8 aprile 2008

Benedetto XVI: "Emmaus è ogni luogo" (Fabio Zavattaro commenta il Regina Coeli del Santo Padre)


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BENEDETTO XVI - Emmaus è ogni luogo

La strada su cui può avvenire l’incontro tra l’uomo e Dio

Fabio Zavattaro

La terza domenica di Pasqua ha come brano evangelico il celebre racconto dei discepoli di Emmaus. La storia è nota, la racconta Luca sottolineando che due discepoli di Cristo nel giorno dopo il sabato, cioè il terzo dalla sua morte, uscirono da Gerusalemme per recarsi in un villaggio poco distante chiamato appunto Emmaus. La prima osservazione è legata ai sentimenti che provano i due: tristezza, abbandono. Vivono la paura di quella morte e non sono capaci di riconoscere, nell’uomo che si affianca loro, Gesù risorto. Non capiscono quelle parole che vengono dette loro: doveva patire e morire per giungere alla sua gloria, come sta scritto nelle scritture. Non si rendono conto di chi sia veramente il loro compagno se non quando, entrato in casa con loro e sedutosi a mensa, benedice e spezza il pane. Solo allora capiscono ma ecco che Gesù sparisce alla loro vita: li lascia con il pane spezzato, segno della sua presenza.
Cosa significa questa pagina per l’uomo di oggi, quale lezione trae Papa Benedetto.

Tre cose: Emmaus, la strada, i discepoli. Emmaus è un luogo, ma non è identificato con certezza. Diverse le ipotesi ma il Papa dice: tutto questo “non è privo di una sua suggestione, perché ci lascia pensare che Emmaus rappresenti in realtà ogni luogo”.

Poi la strada. Dice Papa Benedetto: “La strada che vi conduce è il cammino di ogni cristiano, anzi, di ogni uomo. Sulle nostre strade Gesù Risorto si fa compagno di viaggio, per riaccendere nei nostri cuori il calore della fede e della speranza e spezzare il pane della vita eterna”.

Infine i discepoli. Il Papa parte dal verbo usato, secondo Luca, da uno di loro: noi speravamo. E in questo uso del tempo passato che si sofferma Benedetto XVI: “Abbiamo creduto, abbiamo seguito, abbiamo sperato, ma ormai tutto è finito”. La delusione, il senso di abbandono, un dramma che si ripete anche oggi nell’uomo in ricerca. Quel Gesù, figlio di Dio, “profeta potente in opere e parole”, ha fallito, è morto. Nella fretta di cogliere l’ovvio, di non essere attenti alle cose profonde, si può essere distratti e non riconoscere, come i due discepoli, il compagno di viaggio. Il dramma dei discepoli di Emmaus è lo specchio della situazione di molti cristiani del nostro tempo, afferma il Papa. Come dire, il fallimento di una speranza, anzi la stessa fede “è entra in crisi a causa di esperienze negative che ci fanno sentire abbandonati dal Signore”.
Ricordate Papa Lucani che durante un’udienza, nell’Aula Paolo VI, recita la poesia di Trilussa sulla vecchina cieca che si offre di accompagnare il viandante? Era la fede.

Ecco, dunque, che anche Benedetto XVI in modo diverso, con altre parole ripropone l’immagine di chi smarrito e incapace di proseguire si affida a chi gli offre una mano, a chi gli indica la strada da percorrere. Dice il Papa: “Questa strada per Emmaus, sulla quale camminiamo, può divenire via di una purificazione e maturazione del nostro credere in Dio. Anche oggi possiamo entrare in colloquio con Gesù ascoltando la sua parola. Anche oggi egli spezza il pane per noi e dà se stesso come il nostro pane. Così l’incontro con Cristo risorto, che è possibile anche oggi, ci dona una fede più profonda e autentica, temprata, per così dire, attraverso il fuoco dell’evento pasquale; una fede robusta perché si nutre non di idee umane, ma della Parola di Dio e della sua presenza reale nell’Eucaristia”.

Così Emmaus, luogo non identificato; la strada, cammino per crescere; i discepoli, la delusione, la speranza. È su questi binari che si muove la vita del credente che trova in ogni luogo quell’incontro che è la chiave per costruire percorsi nuovi di crescita nella fede e nella speranza. È l’itinerario che anche Papa Wojtyla lungo tutto il suo pontificato – abbiamo ricordato proprio pochi giorni fa il terzo anniversario della sua morte – ha indicato, in modo particolare ai giovani, dicendo loro di non scegliere le scorciatoie facili, i falsi profeti, ma di percorrere la via difficile, la via della fatica che tempra e forma.
Ecco, dunque, la chiave di questo Regina Coeli nella terza domenica di Pasqua: la fede che non cerca idee umane ma si nutre della parola con la “p” maiuscola; quella Parola che nutre e alimenta.
Parole che il Papa porterà nei prossimi giorni negli Stati Uniti, un viaggio in un paese che lo vedrà parlare con il presidente Bush, rivolgersi ai leader del mondo al Palazzo di Vetro, e alla comunità ebraica di New York durante la visita alla Sinagoga; pregare, infine, nel luogo dove la follia umana ha segnato una delle pagine più buie della storia del mondo, l’attentato alle torre gemelle. Sarà sicuramente il momento più alto della visita di Papa Benedetto in America. E come non pensare che proprio queste pagine hanno bisogno di quelle parole che sono antiche e sempre nuove.

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