15 aprile 2007

Il compleanno del Papa, rassegna stampa del 15 aprile 2007 (parte seconda)


Vedi anche:

Gli auguri di Gaspare Barbiellini Amidei

Grazie ai fedeli che riconoscono anche nell’ombra di Pietro la luce benefica di Gesù Cristo

Il compleanno del Papa, rassegna stampa del 15 aprile 2007


SPECIALE: IL COMPLEANNO DEL PAPA


CHIESA

Buon compleanno, Benedetto!
Il papa ottantenne, mostra un nuovo stile di essere pastore

Li ha, ma non li dimostra. Forse la frase è un po’ scontata o banale, ma mi sembra la più appropriata per il compleanno di Benedetto XVI il 16 aprile. Quando vediamo il pontefice attraversare la basilica di San Pietro, con passo umile ma fermo, deciso e sicuro nell’incedere, è difficile pensare che la sua nascita sia proprio avvenuta il 16 aprile 1927 a Markt am Inn (Passau) nella Baviera.
Il suo pontificato conta solo due anni. Alla sua elezione, com’era avvenuto per Giovanni XXIII, che compiva in conclave 77 anni, si è già parlato di Benedetto XVI come di un Papa di transizione. La sua buona salute però e la sua intensa attività non ce lo fanno pensare, anzi inducono a credere che si possa sperare ad un pontificato lungo nel tempo, ma soprattutto ricco e fecondo per tutta la Chiesa.
Già se ne sono colti gli inizi promettenti, a cominciare dal nuovo stile del suo magistero. Una predicazione non sempre facile, ma dai contenuti profondi. Si sente subito in Papa Ratzinger il lungo esercizio come docente di teologia, la sua insistenza nel voler porre la ragione a servizio della fede e viceversa.
Egli conosce bene, dal suo osservatorio romano, le condizioni in cui vive oggi la Chiesa, specialmente in Occidente, nel clima attuale di secolarismo e di relativismo. Sono le situazioni che il Papa ha subito denunciato, all’apertura del conclave davanti ai cardinali, dicendo: «Avere una fede chiara, secondo il credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè lasciarsi portare qua e là da qualsiasi dottrina, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi». Per il Santo Padre, le onde che hanno agitato il pensiero di molti cristiani vanno da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo fino al libertinismo, dal collettivismo all’individualismo, dall’ateismo a un vago misticismo religioso, dall’agnosticismo al sincretismo.
Ancora prima di salire sulla cattedra di Pietro, si sapeva che era chiara la sua conoscenza del mondo, ma anche della Chiesa. Si ricorda spesso la sua forte denuncia alla nona stazione della Via Crucis: «Quanta sporcizia c’è nella Chiesa! E proprio anche tra coloro che nel sacerdozio dovrebbero appartenere completamente a Lui. Quanta superbia, quanta autosufficienza». Parole così chiare e severe non si erano ascoltate prima di allora.
Si è capito in seguito, più facilmente, che per Benedetto XVI la prima forma di carità è quella di annunciare sempre con coerenza e coraggio la verità. Così è stato ed è nella sua fedeltà ai documenti del Concilio, così è riscontrabile nel contenuto della sua prima enciclica "Desus caritas est". Il tema dell’amore di Dio, da vivere e imitare nell’amore al prossimo ha trovato un riferimento concreto alla famiglia che, per il Papa, va difesa nel suo principio di indissolubilità e di stabilità, anche per sua natura e secondo la ragione, mentre, ha detto: «È un grave errore oscurare il valore e la funzione della famiglia legittima, fondata sul matrimonio, attribuendo ad altre forme di unione improprii riconoscimenti giuridici».
Se, come si dice, il buon giorno si vede dal mattino, gli inizi di questo ottantenne pontefice sono più che promettenti. Non solo i credenti, ma molti uomini di buona volontà hanno espresso la loro stima a Benedetto XVI, invitandolo a proseguire con coraggio nella sua missione, a difesa della dignità della persona umana, della famiglia e della pace nel mondo.

