14 aprile 2007

Rassegna stampa del 14 marzo 2007 su "Gesu' di Nazaret" (parte quinta)


Vedi anche:

Raccolta della rassegna stampa del 14 aprile 2007 su "Gesu' di Nazaret"

"GESU' DI NAZARET" DI JOSEPH RATZINGER-BENEDETTO XVI




Il Papa e il libro su Gesù: liberi di criticarmi

di RINO FISICHELLA*

«SOLO in Dio e solo a partire da Dio si conosce veramente l'uomo. Un conoscersi che limita l'uomo alla dimensione empirica e afferrabile non raggiunge affatto la vera profondità dell'uomo. L'uomo conosce se stesso soltanto se impara a capirsi a partire da Dio, e conosce l'altro soltanto se scorge in lui il mistero di Dio». Queste parole del primo libro di J. Ratzinger come Papa, possono spiegare l'intento del suo “Gesù di Nazareth”. La fede che vede in lui il Figlio di Dio non si sbarazza affatto della sua storia, ma la assume in sé per dare spessore al credere. Per alcuni versi, l'espressione iniziale può servire come chiave di lettura per introdursi nelle belle e dense pagine del volume.
Che un Papa scriva un libro è già di per sé un fatto straordinario, la cosa assume un valore simbolico nel momento in cui si pone l'obiettivo di ricondurre a profonda unità il Gesù della storia e il Cristo della fede. A parecchi questa distinzione non dirà molto. Essa, al contrario, riveste una profonda attualità ed evidenzia quanto J. Ratzinger sia capace di cogliere con lucidità il tessuto culturale all'interno del quale ci troviamo e dare una risposta profonda e carica di senso. A partire dagli inizi del Settecento, alcuni studiosi iniziarono una ricerca per giungere alla ricostruzione della vita di Gesù. A. Schweitzer nel 1906 pubblicò Ricerca sulla vita di Gesù, raccogliendo gli studi degli ultimi due secoli; giungeva alla triste conclusione che non era possibile alcuna ricostruzione storica della vita di Gesù. Decenni più tardi, un esegeta luterano, R. Bultmann, diede forma a un metodo chiamato “storico-critico” che arrivava a una conclusione tanto stupefacente quanto poco credibile: l'unica certezza che si può avere di Gesù è la sua esistenza e la sua morte; il resto è solo frutto della fede dei suoi discepoli. La provocazione non era da poco. Il metodo introdotto da Bultmann aveva certamente degli elementi positivi; le sue premesse filosofiche, purtroppo, lo rendevano debole e contraddittorio nei risultati. Il metodo, in ogni caso, si impose non solo in casa protestante ma anche cattolica. Molti esegeti hanno seguito quella strada giungendo a risultati che pur permettendo una percezione più profonda dei dati biblici tuttavia non è in grado di garantire la loro lettura globale con un'interpretazione coerente. Il problema lo si coglie facilmente se si osservano alcune pubblicazioni recenti, dove la persona di Gesù è ridotta a un personaggio da romanzo rosa senza alcun riferimento alla storia, o la rilevanza data a reperti archeologici che hanno ben poco di scientifico e molto di fantasioso.
Benedetto XVI fin dall'inizio del suo pontificato ha richiamato a questo problema. Il discorso nella presa di possesso della sua cattedrale di San Giovanni in Laterano, come le osservazioni critiche alla scuola liberale nella lezione di Ratisbona, non fanno altro che evidenziare questa sua preoccupazione. La pubblicazione di Gesù di Nazareth offre una risposta decisiva a questo impianto distruttivo dell'unità tra storia e fede. Pagina dopo pagina il lettore è condotto per mano nel cogliere la ricchezza di quanto i vangeli narrano. La fede dei discepoli che vedono in lui il Messia promesso non può essere divisa da quanto Gesù ha detto e fatto, lasciando percepire il mistero della sua vita. Papa Benedetto con un linguaggio lineare, non sempre facile ma certamente accattivante, aiuta a scoprire la storia genuina di Gesù e la sua verità per l'uomo contemporaneo, evitando di scrivere un'impossibile biografia. Egli compone una felice e invidiabile sintesi tra i dati certi della storia e l'esigenza della fede che sempre accompagna la ricerca personale. Gesù di Nazareth non è solo un libro, è molto di più. Queste pagine permettono di conoscere il cammino spirituale di Benedetto XVI e il percorso intellettuale di J. Ratzinger. La “simpatia” che egli chiede al lettore all'inizio del libro è essenziale per entrare con il piede giusto nei suoi contenuti. Si saprà recepire in questo modo non solo l'importanza che Gesù di Nazareth possiede per l'uomo di oggi, ma la sua inevitabilità nel momento in cui si cerca una risposta alla domanda di senso.

