19 maggio 2008

Il Papa: fede e dialogo l'impegno dei Cattolici (Bobbio)


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Il Papa: fede e dialogo l'impegno dei cattolici

La giornata a Genova ha chiuso la visita in Liguria. Il segno del Concilio nella promozione umana «Guardate al futuro con fiducia, evitando faziosità e particolarismi: prima di tutto c'è il bene comune»

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Alberto Bobbio

Genova Sbuca il sole fra i nuvoloni neri quando in piazza della Vittoria arriva Benedetto XVI per celebrare la Messa per Genova. Ha davanti una città che invecchia, una città che ha perso 200 mila abitanti negli ultimi 15 anni. Ma ha davanti una città dove la Chiesa è uno strardinario punto di riferimento. Lo ammette anche il sindaco, Marta Vincenzi, laica e progressista, che nei giorni del Papa vuole dimostrare la sua equidistante laicità parlando in difesa della legge sull'aborto ad una manifestazione di donne di sinistra, poche ore prima di salutare Benedetto XVI, che raggiungeva l'altra sera il Santuario delle Madonna della Guardia. Ammette, il sindaco, che la figura del cardinale arcivescovo è «punto di riferimento importante» non solo per la Chiesa, ma è anche «prezioso interlocutore della vita civile e sociale». Basta per Genova? Il sindaco avverte che vi sono inquietudini con contorni complessi ed è difficile «orientare condotte di vita senza imposizioni o limitazioni improprie» e che si rischia di «trasformare l'etica in un campo di lotta politica».
Il sindaco parla alla mattina, salutando il Papa appena sceso in città dalla Madonna della Guardia per visitare il Gaslini, il più grande ospedale pediatrico del Nord Italia, luogo di riferimento e di cura per molti bambini anche dell'area del Mediterraneo. Benedetto XVI dedica il suo discorso a quello che definisce «santuario della vita» e «santuario della famiglia». Non risponde alle sollecitazioni del sindaco Vincenzi. Aspetta l'omelia della Messa del pomeriggio in piazza della Vittoria per riferirsi alla situazione di Genova e per riprendere il filo del ragionamento cominciato il giorno prima a Savona. Là aveva parlato di coraggio di fronte alle sfide del relativismo e dei laicismo, indicando l'esempio di Pio VII. Qui illustra il capitolo successivo e squaderna il progetto a cui tendere in ogni costruzione sociale, nel quale la Chiesa si impegna. Ecco quale sarà l'impegno dei cattolici. Anche per Genova.
E l'omelia delle Messa è la risposta anche alle inquietudini del sindaco Vincenzi: «Cari amici, guardate al futuro con fiducia e cercate di costruirlo insieme, evitando faziosità e particolarismi, anteponendo ai pur legittimi interessi particolari il bene comune». Null'altro interessa il Papa e la Chiesa genovese.

L'omelia è un magistrale intreccio di teologia e di testimonianza dell'impegno. Presenta una riflessione su Dio e sulla capacità di relazione dell'essere umano, insieme ad un'esortazione a trarre dalla conoscenza di Dio indicazioni per la propria vita quotidiana. In pratica il Papa domanda chi è Dio e risponde che «il Dio della Bibbia non è una sorta di monade chiusa in se stessa e soddisfatta della propria autosufficienza», ma un «essere vitale che si offre, che vuole colmare ogni lacuna, ogni mancanza, che vuole donare e perdonare, che desidera stabilire un legame stabile e duraturo». Da questo Dio all'uomo arrivano «indicazioni preziose per la vita», e anche un progetto e un modello di società che «sta prima di ogni regolamentazione normativa, giuridica, istituzionale, ma anche prima delle specificazioni culturali». Si tratta di una società dove Dio ha un «primato», ma non per nostalgie antiche di cristianità ideologica, ma perché si sceglie di porre al centro «la persona e l'unità della sua esistenza».
E se a Savona ha indicato nel coraggio di Pio VII l'esempio a cui ispirare il coraggio dei cristiani, ieri a Genova ha indicato nel Concilio Vaticano II e nell'attività dei Papi suoi predecessori la fonte dell'ispirazione dell'impegno. Ha rilevato che le encicliche di Giovanni XXIII, di Paolo VI e di Giovanni Paolo II «tracciano un disegno completo e articolato, capace di motivare e orientare l'impegno di promozione umana e di servizio sociale e politico dei cattolici». Qui ci sono le radici di una società dove Dio ha il primato. Affondano nella dottrina sociale e nel «movimento sociale d'ispirazione cristiana» e dispiegano la forza in tutti gli ambiti, cioè nella «vita affettiva, il lavoro, la festa», ma anche nella «tradizione» e nella «cittadinanza». Servono per costruire una società «libera e solidale», dove tra «globalizzazione e individualismo» bisogna scegliere la comunità e la «comunione».
I cristiani qui si devono impegnare. E questa è la consegna lasciata da Benedetto XVI a Genova, ma con valore universale. Per riuscire nell'impresa, tuttavia, occorre «coltivare una fede pensata, capace di dialogare in profondità con tutti, con i fratelli non cattolici, con i non cristiani e i non credenti», unita alla «generosa condivisione con i poveri e i deboli» e alla capacità di «sentire l'attrattiva delle scelte definitive» e di un «itinerario formativo serio ed esigente». È sulla formazione «sostanziosa» che torna ad insistere il Papa teologo, sulla «formazione spirituale e catechistica», perché «una misura alta del discepolato affascina e dà gioia». È la Chiesa a servizio della storia, cristiani che sanno che l'uomo non si realizza «in un'autonomia assoluta, illudendosi di essere Dio» quella che ha proposto Ratzinger davanti ai fedeli di Genova e alle autorità politiche, prima di rientrare in serata in Vaticano dopo la visita di due giorni in Liguria. È quella Chiesa che ripete con le parole di Giovanni Paolo II: «Non abbiate timore».

© Copyright L'Eco di Bergamo, 19 maggio 2008

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