22 ottobre 2007

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La città ringrazia il Papa

La visita ufficiale del Papa si è conclusa con un forte messaggio lasciato a Napoli e ai napoletani. Lavoro e politiche per i giovani, ma soprattutto responsabilità da parte dei politici, sono gli strumenti necessari per il riscatto. Un richiamo alla classe politica, e una speranza in più per una città che con entusiasmo ha risposto all’appello del Pontefice. In ventimila hanno accolto papa Ratzinger in piazza del Plebiscito, nonostante il gelo e la pioggia incessante. Con striscioni e manifesti hanno ringraziato il Papa per la sua visita, ma anche per il monito che ha lanciato. Durante la messa per il freddo alcuni fedeli sono stati colpiti da un principio di assideramento, ed è stato necessario l’intervento delle ambulanze. Colto da malore anche l’ex arcivescovo, il cardinale emerito Michele Giordano.


Napoli ringrazia: arrivederci Benedetto XVI

Grande entusiasmo al Plebiscito nonostante la pioggia e il vento gelido. Alcuni fedeli soccorsi in ambulanza


PAOLO RUSSO

Scritto con un pennarello indelebile su un foglio giallo, davanti al Duomo: «Grazie Ratzinger, torna presto». Alla fine della domenica di Benedetto XVI, tra la folla che saluta, spuntano quattro parole che raccontano la visita e scuotono una città. Lasciano il segno le parole del Papa, e lascia il segno anche quella frase apparentemente rituale. Dice: ritorna Ratzinger, noi ci proviamo, ma tutti e anche i politici, hanno le loro responsabilità. Un messaggio forte su scuola e lavoro, una premessa contro la violenza. All’inizio, subito qualche brivido. Folate di grecale prima della pioggia. Alle 8.20 l’elicottero della polizia prova l’atterraggio al molo Angioino. Pollice in alto del pilota, si può. Via radio la conferma: il Papa può atterrare, ma soprattutto può partire da Città del Vaticano. Quarantacinque minuti esatti di volo: il muso nero dell’elicottero bianco dell’Aeronautica militare sbuca dalle nuvole di Posillipo alle 9.15 e atterra controvento. Un atterraggio dolce. Sullo sfondo il Vesuvio innevato, sul molo è già arrivata la papamobile con il portellone posteriore spalancato. Si fermano le eliche ed ecco che sulla scaletta compare il primo lembo del cappotto bianco di Benedetto XVI. Non c’è il sole, la folla preme dietro l’angolo: il Papa è qui, «uno-di-noi» come cantano in stile stadio i papa boys. Mai stata in dubbio la visita, gli allerta della protezione civile consigliavano il viaggio in auto, ma alla fine l’arrivo e la partenza, meteorologicamente, sono stati due momenti di tregua in una giornata da 7 gradi sul livello del mare e raffiche di vento fino a 30 chilometri orari. Tra le 9.15 e le 17.15, al gelo si è aggiunta la pioggia, unica nota poco napoletana nella festa di Napoli. Otto ore cominciate alla stazione marittima già alle 6 del mattino, quando poco alla volta i ragazzi della pastorale hanno riempito la prima «piazza». Sotto la pioggia, il primo chilometro in papamobile, salutando i ragazzi in t-shirt gialla diventata nel frattempo k-way, spalancando la marea di ombrelli colorati in piazza Plebiscito. Brutta giornata per le foto, per le bandierine, per gli strisconi che intanto si sono arrotolati, per le sedie che appena ti alzi si bagnano. Decine rimarranno vuote. Colpo d’occhio comunque eccezionale, pioggia e freddo incessanti, le suore accanto agli immigrati nello stesso settore (S1B), i coristi imbacuccati accanto ad anziani e disabili. C’è chi viene colto da malore. Principi di assideramento, in una decina di casi interviene l’ambulanza. Prima il discorso del cardinale Sepe, concluso con il confidenziale «Santità, a Madonna t’accupagna». Poi il Papa con la sua omelia che scuote i napoletani e i politici. Dopo l’Angelus, poco prima di mezzogiorno, continua a piovere, a tratti quasi nevischio. La papamobile parte e la piazza si svuota lentamente. Restano un prato di ombrelli rotti, giornali, i libricini del programma della messa inzuppati. E restano diciassettemila fiori, alla fine colti dai fedeli e tenuti per ricordo. La papamobile intanto è già arrivata a piazza Dante, poi sul corso Amedeo di Savoia, chilometri di strada segnata dalla pioggia ma senza pozzanghere (niente buche, almeno su questo tragitto) e dalla buona giornata capitata a centinaia di venditori ambulanti di impermiabili e soprattutto ombrelli. Continua a piovere anche al seminario di Capodimonte, e poi giù, fino all’arrivo del Papa al Duomo, dove come per miracolo smette di piovere. Il Papa può ripartire in elicottero al termine della sua storica visita, Napoli lo ringrazia. L’elicottero si alza in volo senza problemi alle 17.10 e sparisce dietro Posillipo. A terra seguono il decollo anche duecento fedeli arrivati al mattino da Capri. Ieri sera non sono ripartiti, il loro traghetto veloce non è partito per il forte vento.