Blog "Nuovo diario"


In anticipo di un giorno sulla data di nascita il Vaticano oggi festeggia il Pontefice: arrivato nel 1981 e ormai romano d’adozione, già da cardinale disse che non sarebbe più tornato in Baviera

Papa Ratzinger, 80 anni nella sua "città dell'anima"

di Arcangelo Paglialunga

Benedetto XVI, ottanta anni. Oggi, anticipando di un giorno la data del compleanno, il Papa celebra la messa sul sagrato della Basilica vaticana con cardinali e vescovi. Il Vicariato di Roma ha sollecitato la presenza dei fedeli accanto al loro vescovo. Ottanta anni, dei quali ventisei trascorsi a Roma da quando, cioè, Giovanni Paolo II nel 1981 lo chiamò a Roma come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Da quell'anno puntualmente, allo scadere del quinquennio, come vuole il regolamento della Congregazioni, Ratzinger rassegnava, nelle mani del Papa, il suo mandato; e puntualmente Papa Wojtyla lo confermava dell'incarico. Compiuti i 75 anni, chiese ancora di lasciare la Congregazione e, questa volta, a norma del codice di diritto canonico.
In un incontro mattutino, con il cardinale che si recava in Congregazione, sempre vestito con la talare nera e un basco in testa, mentre io andavo nella sala stampa vaticana, mi fece capire che, forse, "era la volta buona" e che poteva ora pensare ai suoi diletti studi teologici. Gli dissi che probabilmente il Papa lo avrebbe riconfermato ancora; e aggiunsi: «Se Lei sarà "liberato" dall'ufficio tornerà in Germania? Lascerà Roma?» Mi rispose subito: «Resterò a Roma perché Roma è la città dell'anima». E scherzosamente gli dissi: «Capisco bene... e, poi, lei è romano perché, stando a quel che si dice nella città santa, chi vive a Roma almeno cinque anni, diventa romano». Mi rispose: «Ma allora io sono romano per ben cinque volte...».
Era stato a Roma al Concilio ecumenico come teologo assistente del cardinale Fring. Nel collegio cardinalizio era l'unico vescovo creato cardinale da Paolo VI su 114 di nomina wojtyliana. Ebbe il "titolo" della chiesa romana di Santa Maria Consolatrice nella periferia del Triburtino; la considerò proprio come sua parrocchia e, spesso vi si recava, e non c'era pellegrinaggio in arrivo da Monaco che non fosse indirizzato verso quella chiesa per recare aiuti. Ora, eletto Papa, è a Roma come vescovo della "città dell'anima" e deve vivere in Vaticano, pur avendo conservato la piccola casa in piazza Città Leonica per frequentare la trattoria tedesca nei pressi di piazza Risorgimento.
Il prossimo 19 aprile, quando inizierà il terzo anno di pontificato, si potrà scrivere un bilancio delle attività del biennio pontificale, ora ripercorriamo in sintesi il suo curriculum. È nato a Merk sull'Inn, in Baviera il 16 aprile 1927. Il padre Joseph per sfuggire al nazismo razzista, cambia 14 volte il paese. Aveva sedici anni quando fu arruolato nel servizio della contraerea a Monaco, ma non sparò mai un colpo. Disertò dall'esercito e fu fatto prigioniero dagli americani e nel "campo di raccolta" si dedicava allo studio approfondito della lingua greca. Entrò in seminario, diventò sacerdote del 1951, ricevendo l'ordinazione del famoso cardinale Faulhaber, fiero antinazista. Iniziò ben presto la attività didattica nelle Università, specie in quella di Tubinga dove era stato chiamato dal Hans Kung.
A difesa della ortodossia cattolica ebbe non pochi scontri. Fu Paolo VI che lo volle arcivescovo di Monaco e, noi, nel 1977 cardinale. Partecipò ai due conclavi del 1978 e si legò in amicizia con il cardinale Wojtyla. Ogni venerdì Giovanni Paolo II, a sera, lo riceveva, parlavano in tedesco e affrontavano i problemi della vita della Chiesa. Si dice che Papa Wojtyla gli "profetizzò" il pontificato; ma è notizia che Papa Ratzinger non vuole confermare. Sta il fatto che il Papa polacco non perdeva occasione per affidargli incarichi di grande importanza mettendolo così in evidenza nella chiesa cattolica: basti pensare al viaggio nel centro Europa fece per risolvere le questioni dei padri di famiglia ordinati sacerdoti durante il tempo della occupazione nazista o nel periodo del comunismo; dovette affrontare la "revisione" dei processi della Inquisizione e Galileo; fu affidata a lui la interpretazione del terzo segreto di Fatima e fu a capo della redazione del nuovo Catechismo della Chiesa, andò in Centro America per rendersi conto della teologia della liberazione e così via...
Eletto Papa il 19 aprile 2005, dopo un breve conclave, si affacciò sorridente alla Loggia centrale della Basilica dicendo: "Sono un umile lavoratore della vigna del Signore...". Un umile lavoratore, che ha al suo attivo oltre seicento articoli di teologia ed un centinaio di libri tradotti in molte lingue. L'ultimo, "Gesù di Nazaret", lo ha pubblicato proprio nei giorni del suo compleanno, un volume di grande scienza e teologia per dimostrare che il Cristo storico quale risulta dal Vangelo non è un mito né una invenzione fantastica. E non bisogna dimenticare che la sua prima Enciclica è dedicata all'amore: "Deus Caritas est", amor di Dio, amore per l'umanità. Un programma di pontificato del Papa che compie gli ottant'anni.

