2 aprile 2007

Aggiornamento rassegna stampa del 2 aprile 2007 (2)


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Rassegna stampa del 2 aprile 2007

Aggiornamento rassegna stampa del 2 aprile 2007

IL MONITO

ALCESTE SANTINI

Città del Vaticano. Nel celebrare, ieri mattina in Piazza San Pietro la domenica delle Palme che ricorda l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, Benedetto XVI ha invitato uomini donne ma in particolare i 50 mila giovani presenti ad «opporsi con coraggio alla violenza ed alla menzogna, per far posto nel mondo al bene degli altri e alla verità». È necessario - ha sottolineato - suscitare nelle persone e in quanti governano gli Stati «la riconciliazione dove c'è l’odio, e creare la pace dove regnava e regna l’inimicizia». Ma proprio ai giovani ha rivolto il monito più denso mettendoli in guardia dallo «sporcarsi le mani con corruzione e tangenti» perché - ha detto - «carriera, successo e guadagno non possono essere il fine ultimo». Con il favore di una bella giornata di sole, in Piazza San Pietro c’era ieri mattina un tripudio di rami di palme e di ulivo, di palloncini e festoni colorati e c’erano, soprattutto tanti giovani dell'associazionismo cattolico arrivati da tutto il mondo per la Giornata mondiale della gioventù. Essi prenderanno parte, stamane nella Basilica di San Giovanni in Laterano, alla cerimonia per la chiusura dell’inchiesta diocesana sulle virtù e la santità dell scomparso papa Wojtyla, e, oggi pomeriggio in Piazza San Pietro, alla Messa in suffragio presieduta da Papa Ratzinger per il suo predecessore. Ed eccoci ancora al forte richiamo alle nuove generazioni. Per raggiungere il «monte di Dio» bisogna avere «cuore puro» e «mani pure» - ha affermato con forza Benedetto XVI - e ciò richiede che «io non sia più chiuso nel mio io considerando la mia autrorealizzazione la ragione principale della mia vita», ma «richiede che io mi doni liberamente ad un altro». Ne consegue che la decisione fondamentale, prima di tutto per i cristiani che vogliano seguire Gesù come per tutti, significa «non considerare più l’utilità e il guadagno, la carriera e il successo come scopo ultimo della mia vita, ma di riconoscere invece come criteri autentici la verità e l’amore». Ha inteso, così, riportare al centro della nostra esistenza «l’amore per l’altro» e «l’impegno per realizzarlo». Proseguendo su questa tematica che il cristiano deve considerare «primaria», Benedetto XVI ha affermato, rifacendosi al Vangelo, che «mani innocenti sono mani che non vengono usate per atti di violenza. Sono mani che non sono sporcate dalla corruzione, con tangenti» così come "un cuore puro è quello che non finge e non si macchia con menzogna e ipocrisia". Questa è la grande sfida per i cristiani se vogliono purificare e cambiare il mondo facendo prevalere il bene. Papa Ratzinger, anche con i gesti secondo la liturgia della domenica delle Palme, ha voluto ricordare il sacerdote che, giunto davanti alla chiesa, bussava fortemente con l’asta della croce della processione al portone ancora chiuso imitando Gesù. Questi - ha rilevato - con il legno della sua croce e soprattutto con la forza del suo amore che si dona ha bussato dal lato del mondo alla porta di Dio perché aprisse i cuori, spesso induriti, delle persone, dei governanti, dei reggitori dei popoli. I veri cristiani, secondo Benedetto XVI, avvicinandosi a Dio diventano «trasparenti come acqua sorgiva perché non conoscono doppiezza, rimangono estranei all’ebbrezza del piacere e delle pericolose passioni».