* Vescovo, rettore della Pontificia Università Lateranense

Il Messaggero, 14 aprile 2007


Il Gesù uomo di Ratzinger

Alceste Santini Con il suo ponderoso e complesso libro Gesù di Nazaret, a cui seguirà un secondo volume, Joseph Ratzinger si è proposto di restituire un’immagine umana di Cristo. Rispetto al Gesù del dogma e del mistero, spesso caricatosi di simboli e di miti, intende spiegare che il messaggio cristiano di fede è più credibile utilizzando fatti storici. «La figura di Gesù è molto più logica e dal punto di vista storico anche più comprensibile delle ricostruzioni per le quali ci siamo dovuti confrontare negli ultimi decenni», rileva nella prefazione del testo presentato ieri, da lunedì in libreria. (Rizzoli, pagg. 446, euro 19,50). Ratzinger ha cominciato a scriverlo nell’estate 2003 per concluderlo nel 2006, ormai eletto al soglio pontificio. La vita di Gesù, che non ha lasciato nulla di scritto, è stata da lui centrata sull’attività pubblica come è stata trasmessa dai quattro Vangeli e che, dopo il battesimo al Giordano a opera di Giovani il Battista, si caratterizza dalla sua predicazione. «La nuova bontà» introdotta da Gesù sottolinea che «non è acqua zuccherata» ma dietro «c’è lo scandalo della croce». Per Benedetto XVI, Gesù «non è un mito, è un uomo fatto di carne e sangue, una presenza tutta reale nella storia». E ancora: «I figli non sono proprietà dei genitori», come gli sposi «non si posseggono vicendevolmente» e il loro rapporto «non si fonda sul possesso ma sulla responsabilità». Sono, poi, i suoi gesti che scuotono il contesto sociale e morale di quel tempo ed i sommi sacerdoti del Sinedrio. Significativo è quando perdona l’adultera o afferma che «il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato», criticando un certo costume formalistico. Si sofferma sull’amore della madre spiegando che «Madre nella Bibbia è un’immagine, non un titolo di Dio». E al proposito va ricordato che Papa Luciani aveva detto che «Dio è anche madre». Per rimarcare come Gesù fosse vicino ai gravi problemi sociali, allora come oggi, Ratzinger si sofferma sulla parabola del Samaritano quando un uomo, sulla strada che va da Gerusalemme a Gerico, viene assalito e spogliato dei suoi averi dai briganti e lasciato mezzo morto per terra. Descrive, attualizzando la parabola, un mondo senza morale, senza solidarietà, e quindi «senza Dio», in cui «contano solo il potere e il profitto». L’uomo depredato può essere paragonato all’Africa di oggi con le sue umiliazioni e povertà e ai tanti drammi del nostro tempo. «La vittima dell’imboscata è per antonomasia l’immagine dell’umanità» e il Samaritano, in quanto esprime «l’amore per il prossimo, può essere solo l’immagine di Gesù Cristo che si prende cura della sua creatura ferita». Non è, perciò, un caso che Benedetto XVI abbia incentrato nell’amore cristiano la sua prima enciclica «Dio è amore». Anzi, l’enciclica è ispirata dalle riflessioni di questo libro in cui, guardando la realtà attuale del mondo, sostiene che allora come oggi ci sono, da un lato, le potenze del mercato, del traffico d’armi, di droghe e di uomini, dall’altro lato, ci sono le ideologie del successo, del benessere mentre Dio viene considerato una «finzione». Si tratta di forze potenti che «hanno lasciato da parte Dio», e con la loro «saccenteria hanno fatto del Terzo Mondo il Terzo Mondo in senso moderno». A tale proposito, cita Karl Marx che «ha descritto l’alienazione dell’uomo, anche se non ha raggiunto la vera profondità dell’alienazione perché ragionava solo nell’ambito materiale». È, invece, «l’amore per il prossimo» di cui parla Gesù, partendo «dal cuore di ogni persona» cambia il nostro atteggiamento e, quindi, il mondo. Cita, quindi, i santi fra cui Francesco d’Assisi come testimoni del messaggio evangelico. E, sottolineando che questa ricostruzione del Gesù storico è «una ricerca personale» e «non vuole essere un documento del Magistero», afferma: «Perciò ognuno è libero di contraddirmi». Un’opera, quindi, che si aggiunge a quella di tanti autori che, da quando nel 1778 Lessing avviò la ricerca storica, si sono cimentati con il Gesù storico Lo stesso Ratzinger dice di essersi sentito stimolato dal più importante esegeta cattolico tedesco, Rudolf Schnackenburg, della seconda metà del XX secolo, autore del libro La persona di Gesù Cristo nei quattro Vangeli. Ma anche di fronte alla pregevole opera di Papa Ratzinger possiamo chiederci, come per le altre, se con Gesù storico si intende il Gesù reale dato che non esistono documentazioni sufficienti per a sostegno di ciò che ha fatto e ha detto. Tuttavia, l’opera fa emergere un Gesù vivo, comprensibile e affascinante, un uomo vissuto nella Palestina del I secolo, crocifisso per ordine di Pilato, probabilmente tra il 7 e l’8 aprile dell’anno 30.