Gazzettino del nordest, 15 aprile 2007


Il compleanno di Benedetto XVI nelle parole del segretario, mons. Gaenswein, del vaticanista Magister e di mons. Frisina


Con l'intensità che caratterizza in queste ore l'onda di affetto dei fedeli verso il Papa si esprimono anche coloro che più da vicino seguono, a vario titolo, la missione ma anche la quotidianità del Pontefice. A cominciare dal suo segretario particolare, mons. Georg Gaenswein, al microfono di Gudrun Sailer:

D. - In un compleanno che si rispetti ci sono anche i regali: immagino che molti che vorrebbero fare un regalo al Papa, lo abbiano già fatto. Ci vuole raccontare quali doni sono già arrivati?

R. - Es sind natürlich unzählig viele Briefe eingetroffen und sehr viele kleinere Geschenke …
Ovviamente, moltissime lettere e molti piccoli doni: CD, fiori, libri, scritti e sicuramente arriveranno ancora tante, tante cose. Per quanto riguarda i doni, il Papa ha detto esplicitamente che preferisce non accettare doni personali: chi vuole fargli un regalo può fare un’offerta che egli poi utilizzerà per uno scopo che renderà noto: ad esempio per la Terra Santa, o per altre aree di crisi del mondo o per l'Africa.


D. - Qual è il regalo più “curioso” che le è capitato tra le mani finora?

R. - Das kurioseste war ein riesen Bär, …
Il regalo più curioso è stato un orso enorme. Si tratta di un animale di pezza, venuto dall’Italia, un esemplare bellissimo che il Santo Padre ha destinato all’ospedale pediatrico Bambin Gesù, con grandissimo entusiasmo dei piccoli: quelli che sanno scrivere, hanno ringraziato con una bellissima lettera, mentre per i più piccoli ha risposto il presidente dell’ospedale.


D. - Quali sono le cose che fanno veramente piacere al Papa? Quali sono le cose che Egli recepisce come “regalo”?

R. - Der Heilige Vater freut sich vor allem darüber, wenn er sieht, dass Menschen, …
La gioia grande per il Santo Padre è quando vede che ci sono persone che accettano la Parola di Dio, che la Chiesa annuncia, e che questa Parola non è considerata un peso ma un aiuto, come ali che portano il fardello della vita, e che questa fede poi si radica nella vita personale del singolo. Si incontrano persone che dalla fede traggono grande giovamento. Questa è un’esperienza che dà grande gioia al Papa.