Il Mattino, 2 aprile 2007


Benedetto XVI contro la corruzione: vicino a Dio solo chi ha mani pulite

ROMA Il Papa va via e poi riappare a sorpresa, saluta i fedeli lasciando la piazza sulla jeep bianca e poi torna di nuovo a benedirli dalla finestra dei suoi appartamenti. Ma i microfoni sono spenti e i cinquantamila fedeli raccolti a San Pietro non possono sentire quelle inattese parole di Benedetto XVI, quel di più d’affetto che sorprende tutti. Tantissimi i giovani, arrivati da tutto il mondo, insieme alla domenica delle Palme si celebra la XII Giornata mondiale della gioventù a livello diocesano e oggi si prega per Papa Wojtyla, a due anni dalla morte. Ratzinger raccomanda loro di non lasciarsi trascinare dal mondo, di non piegarsi a quello che pensano e fanno gli altri. «Il guadagno e la carriera» non meritano una vita, e chi vuole avvicinarsi a Dio deve avere il cuore pulito e così pure le mani, «non sporcate con la corruzione e le tangenti».
I ramoscelli d’ulivo si confondono con i palloncini sotto il sole che va e viene. Le bandiere spagnole si mescolano a quelle italiane, a quelle croate e polacche, numerosissime. La cerimonia è molto lunga, dura circa tre ore. Si apre con una processione attraverso piazza San Pietro. Ratzinger guida un corteo composto da centinaia di vescovi e sacerdoti, raggiunge prima l'obelisco egizio, da dove benedice i rami di palme e di ulivo. Poi prosegue verso l'altare sul sagrato, dove celebra la messa, affiancato dal cardinale Camillo Ruini e da quattro vescovi.
Ricordando la salita di Gesù e dei suoi seguaci verso il monte del Tempio di Gerusalemme, Benedetto XVI riprende le parole della sacre scritture: può salire in quel luogo santo, può avvicinarsi a Dio, «chi ha mani e cuore puro». E «innocenti», per Ratzinger, «sono mani che non vengono usate per atti di violenza. Sono mani che non sono sporcate con la corruzione, con tangenti». Un nuovo richiamo del Papa alla correttezza nell’agire pubblico e privato e nella gestione del potere. «Puro», aggiunge il Papa, è il cuore «che non si macchia con menzogna e ipocrisia.. .che non si strania con l'ebbrezza del piacere; un cuore il cui amore è vero e non è soltanto passione di un momento».
Il senso dell’esistenza, infine. Non può essere «il guadagno, il successo, la carriera», parole, queste, rivolte soprattutto ai giovani. Non accontentatevi, dice il Papa, «di ciò che tutti pensano e dicono e fanno», non lasciatevi semplicemente «portare qua e là dalla vita».
A tutti loro ricorda che Gesù porta «uomini e donne a rinunciare alle comodità della propria vita e a mettersi totalmente a servizio dei sofferenti», è sempre lui a dare «il coraggio di opporsi alla violenza e alla menzogna, per far posto nel mondo alla verità». Dopo la messa, il Papa s’avvicina alla folla, percorre la piazza a bordo della jeep scoperta bianca per salutare la gente e ricambiare l'affetto dei fedeli. Pochi minuto dopo torna a riaffacciarsi dalla finestra dei suoi appartamenti, una sorpresa per tutti.
M.Lo.


VATICANO. Forte appello del Pontefice nel giorno delle Palme; un messaggio rivolto, in particolare, ai giovani

Il Papa «scomunica» i corrotti
Soldi e carriera non sono tutto: «Per salire al Padre servono mani pulite»