© Copyright Il Mattino, 22 ottobre 2007


«Noi, in viaggio dall’alba con la gioia nel cuore»

DANIELA DE CRESCENZO

«Ragazzi, Benedetto è già in volo. Speriamo che il vento spiri verso Napoli così arriva più presto»: gli altoparlanti diffondono la cronaca dell’arrivo del Santo Padre. Sul piazzale della stazione marittima, padre Pasquale Incoronato, il responsabile della pastorale giovanile si lancia in un «Tutto il Papa minuto per minuto» al cardiopalma. «Ragazzi eccolo, arriva, arriva» urla nel microfono gareggiando con le sirene delle navi che lanciano il loro saluto. «Si intravedono gli elicotteri della polizia che gli aprono la strada» e poi «sta atterrando, il Papa sta atterrando, il portellone si apre. Coraggio, ragazzi fategli sentire che siamo qui. I fazzoletti, sventolare i fazzoletti, costringetelo a fermarsi». La pioggia batte, il vento infuria, da due ore ormai i giovani chiamati a raccolta da Incoronato e dal responsabile laico dell’organizzazione, Antonio D’Urso, restano al freddo e al gelo. Ma nessuno si tira indietro. Gli scout si riparano nelle ampie incerate, i giovani delle parrocchie, meno pronti ad affrontare le intemperie, si nascondono sotto gli ombrelli. E così quando Benedetto comincia a sfilare sulla papamobile è tutto uno sventolare di foular, un lampeggiare di telefonini e di macchine fotografiche. Pochi minuti e le immagini del Pontefice sono già decine, centinaia, migliaia. Gli applausi scrosciano, i ragazzi urlano: ma non serve. Benedetto sorride, saluta, benedice. Ma non si ferma. Delusi? Non pare proprio. I giovani sorridono soddisfatti. E poi corrono a ripararsi sotto la pensilina per seguire la messa. La carica dei cinquemila era cominciata già sabato sera quando le avanguardie si sono incontrate nella chiesa dei santissimi Pietro e Paolo di Ponticelli. Molti altri, invece, si sono mossi all’alba. In pullman, in treno, a piedi. Sono arrivati da Avella, da Aversa, Salerno, Castellammare, Sessa Aurunca. «Siamo della parrocchia dell’Annunziata di Acerra - racconta Vincenzo - alle quattro ci siamo svegliati, alle 5,15 abbiamo preso la circum. E ora siamo qui, felici di esserci». Da Aversa si sono messi in viaggio i ragazzi della parrocchia di Costantinopoli. Iacopo è il più piccolo, ha 13 anni, resta coperto da un enorme cappuccio e spiega: «È bello essere uniti per uno scopo». Arriva Luisa piena di entusiasmo: «Mi mi piace stare con il Papa, scrivetelo», ordina. Edoardo, cappotto di cammello e orecchino, spiega: «Questo è un incontro con la speranza». Alle sette dal piccolo palco sistemato sul piazzale già organizzano l’animazione. Un frate con i sandali e il saio balla circondato dagli scout che agitano i loro fazzoletti. Sotto, i ragazzi si muovono ritmicamente, ridono, scherzano. La pioggia non è ancora arrivata e la tramontana non li ferma. C’è chi si abbraccia, chi organizza scherzi, chi tiene d’occhio i più piccoli. Alle 8 sono già in ansia. Una ragazzina grida: «Attenti, si stanno ammassando verso le transenne, andiamo se no dopo tanta attesa non vediamo nulla». E tutti si precipitano verso il corrodoio dove Benedetto passerà tra lo sventolio dei loro foular. Molti riescono appena a intravederlo. Ma l’importante è aver vissuto un frammento di storia e un gesto di fede.