D. - C’è, però, anche un dono che il Papa fa ai fedeli, nella forma del suo nuovo libro, “Gesù di Nazareth”. Immagino che - in quanto suo segretario - lei l’abbia già letto. Cosa ci dice questo libro?

R. - Ich kenne das Buch, in der Tat. …
Effettivamente, l’ho letto. Quello che posso dire io, oggi, è che sono molto, molto grato per questo libro. E’ una lettura che arricchisce e che nutre. Posso sicuramente invitare chiunque a leggerlo.


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Conosciuto in tutto il mondo per i suoi libri, già molti anni prima di essere eletto alla Cattedra di Pietro, Benedetto XVI ha messo al centro anche del suo Pontificato la parola. Ne è convinto il vaticanista dell’Espresso, Sandro Magister, che in questa intervista di Alessandro Gisotti si sofferma anche sul rapporto tra il Papa e i mezzi di comunicazione:


R. - Benedetto XVI ha una straordinaria capacità di comunicare in diretta. Quando le piazze sono piene davanti a lui, Benedetto XVI ha una capacità straordinaria di farsi ascoltare, di farsi ascoltare con attenzione da un pubblico semplice. Lui che sembrerebbe fatto apposta per parlare a delle accademie, in realtà sa parlare con molta efficacia alle persone non particolarmente preparate. Si fa ascoltare, ma si fa ascoltare argomentando, svolgendo un discorso in modo organico e, quindi, difficilmente questo discorso può essere sintetizzato. Il risultato è che i media hanno difficoltà a sintetizzare il discorso di fondo che questo Papa fa. In realtà, i media si limitano a cogliere dei passaggi, spesso molto marginali, che vengono ritrasmessi senza che si capisca qual è lo sfondo da cui nascono questi passaggi marginali.


D. - Benedetto XVI compie 80 anni e almeno da 40, se prendiamo come data la pubblicazione della sua opera “Introduzione al cristianesimo”, è conosciuto per i suoi libri, che hanno affascinato credenti e non. Si può dire che la parola sia la cifra anche del suo Pontificato?

R. - Direi che c’è del vero. Io ho colto in Benedetto XVI anche volutamente l’intenzione da parte sua di sfrondare tutto quello che egli fa per lasciare la parola al centro. La parola è davvero il centro dell’opera di questo Papa, del suo magistero. Ma è anche la sua essenza in sostanza.


D. - Cosa la colpisce della personalità di Joseph Ratzinger, magari anche pensando ad un ricordo personale?

R. - Di Joseph Ratzinger, mi colpisce lo straordinario equilibrio. Quando parlando di se stesso ha unito questi due aggettivi, “mite” e “fermo”, invocando da Dio queste doti, devo dire che ha colto nel segno, perché questa effettivamente è l’endiadi, il binomio, che lo caratterizza. E’ un Papa di eccezionale linearità nello svolgimento del messaggio che espone al mondo, che è un messaggio straordinariamente centrato sulla vera essenza del cristianesimo, sul cuore del cristianesimo: "Deus caritas est”, Gesù di Nazareth vero Dio, vero uomo. Questa è l’essenza del suo messaggio. Nello stesso tempo, questo messaggio pur così lineare, pur così privo di cedimenti, di compromessi, di addomesticamenti, è espresso in forma mite, cioè in forma ragionevole. L’altro grande binomio “fede” e “ragione” che caratterizza il magistero di questo Papa è, secondo me, caratterizzante anche la sua personalità.