Città del Vaticano. Per salire al «monte di Dio» bisogna avere «cuore puro» e «mani pure», ovvero «non sporcate con la corruzione, con tangenti». È il messaggio che papa Benedetto XVI ha lanciato ieri da piazza San Pietro, durante la messa solenne per la Domenica delle Palme. Tutto intorno a lui era un tripudio di rami di palma e d’ulivo, di palloncini e festoni colorati, di giovani dell’associazionismo cattolico, arrivati a decine di migliaia da tutto il mondo; non solo perché ieri era la Giornata mondiale della gioventù diocesana, ma soprattutto perché oggi a Roma sarà ricordato il secondo anniversario della morte di Wojtyla. Quarantamila persone agli inizi, cinquantamila verso la fine, assistono al rito di oltre tre ore che ricorda l’ingresso di Gesù a Gerusalemme per la Pasqua ebraica, preludio alle sofferenze della passione e della crocifissione.
Rievocando la salita di Gesù e dei suoi seguaci verso il monte del Tempio, Benedetto XVI riprende le parole della sacre scritture: può salire in quel luogo santo, ovvero a Dio, «chi ha mani e cuore puro». «Innocenti» - spiega il Papa - «sono mani che non vengono usate per atti di violenza. Sono mani che non sono sporcate con la corruzione, con tangenti». «Quando il cuore è puro?» si chiede Benedetto XVI. «È puro - risponde - un cuore che non si macchia con menzogna e ipocrisia.. che non si strania con l’ebbrezza del piacere; un cuore il cui amore è vero e non è soltanto passione di un momento». La rievocazione dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme offre a Ratzinger lo spunto per invitare a una riflessione sul senso della propria esistenza.
«Il guadagno, il successo, la carriera» non possono «essere lo scopo ultimo della vita», ha rimarcato il pontefice, che si rivolge soprattutto ai giovani, chiedendo loro di «non accontentarsi di ciò che tutti pensano e dicono e fanno» e di «non lasciarsi semplicemente portare qua e là dalla vita».
La cerimonia di ieri si è aperta alle 9,30 con una processione attraverso piazza San Pietro. Papa Ratzinger , alla testa di un corteo composto da centinaia di vescovi e sacerdoti. La processione ha raggiunto prima l’obelisco egizio, da dove il Papa ha benedetto i rami di palme e di ulivo. Poi è proseguito verso l’altare sul sagrato dove ha celebrato la messa, affiancato dal cardinale Camillo Ruini e da quattro vescovi. Alle 12,15, la preghiera dell’Angelus in piazza. Benedetto XVI ha salutato la folla a bordo della sua jeep bianca. Poco dopo si è riaffacciato però dalla finestra del suo appartamento al terzo piano del palazzo apostolico. Ha salutato di nuovo, dicendo qualcosa, ma i microfoni erano spenti.

L'Arena, 2 aprile 2007


La fretta di informatori e politici a fraintendere

Le parole non dette Bagnasco strattonato

Tempesta in un bicchiere d’acqua, specialità del circo politico-mediatico italiano. Ieri pomeriggio una serie irrefrenabile di dichiarazioni, da destra e da sinistra, sono piovute su una presunta frase dell’arcivescovo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana: «Dico, il nostro no è come a pedofilia e incesto». Che però lui non ha mai pronunciato. Frase talmente clamorosa nei suoi eccessi che doveva da sola mettere sul chi va là (sarà proprio vera? Prima controlliamo, poi commentiamo) sia gli informatori sia i politici che con impeto sospetto hanno invece abboccato all’infausto equivoco.
Che cosa aveva detto in realtà l’arcivescovo di Genova incontrando venerdì sera nella sua città gli animatori diocesani della cultura e della comunicazione? I lettori del nostro giornale già conoscono le parole esatte pronunciate da Bagnasco (v. Avvenire di ieri, a pag.11), all’interno di un ragionamento volto a segnare i caratteri di una «corretta antropologia». Quando si nega la natura umana – questo in sostanza il suo argomento – «vengono a mancare i criteri oggettivi per distinguere il bene dal male». Se il criterio è semplicisticamente quello «dell’opinione pubblica generale, allora è difficile dire dei no». E faceva l’esempio dei due fratelli inglesi che vivono more uxorio e hanno una serie di figli, o del partito dei pedofili in Olanda. Due situazioni dunque, non altre. E nessuna equiparazione, nelle sue parole, tra i Dico e l’incesto o la pedofilia. Il nuovo presidente della Cei è persona di buoni studi, avvezza al ragionamento, ovviamente esperto delle distinzioni. Perché mai una serie di politici si siano lasciati tentare in dichiarazioni estremistiche oltre che imprudenti, non riusciamo proprio a spiegarcelo.
Va da sé che in una conversazione legata all’attualità l’Arcivescovo facesse, in un altro momento, menzione della Nota emessa nei giorni scorsi dall’episcopato a proposito della famiglia. Citata a sé – la Nota – come esempio dello sforzo che i cat tolici devono fare nel dialogo col Paese, portando cioè argomentazioni ragionali e non solo quelle di fede. È giocando questa carta, aggiungeva, che noi possiamo entrare nella dinamica democratica, che è il confronto delle ragioni. Sì, ministro Ferrero: anche i vescovi, che pure si permettono di non apprezzare i Dico, tengono alla convivenza democratica che si esplica anzitutto in un parlare corretto. Stia pure tranquillo che sorprese, sul piano della logica e del galateo, dai vescovi non ne avrà.

