22 ottobre 2007

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Il Papa: «Scuola e lavoro per battere la camorra»

Benedetto XVI a Napoli: «Violenza, mentalità diffusa»

FRANCA GIANSOLDATI dal nostro inviato

NAPOLI - In una giornata gelida, battuta dalla pioggia e dalle raffiche di vento, Papa Ratzinger riscalda il cuore dei napoletani incoraggiandoli a sperare. Li esorta a guardare avanti, a non lasciarsi sopraffare dalle difficoltà, dato che «non mancano affatto energie sane, gente buona, culturalmente preparata e con un vivo senso della famiglia». La criminalità organizzata che semina il terrore in tanti quartieri non è affatto invincibile, anzi, assicura, si può battere con una «seria strategia di prevenzione» capace di far leva sulla scuola, sul lavoro, sulle forze migliori della città. «Napoli ha certo bisogno di adeguati interventi politici, ma prima ancora di un profondo rinnovamento spirituale». Serve, dunque, afferma, un’azione di «conversione» capace di ribaltare la mentalità dell’illegalità. Durante l’omelia, in piazza del Plebiscito, risuona tetra anche la parola «camorra». La scia di sangue in dieci anni si è fatta lunga coi suoi 286 morti. Papa Ratzinger lo sa bene quando condanna il «deprecabile numero di delitti». Un anatema che per certi versi fa venire in mente quello di Giovanni Paolo II quando, dalla Valle dei Templi ad Agrigento, chiese ai mafiosi di convertirsi. Il discorso di Benedetto XVI fa leva sulla deriva etica e spirituale di Napoli. Si assiste, è la sua denuncia, ad una «violenza che tende a farsi mentalità diffusa insinuandosi nelle pieghe del vivere sociale, nei quartieri storici del centro e nelle periferie nuove e anonime, col rishcio di attrarre soprattutto la gioventù». Segue poi un forte richiamo ad una mobilitazione generale capace di coinvolgere «tutti» nella «lotta contro ogni forma di violenza, partendo dalla formazione delle coscienze e trasformando la mentalità, gli atteggiamenti, i comportantenti di tutti i giorni». Spetta ai cattolici, soprattutto ai politici, a stare in prima linea, a farsi «seme di speranza», ma anche a sfuggire ad ogni forma di «fatalismo». «Dio non può cambiare le cose senza la nostra conversione e la nostra vera conversione inizia col grido dell’anima che implora perdono e salvezza». Seduto sul palco papale c’era il suo ospite, il cardinale Crescenzio Sepe, che ascoltava assorto. E’ lui ad avere descritto nel dettaglio al pontefice una situazione a dir poco allarmante, preparandolo ad affrontare la difficile visita pastorale. I mali endemici di Napoli elencati nell’omelia - la povertà, la carenza di alloggio, la camorra, la disoccupazione, la sotto-occupazione - rosicchiano giorno dopo giorno la capacità della gente a nutrire fiducia nel futuro. Non a caso per ben otto volte il Papa ha inserito nel suo discorso la parola «speranza». Alla messa in piazza del Plebiscito ha fatto seguito un pranzo coi diversi leader religiosi che in questi giorni sono Napoli per il summit di Sant’Egidio. Nel seminario di Capodimonte il tema della pace ha tenuto banco benchè non sia mancato un momento di grande imbarazzo per un battibecco scoppiato tra il rabbino israeliano e il patriarca armeno, il quale ha criticato «l’aggressività israeliana» durante la recente guerra in Libano. Pronta la replica di Yona Metzger: «Anche nella mia terra c'é un rischio per la gente. Ma se la paura ci fa restare zitti davanti a stati come l'Iran che vogliono distruggere gli altri, non è un bene. Dobbiamo avere il coraggio di opporci». Schermaglia subito tacitata e il pranzo è ripreso sereno.
Ad accogliere il Papa a Napoli è stato Prodi che però, vista l’alta concentrazione a Napoli di leader religiosi di primissimo piano, non ha potuto pranzare allo stesso tavolo di Benedetto XVI. In un altro tavolo si è intrattenuto a lungo col cardinale Bertone, il presidente Scalfaro, il vescovo Paglia ed i presidenti di Equador e Tanzania. Tra una portata e l’altra, dietro le quinte, non sono mancate azioni diplomatiche. Il patriarca Bartolomeo I e quello di Cipro, Chrysostomos II hanno colto l’occasione per esporre al Professore alcuni timori circa l’ingresso della Turchia in Europa. Napoli, alla fine della giornata, ha salutato il Papa mentre prendeva l’elicottero per Roma con una preghiera affettuosa di Costantinopoli: «A Maronna t'accumpagni!».

© Copyright Il Messaggero, 22 ottobre 2007


Don Merola: «Tenere i giovani in aula anche il pomeriggio»

Parla il prete anti-camorra: sono andato via da Napoli, troppe minacce. Ma contro la criminalità possiamo farcela

NAPOLI – Papa Ratzinger ha detto che contro la camorra servono posti di lavoro ed una strategia di prevenzione che punti sulla scuola. Don Luigi Merola lei che è stato costretto ad allontanarsi da Forcella per le troppe minacce, pensa che sia la ricetta giusta?