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Una passione coltivata sin da bambino: Joseph Ratzinger ha sempre amato la musica. Ogni “musica di qualità”, ha affermato durante il suo viaggio apostolico in Baviera del 2006, trascende “la sfera semplicemente umana” e “rimanda al divino”. L’80.mo compleanno di Benedetto XVI offre dunque anche l’occasione per approfondire questo amore del Papa per la musica. Alessandro Gisotti ha raccolto la riflessione di mons. Marco Frisina, direttore dell'Ufficio Liturgico del Vicariato di Roma:

R. - Innanzitutto, è una fortuna per la Chiesa. Questo significa che il Santo Padre ha una grande sensibilità artistica oltre che una profondità teologica, e questo lo si percepisce proprio dalla sua parola, dai suoi atteggiamenti. Significa anche, a mio avviso, che una sensibilità di questo genere è di grande aiuto anche per l’aspetto liturgico, per l’attenzione all’aspetto liturgico cui la musica dà un grosso contributo. Il Santo Padre meraviglia sempre per questa capacità sintetica di mettere insieme teologia, spiritualità liturgica, cultura, poesia e musica.


D. - Peraltro, al Papa non piace soltanto ascoltare la musica, ma anche suonare…

R. - Certo. Io credo che questo sia proprio frutto della sua preparazione giovanile. Da ragazzo ha ricevuto una preparazione musicale seria. Quindi, ha avuto modo di frequentare la musica in maniera diretta. Ha imparato a cantare e a suonare. E’ sempre bellissimo sentir cantare al Papa le parti della Messa, in questa maniera sempre intonata, sempre perfetta. Immagino che per lui la musica sia anche un modo per riposarsi, per riflettere e sia un aiuto per contemplare.


D. - C’è un aneddoto che può raccontarci su questo amore del Papa per la musica, che magari la riguarda anche personalmente…

R. - L’anno scorso, per la visita tradizionale del Papa al Seminario, scrissi un oratorio anche per lui, come ho fatto sempre per Giovanni Paolo II, su San Giuseppe. E’ una cosa semplice, perché è una cosa breve che si fa in un’occasione di questo genere. Ricordo che il Papa osservava ed ascoltava tutto con attenzione incredibile. Mi sentivo analizzato e alla fine, quando sono andato a salutarlo, mi ha detto grazie, perché era stata una bella meditazione. Questo mi ha tanto colpito, perché pensare alla musica, al nostro servizio musicale come un servizio per la meditazione, per la contemplazione, è importante. E ho capito anche cosa significhi la musica per il Papa: significa appunto una possibilità in più per approfondire il mistero della fede, da questo punto di vista poetico.


D. - Quale musica dedicherebbe al Papa per il suo compleanno? Quale, secondo lei, rappresenta meglio l’umanità di Joseph Ratzinger?

R. - Non so, forse gli dedicherei qualcuno dei brani bellissimi di Bach, presi da qualcuna delle cantate, magari da una di quelle cantate pasquali, che sono piene di quell’entusiasmo, di quella luce, che solo Bach sapeva dare alla sua musica. E poi, anche perchè credo che Bach si addica molto al Papa, per questa sua lucidità di pensiero, che assomiglia molto a quella lucidità di scrittura musicale, tipica di Bach.

Radio Vaticana


Cucina bassanese per il traguardo degli ottant’anni che il Pontefice festeggerà domani

Cin cin con Benedetto XVI

Dagli asparagi dop che il Papa apprezza alla classica Sacher col vino di Gambellara
Gli chef di Sergio Dussin all’opera in Vaticano


