2 aprile 2007

Rassegna stampa del 2 aprile 2007


Stamattina i giornali si occupano di molti argomenti che riguardano direttamente o indirettamente il Pontefice.
In questo primo post prenderemo in esame alcuni articoli riguardanti le polemiche seguite alle dichiarazioni di Mons. Bagnasco e alla nota della CEI.
Successivamente verranno elencati i commenti sulla bellissima omelia che il Papa ha tenuto ieri davanti ad oltre 50mila fedeli.

Raffaella


Papa e vescovi hanno il diritto e il dovere di rivolgersi ai fedeli

La Nota della Cei rivolta ai cattolici in genere e ai politici credenti in particolare sta suscitando i commenti più disparati e non poteva essere diversamente. Com'era largamente prevedibile chi difende i Dico (l'attuale maggioranza con non pochi distinguo) lamenta lo sconfinamento della Chiesa in un terreno per lei probito e si appella alla laicità dello stato. Significativa al riguardo è la presa di posizione di Bertinotti a giudizio del quale è necessario "difendere il carattere laico delle istituzioni" ed evitare un "vulnus legislativo".
E' probabile che la successione di Bagnasco a Ruini al vertice della Cei avesse fatto pensare a qualcuno che la posizione ufficiale della Chiesa sullo spinoso problema dei Dico potesse ammorbidirsi. Così non è stato e così non poteva essere dopo le recenti chiare parole del Pontefice sullo specifico tema. Ritengo (già lo ho scritto su questo giornale) che l'accusa di ingerenza della Chiesa negli affari dello stato non solo è del tutto priva di fondamento, ma è mossa anche in malafede.
La questione è semplice. Il Papa (ed i vescovi che ne riflettono il magistero) hanno non solo il diritto ma il preciso dovere di ammaestrare il popolo dei fedeli sui comportamenti da tenere per agire in armonia col credo che professano. Dal punto di vista della chiesa i politici non sono cattolici diversi dagli altri (non hanno come l'agente 007 licenza di uccidere). Come già ho avuto occasione di dire non esiste, in materia di religione cattolica, una duplice morale a seconda che si operi nel "pubblico" o nel "privato".
Un comportamento ritenuto "immorale" da chi ha l'autorità per stabilirlo quale massimo interprete della dottrina cattolica è e deve essere considerato immorale da tutti i fedeli senza distinzioni di sorta. In un recente suo intervento il nostro Vescovo ha giustamente ricordato che le scomuniche competono solo al Papa e ai Vescovi. Sembra di leggere nelle sue parole l'invito alla prudenza nel formulare giudizi circa il rispetto da parte di qualche parlamentare dichiaratamente cattolico dei suoi doveri di fedele. L'appello va raccolto, ma qualche puntualizzazione si impone.
Se è giusto non attaccare "le persone" in quanto tali (ma è lecito, comunque, evidenziarne gli eventuali atteggiamenti contradditori) è altrettanto giusto ricordare con chiarezza quali "comportamenti" siano o meno ortodossi secondo la morale della Chiesa. Quello che va evidenziato (e contrastato) è il "peccato". Il "peccatore" merita rispetto, anche perché in ogni momento può pentirsi.
Il pentimento presuppone però il riconoscimento dell'errore. I contorsionismi dialettici e l'evidente ipocrisia di chi (Castagnetti ad esempio) ha sostenuto che nella Nota i Vescovi non citano espressamente i Dico e quindi è possibile dimostrare che la normativa in itinere è ossequiente al pensiero della Chiesa si commentano da soli.
La Nota della Cei cita espressamente il dae in itinere e non sussiste margine di dubbio, quindi, sulla posizione ufficiale della Chiesa riguardo ai Dico. Non si deve poi confondere l'integralismo con la coerenza. E' giusto, cioè, l'assunto secondo il quale ogni individuo ha diritto di agire secondo la propria coscienza. Va peraltro anche ricordato che la coscienza di un buon cattolico deve essere "retta" ed "informata". L'informazione retta è, soprattutto,quella fornita dal Magistero della Chiesa e se l'insegnamento che ne deriva è quello di non votare una legge definita "immorale" io credo (già ho avuto occasione di dirlo e mi piace ribadirlo) che un parlamentare cattolico per essere in pace con la propria coscienza non dovrebbe votarla. Se però decidesse comunque di farlo deve anche essere consapevole che agendo così disattende, deliberatamente, il più autorevole dei magisteri (in parole povere, commette peccato). Non sta certo a me stabilire se questa colpa sia tanto grave da impedire di ricevere i sacramenti.
Mi limito a ricordare le parole del pontefice che considera il provvedimento legislativo in questione "gravemente immorale". Chi ha orecchi per sentire ascolti.