© Copyright Il Mattino, 22 ottobre 2007


Improvviso malore in chiesa per il cardinale Giordano

Lieve malore per il cardinale Michele Giordano, arcivescovo emerito di Napoli, che non ha potuto partecipare alla concelebrazione a piazza Plebiscito. Giordano si è sentito male nella chiesa di San Francesco di Paola, poco prima dell’arrivo del Papa. Ha avuto un improvviso sbalzo pressorio. Sono accorsi, con un defibrillatore, i medici del 118 in servizio nelle vicinanze. Il cardinale è voluto rimanere per salutare il Papa, ma subito dopo è stato portato via per accertamenti. In mattinata, in piazza del Plebiscito, spazzata da freddo e pioggia, i medici hanno effettuato 45 interventi d’emergenza tra la folla che partecipava alla messa. Al 118 ha fatto i complimenti l’assessore regionale alla Sanità, Angelo Montemarano.

© Copyright Il Mattino, 22 ottobre 2007


Le anime e i volti della città in preghiera

Attivisti e volontari, gente comune e detenuti: dalla Sanità al Duomo per raccogliere «il seme della speranza»

DONATELLA TROTTA

La giornata del Papa a Napoli, e del popolo di Dio, inizia molto presto. Prima dell’alba, per molti volontari e operatori che devono garantire il funzionamento della macchina organizzativa; poco dopo, per chi vuole testimoniare con la propria presenza affetto e devozione a «Benedetto colui che viene nel nome del Signore», come recitano familiarmente i manifesti azzurri che tappezzano il centro della città con il Vesuvio sullo sfondo. Ma ieri mattina, velato da un manto di nuvole plumbee in una mattinata dai colori e dalle temperature nordici sferzata da un vento gelido, anche il Vesuvio è grigio, e minaccia neve: «Un omaggio della città del sole al papa tedesco», chiosa sorridendo una giovane ed entusiasta scout mentre si incammina con il suo gruppo verso la Stazione Marittima, prima tappa delle otto ore di visita pastorale del Pontefice che arriverà puntuale dal cielo, sul suo elicottero bianco. Sono proprio loro, gli anonimi fedeli del popolo di Dio, a dare colore alla giornata di Benedetto XVI a Napoli, in un arcobaleno di impermeabili e striscioni, girandole variopinte e magliette della Diocesi con il motto del loro Arcivescovo («’A Madonna ce accumpagna»); e, più tardi, anche durante la solenne celebrazione eucaristica in piazza Plebiscito, coperta da un tappeto ininterrotto di ombrelli per tentare di ripararsi (invano) dalla pioggia battente. Sin dalle sette i fedeli confluiscono a gruppi da tutti i quartieri di Napoli, dall’hinterland, dalla provincia e anche da fuori regione, e lungo il percorso della Papamobile i movimenti ecclesiali si radunano per zone: molti Neocatecumenali in piazza Municipio, in piazza Dante i Focolarini, e poi tanti altri, che affollano anche la piazza della Messa: Comunione e Liberazione, Azione Cattolica, il Movimento Cristiano Lavoratori che saluta il Papa con uno striscione di fronte alla Stazione Marittima e con petali di fiori a sommergere il Pontefice al suo arrivo sotto il palco della basilica di San Francesco di Paola, e poi gli attivisti del movimento Punto Cuore dal Rione Salicelle, le Arciconfraternite (in prima fila, i Cavalieri del Santo Sepolcro) e ovviamente la Comunità di Sant’Egidio con il suo logo (l’arcobaleno e la colomba della pace), che accompagna anche l’apertura del 21esimo Meeting interreligioso, per la prima volta a Napoli. Simboli, segni e presenze che resistono nonostante non proprio tutti ce la facciano ad attendere in massa per strada, al freddo dietro le transenne, come i fedeli della Sanità che hanno scelto di salutare il Papa non in piazza, ma sul Ponte di corso Amedeo di Savoia: memori della sua visita da cardinale nel 1998 alla Basilica di Santa Maria della Sanità con il teologo Bruno Forte, proclamato vescovo proprio da Ratzinger. E il Papa teologo risponde a tutti loro, donando - dall’altare sul palco fiorito in bianco e giallo, con l’icona della Madonna del Carmine davanti al Crocifisso - la luce della «fede autentica» e della sapienza dottrinale, riberberata da molti passi della sua intensa omelia. Che ravvisa tra l’altro nella forza debole della preghiera «instancabile», incarnata dai «modelli» delle letture bibliche (la tenacia della vedova del Vangelo e le «braccia alzate» di Mosè dell’Esodo), l’energia nonviolenta e trasformante di un cambiamento ineludibile: «Il seme della speranza è forse il più piccolo, ma può dar vita ad un albero rigoglioso e portare molti frutti», esemplifica in conclusione il Papa citando con affetto la prima Lettera apostolica a Napoli del cardinale Crescenzio Sepe, Il sangue e la speranza. Il giudice Oreste Ciampa, ex presidente di Ac, annuisce. È tra i prescelti per ricevere l’Eucarestia dalle mani del Papa assieme a un gruppo di anziani, ammalati, bambini, seminaristi, catechisti, studenti, suore, extracomunitari di vari continenti, poveri del Binario della Solidarietà, militanti ed esponenti dei movimenti eclesiali, variegati volti del popolo di Dio rappresentato anche, in piazza, da pazienti disabili, qualche detenuto da Poggioreale e Secondigliano e coppie di sposi di tutte le età scelte per portare i doni dell’Offertorio. Commenta Ciampa: «La venuta di Benedetto XVI è uno di quegli avvenimenti che scuotono sempre anche le persone più pigre, e conferma la felice scelta di inviarci il cardinale Sepe, vescovo che sta riorganizzando la speranza; l’auspicio è che una volta data la scossa alla città le energie continuino a defluire nelle azioni di tutti i giorni, di cui abbiamo un forte bisogno nella Chiesa e nella società». Gli fa eco, più tardi a Capodimonte nel Seminario Maggiore «Ascalesi», monsignor Filippo Strofaldi, vescovo di Ischia: «È il colpo d’ali per la nostra Chiesa madre, che con il cardinale Sepe sta dando molti segnali di speranza». La stessa speranza di riscatto di una città ferita, manifestata dalle due ali di folla che in via Duomo, cessata la pioggia al termine della visita del Papa, lo acclamano salutandolo mentre i bambini di Forcella inseguono di corsa la Papamobile che si allontana veloce, alle cinque, verso il Porto. I «piccoli» e «poveri di spirito» del popolo di Dio. Che - dice il Papa - non devono scoraggiarsi. Mai.

