25 novembre 2007

Concistoro del 24 novembre: lo speciale di "Avvenire"


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QUELLE VITE, TRIONFO DI UNA LOGICA CAPOVOLTA

MARINA CORRADI

L’immensità della Basilica splende come nelle più solenni occasioni. Il rosso del­la porpora dei cardinali e il vio­la delle vesti dei vescovi sotto l’oro degli affreschi è un quadro superbo, davanti all’altare cen­trale. In alto, sopra le teste, la vertigine della verticale della Cupola. Magnifico come una riunione di principi il Conci­storo in San Pietro. E davvero 23 nuovi principi nella Chiesa ha nominato il Papa. Ma nell’inve­stitura solenne, nella maestà della Basilica, è risuonato un passo del Vangelo di Marco. 'Quando sarai un re glorioso, facci stare accanto a te, seduti u­no alla tua destra e uno alla tua sinistra', dissero Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, a Cri­sto. E si sentirono rispondere: se uno tra voi vuole essere gran­de, si faccia servo di tutti - la scandalosa gloria dei cristiani.
Il Papa stesso torna su quelle parole, come meditate e volute nel giorno dell’investitura dei nuovi cardinali: nel giorno in cui San Pietro poteva quasi sembrare una reggia, uno sfar­zoso centro di potere, nel sen­so in cui lo intendono gli uomi­ni.
Benedetto XVI insiste su quello scambio lungo una pol­verosa strada della Palestina, duemila anni fa, ci indugia co­me fosse cosa d’oggi, come fos­se stato appena ieri. La pretesa di quei due che volevano assi­curarsi un 'posto' di prestigio, e tanto erano presi dai loro so­gni di gloria, che non avevano nemmeno capito quale destino Cristo stava andando a abbrac­ciare, fra le mura di Gerusa­lemme. Tanto avvinti nelle loro fantasie, che non lo avevano nemmeno ascoltato.
Uomini, i figli di Zebedeo, e uo­mini anche gli altri dieci, 'vir­tuosamente indignati', ha det­to il Papa con una sfumatura di sorriso, delle pretese dei due compagni. Giacomo, Giovanni e gli altri, e anche Pietro, natu­ralmente inclinati a amare il po­tere e la gloria, a farne il loro dio - quello vero. Uomini cui quel singolare maestro spiegò, sen­za smettere di camminare, la sua rivoluzione, e come i cano­ni del merito, e dell’onore, do­vessero capovolgersi, per chi voleva seguirlo. (E chissà che sbigottito silenzio, fra i dodici, quella sera, in cammino).
Duemila anni dopo, il succes­sore di Pietro ricorda, nel con­sesso dei suoi principi, la via maestra. La logica cristiana, co­sì radicalmente opposta al mondo. Ben conoscendo gli uo­mini, quelli di oggi come i loro padri lontani. Come quei dodi­ci un giorno così simili a noi, ambiziosi e vanesi. Di cui Cristo non si sorprende né si scanda­lizza. Mostra con la sua stessa vita, e morte, un’altra strada. Gli apostoli, infantilmente intenti fino a poco prima a discutere su chi fosse, fra loro, il più grande, semplicemente lo seguono. Co­sì, non da uomini più virtuosi degli altri, nasce la Chiesa.
E ancora, passati tanti secoli che la nostra memoria vacilla nell’immaginare quei giorni, sul luogo della sepoltura di Pietro c’è una chiesa, e sulla verticale di quella sepoltura un altare. Il Papa pone sul capo di ventitrè dei suoi la porpora, segno scar­latto di una dedizione promes­sa 'usque ad effusionem san­guinis'. Quelli inchinano le te­ste grigie nel riceverla. Vengo­no dall’Italia e dall’America, dalla Polonia e dall’Iraq. Torne­ranno nelle loro città lontane con quelle insegne da principi: ma in una logica capovolta, as­surda per gli uomini, soprattut­to per quelli che più amano il potere. Come eco e segno di u­na radicale contraddizione.'Su­per hanc petram aedificabo Ec­clesiam meam', sta scritto nel­l’anello della cupola michelan­giolesca, su in alto, proprio so­pra l’altare centrale. Duemila anni dopo la pietra è lì. La Chie­sa continua. Con le stesse pa­role rivolte a quei dodici in cam­mino per Gerusalemme, in un mattino dell’anno 2007 il Papa ha mandato 23 dei suoi nel mondo - a servire.