© 1996 - 2007 Libertà On Line


QUALCOSA DI NUOVO OLTRETEVERE

Franco Garelli

La bufera sollevata dalle ultime dichiarazioni del nuovo presidente della Cei (per il quale il no della Chiesa ai Dico è come quello per la pedofilia e l'incesto) è soltanto un'ulteriore tappa dello scontro sui valori che da tempo si sta consumando nel Paese. Le reazioni dure e lo sdegno non sono mancati, anche se i più hanno commentato con indulgenza l'uscita di mons. Bagnasco, pensando magari a un infortunio comunicativo che non rispecchia il suo pensiero o all'incidente di percorso di un cammino appena iniziato. Ciò in quanto il nuovo capo dei vescovi italiani sembra essersi sin qui mosso - rispetto al passato - in modo più mite e conciliante sulle questioni calde su cui la Chiesa è oggi impegnata nel discorso pubblico.
Lo provano le analisi più approfondite che si stanno moltiplicando sulla tanto temuta Nota della Cei sulle coppie di fatto, che ha rappresentato il primo biglietto da visita del nuovo presidente dei Vescovi. La lettura a caldo del documento ha fatto dire ad alcuni che così finiva il dialogo tra cattolici e laici, o che in tal modo la gerarchia metteva la museruola ai cattolici impegnati in politica, impedendo loro di operare sulle coppie di fatto qualsiasi mediazione legislativa.

Ma commenti più ripensati - come quelli di Enzo Bianchi e di Barbara Spinelli, comparsi ieri sulla Stampa - riconoscono che il testo di Bagnasco non prevede né costrizioni né sanzioni, e ancor meno anatemi e scomuniche.
Nonostante le apparenze, dunque, qualcosa di nuovo sta succedendo nei piani alti della Chiesa cattolica in Italia, che pur non perde occasione di esporre i punti fermi della sua dottrina e visione della realtà.

La prima novità della Nota dei Vescovi sulla famiglia è il suo orientamento più pastorale che normativo, che emerge dal desiderio della Chiesa - con questo documento - di illuminare la coscienza dei credenti, di offrire a tutti orizzonti di senso fecondi per il bene comune, di riconoscere la dignità di ogni persona, al di là delle scelte di vita compiute. L'idea che la Chiesa italiana (anche sui temi caldi del dibattito pubblico) debba avere un ruolo più pastorale che politico è certamente cara alla base dei vescovi, ed è l'auspicio ricorrente che il card. Bertone (da quando è Segretario di Stato vaticano) rivolge all'azione delle Conferenze episcopali delle varie nazioni. Si è dunque di fronte a un dibattito interno alla gerarchia cattolica, su come meglio interpretare il proprio ruolo anche su questioni oggi centrali per la vita pubblica.
L'esplicito richiamo all'azione convergente dei vescovi in tema di famiglia è un altro elemento di novità della Nota della Cei. Qui emerge lo stile di mons. Bagnasco, che sottolinea come le dichiarazioni del vertice della Cei siano espressione del diffuso sentire dell'episcopato. In tal modo egli vuole fugare l'idea (che serpeggia qua e là anche nella Chiesa) che vi sia un qualche dissenso di sensibilità tra la Presidenza Cei e la base dei Vescovi, o che la linea della Chiesa italiana sia più frutto del suo vertice che della riflessione e del confronto tra tutti i Pastori.
Un ulteriore motivo di novità del documento Cei si individua nel modo in cui la Chiesa affronta il discorso pubblico sulla famiglia. Forse per la prima volta in modo così esplicito, la Chiesa italiana fonda le sue posizioni sulla famiglia tradizionale facendo leva più su motivazioni umane e sociali che su argomenti religiosi. In tal modo, essa viene incontro alla richiesta - avanzata da tempo da alcuni laici - di trattare dei temi pubblici «come se Dio non ci fosse», avanzando ragioni comprensibili anche per i non credenti o per quanti hanno sensibilità religiose diverse. Interpretando un orientamento diffuso in Italia, non soltanto tra i credenti, i vescovi ritengono che la famiglia stabile, fondata sul matrimonio, formata da partner di sesso diverso, sia di grande valore per la crescita delle persone e della società intera.
Accanto ad argomenti positivi vi sono poi chiusure nei confronti di altre esperienze di famiglia e c'è il fermo invito ai cristiani impegnati in politica di non sostenere e votare la legalizzazione delle unioni di fatto, soprattutto quelle omosessuali. Qui emerge un problema irrisolto nella Chiesa, con i politici credenti che sono invitati dalla gerarchia a mantenere forti le loro convinzioni, senza considerare chi ha altri orientamenti e condizioni. La linea della fermezza e della testimonianza dei valori forti è l'unico modo di essere della Chiesa e dei politici credenti in una società pluralistica?

