22 ottobre 2007
Screzi al tavolo del Papa fra musulmani ed ebrei: Benedetto fa da paciere
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Al pranzo con le confessioni religiose scoppia il dissidio su Israele e Iran
Lite musulmani-ebrei, il Papa mette pace
di LUIGI ACCATTOLI
NAPOLI — Ieri a Napoli il pranzo del Papa con i rappresentanti delle confessioni religiose. Scoppia un dissidio tra il rabbino capo d'Israele Yona Metzger e il musulmano Ezzeddin Ibrahim. Interviene subito il Papa per mettere pace.
IL CASO
Battibecco tra ebreo, musulmano e armeno Sfiorata la lite a tavola, il Papa mette pace
di LUIGI ACCATTOLI
DAL NOSTRO INVIATO
NAPOLI — Erano in nove a mangiare al tavolo del papa, dieci con lui. C'erano rappresentate le principali Chiese cristiane, gli ebrei e i musulmani. E c'è stato un momento delicato sciolto con prontezza dal papa prima che ne venisse un diverbio tra un rabbino, un cristiano armeno libanese e un musulmano. Ancora una volta il papa teologo si è rivelato non solo fisicamente agile, rapido nei movimenti e nei passaggi da un momento all'altro degli appuntamenti, ma anche prontissimo nei riflessi mentali.
Ecco dunque che vengono alle strette — tanto per dire — il rabbino capo d'Israele Yona Metzger, il musulmano Ezzeddin Ibrahim consigliere culturale del presidente degli Emirati Arabi Uniti e il libanese Aram I catholicos di Cilicia degli Armeni. Insomma i tre monoteismi alle prese con la terra, la guerra e la pace nell'area infuocata del Medio Oriente.
Diceva Ezzeddin — una specie di sufi, vecchio frequentatore dei meeting di Sant'Egidio — che quello era «il tavolo del sorriso», dove le varie fedi gareggiavano nel cavare dal proprio patrimonio «parole di pace». E che la coesistenza sul pianeta — seguendo il genio anticipatore di papa Wojtyla — stava divenendo di giorno in giorno un sogno più concreto e quasi realizzato.
Consentiva Aram I, il cristiano armeno e libanese anche lui animato da ottimi propositi di pace, ma che non poteva non ricordare il «grave pericolo» quotidiano e strategico in cui si trovavano a vivere i suoi «fratelli di fede» in terra libanese, specie a motivo delle invasioni di campo da parte di Israele.
Ed ecco saltare su — si fa per dire: tutti restavano compostissimi a mensa, scambiando garbate opinioni in inglese — il rabbino Yona Metzger a fare osservare al «fratello» cristiano libanese che neanche lui «poteva tacere» il pericolo in cui giorno dopo giorno versava il suo Paese a motivo del bellicoso Iran, che attraverso il suo aggressivo presidente continuamente riaffermava il minaccioso impegno per «cancellare» Israele dalla faccia della terra.
Non solo: il rabbino raddoppiava la sua garbata protesta osservando che «sì, senz'altro e fortunatamente » quello era il «tavolo del sorriso» — come aveva detto il fratello musulmano — ma al di là di quel tavolo, nel vasto mondo c'era ben poco da ridere e ci si imbatteva in «problemi su problemi» e tra questi «la violenza di tanti musulmani». E già che c'era osservava che anche in Libano vi erano «combattenti musulmani disposti a tutto», compresi gli attentati suicidi, pur di attaccare Israele. Il musulmano degli Emirati e il libanese erano prontissimi alla replica, ma il papa è stato più veloce di ambedue: «Questo è tutto lavoro per Sant'Egidio» ha detto con prontezza ed è stato facile a quel punto agli altri commensali sfebbrare la conversazione facendo grandi lodi della benemerita Comunità trasteverina, «vero angelo della pace» come si è espresso Ezzedim con la provvidenziale approvazione del rabbino.
