2 aprile 2007
Aggiornamento rassegna stampa del 2 aprile 2007
In questo post vengono riprodotti gli articoli di stampa sull'omelia tenuta ieri da Papa Benedetto. Segue un'intervista al cardinale Martins sul processo di beatificazione di Giovanni Paolo II.
Raffaella
Vedi anche:
Rassegna stampa del 2 aprile 2007
Cardinale Bertone: i media travisano e oscurano il Papa
Il PAPA AI GIOVANI: NON SPORCATEVI MANI CON TANGENTI E CORRUZIONE
Ratzinger parla a 50 mila giovani nella domenica delle Palme. Il rettore della Lateranense: il cattolico non può votare certe leggi
"Chi prende tangenti non sale a Dio"
Il Papa contro i corrotti. Mons. Fisichella: non discriminiamo i gay
cuore puro È puro un cuore che non si macchia con menzogne, il cui amore non è solo la passione di un momento
mani pulite Può salire al monte di Dio solo chi ha mani e cuore puri, mani che non sono sporcate da corruzione e tangenti
MARCO POLITI
CITTA´ DEL VATICANO - Non si può avvicinare al Signore chi ha le mani macchiate di violenza o sporcate dalla corruzione e dalle tangenti. Nella domenica delle Palme Benedetto XVI, dinanzi ad una folla di cinquantamila giovani guidati dal cardinal Vicario Ruini, offre un esempio di quello che nella sua recente esortazione apostolica ha chiamato «coerenza eucaristica».
Può «salire al monte di Dio», ha spiegato il pontefice durante l´omelia, solo chi ha «mani e cuore puro». E subito papa Ratzinger ha voluto fare esempi concreti, presi dalle notizie quotidiane. «Innocenti - ha detto - sono mani che non vengono usate per atti di violenza. Sono mani che non sono sporcate con la corruzione, con tangenti». Quando il cuore è puro, si è interrogato a voce alta? «E´ puro un cuore che non si macchia con menzogna e ipocrisia, che non si strania con l´ebbrezza del piacere. Un cuore il cui amore è vero e non è soltanto passione di un momento».
Rivolgendosi alla platea giovanile, venuta per la solenne processione cui il pontefice ha partecipato con un centinaio di vescovi e sacerdoti, Ratzinger ha invitato tutti ad una riflessione sull´orientamento della propria esistenza. Il guadagno, il successo, la carriera, ha esclamato, non possono essere lo scopo ultimo della vita. Benedetto XVI ha ribadito quanto non cessa di rimarcare sin da quando andò alla giornata mondiale della gioventù a Colonia nell´agosto del 2005. I giovani non devono «accontentarsi di ciò che tutti pensano e dicono e fanno» né si devono lasciare semplicemente portare qua e là dalla vita.
Altri esponenti della Chiesa hanno colto l´occasione della predica domenicale per accenni di attualità. A Venezia il patriarca Scola ha ricordato che la Chiesa «sostiene con forza l´insostituibile unione stabile e feconda tra l´uomo e la donna nella famiglia, fondata sul sacro vincolo del matrimonio». Ogni indebolimento diretto o indiretto di questa preziosa «cellula ecclesiale e sociale», ha soggiunto, sarebbe una «ferita» inferta all´intera comunità umana.
A Milano, invece, il cardinale Tettamanzi ha sottolineato che la «regalità di Cristo non è di natura politica. Certamente è uno stimolo per chi ha responsabilità nella vita politica, ma «Gesù non si impone sugli altri ma si propone alla loro libertà». Durante la messa, al momento delle intercessioni, i fedeli hanno pregato per i governanti affinchè si impegnino per la pace e la giustizia e venga riconosciuto il «contributo della famiglia nella società attenta ad ogni persona». A Genova l´arcivescovo Bagnasco, presidente della Cei, ha evitato nella predica qualsiasi accenno a fatti politici dopo la bufera che lo ha investito ieri per il discorso sui Dico legato ad esempi sulla pedofilia e l´incesto.
Intanto l´episcopato sta dando discretamente assistenza al cartello del «Family Day» perché alla manifestazione del 12 maggio venga a Roma più gente possibile. L´obiettivo è di seppellire del tutto l´approvazione non solo dei Dico, ma di una qualsiasi legge che riconosca pubblicamente le coppie di fatto. Mons. Rino Fisichella, rettore dell´università Lateranense, ha dichiarato ieri che il Family Day «non sarà contro nessuno». Parteciperanno, ha anticipato, non solo i cattolici «ma anche laici». Un accenno ai teocon, i cosiddetti atei devoti che si rifanno alle posizioni di Marcello Pera, i quali hanno steso un manifesto firmato da un centinaio di esponenti politici, sociali e intellettuali anche di estrazione ebraica e musulmana e che si preparano a scendere in campo a fianco delle associazioni cattoliche.