La Stampa, 2 aprile 2007

Il problema non e' dei Vescovi ma dei politici: la CEI ha espresso legittimamente il suo pensiero e ha dato indicazioni chiare. Nessuno obbliga i politici ad ascoltare i Vescovi, ma coloro che si dichiarano cattolici sono chiamati a riflettere sulle loro scelte.


“Sui Dico i vescovi siano più prudenti”

Andreotti: ora abbassiamo i toni e rileggiamoci la Costituzione

GIACOMO GALEAZZI

Senatore Giulio Andreotti, da cattolico doc, è in imbarazzo per la pioggia di critiche al presidente Cei Bagnasco che ha spiegato il no ai Dico citando pedofilia e incesto?
«Il disegno di legge del governo, specie per l’inserimento delle convivenze dello stesso sesso, si presta a creare equivoci. Anch’io sono stato accusato di fare confusione tra invertiti e pedofili. E’ comprensibile, quindi, una certa reazione ecclesiale, ma la delicatezza oggettiva dei temi raccomanda prudenza anche da parte della Chiesa perché queste polemiche sono molto dannose. Sarebbe bene rileggere l’articolo 7 della Costituzione:”Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”. Uomini di Chiesa e politici non devono discostrarsi dal preciso dettato costituzionale. La contrarietà ai Dico è un problema da porre alla riflessione delle persone piuttosto che alla contestazione sui termini. C’è bisogno di una tregua per abbassare i toni perché la passionalità, come quando si litiga, porta ad andare oltre la propria convinzione nel merito del problema. Non dobbiamo litigare su questioni così delicate. Anzi, lancio una proposta alla Chiesa e alla politica».
Quale?
«Prendiamo un accordo: per sei mesi non parliamo più di Dico, laicità e orientamenti ecclesiastici. Prelati e politici si impegnino fino ad ottobre a non alimentare lo scontro, poi, abbandonate le posizioni per partito preso, in autunno ricominciano a discutere. Solo una moratoria reciproca, da parte ecclesiastica e politica, può impedirci di restare schiavi di uno spirito polemico innato. Vanno ricreate le condizioni per una riflessione pacata e costruttiva. E il caso scoppiato attorno alle parole di Bagnasco non va certo in questa direzione. Un po’ di distacco è necessario. Una volta al presidente Cei Poletti, convinto che la Chiesa fosse danneggiata da questioni politiche, risposi: “Eminenza, il giorno in cui riuscirà a mandare a messa un numero di fedeli pari al numero degli elettori della Dc, lei avrà fatto un gran progresso”. Si può dissentire dall’opinione della gerarchia senza essere per forza laicisti».
Il segretario di Rifondazione, Franco Giordano rimpiange la Dc che “faceva da argine alle ingerenze della Chiesa”...
«In effetti il politico più laico che ho conosciuto era De Gasperi e la Dc è stata baluardo di laicità. Noi avevamo chiaro il senso della divisioni dei campi, con reciproco rispetto e senza unilateralismi. Sarà che noi eravamo prudenti a sbandierare la fede perché uscivamo dal fascismo che prima aveva incluso la messa domenicale nello statuto dell’Opera Balilla, poi con la legislazione razziale aveva interferito pesantemente sul valore civile del matrimonio religioso. Oggi, invece, c’è un utilizzo di laicismo e fede per finalità di bottega. L’unica soluzione è attenerci alla dizione precisa della Costituzione. Così le polemiche tra vescovi e politici finiranno».
Teme una Chiesa trascinata nella contesa politica?
«Sì. Non mi piace, per esempio, che appena parla il Papa i politici italiani si affrettino a commentare le sue parole, ignorando peraltro che il Pontefice si rivolge ad una cattolicità mondiale di cui l’Italia è una piccola parte. Sono contrapposizioni anacronistiche. Un secolo fa erano bollati come modernisti persino Fogazzaro e chi non voleva confondere le dispute sullo scomparso stato pontificio con le questioni religiose. Prima ci mettiamo alle spalle la logica del “muro contro muro”, meglio».
Bagnasco ha fatto la sua parte?
«I commenti alle sue dichiarazioni sono stati piuttosto arbitrari, per una una lettura affrettata o a tesi. Magari qualcuno rimpiange il predecessore Ruini e di non avere per controparte il cardinale vicario come nella battaglia referendaria sullo procreazione assistita. I momenti di tensione su divorzio e aborto non sono mancati, ma una persona come Montini aveva una formazione anche politica ricevuta dal padre parlamentare in un momento delicato per la storia italiana. Era portato a capire le cose meglio di altri che sono sempre rimasti all’esterno del mondo politico».