Assieme al papa, al rabbino, al libanese e al musulmano sedevano a quel tavolo il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli (mai prima di ieri era stato a uno dei ventennali meeting di Sant'Egidio), il segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese di Ginevra Samuel Kobia, l'arcivescovo ortodosso di Cipro Chrysostomos II, il cardinale di Napoli Crescenzio Sepe, Andrea Riccardi presidente della Comunità di Sant'Egidio, l'arcivescovo di Canterbury Rowan Williams.
© Copyright Corriere della sera, 22 ottobre 2007
Nervosismo alla mensa di Benedetto XVI fra rappresentanti delle religioni
E il rabbino richiama il patriarca "Troppo silenzio su chi odia Israele"
Il convegno di sant´Egidio. La Comunità: niente screzi, solo il confronto
MARCO POLITI
NAPOLI - Pranzo vivace alla mensa di Benedetto XVI nel seminario arcivescovile di Capodimonte. Il rabbino capo d´Israele Yona Metzger gioca di fioretto con i suoi vicini di tavolo: un patriarca libanese e un professore musulmano. «Sono preoccupato per la sorte dei cristiani nel Libano», afferma il libanese Aram I che ha il titolo di Katholikos degli Armeni di Cilicia. «Sono preoccupato anche io - ribatte il rabbino capo ashkenazita d´Israele - ma non possiamo stare zitti per paura quando c´è uno stato come l´Iran che vuole la distruzione di Isreale».
Un vivace scambio di idee che riflette il clima di tensione e di nervosimo che regna in Medio Oriente, lontano dal clima sereno del convegno di Napoli. I responsabili di Sant´Egidio negano che vi sia stato un «battibecco», ma proprio la lunga opera di tessitura di rapporti che la comunità sta conducendo da vent´anni rende possibile che persone di fedi diverse, con posizioni diverse, possano discutere apertamente come colleghi di questioni sulle quali magari non sono d´accordo.
Le voci filtrate dal seminario arcivescovile parlano d´altronde di un diplomatico e bonario intervento di salvataggio ad opera dello stesso papa Ratzinger. Protagonisti ancora il rabbino capo Yona Metzger e l´intellettuale Ezzedin Ibrahim, fondatore dell´università negli Emirati Arabi. Mentre Ibrahim, passando dal fagottino di melanzane al medaglione di vitello con patate gratinate, sta elogiando il clima di pace che regna nel convegno, Metzger lancia attraverso il tavolo l´osservazione che «vi sono anche musulmani che compiono azioni violente nel mondo».
Papa Ratzinger, costantemente attento alla conversazione sempre più sciolta che si svolge alla sua mensa, interviene allora sorridendo: «Questo è tutto lavoro per la Comunità di Sant´Egidio».
Dietro questo nervosismo c´è la grande incognita che aleggia su tutti i protagonisti che vivono in Medio Oriente. Molto più che in Europa i leader religiosi e politici dei paesi mediorientali si stanno interrogando su se e sul quando scoppierà una nuova, devastante guerra lanciata dagli Stati Uniti (e forse con la cooperazione di Israele) contro l´Iran per fermare in anticipo la possibilità che Teheran sviluppi il suo programma nucleare, andando al di là delle utilizzazioni pacifiche e dotandosi di armi atomiche. I programmi ventilati già mesi fa negli Stati Uniti e in ambienti isrealiani ed il recente veto di Putin ad azioni militari hanno fatto salire di molto la tensione, in termini che in Occidente non riusciamo nemmeno ad immaginare.
Non è un caso che il premier Prodi abbia sottolineato ieri che «bisogna favorire la riconciliazione tra i popoli del Medio Oriente» e che le religioni hanno una grande «responsabilità» e comunque «non devono dare direttamente o indirettamente legittimazione ad azioni di morte».
Andrea Riccardi, leader di Sant´Egidio, nella relazione iniziale ha esortato ad un salto culturale: il ripudio della cultura del disprezzo. Il virus del disprezzo contro gli ebrei, ha affermato, ha prodotto la Shoah, il disprezzo ha rovinato i rapporti tra musulmani e cristiani. Il disprezzo alimenta il terrorismo.
© Copyright Repubblica, 22 ottobre 2007
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