Il Mattino, 14 aprile 2007


Marx tra Gandhi e Martini

«Gesù di Nazareth» si compone di 448 pagine in dieci capitoli più una presentazione e introduzione. I titoli stranieri citati sono 87, la bibliografia occupa 12 pagine. Sei per le citazioni bibliche e documenti del magistero, quattro e mezza per l’indice dei nomi. Nella bibliografia compaiono quattro gesuiti, dei quali tre viventi: lo studioso Jon P. Mejer, Hans Peter Kolvenbach e Carlo Maria Martini. Il gesuita scomparso è il francese Jean Danielou. Citati anche Olivier Artus e Vittorio Messori accanto al Mahatma Gandhi, a Karl Marx e a Friedrich Nietzsche. Nominato pure, in un brano di tutto rispetto, Giovanni Papini. Il Vangelo secondo Marco totalizza 21 citazioni, il Vangelo secondo Matteo 34, il Vangelo secondo Luca 28 e il Vangelo secondo Giovanni 24. Paolo di Tarso, il primo grande diffusore del cristianesimo con 26 citazioni supera Pietro, il primo fra gli apostoli, con 25 citazioni. Giuda Iscariota, infine, colui che ha tradito Gesù Cristo, è citato tre volte.

Il Mattino, 14 aprile 2007


Cacciari: ritorno al messaggio cristiano radicale

Già ieri pomeriggio, nell’aula Paolo VI gremita di giornalisti e di pubblico, sul libro di Joseph Ratzinger Gesù di Nazaret è cominciato subito un dibattito serrato che avrà di sicuro i suoi sviluppi. Anche perché il cardinale ed arcivescovo di Vienna, Christoph Schönborn, discepolo di Ratzinger negli studi teologici, ha subito detto polemicamente che «le innumerevoli immagini fantasiose di Gesù come un rivoluzionario», alludendo alla teologia della liberazione, e come «un mite riformatore sociale, come l’amante segreto di Maria di Magdala possono essere depositate nell’ossario della storia». Ha tessuto, invece, l’elogio dell’opera di Ratzinger, e in particolare del capitolo che tratta dell’incontro dell’autore con il Rabbino tedesco Jacob Neusner: un precedente importante per il dialogo tra cattolici ed ebrei. Mentre Daniele Garrone, decano della Facoltà Valdese di Teologia di Roma, dopo aver ricordato le trascorse polemiche tra protestanti e cattolici dopo la Riforma ed aver espresso forti riserve sul «Gesù storico» di Benedetto XVI condividendone invece gli aspetti problematici, si è augurato che esso possa favorire un dialogo ecumenico più ravvicinato. È toccato, infine, a Massimo Cacciari, ordinario di estetica all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, sollevare da laico i tanti interrogativi che, più che il libro, Gesù pone. Per Cacciari, il volume del Papa «riattinge alla radicalità del messaggio cristiano» e sollecita le «decisioni radicali» che questo messaggio comporta; ma «lo scandalo che da qualche secolo inquieta tutta la riflessione e il pensiero europeo» è secondo il filosofo nel passaggio in cui il Nazareno dice: «Io sono la verità e la via». Un’affermazione così apodittica, commenta Cacciari, non lascia spazio ad una discussione seria tra la Chiesa cattolica ed il mondo laico il quale, invece, vede problematicamente «la verità» di Gesù: «Questo è il grande problema che la fede in Gesù non può non suscitare anche nei non credenti». Gesù di Nazaret sarà nelle librerie dopodomani (giorno dell’80esimo compleanno del Papa, alla vigilia del secondo anno di pontificato, che ricorre il 19 aprile) con 350 mila copie mentre usciranno, in contemporanea, l’edizione tedesca e quella polacca del volume. La Rizzoli, d’intesa con la Libreria Vaticana, ha curato in tutto il mondo le vendite e i diritti dell’opera (prenotata già da 40 Paesi) in 20 lingue. al.sa.

