22 ottobre 2007

Non c'e' paragone: Andrea Tornielli ha una marcia in più!


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Nella città di «’O sole mio» Benedetto XVI viene accolto da una pioggia gelida, un vento sferzante e il Vesuvio coperto di neve. I fedeli napoletani lo acclamano e gli restituiscono quel calore che le condizioni atmosferiche gli hanno negato. La visita lampo di Papa Ratzinger è un tuffo nella Napoli della storia, della cultura, dei grandi santi del Sud Italia. Ma è anche un viaggio a Gomorra, nel degrado, nella terra della camorra, dove la violenza «tende a farsi mentalità». Molti si aspettavano un pellegrinaggio esclusivamente religioso, un’omelia alta di commento alle Scritture, qualche accenno appena sfumato alle piaghe di questa terra martoriata.
Invece Benedetto XVI ha sorpreso e spiazzato. È partito sì dalle letture del giorno, ma ha alzato la voce richiamando tutti a combattere, a non arrendersi, a partire dalla preghiera cristiana che «non è espressione di fatalismo e di inerzia» ma ha il carattere «della lotta». Ha sostenuto l’impegno del cardinale Crescenzio Sepe, da lui pubblicamente elogiato per la capacità di affrontare i problemi. Un riconoscimento importante per questo gigante vestito di rosso, che lo ha salutato con un «A Maronna t’accumpagni», sempre bene accolto nei quartieri come Scampia, dove la Chiesa è l’unico baluardo per i più deboli, e dove invece rischiano a metterci piede le autorità politiche.

In meno di otto ore passate in città, trascorse celebrando la messa in piazza Plebiscito, incontrando i leader delle religioni del convegno di sant’Egidio, venerando le ossa di San Gennaro e l’ampolla con il suo sangue rappreso, Ratzinger non è venuto in contatto con le realtà più degradate di Napoli. Nelle vie che ha percorso, in papamobile, avvolto nel soprabito bianco e un po’ infreddolito, non ha visto i cassonetti straripanti di immondizia, opportunamente svuotati lungo quel tragitto. Ha visto e incontrato la Napoli buona, la Napoli sana, pulita, quella della stragrande maggioranza delle persone che qui vivono, o sopravvivono, con dignità. Senza truffare, senza rubare, senza commettere violenze. Nel seminario di Capodimonte ha potuto toccare le buffe statuine da presepe che gli artigiani di San Gregorio Armeno gli hanno dedicato, e che lo raffigurano accanto al cardinale e ai leader delle religioni mondiali. Ma la sua non è stata una «gita» stile pizza e mandolino nella città dove per la sua visita si sono giocati al lotto i numeri 15-32-72, né un pio pellegrinaggio al di fuori della realtà.

Gli occhi sorridenti e curiosi dell’anziano Pontefice tedesco hanno infatti saputo guardare oltre quelle folle, oltre i cori da stadio dei ragazzi, oltre quei muri, oltre le transenne dei percorsi obbligati e gli stucchi dorati delle chiese barocche. E oltre i cordoni delle forze dell’ordine, che temevano per la sua sicurezza. Ha denunciato per nome il cancro che affligge la città. «Per molti – ha detto durante l’omelia, con Romano Prodi e Clemente Mastella seduti in prima fila e protetti da grandi ombrelli con i colori della bandiera della pace – vivere non è semplice: sono tante le situazioni di povertà, di carenza di alloggio, di disoccupazione o sottoccupazione, di mancanza di prospettive future. C’è poi il triste fenomeno della violenza. Non si tratta solo – ha continuato – del deprecabile numero dei delitti della camorra, ma anche del fatto che la violenza tende purtroppo a farsi mentalità diffusa, insinuandosi nelle pieghe del vivere sociale, nei quartieri storici del centro e nelle periferie nuove e anonime, col rischio di attrarre specialmente la gioventù, che cresce in ambienti nei quali prospera l’illegalità, il sommerso e la cultura dell’arrangiarsi». È importante, ha aggiunto, una prevenzione «che punti sulla scuola, sul lavoro e sull’aiutare i giovani a gestire il tempo libero». E bisogna coinvolgere tutti «nella lotta contro ogni forma di violenza, partendo dalla formazione delle coscienze e trasformando le mentalità, gli atteggiamenti, i comportamenti di tutti i giorni».

Finito il baciamano di ministri, politici e autorità, quando l’elicottero papale riparte da una Napoli così squassata dal vento da sembrare Trieste, resta quel grido, l’invito a una preghiera che è «l’arma dei piccoli e dei poveri di spirito» e ha il carattere «della lotta» per combattere l’ingiustizia. Quella che regna nei quartieri che il Papa non ha potuto visitare, ma che ha mostrato di conoscere bene.

© Copyright Il Giornale, 22 ottobre 2007


L’appello del Papa ai cattolici: «Impegnatevi nella politica»

di Redazione

«Mai le religioni possono diventare veicoli di odio». Papa Ratzinger incontra i leader delle religioni mondiali radunati per 21° meeting interreligioso della Comunità di Sant’Egidio, che si è aperto nel pomeriggio, dopo la sua partenza, e ribadisce quale sia «l’autentico spirito di Assisi», talvolta confuso con il sincretismo o con l’idea di un dialogo annacquato che ignora le differenze.

«Siamo chiamati a lavorare per la pace e per promuovere la riconciliazione tra i popoli. È questo – spiega il Papa davanti a patriarchi e metropoliti ortodossi, vescovi anglicani, pastori protestanti, rabbini, imam, mufti e monaci buddhisti – l’autentico spirito di Assisi, che si oppone ad ogni forma di violenza e all’abuso della religione quale pretesto per la violenza». Di fronte a un mondo lacerato da conflitti, dove talora si giustifica la violenza in nome di Dio, è importante ribadire che mai le religioni possono diventare veicoli di odio». Al contrario, le religioni «possono e devono offrire preziose risorse per costruire un’umanità pacifica, perché parlano di pace al cuore dell’uomo».
Un’ora prima, da piazza del Plebiscito, ricordando la 45ª Settimana Sociale dei cattolici italiani, che si è svolta a Pistoia e Pisa, Benedetto XVI aveva ripetuto l’invito ai cattolici all’impegno politico: «Si richiede un forte impegno di tutti, specialmente dei fedeli laici operanti nel campo sociale e politico, per assicurare ad ogni persona, le condizioni indispensabili per sviluppare i propri talenti e maturare generose scelte di vita al servizio dei propri familiari e dell’intera comunità».

© Copyright Il Giornale, 22 ottobre 2007

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