30 novembre 2007

La «Spe salvi» si propone di ridare un senso all'umanità disorientata (Eco di Bergamo)


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Oggi l'enciclica di Ratzinger sulla speranza

La «Spe salvi» si propone di ridare un senso all'umanità disorientata

Pier Giuseppe Accornero

Tutti aspettavano il documento sui temi sociali, che era data per imminente. Invece Benedetto XVI questa mattina firma e promulga la seconda enciclica dal titolo «Spe salvi. Salvi grazie alla speranza», una riflessione sulla speranza e presentata in Sala stampa vaticana da due anziani cardinali: l'85enne Georges Marie Martin Cottier, domenicano svizzero e pro-teologo emerito della Casa pontificia, e l'84enne Albert Vanhoye, gesuita belga, biblista di fama mondiale e docente emerito di esegesi del Nuovo Testamento al Pontificio Istituto Biblico.
La scelta di un teologo e di un biblista indica che i fondamenti sono la teologia e la Scrittura.
Tutta la vita sacerdotale, episcopale e papale di Joseph Ratzinger si basa sull'amore, sullo studio e sulla predicazione di questi due fondamentali pilastri della vita cristiana ai quali dedica due iniziative: l'«Anno Paolino» che si svolgerà dal 28 giugno 2008 al 29 giugno 2009, e il XII Sinodo dei vescovi su «La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa» in programma dal 5 al 26 ottobre 2008.
Dopo la «Deus caritas est. Dio è amore», datata 25 dicembre 2005 e pubblicata il 25 gennaio 2006, il Papa teologo si occupa della speranza, con un cammino a ritroso sulle tre virtù teologali: non fede, speranza, carità ma carità, speranza, fede. È quasi certo che il ciclo si chiuderà con un'enciclica sulla fede. Giovanni Paolo II, su 14 encicliche, ne dedicò tre alla Santissima Trinità. «Redemptor hominis» il 4 marzo 1979, «Spalancate le porte a Cristo»; «Dives in misericordia», 30 novembre 1980, su «Dio Padre ricco di misericordia e bontà»; «Dominum et vivificantem», 18 maggio 1986, sullo «Spirito Santo che è Signore e dà la vita».
L'annuncio è venuto non dal Papa ma il 22 novembre dal cardinale Tarcisio Bertone che ha assunto un ruolo molto più determinante dei predecessori. Il Segretario di Stato ne ha parlato al Congresso mondiale degli organismi cattolici che operano per la giustizia e la pace nel 40º dell'importantissima enciclica «Populorum progressio» (26 marzo 1967) di Polo VI: «Il progresso dei popoli poveri è il nuovo nome della pace». È probabile che l'enciclica «sociale» di Ratzinger esca nel marzo 2008 a conclusione del 40º del documento di Montini.
La data scelta è la festa dell'apostolo Sant'Andrea, fratello di Pietro e patrono della Chiesa ortodossa di Costantinopoli, dove è in visita una delegazione guidata dal cardinale Walter Kasper, presidente del Consiglio per l'unità dei cristiani: dei rapporti con gli ortodossi si occupò il «pre-Concistoro» del 23 novembre. La data è un omaggio ai «fratelli» ortodossi: l'ecumenismo è una speranza del pontificato.
La riflessione filosofica, biblica e teologica sulla speranza, scritta quest'estate a Lorenzago di Cadore, parte dalla lettera ai Romani 8,24. San Paolo, riferendosi alla gloria futura, scrive: «Perché è vero che siamo salvati, ma soltanto nella speranza. E se quel che si spera si vede, non c'è più speranza, dal momento che nessuno spera in ciò che già vede». Confutando la tesi del filosofo nichilista tedesco Friedrich Nietzsche, che definì la speranza una «virtù dei deboli», tratta della speranza cristiana in riferimento alla filosofia e alle sfide poste dai non credenti e come antidoto contro il vuoto prodotto dal tramonto delle ideologie, per ridare un senso all'umanità disorientata.
Nella predicazione di Ratzinger la speranza ha un ruolo incisivo. In un discorso del 1984 a Monaco di Baviera, dove fu arcivescovo nel 1977-1981, spiegò che «l'uomo senza la verità non può sopravvivere e la verità è la sicura speranza del Cristianesimo, la gigantesca provocazione che Dio lancia a ognuno di noi».
Alla speranza dedicò un intervento nel Sinodo del 2001: «Un mondo senza Dio è un mondo senza speranza e una cultura senza Dio porta nel suo nucleo la disperazione e diventa inevitabilmente cultura di morte».
Il «Catechismo della Chiesa» (1992) – scritto sotto la sua responsabilità di prefetto della Dottrina della fede – dice: «Attraverso la speranza poniamo la nostra fede nelle promesse di Dio, appoggiandoci non alla nostra forza, ma all'aiuto della Grazia e dello Spirito Santo».
Da Papa rivolge un discorso sulla speranza ai vescovi messicani: «Dinanzi a un panorama mutevole e complesso come quello attuale la virtù della speranza è sottoposta a dura prova nella comunità dei credenti. Proprio per questa ragione noi dobbiamo essere apostoli pieni di speranza e credere in modo gioioso alle promesse di Dio. Da un punto di vista pastorale la speranza significa ricordare ai cristiani che Dio non abbandona mai la sua gente ed è vivo e attivo nel mondo. Nelle società contemporanee, che mostrano segni evidenti di secolarismo, non dobbiamo smettere di sperare e non dobbiamo perdere entusiasmo nei progetti pastorali, poiché l'attesa fiduciosa di Dio è la virtù che consente ai cristiani di non lasciarsi travolgere dal pessimismo, dal nichilismo e dai fallimenti umani».
All'Angelus del 18 novembre dice: «Grazie alla speranza il cristiano non teme per l'avvenire e davanti ai drammi umani del mondo occorre rafforzare la speranza che si fonda sulla fede». Ai cardinali nel Concistoro raccomanda: «Siate apostoli di Dio che è amore e testimoni della speranza evangelica: questo attende da voi il popolo cristiano».

© Copyright L'Eco di Bergamo, 30 novembre 2007

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