© Copyright Avvenire, 25 novembre 2007


INSIEME A PIETRO

Il giorno del Concistoro Creati ventitré cardinali

DA ROMA SALVATORE MAZZA

Cerimonia «emozionante». Occasione «provvidenziale». Emozionante per il suo esprimere l’unità dei cardinali at­torno al successore di Pietro, e provvidenzia­le perché, questa «unità cattolica», la testimo­nia Urbi et Orbi, alla città di Roma e a tutto il mondo.
È stata la solenne cornice della basilica di San Pietro, ieri mattina, a ospitare la cerimonia con la quale Benedetto XVI ha creato 23 nuovi car­dinali, ai quali ha ricordato che «non la ricer­ca del potere e del successo, ma l’umile dono di sé per il bene della Chiesa deve caratteriz­zare ogni nostro gesto ed ogni nostra parola», perché «la vera grandezza cristiana, infatti, non consiste nel dominare, ma nel servire».
La cerimonia, che già venerdì s’era deciso di tenere all’interno della Basilica, anziché in piazza, per la minaccia di pioggia incomben­te su Roma, è stata segnata dal forte richiamo alla «solidarietà della Chiesa in­tera e verso i cristiani dell’amata terra dell’Iraq», accompagnato dall’invito «a invocare da Dio mi­sericordioso, per tutti i popoli coinvolti, l’avvento dell’auspica­ta riconciliazione e della pace».
Intenzioni sottolineate con forza anche dal neocardinale Leonar­do Sandri, che al Papa, a nome di tutti i nuovi porporati, ha rivolto un indirizzo d’omaggio nel qua­le l’accento principale è stato po­sto sulla fedeltà al Successore di Pietro «sia quando si fa servitore della verità e proclama il prima­to di Dio, come quando guida la Chiesa nel rinnovamento che scaturisce dalla fedeltà alla tradi­zione; sia quando invoca la pace, indicando la grande forza della preghiera e del dialogo, come quando promuove l’unità dei cri­stiani e il rispetto di tutte le reli­gioni e le culture nella reciproca esclusione di ogni genere di vio­lenza ».
Benedetto XVI – che nel suo di­scorso ha ricordato anche mon­signor Ignacy Jez, scomparso il giorno prima dell’annuncio del­la sua nomina a cardinale – ha parlato in una Basilica gremita di persone, cromaticamente segna­ta a sinistra dal rosso dei porpo­rati e, a destra, dal viola dei ve­scovi, mentre altre migliaia di fe­deli, all’esterno, seguivano la ce­rimonia dai maxischermi posi­zionati sulla piazza. Tra continui applausi, i nuovi cardinali sono andati a inginocchiarsi uno alla volta davanti al Papa, ricevendo dalle sua mani la berretta rossa e il possesso di una chiesa romana, sfilando se­condo l’ordine con cui erano stati annuncia­ti, a cominciare da Sandri. Il Pontefice li ha ab­bracciati tutti: ma particolarmente prolunga­to, e commosso, è stato l’abbraccio riservato al patriarca di Babilonia dei Caldei Emmanuel III Delly, con l’applauso, dentro e fuori la ba­silica, che si faceva scrosciante.
Al termine, a sorpresa, Benedetto XVI s’è af­facciato sul sagrato per salutare i fedeli rima­sti fuori: «Cari fratelli e sorelle! Benvenuti qui! Grazie per la vostra presenza, per la vostra par­tecipazione a questo importante evento del­la Chiesa cattolica, la creazione di nuovi car­dinali, che riflettono l’universalità della Chie­sa, la sua cattolicità. La Chiesa parla in tutte le lingue, abbraccia tutti i popoli, tutte le cultu­re e preghiamo che il Signore benedica questi nuovi cardinali. A voi tutti auguro una buona domenica, buon ritorno! Grazie per la vostra presenza!».

© Copyright Avvenire, 25 novembre 2007


Il Palazzo apostolico si apre alle «visite di cortesia» Migliaia di fedeli per l’abbraccio ai neo porporati