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IN QUESTURA

ELIO SCRIBANI

Occhi sulla città. Oggi che c’è il Papa, il controllo dell’ordine pubblico è un incastro di immagini riprese da quaranta telecamere e diffuse su quattro maxi-schermi al plasma. Due impianti mobili seguono l’evento a bordo di un furgone, spostandosi a seconda delle esigenze, mentre dall’alto vigila una telecamera montata su un elicottero della polizia. Alta tecnologia. È il cuore della sicurezza, centrale operativa della Questura, gli ordini di Maurizio Agricola, capo dell’Upg, e del suo vice, Massimo Castelli. Oggi, il giorno del Papa, non c’è solo polizia in sala operativa. A partire da venerdì, e fino a martedì sera, il team resterà integrato da un ufficiale dei carabinieri, uno della Guardia di Finanza e uno dei vigili urbani. Ciascuno coordina i propri agenti nell’ambito di un rigido coordinamento generale tra le forze dell’ordine. Uomini pronti a tutto. Cinque minuti dopo le 9 arriva l’elicottero che fa da apripista a quello del Papa. Ci siamo. Il velivolo si staglia sul primo schermo, mentre sul quarto compare la stazione marittima. Le 9.10. L’elicottero del santo padre appare sul primo schermo. Un brivido in sala operativa. La sagoma si staglia sul mare, gli altri monitor stringono sui dettagli. Le 9,14. L’elicottero si gira, plana, finalmente atterra. La voce chiarissima dell’operatore irrompe via radio: «Attenzione - dice - massima allerta per tutti». Silenzio assoluto. Zoom sul terzo monitor. Il Papa è sceso dall’elicottero, saluta le autorità, parla con Prodi. Le 9,20. Uomini ai loro posti e occhi puntati sullo schermo. Il Papa sale sull’auto. Ecco l’impatto con la città, un momento di verità e di tensione. Ora piazza Municipio. Ancora la radio, ancora l’allerta: «Per tutti, il corteo è in movimento». La camera mobile, intanto, scava dentro il corteo. Se serve, l’operatore proseguirà a piedi, uno zaino con l’attrezzatura montato sulle spalle. Immagini nitidissime, alta definizione, occhi puntati sullo schermo numero 2. Il corteo supera via Depretis. Eccolo all’altezza di via Medina. Va avanti veloce e gira verso via San Carlo. Il Papa è in piazza, finalmente. Piove a dirotto. L’auto imbocca lenta la corsia centrale, la percorre tra gli applausi e lo sventolio dei fazzoletti, svolta e torna indietro per avvicinarsi alla chiesa. L’immagine resta sul monitor numero due. Il Papa allarga le braccia e saluta la folla. La risposta è un boato. Ora, la messa.

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