22 ottobre 2007
Card. Sepe: il Papa ha parlato al cuore della nostra gente
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Ha parlato al cuore della nostra gente
Crescenzio Sepe
Una festa di popolo ha salutato il Successore di Pietro. Napoli, sempre bella anche sotto la pioggia, come ha detto il Papa, ancora una volta ha sorpreso chi distratto non riesce a conoscerla se non alla periferia della sua storia. Non ha sorpreso, invece, chi la vive dentro, chi la sente palpitare per la sua energia, per la forza delle sua fede, per la gioia che la gente schietta e generosa riesce a sprigionare, benché il dolore e le quotidiane difficoltà. Il Santo Padre Benedetto XVI, in un unico abbraccio, ha accolto il popolo presente a piazza del Plebiscito e quanti, soprattutto gli anziani, gli ammalati, i carcerati, hanno seguito per televisione la Santa Messa.
Ha abbracciato l’entusiasmo dei giovani che hanno fatto corona al suo passaggio, i giovani di Napoli che, in tanti, per tutta la notte lo hanno aspettato pregando, vegliando, cantando. Ha abbracciato i colori delle nazioni e dei popoli radunati a Napoli per il meeting internazionale di dialogo e preghiera per la pace contro la violenza. Soprattutto ha abbracciato questa terra e questa Chiesa che ha stretto al suo amore di padre per consegnarle una missione, la sua missione. La parola del Papa ha rotto il silenzio assordante delle parole senza significato e ha ridestato il desiderio di parlare un nuovo linguaggio. Ci ha dato il coraggio di usare un nuovo vocabolario per descrivere l’uomo, la storia, il mondo, per parlare di Napoli e illuminare la coscienza di questa nostra città. «La vera forza che nel silenzio cambia il mondo - ha detto il Santo Padre - è la fede, e l’espressione della fede è la preghiera. Quando la preghiera è sincera diventa un gemito dell’anima che arriva al cuore di Dio». Tuttavia, ha sottolineato il Papa, «Dio non può cambiare le cose senza la nostra conversione e la vera conversione è quella di chi invoca perdono e salvezza. È necessario coinvolgere tutti nella lotta contro il male partendo dalla formazione delle coscienze, bisogna lottare con l’arma dei piccoli che rispondono alla violenza testimoniando la non violenza». La parola del Papa ha dunque provocato ogni singolo uomo, il mondo e Napoli a scegliere la non violenza come forza di pace. E non violenza significa dialogo. È tempo quindi che la fede si manifesti innanzitutto nelle parole, nel loro essere strade da percorre per unire e non per dividere. Le parole, l’una accanto all’altra, sono tessere di un mosaico che costruiscono il capolavoro più alto dell’incontro tra diversi. Il Santo Padre ha quindi invitato noi pastori, con le parole di Paolo, a rimanere saldi nella fede, ad ammonire, a esortare, a perseverare nella preghiera, come Mosè sulla montagna con le braccia tese al cielo, affinché si possa vincere la buona battaglia. Ma ha anche parlato al cuore di ogni giusto che abita questa nostra terra ricordando che, nonostante le tante difficoltà dovute alla disoccupazione, alla criminalità organizzata e a una violenza che diviene mentalità diffusa, a Napoli ci sono tante sane energie, c’è la cultura, c’è il valore della famiglia, ci sono tanti giovani impegnati che hanno voglia di costruire, tutti insieme, una nuova città, una nuova comunità, una nuova storia condivisa per riconsegnarla al nostro futuro più bella e più luminosa. La sua preghiera in cattedrale sulla memoria dei nostri martiri, sulla storia dei testimoni che ci hanno preceduto e hanno combattuto per la dignità e la giustizia della nostra terra, è speranza, anzi certezza, che quanto è avvenuto ieri resterà per sempre nel cuore di ciascuno di noi: il Papa nel nostro, noi tutti nel suo. Al teatro San Carlo, mentre si apriva il meeting internazionale, ancora riecheggiava la sua parola: «Napoli certamente ha bisogno di interventi politici, ma innanzitutto ha bisogno di un rinnovamento spirituale per diffondere i valori del Vangelo». E credo che il primo segno di questo rinnovamento interiore si possa intravedere in questa comune volontà di pace. L’atmosfera, che descrive i grandi momenti della storia, ieri sembrava aleggiare nel teatro dove insieme i capi politici e religiosi del mondo hanno voluto dare inizio a questo incontro che offre alla pace la vita diversa di diversi uomini che desiderano costruirla, difenderla, annunciarla, testimoniarla al mondo dei loro simili e al ben più ampio universo delle differenze. Napoli ieri ha vissuto una pagina indimenticabile di storia. Napoli ieri era la storia. E siamo felici che la sua storia sia stata riconosciuta da tutti come storia da abitare. Ieri, finalmente, la nostra città è stata alla ribalta della cronaca per i suoi veri valori, per quella sua dignità che le deve essere riconosciuta: Napoli capitale della pace, crocevia di incontro di popoli, terra di sangue e di speranza. E la speranza non è illusione, la speranza cristiana che, come ci ha ricordato il Santo Padre, nasce dal sangue di Cristo e del nostro martire e Santo Patrono Gennaro è sempre sorgente di vita nuova.
© Copyright Il Mattino, 22 ottobre 2007
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