31 marzo 2007
Il gioco e' finito...
Le parole del Presidente della CEI sono state gravemente e dolosamente travisate al solo scopo di mettere in cattiva luce la Chiesa, alla vigilia della domenica delle Palme.
IL GIOCO E' FINITO!
Finalmente la gerarchia ecclesiastica reagisce alle continue pressioni mediatiche ed ai costanti insulti da parte di esponenti politici, diffondendo note in polemica con i titoli ed i contenuti di articoli di carta stampata e dei telegiornali.
Dopo le vane parole dei siti internet e dei politici, dobbiamo (felicemente) registrare la dura presa di posizione dell'arcidiocesi di Genova, che denuncia il circo mediatico in rotazione.
Sono convinta che nulla cambiera' nei titoli di domani, ma almeno, ora, ho la speranza che i Vescovi non si lasceranno annientare dai media senza reagire.
Ho sentito al TG5 che il cardinale Bertone ha rilasciato un'intervista ad un settimanale francese, in cui accusa i media di scarsa obiettivita' verso la Chiesa.
Da registrare anche la nota di Mons. Mario Ceccobelli che denuncia un uso distorto delle sue parole sulla libertà di coscienza in un’intervista pubblicata sul quotidiano torinese La Stampa, dal titolo: “Anche i politici hanno libertà di coscienza” (vedi articolo in "Rassegna stampa del 30 marzo 2007").
Coraggio, cari media! Stupiteci domani sulle prime pagine...provate a riportare le esatte parole di Mons. Bagnasco!
Anche un bambino capirebbe che e' in atto un'offensiva tesa a mettere in cattiva luce la Chiesa e il Papa...scomodo!
Mi sento di pretendere, come cattolica, le scuse del quotidiano da cui e' partita la polemica, dei siti internet dei giornali e dei telegiornali di prima serata. Doverose le scuse da parte di quei politici che hanno offeso Bagnasco sulla base del "sentito dire".
Raffaella
Mons. Bagnasco: precisazione in merito ad articolo odierno de Il Secolo XIX
Si rende noto che l'intervento di S.E. Mons. Angelo Bagnasco ieri a Genova, all'incontro degli operatori della Comunicazione Sociale della Diocesi, è stato male riportato con titolazioni e sintesi sommarie che risultano parziali e fuorvianti.
Non così nell'articolo odierno di Avvenire a pagina 11 che è fedele alla lettera e allo spirito dell'intervento.
Bagnasco: «Parliamo all'intelligenza»
Da Genova Adriano Torti
«La Nota che il consiglio permanente della Cei ha presentato a proposito della famiglia fondata sul matrimonio, è una nota che cerca di parlare all'intelligenza dei credenti attraverso alcuni accenni alla fede ma, soprattutto, all'intelligenza comune, al buon senso, alla ragione attraverso delle motivazioni delle ragioni di tipo antropologico». Lo ha affermato l'arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco intervenendo ad un incontro con gli animatori diocesani della cultura e della comunicazione. «La nota è un esempio impegnativo - ha spiegato il presidente della Cei - con il quale ci siamo cimentati con molta coralità, con molto impegno e, mi pare, con un buon risultato. È un esempio di come oggi la comunicazione debba tenere conto delle ragioni antropologiche, non solo delle ragioni che derivano dalla fede, ma delle ragioni che derivano dal retto uso della ragione». Questo, ha affermato l'arcivescovo Bagnasco «per non cadere nella facilissima accusa che i cattolici vogliano imporre la propria fede, e le proprie convinzioni al popolo in un contesto di chiaro pluralismo». «Certamente - ha spiegato ai presenti - se noi come cattolici usassimo solo ed esclusivamente delle ragioni di fede, giustamente saremmo fuori da questo dinamismo democratico che è il confronto delle ragioni. Confronto retto, onesto, il più possibile pacato e rispettoso, cosa che non sempre accade». Proprio per ovviare a tali obiezioni, ha esortato l'arcivescovo, «dobbiamo sempre più abituarci, ancorati alle ragioni della nostra fede, ed imparare ad usare le ragioni della ragione».
In ballo, ha continuato il presule c'è una «corretta antropologia». Il rischio è la mancanza di «un criterio oggettivo per giudicare il bene il male». Se il criterio è quello «dell'opinione pubblica generale», allora, «è difficile dire dei no». Perché, ha detto ancora l'arcivescovo, «dire di no all'incesto o al partito dei pedofili in Olanda se ci sono due libertà che si incontrano?». Contro queste «aberrazioni già presenti almeno come germogli iniziali», è difficile resistere, «se viene a cadere il criterio antropologico dell'etica che è anzitutto un dato di natura e non di cultura».
Avvenire, 31 marzo 2007
Il vescovo di Gubbio Ceccobelli: distorte le mie parole sulla libertà di coscienza in un’intervista al quotidiano La Stampa
“Profondamente amareggiato”: così si è detto, in una nota, il vescovo di Gubbio, mons. Mario Ceccobelli, denunciando un uso distorto delle sue parole sulla libertà di coscienza in un’intervista pubblicata sul quotidiano torinese La Stampa, dal titolo: “Anche i politici hanno libertà di coscienza”. L’intervista si affiancava a quella dell’arcivescovo dell’Aquila, mons. Giuseppe Molinari, sul tema dei DICO. “Le mie parole – scrive mons. Ceccobelli, citato dal quotidiano Avvenire – sembrano contrapporsi a quelle del confratello Giuseppe Molinari. Lungi da me una tale intenzione. Il mio – precisa – era un ragionamento di carattere generale sul compito della Chiesa, che è quello di insegnare e di formare coscienze rette, secondo il suo autorevole insegnamento, fondato sulla Parola di Dio. E’ chiaro – aggiunge – che anch’io condivido la Nota dei vescovi italiani sulla famiglia e sulle unioni di fatto”. Secondo mons. Ceccobelli, “è la famiglia, fondata sul matrimonio, il luogo dell’educazione e della formazione delle nuove generazioni; se verrà meno anche questa basilare istituzione – avverte il presule – la società andrà incontro a tempi difficilissimi di totale sbandamento”. Il vescovo di Gubbio precisa allora il suo vero pensiero sulla libertà di coscienza dei cattolici in politica. “Il cristiano – afferma – ha il dovere di formarsi una coscienza retta, che abbia come punti di riferimento la Parola di Dio, l’insegnamento della Chiesa e la legge naturale”. “Proprio alla luce di questo principio – sottolinea mons. Ceccobelli – non ci si può appellare alla propria coscienza per agire in modo autonomo e secondo logiche di parte, magari giustificandosi con l’attribuirsi il titolo di ‘cristiano adulto’. Questa mia precisazione – conclude – è volta a chiarire l’effettivo significato delle mie espressioni e ad escludere ogni altra chiave interpretativa”. (A cura di Roberta Moretti)
La Stampa, 31 marzo 2007
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