Intervistato alla televisione, Fisichella ha insistito sul fatto che le autorità ecclesiastiche non hanno un atteggiamento anti-gay. Anche gli omosessuali, ha affermato, hanno dei diritti come quelli di «successione o di darsi un´assistenza reciproca: non credo che la Chiesa possa essere accusata di fare discriminazioni». Comunque il prelato, citando la Nota della Cei, ha ripetuto che i parlamentari cattolici «devono mettersi davanti alla loro coscienza e sapere che, nell´insegnamento della Chiesa, alcune leggi che vanno contro la legge di natura non possono essere votate». Fisichella è stato chiaro: «Il cattolico, che si impegna in politica, sa fin dall´inizio che il suo essere parlamentare, nel rispetto della laicità, si deve conciliare con la sua coscienza cattolica».
Repubblica, 2 aprile 2007
Il Pontefice: i corrotti non andranno in cielo
Il Papa ai giovani: non bisogna sporcarsi le mani con le tangenti Monsignor Fisichella apre sui diritti ai gay: non li discriminiamo
Luigi Accattoli
CITTÀ DEL VATICANO — Il Papa in piazza San Pietro invita i giovani ad avere «mani e cuore puro» e cita le «tangenti» come principale forma di «corruzione» da cui guardarsi. Il vescovo Rino Fisichella sulla vicenda dei Dico azzarda un passo conciliante: riafferma la contrarietà dei vescovi al disegno di legge, ma assicura che la Chiesa non intende «discriminare nessuno» e neanche gli omosessuali che vivono in coppia, i cui diritti «potrebbero essere riconosciuti» dal «diritto privato».
E' stato in uno dei momenti più solenni dell'anno liturgico — la domenica delle Palme — che il Papa teologo e catecheta ha pronunciato il neologismo «tangenti» che i nostri dizionari registrano solo a partire dal 1980 e che non ha fatto in tempo a entrare nel «Catechismo della Chiesa cattolica».
Benedetto XVI commentava il Salmo 24 dove è scritto che per salire al «monte di Dio» bisogna avere «mani innocenti e cuore puro». «Innocenti — ha detto — sono mani che non vengono usate per atti di violenza. Sono mani che non sono sporcate con la corruzione, con tangenti». Il «cuore puro» è quello che «non si macchia con menzogna e ipocrisia, che non si strania con l'ebbrezza del piacere; un cuore il cui amore è vero e non è soltanto passione di un momento».
La rievocazione dell'«ingresso di Gesù a Gerusalemme » offre a Ratzinger lo spunto per invitare tutti a riflettere sul senso dell'esistenza. «Il guadagno, il successo, la carriera» — argomenta, rivolto ai giovani — non possono «essere lo scopo ultimo della vita». Egli invita i ragazzi, che in cinquantamila affollano la piazza, a «non accontentarsi di ciò che tutti pensano e dicono e fanno» e di «non lasciarsi semplicemente portare qua e là dalla vita».
Sui Dico è stato il vescovo Rino Fisichella, rettore dell'Università Lateranense, a compiere un passo distensivo dopo la bufera che si era scatenata l'altro ieri su alcune frasi dell'arcivescovo Angelo Bagnasco, presidente della Cei. «Le contrapposizioni non sono mai positive, non aiutano a capirsi» è stato il motto del vescovo, intervistato ieri pomeriggio da Lucia Annunziata per il programma «In mezz'ora» su Raitre.
Fisichella ha riaffermato che i politici cattolici devono ascoltare il magistero e la «parola di Dio» e non possono votare «leggi che vanno contro la legge di natura», ma ha aggiunto che la Chiesa non vuole discriminare i gay ed anzi «riconosce i loro diritti per esempio alla successione o a darsi una reciproca assistenza».
Ma tali diritti, come quelli di «altre coppie», secondo il vescovo non vanno riconosciuti attraverso la «legalizzazione» delle nuove forme di unione equiparandole «di fatto» alla famiglia: «Sta al legislatore trovare, nel diritto privato, le forme per evitare discriminazioni e non danneggiare la famiglia».
Fisichella ha detto che il Family Day «non sarà contro nessuno» e con riferimento alle polemiche seguite alla pubblicazione della «Nota» dei vescovi sui Dico, all'inizio della scorsa settimana, ha invitato gli interlocutori al «confronto»: fa parte di «una sana laicità» — ha detto — ascoltare «ciò che ha da dire la Chiesa». «Noi — ha affermato — vogliamo essere chiari il più possibile: poi ci sarà chi ci ascolta e chi no. Far venire meno il valore della famiglia è però una perdita per tutta la società».