di Roberto Cristiano Baggio



Asparagi bassanesi sulla tavola del Papa. Che il Pontefice, peraltro, conosce ed apprezza moltissimo grazie a Giovanni Scalco della Scuola di cultura cattolica di S. Croce che da un decennio, puntualmente, gli invia ogni anno in primavera, dopo averglieli fatti assaggiare in città in occasione di una visita dell’allora cardinale Joseph Ratzinger e con il quale ha sempre mantenuto un amichevole rapporto.
A servirglieli, stavolta, sarà Sergio Dussin, il presidente dei ristoratori bassanesi che domani, in occasione del compleanno di Benedetto XVI, preparerà con il suo staff in Vaticano, il banchetto ufficiale per il singolare festeggiato.
Da tempo il titolare del ristorante «Villa Razzolini-Loredan» di Casella d’Asolo, oltre che del Pioppeto di S. Cuore di Romano, cura la ristorazione ufficiale dello stato pontificio in occasione di incontri e manifestazioni protocollari. Ha già preparato banchetti per il segretario di Stato ed altre illustri personalità del mondo ecclesiale.
Quello di domani, però, sarà un pranzo particolare, riservato alla cerchia più ristretta dei collaboratori che il Santo Padre ha chiamato attorno a sè per festeggiare il traguardo degli ottanta anni.
Stanotte è partito alla volta della capitale il camion con tutte le attrezzature necessarie per il banchetto: dai tavoli alle sedie, dagli asparagi ai prodotti tipici che verranno preparati per Benedetto XVI. Sergio Dussin è molto meticoloso e quando propone il servizio di catering lo fa in modo completo, senza lasciare nulla al caso. Nel camion sono state caricate anche le casse con le stoviglie, le posate e le tovaglie.
Lo staff tecnico, guidato dallo chef Massimiliano Trento, ormai di casa negli appartamentio vaticani, partirà oggi pomeriggio in treno assieme al grande capo. In tutto dodici persone, tra cuochi e camerieri che domani mattina si metteranno all’opera per preparare le specialità chieste dal Pontefice.
«Il Papa è una persona eccezionale - commenta felice ma preoccupato Sergio Dussin, consapevole dell’importanza del ruolo chiamato a svolgere - È talmente umile e semplice che mi mette in difficoltà per la sua straordinaria umanità. Non è la prima volta che presto servizio in Vaticano ma quando mi trovo di fronte a personalità di così immensa statura avverto sempre una grande emozione e una profonda preoccupazione. I suoi più stretti collaboratori, anche per ragioni di sicurezza, raccomandano sempre la massima riservatezza».
Il menù è composto di poche, ma collaudate portate.
«Cominceremo con un antipasto a base di asparagi bassanesi, poi serviremo una pasta e quindi un filetto con turioni gratinati. Per il dolce il Pontefice predilige una torta famosa nella sua terra natale: la Sacher, a base di cioccolato. Il tutto sarà innaffiato dai vini di Gambellara. Per il brindisi augurale, invece, è previsto champagne». Un pranzo senza grandi concessioni ma pur sempre da...Papi.
Un avvenimento che resterà per sempre impresso in quanti avranno la fortuna di viverlo in prima persona: non capita tutti i giorni di fare un «cin cin» col Papa.
L’impegno romano di Sergio Dussin e del suo gruppo, tuttavia, non si fermerà oltre il Tevere. Mercoledì, infatti, Massimiliano Trento, coadiuvato dai colleghi di Valeggio sul Mincio, preparerà un pranzo a base di asparagi al Senato. Un’iniziativa promossa qualche anno fa, diventata ormai una tradizione. Oltre ai bianchi turioni dop saranno serviti anche i tipici tortelli di Valeggio sul Mincio, la gustosa soppressa vicentina e i delicati formaggi veronesi, oltre ad altre specialità della nostra dolce terra. Una passerella culinaria tutta di marca veneta per prendere per la gola Franco Marini e suoi colleghi senatori della Repubblica.