La Stampa, 2 aprile 2007


Coppie gay, il Vaticano corregge la rotta

Monsignor Fisichella «Non discriminiamo e gli riconosciamo i diritti alla successione»

CITTA’DEL VATICANO
La Chiesa abbassa i toni dell’offensiva anti-Dico. Una correzione di rotta espressa dal vescovo Rino Fisichella, rettore dell’Università Lateranense e stretto collaboratore di Benedetto XVI: «Le contrapposizioni non sono mai positive, non aiutano a capirsi. La Chiesa è contraria al ddl Bindi-Pollastrini ma non vuole discriminare i gay e anzi riconosce i loro diritti alla successione o a darsi una reciproca assistenza». Nel «day after» della bufera mediatico-politica provocata dall’intervento del presidente Cei, Angelo Bagnasco che ha spiegato il no al disegno di legge del governo citando pedofilia e incesto, altri presuli, durante le messe della domenica delle Palme, sono tornati a difendere il concetto di famiglia e a chiarire la posizione della Cei. Il cardinale di Milano, Dionigi Tettamanzi, ha auspicato che la figura regale di Cristo sia di stimolo ai politici, mentre il patriarca di Venezia, Angelo Scola, ha ribadito che ogni indebolimento della famiglia è una «ferita» alla convivenza umana. Da parte sua, l’arcivescovo Bagnasco ha indirizzato l’omelia domenicale a temi squisitamente teologici, evitando qualsiasi accenno ai «Dico».
E’ spettato a monsignor Fisichella, intervistato ieri da Lucia Annunziata nel programma «Mezz’ora» su Raitre, il compito di cercare di placare le acque. I politici cattolici devono ascoltare la Chiesa e la «parola di Dio» e non possono votare leggi contro-natura, tuttavia la «Chiesa non vuole discriminare i gay» ed anzi «riconosce i loro diritti alla successione o a darsi una reciproca assistenza». Tali diritti, come quelli di «altri tipi di unione» non possono però essere equiparati alla famiglia basata sul matrimonio tra uomo e donna. Le parole del rettore della Lateranense, pur nel solco tracciato dalla «Nota» sui Dico, hanno puntato sul ragionamento e il confronto. «Fa parte di una sana laicità ascoltare le istanze della Chiesa- sottolinea Fisichella-.Noi vogliamo essere chiari il più possibile: poi ci sarà chi ci ascolta e chi no. Far venire meno il valore della famiglia è però una perdita per tutta la società». Ringrazia sarcasticamente «per tanta magnanimità» il diessino Franco Grillini. «Dopo la clamorosa gaffe di Bagnasco che ha equiparato la legalizzazione delle convivenze a quella di pedofilia ed incesto, Fisichella prova a correggere il tiro- osserva-.I diritti ai gay, però, vanno riconosciuti anche dal punto di visto legislativo». Salvatore Cuffaro dell’Udc, invece, solidarizza con Bagnasco contro «le voci isteriche della sinistra» e Isabella Bertolini di Forza Italia denuncia «un furore laicista indecente». Il ministro delle Pari opportunità Barbara Pollastrini, autrice con Rosy Bindi della legge sui Dico, critica «i toni da crociata» e nelle frasi di Bagnasco sulle coppie di fatto riscopre «una continuità di toni» rispetto all’era-Ruini. «Mi sono augurata che venissero abbassati ponti levatoi in nome dell’ascolto, del confronto- afferma-.Resto colpita da parole che feriscono ancora prima che la politica un’idea di civismo». Secondo Pollastrini, «si può essere contro un disegno di legge, si può combatterlo ma perché infierire? Una cosa è l’autonomia delle persone e delle loro scelte, altra ciò che tutti condanniamo come la pedofilia, l’incesto».