«Si. Non è solo la camorra che uccide ma al territorio nuoce anche la scarsa opera di prevenzione. Il Papa quando afferma che c'è bisogno di adeguati interventi politici ma prima ancora di un profondo rinnovamento spirituale, si riferisce proprio a questo: non vuole solo bacchettare gli amministratori pubblici».

Sì ma concretamente cosa vuol dire azione preventiva contro la camorra...

«La scuola è fondamentale. Tanto per cominciare ci vorrebbero scuole aperte di pomeriggio in certi quartieri, dato che è l'unico strumento per togliere i ragazzi all'influenza della criminalità. Il tempo libero dei giovani, se gestito dalla scuola e non dalla strada, può tanti preziosi frutti. E poi servono più posti di lavoro».

Perchè lei ha lasciato la sua parrocchia, a Forcella?

«Sono stato parroco per 7 anni, fino al 24 giugno scorso. Poi d'accordo col cardinale Sepe mi sono allontanato. Ora mi trovo a Roma e lavoro come responsabile del progetto legalità nelle scuole al Ministero della Pubblica Istruzione, un progetto voluto dal ministro Fioroni. In pratica cerchiamo di far fare percorsi non curriculari in particolari regioni disagiate come Calabria, Campania, Sicilia. Proponiamo scuole aperte e sicure per dare la possibilità ai ragazzi di fare teatro, informatica, inglese. Sottraendoli alla camorra, alla 'ndrangheta, alla mafia. E' un percorso di legalità».

Anche lei va nelle scuole a parlare?

«Certo, intervengo negli istituti dove ci sono azioni violente, dove c'è il bullismo. Cerchiamo assieme ai professori di fare innamorare i giovani alle regole».

Le è dispiaciuto lasciare Forcella?

«Tanto. Ma le minacce erano reiterate e aumentavano. Il cardinale mi ha detto che era meglio un prete vivo piuttosto che un prete morto. Ho sofferto nell'andare via, lasciare il lavoro che avevo compiuto. Di più non potevo fare. Oggi a Forcella ci sono attività pomeridiane per i giovani e finalmente è stata aperta persino una scuola, prima non esisteva».
F.GIA.

© Copyright Il Messaggero, 22 ottobre 2007

5 commenti:

francesco ha detto...

sulla questione della poca gente alla Messa vi riporto questa testimonianza
presa da cattoliciromani:
Sfidando pioggia freddo e vento,ho seguito tutte le tappe della visita del
Santo Padre a Napoli.Purtroppo non ho potuto seguire la celebrazione in Piazza
del Plebiscito, poichè la piazza era riservata a pochi "eletti"
(in tv, la piazza appariva quasi vuota,mentre a migliaia di fedeli ,assiepati
nelle strade vicine,veniva impedito l'accesso. Cio' ha creato non poche
tensioni). Durante il corteo papale, moltissimi napoletani hanno potuto
salutare e ringraziare il Pontefice per le sue accorate parole e per la sua
visita.

Anonimo ha detto...

Grazie Francesco :-)

mariateresa ha detto...

grazie Francesco. Ma più vedo gli articoli che propone Raffaella più mi rendo conto che l'inviato di Repubblica, quello con la barba, ha visto tragico perchè voleva vederlo.Perchè non vede l'ora di vederlo e perchè non sarebbe contento neanche se il santo Padre camminasse sulle acque. Credo che anche noi dobbiamo dare per assodato questo fatto (perchè è un fatto, non un'opinione) senza meravigliarci e arrabbiarci troppo.

Luisa ha detto...

Posso immaginare la contrarietà di quei napoletani che avrebbero voluto essere con il Papa sulla Piazza vedendo quelle sedie vuote!
Trovo inqualificabile il comportamento di chi aveva il biglietto e se ne è stato a casa privando altri della gioia di seguire la Messa con Papa Benedetto.
E l`organizzazione non ha potuto o saputo adattarsi....ragioni di sicurezza senza dubbio!

Anonimo ha detto...

Purtroppo e' cosi',per esperienza personale ho constatato che tanta gente prende il biglietto in fretta e poi una volta scoperto che deve alzarsi magari alle 6 o aspettare 2 ore prima della Messa perche' dopo una certa ora non fanno entrare piu' nessuno, o per avverse condizioni metereologiche lasciano perdere e scendono in piazza con comodo a vedere la Messa sui maxischermi, sorattutto persone anziane. Sinceramente non mi piacciono molto queste celebrazioni all'aperto, adesso con i maxischermo e la tv, si potrebbe anche cambiare musica, che si ritorni a celebrare nelle chiese, con un sacco di problemi e spese in meno, ma molto meno!! Speriamo nel Marini bis?