DA ROMA MIMMO MUOLO

Monta come una inarrestabi­le marea la folla dei fedeli che da piazza San Pietro, su per la Scala Regia, dilaga nel Palazzo Apostolico fino a riempire le bellis­sime sale di solito riservate e silen­ziose. Ma oggi è un giorno speciale, giorno di festa e di famiglia. E come sempre avviene in questi casi il Por­tone di Bronzo, «la porta della casa del Papa» (la definizione è dello stes­so Benedetto XVI), resta per tutto il pomeriggio completamente spalan­cato e accoglie familiari, amici, co­noscenti, anche semplici pellegrini, che si stringono intorno ai nuovi car­dinali per far loro gli auguri.
È l’antica consuetudine delle visite di cortesia che si ripete con il suo fan­tasioso canovaccio interpretato di volta in volta secondo i moti del cuo­re e dell’affetto. Da una parte i nuo­vi principi della Chiesa, con il loro sfolgorante abito porpora indossato per la prima volta, ognuno in una sa­la prestabilita; dall’altro un flusso di uomini, donne, bambini che dise­gnano con il proprio andirivieni al­l’interno della Città del Vaticano a­rabeschi virtuali e mutevoli. Dal­l’immenso abbraccio del Bernini fi­no all’Aula della Benedizione che con le grandi vetrate offre una magnifica veduta di Piazza San Pietro; dall’Au- la Paolo VI, dove ci sono sette cardi­nali (Robles Ortega, Navarrete, Bet­ti, Garcia-Gasco Vicente, Brady, Si­stach e Vingt-Trois) alla Fabbrica di San Pietro (dove ricevono gli auguri Angelo Comastri e Giovanni Coppa), su su fino al Palazzo del Governato­rato nel cuore dei giardini vaticani (dove c’è il «padrone di casa», Gio­vanni Lajolo), non esiste in pratica un angolo del centro della cattolicità in cui non si respiri quest’aria di fe­sta.
Il presidente della Cei, cardinale An­gelo Bagnasco, è letteralmente asse­diato nella prima Sala dei Paramen­ti, all’interno del Palazzo Apostolico. Tra i primi a congratularsi con lui il cardinale Camillo Ruini, suo prede­cessore nell’incarico di presiedere la Conferenza episcopale italiana, e il segretario generale della Cei, monsi­gnor Giuseppe Betori. E poi i suoi diocesani di Genova, oltre a nume­rosi collaboratori, ecclesiastici e lai­ci, della Cei. A ognuno l’arcivescovo della città ligure dispensa un sorriso, una stretta di mano, una parola di gratitudine. Ai giornalisti che gli si avvicinano in gruppo dice: «Vi rin­grazio per i vostri auguri e ve ne fac­cio a mia volta. So quanto sia im­portante e delicato il vostro lavoro». Tanti giovani per monsignor Stani­slaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i laici, che sta nella Sa­la Ducale, a qualche decina di metri da Bagnasco. Sorridente e visibil­mente emozionato, il neoporporato di origine polacca va con il pensiero alla prossima Gmg di Sydney. «Que­sta mia berretta cardinalizia è un grande riconoscimento anche per i ragazzi e le ragazze di tutto il mon­do impegnati a evangelizzare i pro­pri coetanei», dice a un gruppo che lo saluta con particolare affetto.
Commosso anche il patriarca di Ba­ghdad, Emmanuel III Delly, che rin­grazia il Papa per le sue parole sull’I­raq: «Il Santo Padre ha detto la ve­rità », afferma parlando con i giorna­listi. E poi, proprio rivolgendosi ai rappresentanti dei media, aggiunge: «Grazie per quello che fate per l’u­manità e per l’Iraq, informando il mondo su ciò che accade nel nostro Paese. Dobbiamo amarci l’un l’al­tro ».
La folla preme per salutare tutti i por­porati. Anche nell’Aula della Bene­dizione ce ne sono sette: oltre a Del­ly, si tratta di Sarr, Gracia, Di Nardo (al quale ha telefonato per congra­tularsi anche il presidente Usa, Geor­ge W. Bush), Scherer, Njue e Karlic. Paul Josef Cordes (presidente di Cor Unum) è nella Sala Ducale, Raffaele Farina (archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa) nella secon­da Sala dei Paramenti, John Patrick Foley nella Sala Regia, insieme con Leonardo Sandri, per salutare il qua­le molti attendono più di mezz’ora. L’ex sostituto della Segreteria di Sta­to (ora prefetto della Congregazione per le Chiese orientali) è in piedi qua­si davanti all’ingresso della Cappel­la Sistina e nella Sala in cui tante vol­te ha accompagnato Giovanni Pao­lo II e Benedetto XVI per l’udienza al corpo diplomatico. Analoga fila per il cardinale Angelo Comastri, che per quanto visibilmente provato dalle e­mozioni di un giorno davvero straor­dinario, non si stanca di trovare per tutti coloro che vanno a salutarlo pa­role sempre diverse di gratitudine. Un tempo queste visite si chiamava­no «di calore». Osservando il festoso affetto di tutti gli incontri non è dif­ficile capire perché.
Ieri pomeriggio nel rispetto di un’antica consuetudine il Portone di Bronzo ha visto un flusso continuo di amici e parenti, lieto emblema di un «giorno straordinario»

© Copyright Avvenire, 25 novembre 2007


PARAMENTI

Mitra e piviale per rafforzare la tradizione Ieri nel Concistoro per la creazione dei nuovi cardinali, Benedetto XVI ha indossato paramenti sacri che vogliono rappresentare il segno della continuità liturgica con la tradizione. Il «piviale» (detto anche pluviale, cioè il mantello liturgico) era in preziosa seta dorata con lo stolone riportato appartenente a un paramento più antico – forse del XV secolo –, con alcune immagini che raffigurano episodi delle vite dei santi, tra i quali san Pietro e san Paolo. Il paramento era già stato usato da Giovanni Paolo II.

© Copyright Avvenire, 25 novembre 2007

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