La Stampa, 2 aprile 2007

Mi pare che i politici, nonostante le precisazioni, continuino ad attaccare Mons. Bagnasco! E basta! Non e' ora di essere piu' seri?
Non c'e' stato alcun cambiamento di rotta del Vaticano. La Chiesa si e' sempre espressa nel senso per il rispetto di tutti ed in particolare degli omesessuali.
Sapete chi e' stato il primo cardinale a pretendere il rispetto per le persone omosessuali? Il solito Ratzinger! Nessuno gli riconosce questo merito perche' a tutti conviene alzare lo scontro...

Raffaella


Il Vaticano: i diritti gay non vanno discriminati

di Redazione

La sinistra ha abdicato a quella che dovrebbe essere la sua funzione principe: la difesa della famiglia e della vita. Al di là degli scontri politici e ideologici e oltre la questione dei diritti ai conviventi, monsignor Rino Fisichella rimarca come sia stata scarsa fino ad ora l’attenzione del governo nei confronti della famiglia. È ancora molto alto il tono delle polemiche tra una parte della maggioranza di governo e la Chiesa dopo l’intervento del presidente della Cei, Angelo Bagnasco, sui Dico e l’accostamento che molti hanno voluto leggere nel suo discorso tra l’omosessualità e il riconoscimento di convivenze e tabù quali la pedofilia e l’incesto. Non è bastato neppure il chiarimento dell’arcidiocesi di Genova che ha parlato di cattiva interpretazione. Fisichella rettore dell’Università Lateranense e stretto collaboratore di Ruini e Ratzinger, intervistato da Lucia Annunziata nella trasmissione In mezz’ora, invoca dialogo e comprensione reciproca ma chiede anche più attenzione per la cellula fondante della società. «Mi dispiace di dover dire che da parte di alcune forze politiche, specialmente dell’area di sinistra, è venuta meno un’identità che apparteneva loro storicamente - dice Fisichella -. Non penso ai cattolici ma alla sinistra che fino a 20 anni fa di fatto viveva pensando alla salvaguardia del concetto di vita, famiglia e moralità. Tutto questo è venuto meno».
Fisichella ribadisce che i politici cattolici devono ascoltare la Chiesa e la «parola di Dio» e non possono votare leggi contro natura. Nessuna discriminazione però nei confronti dei gay da parte della Chiesa che anzi «riconosce i loro diritti alla successione o a darsi una reciproca assistenza». Tali diritti, come quelli di «altri tipi di unione», non possono però essere equiparati alla famiglia basata sul matrimonio tra uomo e donna. «Sta al legislatore trovare, nel diritto privato, le forme per evitare discriminazioni», spiega. «Noi vogliamo essere chiari il più possibile: poi ci sarà chi ci ascolta e chi no - dice -. Far venire meno il valore della famiglia è però una perdita per tutta la società». Fisichella, che è pure cappellano di Montecitorio, ricorda ai parlamentari cattolici che «nell’insegnamento della Chiesa alcune leggi che vanno contro la legge di natura non possono essere votate». Infine tiene a precisare che il Family Day non sarà contro «nessuno».
Ma nella sinistra radicale l’insofferenza verso gli interventi della Chiesa cresce. «Non è tempo di crociate e non è tempo di ridurre i diritti della società italiana e di ridurre le tutele», dice il segretario del Prc, Franco Giordano, che osserva come «la laicità» debba essere «l’elemento distintivo di un nuovo soggetto politico. Non può nascere a sinistra nessun soggetto politico se non fa della laicità il suo valore fondante». Sulla stessa linea il capogruppo del Pdci alla Camera, Pino Sgobio. «È ora che la società laica si faccia sentire e che prenda posizione, infrangendo il muro di vera e propria crociata che quotidianamente si eleva da parte delle autorità ecclesiastiche e abbattendo il muro di contrarietà vecchia e strumentale che, invece, il centrodestra tenta di erigere su questa materia - dice -. La laicità è un tema più che mai attuale».
La difesa della famiglia non appartiene soltanto alla Chiesa, che viene attaccata in modo «ingiustificato», ma anche ai laici, dice invece Enrico La Loggia di Forza Italia: «La famiglia è fondata sull’unione stabile tra un uomo e una donna e rappresenta un bene prima di tutto per la società».
Infine l’assessore alla Cultura di Milano, Vittorio Sgarbi, difende il diritto della Chiesa a esprimersi e lancia una provocazione: «Omosessualità e pedofilia possono coincidere».

Il Giornale, 2 aprile 2007

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