28 aprile 2008

L'appello di Benedetto XVI per la Somalia, il Burundi, il Darfur: un commento di Raffaello Zordan (Radio Vaticana)


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L'appello di Benedetto XVI per la Somalia, il Burundi, il Darfur: un commento di Raffaello Zordan

L’appello in favore della stabilizzazione in varie zone dell'Africa, levato ieri da Benedetto XVI al Regina Coeli, giunge in un momento molto particolare per il continente. Il riacutizzarsi delle tensioni in Burundi, Kenya, Somalia, Sudan e Repubblica Democratica del Congo rischia di destabilizzare ulteriormente i già fragili equilibri africani. Ma quanto possono influire le parole del Papa su queste crisi? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Raffaello Zordan, redattore della rivista dei padri Comboniani “Nigrizia”:

R. - Ci auguriamo tutti che possano influire, nel senso che la comunità internazionale non deve distogliere l’attenzione da alcune realtà specifiche. Naturalmente, se pensiamo alla Repubblica Democratica del Congo, il Paese è attraversato da un processo di transizione verso la democrazia. Nel nord-est però - cioè nell’area vicina a Uganda, Rwanda, Burundi - ci sono storicamente delle destabilizzazioni croniche e bisogna lavorare. Ci sono truppe ONU, c’è l’attenzione internazionale: il Papa rafforza l’idea che bisogna mantenere un presidio e accompagnare questa democrazia. Per il Darfur, invece, la cosa è ancora più complicata, perché stiamo nel bel mezzo di un processo di pacificazione. Il Darfur è utilizzato come "merce" di scambio dal governo di Karthoum per fare pressioni sul Sud Sudan, per allontanare la possibilità che si arrivi alle elezioni ed anche eventualmente all’autodeterminazione del Sud Sudan.

D. - Come realizzare nel concreto, secondo te, le parole del Pontefice, che ha parlato della necessità di porre solide fondamenta alla pace e allo sviluppo?

R. - Concretamente, in ogni momento in cui la comunità internazionale si riunisce, ragiona - pensiamo all’Europa - sui temi africani, l’Africa deve trovare un suo specifico spazio, essere presente anche nei giornali, quindi nell’opinione pubblica: trovare insomma maggiori momenti per essere presa in considerazione, anche perché quelle crisi possono riverberarsi qui da noi.

D. - Le parole del Papa, secondo te, lasceranno comunque un segno?

R. - Sicuramente lasceranno un segno in tutti quegli operatori che, a vario titolo, hanno relazioni con il continente africano e hanno intenzione di operare in quel continente con dei criteri, nel rispetto dell’uomo e dei suoi diritti. Poi la comunità internazionale sappiamo che ha i suoi tempi, le sue priorità. Molto spesso si fa invischiare in tentativi poco chiari anche di mediazione. E forse queste parole possono indicare una pista o per lo meno ridisegnare la mappa delle priorità. Certo, sappiamo che sono indicazioni che non sono vincolanti per gli Stati e per chi fa la politica.

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