Avvenire, 1° aprile 2007


Mons. Bagnasco, bersaglio delle ennesime distorsioni mediatiche. Mai equiparati i DICO con incesto e pedofilia

Il presidente della Conferenza episcopale italiana, l’arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco, non ha mai equiparato i DICO a pedofilia ed incesto. In una precisazione diffusa ieri sera dall’Ufficio comunicazioni sociali e stampa dell’arcidiocesi ligure si legge che l’intervento di mons. Bagnasco, venerdì, all’incontro degli operatori della Comunicazione sociale, “è stato male riportato con titolazioni e sintesi sommarie che risultano parziali e fuorvianti”. Il servizio di Tiziana Campisi:

Incontrando gli animatori diocesani della cultura e della comunicazione, venerdì sera, mons. Bagnasco ha spiegato che la recente Nota della CEI su famiglia ed unioni di fatto vuole illustrare non solo le ragioni della fede che portano a dire no alla legalizzazione delle unioni fra persone dello stesso sesso, ma anche quelle che derivano dal retto uso della ragione. Dunque il documento è esempio dello sforzo che i cattolici devono fare nel dialogo col Paese, portando cioè argomentazioni razionali e non solo di fede. Il presule ha precisato che il documento “cerca di parlare all’intelligenza dei credenti attraverso alcuni accenni alla fede, ma soprattutto all’intelligenza comune, al buon senso, alla ragione attraverso delle motivazioni delle ragioni di tipo antropologico”. Un modo, dunque, per i cattolici, per inserire le loro ragioni di fede in un “confronto retto, onesto e il più possibile pacato e rispettoso”. In ballo, ha continuato il presule, c’è una “corretta antropologia”. In un articolo pubblicato ieri dal quotidiano Avvenire e che riporta le parole pronunciate da mons. Bagnasco all’incontro degli operatori della Comunicazione sociale e male riportate dai media, si legge che per il presule il rischio è la mancanza di “un criterio oggettivo per giudicare il bene e il male” e che se tale criterio è quello “dell’opinione pubblica generale”, allora, “è difficile dire dei no”. Da qui l’interrogativo del presidente della CEI: se il criterio oggettivo per giudicare bene e male fosse quello dell’opinione pubblica generale, perchè “dire no all’incesto o al partito dei pedofili in Olanda se ci sono due libertà che si incontrano?”. Contro queste “aberrazioni già presenti almeno come germogli iniziali” - ha detto il presule - è difficile resistere, “se viene a cadere il criterio antropologico dell’etica che è anzitutto un dato di natura e non di cultura”. Nessuna equiparazione, dunque, in queste parole tra DICO, incesto e pedofilia. Una “tempesta in un bicchiere d’acqua”, quindi, si legge oggi in un editoriale del quotidiano Avvenire, le reazioni su parole “mai pronunciate” da mons. Bagnasco. “Perché mai una serie di politici si siano lasciati tentare in dichiarazioni estremistiche oltre che imprudenti – scrive ancora Avvenire – non riusciamo proprio a spiegarcelo”.

Radio Vaticana

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