Corriere della sera, 2 aprile 2007
Ratzinger parla ai giovani contro le tangenti
«Non può salire a Dio chi si è macchiato di corruzione»
Per «salire a Dio» bisogna avere «cuore puro e mani pure», ovvero «non sporcate con la corruzione, con tangenti». Lo ha ricordato papa Ratzinger, riprendendo le parole delle sacre scritture, durante la solenne messa celebrata ieri in Piazza San Pietro. «Può stare sul Monte del Signore chi ha mani innocenti e cuore puro», ha detto. «Mani innocenti sono mani che non vengono usate per atti di violenza. Sono mani che non sono sporcate con la corruzione, con tangenti. Cuore puro. Quando il cuore è puro? È puro - ha spiegato il Papa - un cuore che non si macchia con menzogna e ipocrisia... che non si strania con l’ebbrezza del piacere». Mentre il Papa parlava tutto intorno a lui era un tripudio di rami di palma e d’ulivo, di palloncini e festoni colorati, di giovani dell’associazionismo cattolico, arrivati da tutto il mondo. Quarantamila persone agli inizi, cinquantamila verso la fine, hanno assistito al rito di oltre tre ore che ha ricordato l’ingresso di Gesù a Gerusalemme per la Pasqua ebraica, preludio alle sofferenze della passione e della crocifissione. Proprio la rievocazione dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme ha offerto a Ratzinger lo spunto per invitare tutti ad una riflessione sul senso della propria esistenza. «Il guadagno, il successo, la carriera» non possono «essere lo scopo ultimo della vita».
La Stampa, 2 aprile 2007
Lezione del Papa ai giovani: «Allontanate la corruzione con mani pulite e cuore puro»
di Andrea Tornielli
Seguire Cristo significa «non considerare più l’utilità e il guadagno, la carriera e il successo come scopo ultimo» della vita, ma scegliere di vivere donandosi. E per farlo bisogna rigettare la violenza, la corruzione, la menzogna. È il messaggio che Benedetto XVI ha affidato ai giovani durante la messa della domenica delle Palme che ha dato inizio ai solenni e suggestivi riti della Settimana Santa che culmineranno domenica nella Pasqua. Il Papa aveva davanti migliaia di giovani romani ma anche molti accorsi da vari Paesi per la Giornata della Gioventù.
Ratzinger si è chiesto che cosa significhi seguire Gesù. All’inizio, con i primi discepoli, ha spiegato, il senso era semplice e immediato: «Significava che queste persone avevano deciso di lasciare la loro professione, i loro affari, tutta la loro vita per andare con Gesù». Una sequela che «era una cosa esteriore e, allo stesso tempo, molto interiore». Se l’aspetto esteriore era il camminare concretamente dietro a Cristo attraverso la Palestina, quello interiore «era il nuovo orientamento dell’esistenza, che non aveva più i suoi punti di riferimento negli affari, nel mestiere che dava da vivere, nella volontà personale, ma che si abbandonava totalmente alla volontà di un altro».
In questo, ha aggiunto il Pontefice, si mostra «anche che cosa significhi per noi la sequela: si tratta di un mutamento interiore dell’esistenza. Richiede che io non sia più chiuso nel mio io considerando la mia autorealizzazione la ragione principale della mia vita. Richiede che io mi doni liberamente a un altro... Si tratta della decisione fondamentale di non considerare più l’utilità e il guadagno, la carriera e il successo come scopo ultimo della mia vita, ma di riconoscere invece come criteri autentici la verità e l’amore. Si tratta della scelta tra il vivere solo per me stesso o il donarmi per la cosa più grande». Bene, verità e amore, ha spiegato Benedetto XVI, «non sono valori astratti» perché in Gesù Cristo «essi sono divenuti persona. Seguendo lui entro nel servizio della verità e dell’amore. Perdendomi mi ritrovo». Per questo, Ratzinger ha invitato i giovani a «non lasciarsi semplicemente portare qua e là nella vita», a «non accontentarsi di ciò che tutti pensano e dicono e fanno», ma a «scrutare Dio e cercare Dio. Non lasciare che la domanda su Dio si dissolva nelle nostre anime. Il desiderio di ciò che è più grande. Il desiderio di conoscere lui, il suo volto». Un’altra condizione «molto concreta» per salire a Gerusalemme con Gesù, ha aggiunto il Papa, è avere mani innocenti e cuore puro: «Mani innocenti – sono mani che non vengono usate per atti di violenza. Sono mani che non sono sporcate con la corruzione, con tangenti. Cuore puro – quando il cuore è puro? È puro un cuore che non finge e non si macchia con menzogna e ipocrisia. Un cuore che rimane trasparente come acqua sorgiva, perché non conosce doppiezza. È puro un cuore che non si strania con l’ebbrezza del piacere; un cuore il cui amore è vero e non è soltanto passione di un momento».