Il Mattino, 14 aprile 2007


Famiglia e Terzo mondo, le stoccate di Joseph

Presenti Gattegna e l’ambasciatore presso la Santa Sede Ben Hur: con Israele è tregua

di CLAUDIO RIZZA

ROMA La sala che accoglie il libro di Joseph Ratzinger è la stessa dove si riunisce la Conferenza episcopale, dove per anni Ruini ha dato stoccate alla sinistra e buffetti a Berlusconi, dove i vescovi hanno fornito materiale per le campagne elettorali di teocon e teodem, che mescolano sacro e profano, etica laica e religione cattolica, politica e anima per raggranellare voti e indulgenze. Così sembra quasi un paradosso che tra le poltrone di pelle ad anfiteatro i politici siano praticamente assenti ma la politica aleggi e pervada le pagine del «Gesù di Nazaret», che il Papa ha scritto e lo sottolinea da teologo e non da pontefice. La Storia insegna tante cose: «L’Impero cristiano cercò ben presto di trasformare la fede in un fattore politico per l’unità dell’impero...nei secoli questa tentazione si è ripresentata continuamente in forme diverse e la fede ha sempre corso il rischio di essere soffocata proprio dall’abbraccio al potere...».
Si scorgono solo Andreotti e Cossiga in prima fila accanto al cardinal Martino e vicini all’ex papabile nero, il nigeriano Arinze. Sette o otto i berretti purpurei, c’è anche Giovan Battista Re, che la politica l’ha praticata parecchio quando faceva il controcanto all’ex segretario di Stato, Sodano. Prelati molti, ambasciatori presso la Santa Sede in quantità, il principe Ruspoli con consorte, Maria Pia Garavaglia e, per la gioia delle signore, il bel segretario del papa, padre Georg, a far da cerimoniere con le personalità. Ma, semi invisibili nella sala, ci sono anche il presidente delle Comunità ebraiche Gattegna e l’ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, Oded Ben Hur, e non è notizia da poco se si pensa alla crisi diplomatica appena esplosa con Israele per la didascalia polemica contro Pio XII che illustra la sua foto esposta nella cupola dello Yad Vashem, il museo dell’Olocausto.
Il libro vuole dimostrare che il “Gesù storico” e il “Cristo della fede” combaciano, ma l’assunto di Ratzinger viene demolito dal teologo valdese Garrone che lo definisce “operazione impossibile”, facendo sobbalzare gli altri due relatori, il cardinale di Vienna Schönborn e il filosofo Massimo Cacciari. La politica spunta dovunque. Esempio: il marxismo ha cercato di dare pane al mondo per vincere il problema alimentare, «ma ha negato Dio» e si è condannato al fallimento, perché non si possono far trionfare solo «i principi tecnico-materiali». Lo stesso errore sta facendo ora l’Occidente con gli aiuti al Terzo Mondo: «Tali aiuti hanno messo da parte le strutture religiose, morali e sociali esistenti e introdotto una mentalità tecnicistica nel vuoto». Conclusione ad effetto: «Credevano di trasformare le pietre in pane, ma hanno dato pietre al posto del pane». Bella botta all’Onu, alla Fao e alle Ong. Dulcis in fundo, la famiglia: «Per la Chiesa fin dall’inizio è stato fondamentale difendere la famiglia come il cuore di ogni ordinamento sociale...vediamo oggi come la lotta della Chiesa sia incentrata su questo punto». I Dico ne sono la prova. Ma ce n’é anche per «l’abuso del potere economico» e per «la crudeltà del capitalismo». No, il Gesù di Nazaret non è solo teologia.

Il Messaggero, 14 aprile 2007


La sua prima opera da Pontefice. Alla quale il relatore valdese non risparmia critiche: «impossibile» far coincidere il Cristo della fede e quello della ragione