Il Giornale di Vicenza, 15 aprile 2007


Questo Papa è molto più laico di tanti laici

di ANTONIO SOCCI

C'è stato un tempo in cui proprio l'imperatore cattolico ha voluto il riconoscimento giuridico delle coppie di fatto, mentre quelli pagani l'avevano negato. Per capire perché, per capire l'attuale Papa, per capire il senso del suo libro su Gesù e il senso "programmatico" per il suo pontificato - della visita a Pavia, alla tomba di sant'Agostino, il 21 aprile, è utile scorrere un mensile cattolico, "30 Giorni", nato nell'area di Comunione e Liberazione e attualmente diretto da Giulio Andreotti. L'ultimo numero della rivista ha in copertina una foto del Santo Padre ed è dedicato ai suoi 80 anni. Titolo: "Ad multos annos". Un numero monografico con articoli su Papa Ratzinger di tutti i maggiori cardinali. È insomma una rivista molto autorevole nella Chiesa, "ratzingeriana" e agostiniana (capiremo dopo che significa). (...) Il numero dell'aprile 1995 uscì con una sorprendente copertina. Titolo: "I cristiani e le leggi dello Stato". Sottotitolo: "'Il diritto civile o delle genti non si allontana del tutto dal diritto naturale, ma neppure obbedisce ad esso sotto ogni aspetto'. Così l'imperatore cristiano Giustiniano descrive il limite delle leggi dello Stato. Sant'Agostino ne aveva già data la ragione". All'interno un articolo puntava i riflettori proprio sulla legge per la famiglia. E rivelava alcune cose sorprendenti. Bisogna premettere che Giustiniano (VI secolo) è il grande legislatore, quello del Corpus iuris civilis , a cui Dante riserva tutto il VI canto del Paradiso, quello che secondo il poeta - «d'entro le leggi trasse il troppo e 'l vano». Il cristianesimo era religione di Stato e l'imperatore si considerava il protettore della Chiesa, eppure - rivela "30 Giorni" - la sua legislazione sul matrimonio sembra «in contraddizione con una difesa dell'istituto matrimoniale addirittura rispetto all'età classica. Anzitutto Giustiniano non proclama il principio dell'indissolubilità in modo pieno e reciso». Continua ad ammettere l'istituto del divorzio per mutuo consenso (che veniva dall'età classica ed era rimasto pure nell'età di Costantino). «La Novella 22 del 535 di tutte le leggi di Giustiniano, la più ampia per estensione, ripete a proposito del matrimonio: "Nelle cose umane tutto ciò che si lega si può anche sciogliere"». Poi questa norma ebbe mutamenti vari. Ma più sorprendente è il «riconoscimento giuridico del concubinato». Il buffo è che «nell'epoca pagana il concubinato era privo di regolamentazione giuridica». Era un casino. Costantino prese di mira i costumi con leggi punitive per spingere al matrimonio. Così otteneva però l'opposto della "moralizzazione" e provocava l'ingiusta sofferenza dei soggetti più deboli (per esempio i figli naturali).

