la pedofilia tra persone consenzienti, non sono invenzioni o immotivati timori clericali. Si tratta, invece, di «germogli iniziali», di esempi già presenti nella nostra Europa, come nel casi specifici citati. Quello dei due fratelli conviventi che hanno avuto dei figli (i media avevano inizialmente ambientato la storia in Inghilterra, ma in realtà si è verificata a Lipsia, in Germania), quello del partito olandese che si batte per rendere legale il rapporto erotico tra un adulto e un bambino che abbia compiuto dodici anni. «Oggi tocchiamo con mano – ha detto l’arcivescovo di Genova – le conseguenze di questi movimenti che sono nati anni addietro. Tutti vanno a parare su un’unica questione che sta alla base di tutte le altre questioni sensibili: l’uomo, la concezione antropologica». Il presidente dei vescovi italiani ha definito «profetica» l’intuizione del suo predecessore Camillo Ruini che nel 1994 ha dato vita al Progetto Culturale della Chiesa italiana capendo prima di altri «dove stavano andando alcuni movimenti culturali europei».

Nella serata di ieri, dopo l’infuriare delle polemiche, la Curia genovese ha diffuso un comunicato nel quale si afferma che l’intervento dell’arcivescovo «è stato male riportato con titolazioni e sintesi sommarie che risultano parziali e fuorvianti». In mattinata Bagnasco aveva partecipato insieme a Ruini alla consacrazione del vescovo di Marcerata, Claudio Giuliodori. Ai giornalisti che gli domandavano se vada negata la comunione ai parlamentari che disobbediranno sui Dico, il presidente dei vescovi ha risposto: «Mi pare che nella Nota non se ne parli».

Il Giornale, 1° aprile 2007


Carra: «Chi lodava Bagnasco adesso lo vuole crocifiggere»

di Francesca Angeli

«Gli stessi che pochi giorni fa tessevano le lodi di monsignor Angelo Bagnasco ora sono pronti a crocifiggerlo».

Enzo Carra, leader del gruppo teodem della Margherita, tiene a specificare che non era presente durante il tanto criticato intervento del neopresidente della Cei e dunque non ne conosce il contesto ed il percorso logico.

«Monsignor Bagnasco ha fatto un ragionamento molto ampio, un discorso più vasto della sintesi che ne è stata tratta e dunque sarebbero comunque troppo semplicistiche sia la critica sia l’adesione», dice Carra che però ha un’idea molto chiara sul perché l’intervento di Bagnasco abbia provocato tanto scalpore.

Onorevole Carra una parte dei suoi alleati nell’Unione giudica il discorso dell’arcivescovo di Genova offensivo, addirittura insensato...

«Credo che su monsignor Bagnasco si stia sfogando la delusione di quanti speravano che, uscito di scena Camillo Ruini, la Cei cambiasse indirizzo. Ma la valutazione espressa prima da Ruini ed ora da Bagnasco sui Dico non è certamente un loro punto di vista personale ma la posizione ufficiale della Chiesa, certificata in numerosi documenti pontifici. Che cosa pensavano, che la Chiesa cambiasse idea? La nota era attesissima, si era creato un clima di benevola attesa da parte di chi si aspettava chissà quali cambiamenti e la delusione per loro è stata forte».

Nel centrosinistra la preoccupazione riguarda le scelte dei parlamentari cattolici che, dicono in molti, si farebbero troppo condizionare dai dettami del Vaticano.

«La nostra autonomia è fuori discussione. La nostra contrarietà al riconoscimento delle convivenze è sempre stata chiara ed esplicita da sempre. Da prima che la Cei si esprimesse in questo senso. I cattolici della Margherita, io insieme con i senatori Binetti, Bobba, Baio Dossi ed altri, abbiamo avuto un ruolo fondamentale nel riconoscimento anche da parte dello stesso Prodi che i Dico non sono una priorità nelle politiche del governo. Su questo terreno ci siamo mossi in piena autonomia sulla base delle nostre convinzioni».

Non si placano neppure le polemiche sulla partecipazione del governo al Family Day. Nella Margherita il vicepremier Rutelli e il ministro dell’Istruzione Fioroni continuano a punzecchiarsi perché il primo dice che sarebbe meglio non andare ed invece l’altro non intende rinunciare a manifestare per la famiglia «Sono contentissimo della partecipazione di Fioroni e vorrei ricordare che persino Anna Serafini (senatrice dell’Ulivo e moglie di Piero Fassino, ndr) ha avanzato l’ipotesi che l’Ulivo come gruppo prenda parte al corteo. Detto questo la manifestazione non è promossa dalla politica ma dalle associazioni cattoliche, dalla società civile. Dunque aderirvi è un fatto politico importante ma chi ci va lo fa a titolo personale. Non ci saranno bandiere di partito in quella manifestazione».

Comunque il segretario del Pdci Oliviero Diliberto definisce aberrante e imbarazzante che la sinistra partecipi al Family Day.

«Aberrante sarebbe che il centrosinistra fosse contro la famiglia. Insomma se c’è una parte politica attenta alle politiche sociali, ai bisogni delle classi meno abbienti. Una parte che da sempre rifiuta l’edonismo e l’individualismo, che vuole garantire ai più deboli i diritti che spettano loro quella dovrebbe essere proprio la sinistra».

Il Giornale, 1° aprile 2007


Seguiranno altri editoriali...

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