Il Papa: «Il libro una mia ricerca, liberi di criticarlo»
Esce “Gesù di Nazaret”. Ratzinger nella prefazione: «Il cristianesimo non è buonismo zuccherato»

di FRANCA GIANSOLDATI
CITTÀ DEL VATICANO - Benedetto XVI, 267esimo successore di Pietro, Vicario di Cristo in terra, mette da parte la sua autorità pontificia per descrivere in 447 pagine chi era Gesù di Nazareth. Si fa semplice credente e con umiltà parte da domande semplici, alla portata di tutti: «Conosciamo davvero Gesù? Lo capiamo? Non dobbiamo impegnarci forse a conoscerlo in modo completamente nuovo, ieri come oggi?». Il desiderio che traspare dal libro è di spingere i cattolici a tornare al Vangelo e al Gesù autentico, quello non messo in discussione da certe correnti teologiche di matrice protestante tese a seminare solo zizzania. E, di conseguenza, indurre in errore perché, argomenta il teologo Ratzinger, non si può disgiungere il Cristo storico dal Cristo della fede. L’obiettivo, da buon tedesco, è quello di mettere un po' d’ordine. Troppi, infatti, i libri sbagliati in circolazione, gli scritti «distruttori della figura» del figlio di Dio basati su «presunti risultati» di certa esegesi biblica. Trappole. Trappole introdotte e ispirate dal maligno, come avanza in un passo del volume (“Gesù di Nazareth”) pubblicato dalla Rizzoli. «Il diavolo si rivela conoscitore della Scrittura», sa citare i salmi con esattezza e, proprio come racconta Joachim Gnilka nel suo Racconto dell’Anticristo, «il diavolo appare come teologo». L’interpretazione della Bibbia, ne conviene Ratzinger, «può effettivamente diventare uno strumento dell’Anticristo». A quest’opera monumentale di cui per ora esce il primo volume (il secondo è in preparazione) il pontefice sta lavorando da anni. Nella prefazione rassicura subito che la sua elaborazione teologica potrà essere sottoposta a critiche, che non sarà un freno per i teologi e che tutti devono sentirsi liberi di contraddirlo se lo vorranno. Il libro, del resto, non è stato scritto contro la moderna esegesi. Le critiche non mancano. Già al momento della presentazione, nell’Aula Paolo VI, piovono da uno dei tre relatori chiamati a tenere a battesimo il lancio editoriale: il pastore valdese, Daniele Garrone definisce l’appassionata meditazione ratzingerniana «una apologia». Giudizio duro. Garrone invitato a rappresentare l’area della Riforma mette in evidenza il paradosso della verità cristiana, la cui storicità è difficilmente spiegabile. Per questo l’operazione tentata dal Papa di far coincidere il Gesù della fede a quello della ragione è «impossibile». «Ringrazio per l’invito a questa presentazione, l’invito non è banale. L’ultima volta, circa otto secoli fa, che un protestante ha parlato in questo contesto è stato incenerito al rogo».
L’altro relatore, il cardinale di Vienna Christoph Schoenborn, coglie la palla al balzo per far notare che con questa opera teologica Benedetto XVI è voluto scendere appositamente nell’agorà, nella piazza del pubblico dibattito. Sapeva benissimo che le sue idee sarebbero state contraddette. Non tutti i cristiani, soprattutto i riformati, condividono la medesima impostazione esegetica. Le numerose domande che costellano le pagine del libro per introdurre via via gli argomenti ispirati alle tappe di Cristo, dal battesimo alla trasfigurazione, sono volutamente provocatorie. Difficile che non lasceranno il segno. Cristo era coerente? E’ credibile? Si sa qualcosa di sicuro sul misterioso uomo di Galilea? Che amicizia è quella con un fantasma? Profeta, sicuramente, Figlio dell’Uomo, certamente, ma né un «ribelle» né tantomeno un «liberale». Nei dieci capitoli una ampia parte è riservata al Discorso della Montagna, una sorta di manifesto sulla centralità di Dio, sull’amore divino da cui si dischiude tutta la ricchezza della vita, la grandezza della vocazione dell’uomo. «Che cosa ha portato Gesù veramente, se non ha portato la pace nel mondo, il benessere per tutti, un mondo migliore?» La risposta, annota il Papa teologo «è molto semplice: ha portato Dio». Visione, dunque, che invita a non cadere nella tentazione di interpretare il cristianesimo come se fosse una ricetta per il progresso, come se «il comune benessere fosse il vero scopo di ogni religione e così anche di quella cristiana». Ratzinger teme l’affievolirsi della fede, la distorsione del messaggio evangelico a fini politici, la scomparsa del senso del sacro, l’allontanamento dell’uomo dalla religione. Il misterioso uomo che travolgeva le folle di Galilea col suo predicare semplice parla «ancora nel presente e in vista del futuro. Sta parlando anche a noi e di noi». Dimenticarlo, c'è il rischio, scrive il teologo Ratzinger, di «dichiarare Dio morto» secondo la logica dell’epoca moderna. E così «saremo noi stessi Dio». Ma ecco il baratro: «Cominciamo già ora a vedere che cosa ne sta derivando per l’uomo e per il mondo».

Il Messaggero, 14 aprile 2007

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