Il Papa ha concluso l’omelia affermando che con la croce Cristo «ha spalancato la porta di Dio, la porta tra Dio e gli uomini»: «E ci parla più o meno così: se le prove che Dio nella creazione ti dà della sua esistenza non riescono ad aprirti per lui; se la parola della Scrittura e il messaggio della Chiesa ti lasciano indifferente, allora guarda a me, tuo Signore e tuo Dio».
Il Giornale, 2 aprile 2007
Messa della Domenica delle Palme
Il Papa: davanti a Dio solo chi ha le mani non sporcate da corruzione e tangenti
Giorgio Acquaviva
CITTÀ DEL VATICANO
Il Salmo 24 delle ascensioni si chiede «Chi salirà il monte del Signore?» e risponde: «Chi ha mani innocenti e cuore puro». E nella messa solenne della Domenica delle Palme papa Benedetto XVI prova a spiegare queste due locuzioni.
Le mani innocenti – dice – «sono mani che non vengono usate per atti di violenza. Sono mani che non sono sporcate con la corruzione, con tangenti». E il cuore puro è «un cuore che non finge e non si macchia con menzogna e ipocrisia. Un cuore che rimane trasparente come acqua sorgiva, perché non conosce doppiezza». Ancora: «È puro un cuore che non si strania con l'ebrezza del piacere: un cuore il cui amore è vero e non è soltanto passione di un momento».
Insomma, anche noi possiamo avere mani innocenti e cuore puro se «saliamo e troviamo le purificazioni che ci portano a quell'altezza a cui l'uomo è destinato: l'amicizia con Dio stesso». Papa Ratzinger parla anche della «sequela di Cristo», della scelta compiuta dai discepoli di «lasciare la loro professione, i loro affari, tutta la loro vita per andare» con lui, attraverso un «mutamento interiore dell'esistenza». Ma non è una liturgia facile, per il successore di Pietro, quella della domenica in cui si legge la Passione del Signore Gesù. Perché si parla del tradimento di Giuda, ma anche del rinnegamento di Pietro, al quale prima della cattura il Nazareno dice: «Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli».
E allora Benedetto XVI apre il discorso della Croce, che sta nel cuore della settimana che si apre oggi. Ricorda che nella antica liturgia della Domenica delle Palme il sacerdote in processione bussava con la croce al portone ancora chiuso, immagine di «Gesù Cristo che con il legno della sua croce, con la forza del suo amore che si dona, ha bussato dal lato del mondo alla porta di Dio; dal lato di un mondo che non riusciva a trovare accesso presso Dio».
L'appello finale è che nella settimana Santa, rivivendo Passione, Morte e Resurrezione del Salvatore, si aprano i cuori perché «il Dio vivente possa nel suo Figlio arrivare in questo nostro tempo e raggiungere la nostra vita».
Gazzetta del sud, 2 aprile 2007
L´INTERVISTA
Parla il prefetto per le cause di santificazione, cardinale Martins. Oggi si conclude l´istruttoria sulla beatificazione
"Papa Wojtyla santo subito? Può decidere solo Ratzinger"
la guarigione Prima di parlare di miracolo una commissione di esperti stabilirà se il caso della suora è spiegabile scientificamente
ORAZIO LA ROCCA
CITTÀ DEL VATICANO - «Solo il Papa ha la facoltà di decidere se proclamare subito santo Giovanni Paolo II o se confermare l´iter che lo porterà alla beatificazione». Altolà del cardinale prefetto della Congregazione per le cause dei santi, il portoghese Josè Saraiva Martins, alle tante voci che, sotto forma di appelli e petizioni, si stanno accavallando in Vaticano per chiedere l´immediata proclamazione della santità di Karol Wojtyla. Un autentico plebiscito internazionale, decollato fin dal giorno dei funerali in piazza San Pietro l´8 aprile 2005 al grido di «Santo Subito!», sul quale da oggi sarà chiamato ad esprimersi proprio il dicastero presieduto dal cardinale Saraiva Martins.