Giustiniano e Leone I

«Giustiniano», scrive "30 Giorni", «ottiene di più col rendere il concubinato le gitima coniunctio a condizione che si tratti di unione stabile e monogamica (cfr. Digesto 23, 2, 24). Il concubinato resta inferiore al matrimonio solo quanto a dignità ( inequale coniugium ). Con ciò Giustiniano non fa altro che accogliere un principio già vigente nella prassi pastorale della Chiesa. Scrive papa Leone Magno nell' Epistola 167: «Chi non ha moglie e ha una concubina per moglie ( pro uxore ) non sia allontanato dalla comunione». Naturalmente si parlava di coppie di fatto eterosessuali, non omosessuali. A voler sovrapporre le due cose oggi è l'ideologia nichilista, ma la differenza è enorme e anche oggi la Chiesa distingue i due casi. Torniamo al passato. Pure la «filiazione naturale» - che in epoca classica neanche veniva considerata «viene riconosciuta con benevolenza dalle leggi di Giustiniano». Poi "30 Giorni" proponeva un'intervista al teologo agostiniano Nello Cipriani che spiegava l'atteggiamento della Chiesa antica nei confronti delle leggi dello Stato: «La Chiesa riconosce semplice- mente che la finalità dello Stato è quella di assicurare e mantenere la convivenza pacifica tra i cittadini. E a questo scopo non è necessario che lo Stato, in tutta la sua legislazione, persegua il fine di adeguare le singole leggi civili alla legge naturale. Anche da parte della tradizione patristica non venne alcuna preclusione alla possibilità di tollerare le leggi imperfette da parte dei cristiani... Soprattutto Agostino, nel De libero arbitrio e nel De Civitate Dei , ripropone proprio questa concezione: lo Stato deve garantire la pace sociale tra i cittadini e per far questo le leggi civili non debbono necessariamente corrispondere alla legge naturale». Come si ricorderà la "legge naturale" è l'argomento oggi usato contro i Dico dai cattolici, accusati di voler cristianizzare lo Stato. "30 Giorni" nel 1995 citava il cardinal Ratzinger per il quale «l'idea di una cristianizzazione dello Stato e del mondo non appartiene ai punti programmatici di sant'Agostino». Tre anni dopo "30 Giorni" pubblicò il volume Il potere e la grazia. Attualità di sant'Agostino . A presentare quel volume con Andreotti, Claudio Petruccioli e Massimo Borghesi, fu il cardinale Ratzinger. Il numero di ottobre 1998 propose questi interventi riservando la copertina a Ratzinger. Il prelato spiegò che a quella convinzione Agostino (e con lui la Chiesa) era arrivato proprio per difendere l'essenza della fede cristiana. Egli viveva «in un Impero giuridicamente cristiano», l'Imperatore «quasi identificava la Chiesa con l'Impero. E in uno Stato in cui il cristianesimo è religione ufficiale», diceva Ratzinger, «è grande il pericolo che anche il teologo e il vescovo perdano di vista la differenza fra le due cose e si arrivi a una politicizzazione della fede incompatibile sia con la sua libertà sia con la sua universalità».

La polemica di Agostino

Prima di Agostino, Eusebio di Cesarea aveva teorizzato che «l'Impero diventa il modo in cui Dio realizza il suo progetto per la storia». Questa identificazione però si rivelò devastante quando l'imperatore pretese di imporre alla Chiesa l'eresia ariana. Dunque Agostino sottolineò sempre la "differenza" di Chiesa e Stato. Anche dopo il sacco di Roma (410) per mano dei Visigoti, «Agostino capisce e vede che l'identificazione è una caratteristica della religione pagana... e così insiste sul fatto che Chiesa e Stato non possono confondersi». Cosa dev'essere dunque la Chiesa? Un'agenzia di moralizzazione della società e dello Stato? In quell'occasione Ratzinger rispose parlando proprio della polemica di Agostino con l'eretico Pelagio che proponeva un «moralismo nel quale si costruisce, con le forze della moralità umana, la nuova società». E il pre- lato tedesco scandì queste parole: «La tentazione di ridurre il cristianesimo a un moralismo è grandissima anche nel nostro tempo e sono molto grato che "30 Giorni" sottolinei spesso questo problema. Perché noi viviamo un po' tutti in un'atmosfera di deismo. La nostra idea delle leggi naturali non ci permette più facilmente di pensare a un'azione di Dio nel nostro mondo», da qui la tentazione di «trasformare noi il mondo, creare noi la redenzione, creare il mondo migliore, un mondo nuovo. Se si pensa così, ecco che il cristianesimo è morto, il linguaggio religioso diventa un linguaggio puramente simbolico e vuoto». Perché dunque - ci si chiede - l'opposizione di oggi della Chiesa di Benedetto XVI ai Dico? Perché i Dico sono stati voluti non per i diritti delle persone concrete, non per il bene comune e la pace civile, ma per imporre un'ideologia che è estranea al sentire comune: il riconoscimento giuridico delle coppie gay. Un'ideologia dissolutrice della legge naturale (contraria pure alla Costituzione). È un allarme laico quello che la Chiesa lancia. Ma consapevole che poi la redenzione cristiana viene dall'«intervento di Dio», non dalla «nostra azione». Viene dall'«attrattiva» che Gesù Cristo è, come insegna Agostino e come Ratzinger ha ripetuto nel suo libro in uscita domani. Viene dalla Grazia, non dalla Legge.

Libero, 15 aprile 2007

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