A due anni dalla scomparsa - avvenuta il 2 aprile 2005 - oggi sarà, infatti, proclamata conclusa la fase diocesana del processo di beatificazione di Giovanni Paolo II e il "dossier"-Wojtyla passerà al vaglio della Congregazione per le cause dei santi. La «consegna» avverrà a mezzogiorno, nella basilica di S. Giovanni in Laterano con una prolusione del cardinale vicario Camillo Ruini; e nel pomeriggio - alle 17,30 - nella basilica di S. Pietro dove Benedetto XVI dedicherà al suo predecessore una Messa di suffragio e una attesa omelia. Tra il pubblico, la suora francese Marie Simon-Pierre, la religiosa che si ritiene guarita dal Parkinson per aver pregato Wojtyla, la testimone principale del presunto miracolo che potrebbe aprire le porte della beatificazione del papa polacco. Ma anche il cardinale Stanislao Dziwisz, per 40 anni segretario personale di Wojtyla e principale sostenitore dell´appello «Santo subito», perché - fa notare - «pur non volendo dettare niente al Santo Padre, sarebbe bello che papa Wojtyla venisse proclamato subito santo, perché è una figura venerata in tutto il mondo». La beatificazione, invece, a parere di Dziwisz e dei milioni di fan wojtyliani sparsi nei 5 continenti, ridurrebbe la venerazione di Giovanni Paolo II solo a livello diocesano.
Cardinale Josè Saraiva Martins, allora, è possibile immaginare che per papa Wojtyla arrivi subito l´aureola della santità senza passare attraverso la beatificazione?
«E´ una questione di esclusiva competenza del Santo Padre. Solo il Papa ha la facoltà insindacabile di pronunciarsi su una materia così delicata. Alla Congregazione per le cause dei santi spetterà esclusivamente il compito di verificare, alla luce delle norme del Codice di diritto canonico, tutti i previsti requisiti per proclamare beato il Servo di Dio Giovanni Paolo II. E nient´altro».
A una figura come Wojtyla guardano credenti e non credenti da tutto il mondo. Per il miliardo e 300 milioni di cattolici è già santo. Farlo "solo" beato non sarebbe riduttivo?
«E´ sbagliato definire riduttiva una beatificazione. La Chiesa ha i suoi tempi e i suoi canoni che vanno rispettati sempre, specialmente in materia di beatificazioni e di santificazioni. Ma, ripeto, solo il Santo Padre può dire, se lo ritiene opportuno, qualche cosa in proposito. Io, come prefetto della Congregazione per le cause dei santi non dico nulla, perché si tratta di un tema che non tocca il mio dicastero. Faccio solo notare che grandi figure della Chiesa come Giovanni XXIII e madre Teresa di Calcutta, ammirati e venerati in tutto il mondo, sono stati proclamati beati e non mi pare proprio che abbiano subito qualche forma di "riduzione". Tutt´altro».
Che succederà dopo l´odierna conclusione della fase diocesana del processo di beatificazione?
«Ora il processo diventa di competenza della Congregazione per le cause dei santi, che si metterà subito al lavoro per esaminare i tanti documenti raccolti dal postulatore nell´inchiesta per stabilire le virtù eroiche e teologali del candidato alla beatificazione e individuare il presunto miracolo. Su tutti questi documenti ci sarà un attento studio critico da cui scaturirà la Positio, cioè il volume, o i volumi, che raccoglieranno i documenti definitivi sulla vita di papa Wojtyla».
Quando avverrà la proclamazione del miracolo?
«Prima la Positio passerà al vaglio dell´assemblea ordinaria della Congregazione formata da 15 cardinali e 15 vescovi, che dovranno esprimersi in merito alle virtù teologiche di Giovanni Paolo II. Dopo si passerà allo studio del miracolo. Nel caso della suora francese, si parla di una presunta guarigione dal Parkinson. Per questa malattia sarà formata una commissione di esperti ad hoc con scienziati e medici di tutti gli orientamenti religiosi, anche non credenti. Saranno loro a stabilire se si tratta di una guarigione inspiegabile per la scienza. Solo alla luce di questo pronunciamento scientifico, la successiva commissione cardinalizia dichiarerà se si tratta di un miracolo che potrà essere attribuito all´intercessione di papa Wojtyla. Dopodiché, Benedetto XVI potrà proclamare la beatificazione».
Quanto tempo ci vorrà?
«Non lo so. Non si può dire. La Congregazione ha i suoi tempi canonici che vanno rispettati. Certamente, anche io, come i tantissimi ammiratori di papa Wojtyla, spero che si faccia presto. Ma è solo un mio auspicio».
Repubblica, 2 aprile 2007
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